OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora
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LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />
base di studio, di eseguire i primi accertamenti<br />
sulla natura delle argille utilizzate in età romana,<br />
sulle modalità di fabbricazione delle diverse<br />
classi, rimandando ad un fase futura della ricerca<br />
l’indagine su singole forme/tipi, possibili solo<br />
nel caso in cui sia stato completato il lavoro di<br />
base.<br />
Come premessa indispensabile va ricordato<br />
che non esistono dati di laboratorio sulle argille<br />
del Lazio e molto pochi sono anche i dati di laboratorio<br />
relativi alle <strong>ceramiche</strong> su cui contare. Per<br />
questo progetto si è proceduto quindi ad una campionatura<br />
ex novo.<br />
Per quanto riguarda le analisi di laboratorio, il<br />
lavoro con gli obbiettivi più vicini a quelli di questa<br />
ricerca, è quello condotto dal Peña 224.<br />
Inoltre, esistono alcuni contributi relativi a<br />
classi specifiche di materiali. Una serie completa<br />
di analisi chimiche e minero-petrografiche è stata<br />
eseguita sul bucchero etrusco di alcuni centri<br />
laziali (Chiusi, Orvieto, Vulci, Tarquinia, Allumiere,<br />
Tolfa, Cerveteri, Ceri, Veio e <strong>Roma</strong> 225).<br />
Anfore di epoca romana sono state analizzate<br />
con la XRF da M. Picon e i dati sono stati ripresi e<br />
completati da G. Thierrin Michael con analisi<br />
minero-petrografiche 226. Un contributo importante<br />
ha come tema lo studio delle argille utilizzate<br />
per l’esecuzione di anfore in area laziale 227.<br />
Per l’epoca romana è stato pubblicato un<br />
primo lavoro sulle Firmalampen, analizzate con<br />
il metodo della Fluorescenza a raggi X (XRF) 228;<br />
un contributo preliminare sull’archeometria dei<br />
laterizi bollati urbani è stato pubblicato da chi<br />
scrive 229.<br />
Nell’ambito degli studi tecnologici vanno ricordati<br />
i lavori già citati della Schuring sulle <strong>ceramiche</strong><br />
da cucina di S. Sisto Vecchio a <strong>Roma</strong> 230. Sempre<br />
a proposito dei materiali ceramici provenienti<br />
dallo scavo di S. Sisto Vecchio, esiste anche uno<br />
studio tecnologico delle <strong>ceramiche</strong> altomedievali a<br />
vetrina pesante e di quelle medievali a vetrina<br />
sparsa 231.<br />
VII.2. CRITERI E OBIETTIVI DELLE ANALISI DI<br />
LABORATORIO<br />
Data la complessità geologica della zona indagata<br />
e la molteplicità di situazioni esistenti, si è<br />
ritenuto opportuno ragionare “a livello regionale” -<br />
ad esempio sapere che tipo di composizioni avessero<br />
alcune delle classi <strong>ceramiche</strong> rinvenute nel<br />
Lazio -, essendo impossibile risolvere in questa<br />
fase del lavoro quesiti specifici, anche per la man-<br />
224 Peña 1987; Id. 1993; Id. 1994. L’Autore utilizza il metodo<br />
analitico dell’attivazione neutronica, i cui risultati sono solo<br />
parzialmente confrontabili con quelli delle analisi condotte con<br />
la XRF.<br />
225 Burckhardt 1991.<br />
226 Thierrin Michael 1992.<br />
canza di lavori di base che possano costituire un<br />
punto di riferimento.<br />
Il fine primo della campagna di analisi era<br />
arrivare ad una caratterizzazione delle <strong>ceramiche</strong><br />
dei siti produttori, per conoscere le composizioni<br />
delle <strong>ceramiche</strong> e creare “gruppi di riferimento”.<br />
Si è dunque data la precedenza ai materiali,<br />
tenendo sempre in conto l’area geologica di rinvenimento.<br />
Non sono state poste limitazioni alle<br />
campionature di scarti di fornace appartenenti a<br />
più classi <strong>ceramiche</strong> di epoche diverse, scarti che<br />
hanno fatto da filo conduttore nella prima parte<br />
della ricerca.<br />
Sempre con la finalità di creare gruppi di riferimento,<br />
sono state prese in considerazione anche<br />
<strong>ceramiche</strong> che non sono scarti di fornace, bensì<br />
recipienti selezionati sulla base di criteri archeologici<br />
precisi, ad esempio terra sigillata bollata con<br />
bolli ipotizzati di origine romana o laziale, oppure<br />
forme ricorrenti di ceramica comune oppure ancora<br />
<strong>ceramiche</strong> a vernice nera provenienti da potenziali<br />
siti produttori.<br />
Ovviamente, essendo impossibile in questa<br />
prima fase risolvere tutti i problemi relativi ai siti<br />
considerati, si è deciso di offrire un panorama<br />
“regionale” delle composizioni chimiche delle <strong>ceramiche</strong>,<br />
orientate per classe, che sono la base imprescindibile<br />
per avviare le ricerche.<br />
Due sono i problemi principali riscontrati fino<br />
ad ora da parte di chi si è occupato di archeologia<br />
della produzione e della circolazione delle <strong>ceramiche</strong><br />
in area centro-italica, in epoca tardo-repubblicana<br />
e imperiale 232:<br />
1) la difficoltà di distinguere, nell’epoca considerata,<br />
le numerose produzioni locali/regionali esistenti,<br />
le cui caratteristiche morfologiche e di<br />
impasto sono spesso simili;<br />
2) la distinzione in laboratorio di alcune delle<br />
produzioni <strong>ceramiche</strong> all’interno della fascia Etruria<br />
meridionale/Lazio/Campania.<br />
Per poter ovviare a tali inconvenienti e poter<br />
un giorno distinguere agevolmente grazie all’analisi<br />
di laboratorio le <strong>ceramiche</strong> centro-italiche rinvenute<br />
in siti di consumo, attribuendole alla loro<br />
area di origine, è necessario in questa prima fase<br />
della ricerca procedere caratterizzando il maggior<br />
numero possibile di centri produttori sicuri, fornendo,<br />
nei limiti del possibile, carte di identità<br />
morfologiche e di composizione delle <strong>ceramiche</strong><br />
prodotte.<br />
227 Hesnard et al. 1989.<br />
228 Ceci, Schneider 1994.<br />
229 Olcese 1993.<br />
230 Schuring 1986.<br />
231 Annis 1992.<br />
232 Per tali problematiche si veda Olcese 1996a.