OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

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24 LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE) IV. LA CERAMICA DA CUCINA IV.1. MATERIA PRIMA E TECNOLOGIA DI FABBRICA- ZIONE DELLE CERAMICHE COMUNI DA CUCINA DELL’AREA DI ROMA Come si è detto nel capitolo precedente, l’artigianato delle ceramiche destinate all’esposizione al fuoco presenta caratteristiche e problematiche differenti da quelle delle altre ceramiche comuni, che possono essere fabbricate con argille di tutti i tipi. Per l’esecuzione di ceramiche da fuoco vengono utilizzate argille che devono resistere agli chocs termici; spesso si tratta di argille silicee, con abbondante degrassante costituito da quarzo, in qualche caso aggiunto, oppure da materiale di origine vulcanica. La materia prima utilizzata per le ceramiche da cucina della zona di Roma, completamente differente da quella usata per la ceramica da mensa, proviene in parte dalle igninimbriti (depositi vulcanici di composizione acida). L’esame delle composizioni della ceramica da cucina mostra l’eterogeneità delle argille utilizzate (tabella n. 3, p. 44; tabella n. 7); i valori elevati di alcuni elementi - ad esempio del Ce - sono dovuti alla presenza di materiale vulcanico. Gli impasti sono molto eterogenei, anche se alcune caratteristiche si ripetono; il degrassante è di solito piuttosto abbondante e visibile già ad occhio nudo o per mezzo di una lente (quarzo, noduli di ferro, pirosseni, talora calcite, in quantità variabili) (Tavv. XLI e XLIII). Le analisi mineralogiche eseguite pongono numerosi quesiti, per ora non tutti risolti, per i quali si rimanda al capitolo VII. 8. La caratteristica più evidente delle ceramiche da cucina della zona di Roma - in particolare quella rinvenuta negli scavi del centro - emersa grazie alle analisi mineralogiche è la presenza di molti sanidini, anche di grandi proporzioni, leggermente arrotondati, e senza forme cristalline (contributo di Thierrin Michael, infra). Uno studio effettuato 99 La leucite non ha nulla a che vedere con le ignimbriti basiche che caratterizzano l’area di Roma e quella immediatamente a nord di Roma. 100 Una prima e superficiale ricognizione nei magazzini di Palestrina mi ha permesso di individuare le solite pentole a tesa prodotte a Roma e nella Valle del Tevere. negli anni ‘80 dalla Schuring sulle ceramiche comuni di età imperiale e tardo antica, provenienti da Roma (S. Sisto Vecchio) e da altri siti, aveva già permesso di rilevare la presenza costante di sanidini, caratteristica della ceramica della zona di Roma e a nord di Roma, presenza che consentirebbe invece di escludere altre zone del Lazio, come ad esempio quella dei colli Albani. Nel caso delle ceramiche da cucina di Roma e dell’area romana è possibile che i ceramisti abbiano utilizzato argille allo stato naturale oppure che si tratti di tufi risedimentati e mescolati. Alcune ceramiche da cucina - da Gabii, Tivoli, Palestrina e Casale Pian Roseto - contengono leucite e rocce leucitiche che non sembrano invece comparire nelle ceramiche da cucina rinvenute a Roma, sottoposte ad analisi 99. Ciò induce ad ipotizzare una produzione nel luogo di rinvenimento o in un’area circonvicina (Colli Albani ?), che non è comunque quella di Roma. La cottura delle ceramiche da cucina e da mensa è prevalentemente di tipo A, le ceramiche hanno un colore compreso tra il beige arancio e il marrone; prevale il rosso, tipico della ceramica da cucina centro-italica. Tali impasti, se documentati al di fuori della zona centro-italica, ad esempio in Italia settentrionale, sono di solito distinguibili dalle produzioni locali, anche grazie alla presenza di inclusioni di origine vulcanica, mentre appare improbabile poter individuare ad occhio nudo le diverse produzioni all’interno dell’area laziale, dove evidentemente erano numerose le officine che producevano recipienti dalla tipologia e con impasti dalle caratteristiche simili. Eccezioni riguardano alcune ceramiche da cucina rinvenute ad esempio a Palestrina 100, ceramiche che pur mostrando caratteristiche morfologiche comuni alla zona indagata, si distinguono dalle altre per un impasto caratteristico che si riconosce anche ad occhio nudo 101. 101 Si tratta di un impasto contenente inclusioni di colore nero lucido (probabilmente leucite) che caratterizza anche diverse classi di materiali durante l’età repubblicana (tra cui anche le ceramiche votive).

