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OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

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Fig. 22) Alcuni dei principali tipi di ceramica da cucina<br />

di epoca tardo-repubblicana (olle tipo 3a, tipo<br />

3b, tegame tipo 3, pentola tipo 2a, clibanus tipo<br />

3; i numeri rimandano alle tavole del catalogo)<br />

innegabile che l’olla con orlo a mandorla è un tipo<br />

caratteristico degli ultimi due secoli della Repubblica,<br />

in modo particolare nelle aree di esportazione. A<br />

Vasanello - in cui erano attive officine durante l’età<br />

augustea - sono documentate pentole ed olle ma, ad<br />

un primo esame del materiale, mancano le olle con<br />

orlo a mandorla, presenti invece tra i materiali di<br />

Tivoli, i cui rinvenimenti sono datati al I secolo a.C.<br />

<strong>Le</strong> analisi effettuate documentano la produzione<br />

in area romana: alcuni esemplari appartengono<br />

infatti all’insieme chimico considerato “romano”.<br />

Olle con orlo a mandorla sono state rinvenute<br />

anche in Campania, a Pompei 114, ad esempio, ma<br />

fino ad ora sono pochi i dati sicuri relativi ad una<br />

produzione locale 115.<br />

Di grande interesse la circolazione di olle con<br />

orlo a mandorla in area mediterranea: esemplari<br />

sono stati rinvenuti su alcuni relitti, ad esempio<br />

quello di Spargi oppure del Sant Jordì, come vasellame<br />

di bordo, e in siti del Mediterraneo, tra cui<br />

114 Chiaromonte Treré 1984, tav. 97, nn. 5-6; il tipo è attestato<br />

in percentuale decrescente fino all’età augustea.<br />

115 L’olla con orlo a mandorla, inoltre, non è inclusa tra le forme<br />

Gloria Olcese 27<br />

Luni, Albintimilium, oppure in Francia meridionale<br />

e in Spagna (si veda il catalogo). Per molti di<br />

questi recipienti è certo, anche grazie al sostegno<br />

delle analisi di laboratorio, che si tratta di <strong>ceramiche</strong><br />

di importazione dall’area (centro-sud) italica.<br />

Nei siti considerati non sembra più documentato<br />

il tegame ad orlo incavato, cui si sostituisce,<br />

forse nel I a.C., la pentola più capiente, il caccabus,<br />

che conserva però, almeno in alcuni tipi, come<br />

nel 2, il gradino per l’appoggio del coperchio (si<br />

vedano a titolo di esempio gli esemplari da <strong>Roma</strong>,<br />

Pendici del Palatino, Vasanello e Gabii) (fig. 22 e<br />

tavole).<br />

I materiali esaminati consentono di interpretare<br />

questo particolare morfologico come caratteristico<br />

delle produzioni più antiche, in alcuni casi oggetto<br />

di esportazione (si veda infra). Queste prime<br />

osservazioni necessiterebbero di più ampie indagini<br />

su reperti di siti scavati stratigraficamente.<br />

La forma continua nei secoli successivi con<br />

modifiche morfologiche che sono forse da considerare<br />

come reinterpretazioni locali di uno stesso<br />

contenitore.<br />

Tra i tegami, oltre gli esemplari a vernice rossa<br />

interna (ad esempio quelli di Tivoli) 116, il tipo 3, il<br />

tegame ad orlo bifido, sembra essere per lo più di<br />

origine campana, ma in alcuni casi il suo impasto è<br />

differente. Evidentemente il tegame ad orlo bifido<br />

era prodotto anche nel Lazio, anche se non abbiamo<br />

attualmente dati sufficienti per poterlo affermare<br />

con certezza (un esempio potrebbe essere<br />

dato dai tegami rinvenuti nelle fornaci della Celsa<br />

sulla via Flaminia). Gli esemplari di Ostia sono<br />

tutti realizzati con impasti attribuiti all’area campana;<br />

in questo sito, nello strato VB dell’area NE,<br />

datato al 160-190 d.C. e contenente pochi residui,<br />

sono ben attestati (testo Coletti, infra). Se questi<br />

dati sono esatti, potrebbero documentare una produzione<br />

del tegame ad orlo bifido ancora nella<br />

seconda metà del II secolo d.C.<br />

Tra le olle, sono attestati il tipo 4b, ad orlo<br />

ricurvo, e il tipo 4a ad orlo triangolare (come documentano<br />

gli esemplari da <strong>Roma</strong> Aqua Marcia e da<br />

Sutri), utilizzato spesso come cinerario.<br />

Altre forme documentate in quest’epoca sono le<br />

casseruole tipi 1 e 2, impiegate per la cottura degli<br />

alimenti (si vedano gli esemplari di Gabii e quelli<br />

di <strong>Roma</strong>, Casa di Livia).<br />

Età augustea / I secolo d.C.<br />

<strong>Le</strong> pentole a tesa (tipi 2 - 3 - 4), con impasti locali,<br />

sono una delle forme-guida della batteria da<br />

che costituiscono la tipica batteria da cucina di area campana,<br />

Di Giovanni, Gasperetti 1993.<br />

116 Tale classe non è stata trattata nel dettaglio in questo lavoro.

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