OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora
OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora
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La maggior parte delle <strong>ceramiche</strong> da mensa e<br />
per la preparazione degli alimenti di <strong>Roma</strong> e dell’area<br />
romana è eseguita con argille ricche di CaO,<br />
di cui si è parlato nel capitolo IV (per le medie dei<br />
valori delle <strong>ceramiche</strong> calcaree dell’area di <strong>Roma</strong><br />
si veda la tabella n. 4). Con argille calcaree, cotte a<br />
temperatura elevata tra 900 e 1000 gradi, si ottengono<br />
<strong>ceramiche</strong> con una buona resistenza meccanica<br />
138; le <strong>ceramiche</strong> da mensa e dispensa dell’area<br />
romana sono di buona qualità.<br />
Dalle analisi chimiche eseguite sembra che alcune<br />
delle <strong>ceramiche</strong> da mensa di <strong>Roma</strong> furono prodotte<br />
con argille simili a quelle utilizzate per l’esecuzione<br />
delle <strong>ceramiche</strong> a vernice nera di certe aree<br />
del Lazio 139, ad esempio per quelle di Capena, e prodotte<br />
forse dalle stesse officine, come dimostrano i<br />
valori analoghi di alcuni elementi 140 (tabella 7).<br />
La ceramica da mensa della zona di <strong>Roma</strong> e del<br />
Lazio - soprattutto le forme chiuse - sembra essere<br />
stata esportata in misura minore della ceramica da<br />
cucina, probabilmente anche per difficoltà di impilamento.<br />
Ciononostante alcuni tipi sono documentati<br />
su relitti o in siti terrestri, ma in quantità decisamente<br />
più ridotta di quella delle <strong>ceramiche</strong> da fuoco.<br />
Gloria Olcese 35<br />
Fig. 27) Bacini e mortaria (bacino tipo 3a, mortaria, tipo 11, tipo 12; i numeri rimandano alle tavole del catalogo)<br />
138 Blondé, Picon 2000, p. 124.<br />
139 Analoga situazione si è riscontrata nella Grecia nord-orientale<br />
dove in età ellenistica la produzione di ceramica a vernice<br />
nera e <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> calcaree avveniva nelle stesse officine<br />
(Blondé, Picon 2000).<br />
140 Ad esempio il Ce, influenzato dal materiale vulcanico. Per le<br />
<strong>ceramiche</strong> a vernice nera dall’area di <strong>Roma</strong> e del Lazio, Olcese<br />
1998; Olcese, Picon 1998.<br />
Tra le <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> da mensa che troviamo<br />
anche al di fuori dell’area laziale, vanno inoltre<br />
ricordate la brocca tipo 4 e, in tono minore, l’olpe<br />
tipo 1.<br />
Molto più massiccia e visibile l’esportazione dei<br />
recipienti destinati alla preparazione di sostanze e<br />
alimenti, come i mortaria (per la forma si veda<br />
anche il capitolo VI.5). I mortaria tipo 11 e 12 (Cap<br />
Dramont 1 e 2) sono indubbiamente i recipienti<br />
destinati alla preparazione che hanno avuto la diffusione<br />
maggiore e più capillare. In molti casi sono<br />
i bolli delle officine doliari urbane, oltre che gli<br />
impasti caratteristici, a consentirne l’individuazione<br />
141.<br />
V.2. FORME E TIPI<br />
Prima/media età repubblicana<br />
La prima età repubblicana non è stata presa in<br />
considerazione in questo lavoro, ma è interessante<br />
sottolineare che alcune tra le forme/tipi più documentate<br />
continuano anche in tarda età repubblicana.<br />
Tra quelle maggiormente diffuse durante<br />
l’età repubblicana in area laziale vi sono bacini di<br />
Per quanto riguarda la probabile produzione di ceramica a vernice<br />
nera a Capena, Camilli et al.1994; Patterson et al. 2000.<br />
141 In questo lavoro non si è preso in considerazione l’aspetto epigrafico<br />
dei mortaria, che meriterebbero una ricerca approfondita.<br />
Di grande interesse il bollo T. CASSI, riscontrato sui mortaria<br />
tipo 11, rinvenuti tra i materiali della Domus publica sulle pendici<br />
settentrionali del Palatino (Lorenzetti, <strong>comuni</strong>cazione personale)<br />
che si aggiunge a quelli descritti in Hartley 1973.