La ceramica da cucina dell’area di Roma è spesso di buona qualità, fatto che potrebbe forse spiegare l’esportazione di alcuni dei recipienti da cucina di produzione romanolaziale al di fuori della zona di origine. Accanto ad alcune produzioni di qualità ottima (area di Vasanello, per diversi secoli) o medio-buona (come quelle della Celsa nel I-II secolo d.C.), destinate probabilmente al mercato urbano, ne esistono altre di qualità media e mediobassa, prodotte di solito in officine di piccole-medie dimensioni (come ad esempio quella di Macchia di Freddara e Sutri), in aree più o meno periferiche e destinate forse ad un consumo locale. IV.2. FORME E TIPI In base allo studio effettuato - sfociato nella redazione del catalogo - è possibile tentare di individuare forme/tipi più documentati, che costituiscono i “marcatori” della produzione centro-italica nelle diverse fasi cronologiche. Questo breve schema riassuntivo non ha la pretesa di essere completo; corrisponde a quelle che sono le intenzioni di questo lavoro, isolare i principali “tipi - guida” di alcune fasi nella zona considerata, più che censire tutti i tipi presenti. In generale la ricerca effettuata ha permesso di evidenziare ancora una volta come archeologi di diversa formazione e specialisti di periodi diversi si occupino in realtà spesso degli stessi materiali, definendoli però in modo diverso e collegandoli al periodo di studio che li coinvolge direttamente. Come già sottolineato in precedenza 102, lo studio della produzione e della circolazione delle ceramiche risulta molto più proficuo se non si alzano barriere cronologiche o di definizione, che limitano la comprensione di fenomeni produttivi e delle loro trasformazioni. In questo senso sarebbe utile un riesame delle produzioni ceramiche di epoca romana in diretto collegamento con quelle di epoca precedente (ad esempio quelle etrusche o magnogreche), dando spazio anche a dati geologici (utili per lo studio delle ceramiche di più periodi) e tecnologici. Alcune forme/tipi della ceramica da cucina utilizzata a Roma e nel Lazio, ad esempio, si ricollegano direttamente alla ceramica comune etrusca: si vedano ad esempio le olle con bordo svasato e ingrossato documentate già dall’ VIII secolo e poi 102 Olcese 1996b. Gloria Olcese 25 Fig. 20) Alcuni dei principali tipi di ceramica da cucina e per la preparazione di epoca repubblicana (olla tipo 2, tegami tipo 1, clibanus tipo 1, bacino tipo 1; i numeri rimandano alle tavole del catalogo) nel IV e III secolo a.C., tanto diffuse da poter essere considerate una delle forme caratteristiche della cultura materiale del Latium vetus, documentate ad esempio a Casale Pian Roseto, Veio, Ostia, Cerveteri, Pyrgi e Roma stessa (si veda l’olla tipo 2 del catalogo). Di seguito vengono elencati alcuni tipi in ceramica comune di diverse fasi cronologiche. Per evitare inutili ripetizioni non viene riportata la bibliografia già inserita nel catalogo, a cui si rimanda per i dati completi. Per ulteriori informazioni sulle forme ceramiche più documentate si rinvia anche al capitolo VI. III secolo a.C. (fig. 20) Prevalgono alcuni tipi di tradizione etrusca, come le olle ad orlo svasato e ingrossato, che sono documentate un po’ ovunque nei contesti mediorepubblicani, come continuazione di ceramiche dell’età del ferro. Prendendo in considerazione le ceramiche dell’area laziale dall’età orientalizzante viene spontaneo vedere nelle olle ad impasto rosso e nell’internal slip ware di Cerveteri, Veio e Roma i recipienti precursori delle olle ad orlo svasato e ingrossato (tipi 1 e 2) e delle olle con orlo a mandorla di epoca tardo repubblicana (tipo 3). Contemporaneamente all’olla tipo 2 è ampiamente diffuso il tegame tipo 1, ad orlo incavato, a Roma, ad esempio nell’area dei Templi Gemelli, in quella del Tempio della Magna Mater, tra i materia-

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LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />

IV. LA CERAMICA DA CUCINA<br />

IV.1. MATERIA PRIMA E TECNOLOGIA DI FABBRICA-<br />

ZIONE DELLE CERAMICHE COMUNI DA CUCINA<br />

DELL’AREA DI ROMA<br />

Come si è detto nel capitolo precedente, l’artigianato<br />

delle <strong>ceramiche</strong> destinate all’esposizione al<br />

fuoco presenta caratteristiche e problematiche differenti<br />

da quelle delle altre <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong>, che<br />

