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OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

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LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />

Fig. 17) Differenti tipi di officine che producevano ceramica comune nell’antichità e caratteristiche dei loro prodotti<br />

(α = coefficiente di dilatazione) (da Olcese 1996a)<br />

• Officine <strong>ceramiche</strong> che producono ceramica da<br />

fuoco di buona qualità (polo 3).<br />

Si tratta di officine poco diffuse dal momento<br />

che le argille di qualità che tali officine utilizzano<br />

non sono <strong>comuni</strong> (spesso si tratta di argille<br />

caolinitiche o dalle caratteristiche analoghe<br />

a quelle delle argille caolinitiche) 96.<br />

La maggior parte delle officine che hanno prodotto<br />

ceramica in Italia (e anche nel Lazio) durante l’epoca<br />

romana sembra situarsi tra il polo 1 e il polo 3.<br />

Un gruppo più ristretto di officine, invece, si<br />

avvicina maggiormente al polo 3: tra esse ci sono<br />

forse alcune officine di <strong>ceramiche</strong> da cucina dell’area<br />

a nord di <strong>Roma</strong>. Considerata la qualità dei prodotti,<br />

le <strong>ceramiche</strong> da cucina prodotte dalle officine<br />

vicine al polo 3 erano anche esportate al di fuori<br />

della zona abituale di consumo della ceramica<br />

comune. Per lo smercio e la circolazione di tali<br />

<strong>ceramiche</strong> si potrebbe pensare ad una struttura<br />

organizzativa simile a quella che regolava la distribuzione<br />

delle <strong>ceramiche</strong> fini. In tale gruppo si<br />

collocano, in via ipotetica, le officine di Vasanello e<br />

alcune dell’area di <strong>Roma</strong> e a nord di <strong>Roma</strong>, dove la<br />

situazione geologica particolare favoriva la fabbricazione<br />

di <strong>ceramiche</strong> destinate a usi diversi e di<br />

ottima qualità (fig. 12).<br />

96 Per la definizione di argille caolinitiche, si veda supra.<br />

97 Aguarod Otal 1991; Ead. 1995; Ceramica comuna 1995. Sempre<br />

in Spagna il fenomeno delle importazioni di <strong>ceramiche</strong> fini<br />

è stato oggetto di numerosi lavori, tra cui si veda, a titolo di<br />

esempio, il recente contributo di J. Principal Ponce sul commer-<br />

Dai dati editi sappiamo che ceramica comune<br />

da fuoco (ma anche quella per la preparazione e<br />

destinata al contenimento e alla mensa) di origine<br />

centro-italica è stata rinvenuta in quantità anche<br />

importanti in diverse aree del Mediterraneo, in<br />

modo particolare tra l’epoca tardo repubblicana e<br />

la prima età imperiale (si veda il capitolo IX). Il<br />

fenomeno è ben indagato in alcune zone della Spagna,<br />

dove studi recenti hanno fatto emergere con<br />

evidenza la presenza di <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> e mortaria<br />

di importazione dall’area centroitalica 97.<br />

Ricerche mirate consentirebbero probabilmente di<br />

riscontrare lo stesso fenomeno anche nella Gallia<br />

meridionale, dove già si è registrata la presenza<br />

ricorrente di alcuni tipi in ceramica comune di origine<br />

centro-sud italica 98.<br />

In realtà il fenomeno della circolazione di ceramica<br />

da cucina di origine italica è documentato già<br />

in età ellenistica, anche se fino ad ora non è stato<br />

studiato approfonditamente. Si sa poco sulle aree<br />

di produzione dell’epoca ellenistica, anche se studi<br />

in corso da parte di chi scrive stanno mettendo in<br />

luce un ruolo di primo piano della Campania (e<br />

forse di alcune aree della Sicilia) tra IV e III secolo<br />

a.C. nella produzione di ceramica da cucina comune<br />

di qualità, diffusa anche a largo raggio.<br />

cio delle <strong>ceramiche</strong> a vernice nera nella Catalogna sud-occidentale,<br />

Principal Ponce 1998.<br />

98 Per una prima recensione dei tipi si veda il Dicocer 1993, p.<br />

357; inoltre le informazioni raccolte in questo volume per alcuni<br />

tipi specifici (ad esempio nel cap.VI), documentati anche nel<br />

sud della Francia.

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