possono essere fabbricate con argille di tutti i tipi.<br />

Per l’esecuzione di <strong>ceramiche</strong> da fuoco vengono<br />

utilizzate argille che devono resistere agli chocs<br />

termici; spesso si tratta di argille silicee, con<br />

abbondante degrassante costituito da quarzo, in<br />

qualche caso aggiunto, oppure da materiale di origine<br />

vulcanica.<br />

La materia prima utilizzata per le <strong>ceramiche</strong> da<br />

cucina della zona di <strong>Roma</strong>, completamente differente<br />

da quella usata per la ceramica da mensa,<br />

proviene in parte dalle igninimbriti (depositi vulcanici<br />

di composizione acida). L’esame delle composizioni<br />

della ceramica da cucina mostra l’eterogeneità<br />

delle argille utilizzate (tabella n. 3, p. 44; tabella<br />

n. 7); i valori elevati di alcuni elementi - ad esempio<br />

del Ce - sono dovuti alla presenza di materiale vulcanico.<br />

Gli impasti sono molto eterogenei, anche se alcune<br />

caratteristiche si ripetono; il degrassante è di<br />

solito piuttosto abbondante e visibile già ad occhio<br />

nudo o per mezzo di una lente (quarzo, noduli di<br />

ferro, pirosseni, talora calcite, in quantità variabili)<br />

(Tavv. XLI e XLIII). <strong>Le</strong> analisi mineralogiche eseguite<br />

pongono numerosi quesiti, per ora non tutti<br />

risolti, per i quali si rimanda al capitolo VII. 8.<br />

La caratteristica più evidente delle <strong>ceramiche</strong><br />

da cucina della zona di <strong>Roma</strong> - in particolare quella<br />

rinvenuta negli scavi del centro - emersa grazie<br />

alle analisi mineralogiche è la presenza di molti<br />

sanidini, anche di grandi proporzioni, leggermente<br />

arrotondati, e senza forme cristalline (contributo<br />

di Thierrin Michael, infra). Uno studio effettuato<br />

99 La leucite non ha nulla a che vedere con le ignimbriti basiche<br />

che caratterizzano l’area di <strong>Roma</strong> e quella immediatamente a<br />

nord di <strong>Roma</strong>.<br />

100 Una prima e superficiale ricognizione nei magazzini di<br />

Palestrina mi ha permesso di individuare le solite pentole a<br />

tesa prodotte a <strong>Roma</strong> e nella Valle del Tevere.<br />

negli anni ‘80 dalla Schuring sulle <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> di età imperiale e tardo antica, provenienti<br />

da <strong>Roma</strong> (S. Sisto Vecchio) e da altri siti, aveva<br />

già permesso di rilevare la presenza costante di<br />

sanidini, caratteristica della ceramica della zona<br />

di <strong>Roma</strong> e a nord di <strong>Roma</strong>, presenza che consentirebbe<br />

invece di escludere altre zone del Lazio,<br />

come ad esempio quella dei colli Albani.<br />

Nel caso delle <strong>ceramiche</strong> da cucina di <strong>Roma</strong> e<br />

dell’area romana è possibile che i ceramisti abbiano<br />

utilizzato argille allo stato naturale oppure che<br />

si tratti di tufi risedimentati e mescolati.<br />

Alcune <strong>ceramiche</strong> da cucina - da Gabii, Tivoli,<br />

Palestrina e Casale Pian Roseto - contengono leucite<br />

e rocce leucitiche che non sembrano invece<br />

comparire nelle <strong>ceramiche</strong> da cucina rinvenute a<br />

<strong>Roma</strong>, sottoposte ad analisi 99. Ciò induce ad ipotizzare<br />

una produzione nel luogo di rinvenimento o in<br />

un’area circonvicina (Colli Albani ?), che non è<br />

comunque quella di <strong>Roma</strong>.<br />

La cottura delle <strong>ceramiche</strong> da cucina e da mensa<br />

è prevalentemente di tipo A, le <strong>ceramiche</strong> hanno un<br />

colore compreso tra il beige arancio e il marrone;<br />

prevale il rosso, tipico della ceramica da cucina centro-italica.<br />

Tali impasti, se documentati al di fuori<br />

della zona centro-italica, ad esempio in Italia settentrionale,<br />

sono di solito distinguibili dalle produzioni<br />

locali, anche grazie alla presenza di inclusioni<br />

di origine vulcanica, mentre appare improbabile<br />

poter individuare ad occhio nudo le diverse produzioni<br />

all’interno dell’area laziale, dove evidentemente<br />

erano numerose le officine che producevano<br />

recipienti dalla tipologia e con impasti dalle caratteristiche<br />

simili. Eccezioni riguardano alcune <strong>ceramiche</strong><br />

da cucina rinvenute ad esempio a Palestrina<br />

100, <strong>ceramiche</strong> che pur mostrando caratteristiche<br />

morfologiche <strong>comuni</strong> alla zona indagata, si distinguono<br />

dalle altre per un impasto caratteristico che<br />

si riconosce anche ad occhio nudo 101.<br />

101 Si tratta di un impasto contenente inclusioni di colore nero<br />

lucido (probabilmente leucite) che caratterizza anche diverse<br />

classi di materiali durante l’età repubblicana (tra cui anche le<br />

<strong>ceramiche</strong> votive).

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