30.01.2013 Views

OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

20<br />

LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />

non calcaree (o silicee), invece, scuriscono con l’aumento<br />

della temperatura (rosso chiaro - rosso<br />

scuro - marrone rosso - marrone violaceo - nerastro)<br />

80.<br />

Ancora in tempi moderni nel Lazio si parlava di<br />

creta/argilla bianca e creta/argilla rossa per designare<br />

i due gruppi di argille 81. È interessante leggere<br />

quanto riportato sulle <strong>ceramiche</strong> artigianali<br />

tradizionali del Lazio; a proposito della raccolta e<br />

preparazione dell’argilla si dice: “L’argilla rossa<br />

viene usata per le pentole, le pignatte e generalmente<br />

per gli oggetti destinati ad uso di cottura o<br />

di conservazione dei cibi; l’argilla rossa è infatti<br />

resistente al fuoco e trattiene il sapore dei cibi (…).<br />

La creta bianca (…) caratterizzata dalla capacità<br />

di trattenere molta acqua, è usata per vasi e più di<br />

quella rossa si presta ad essere decorata”. In effetti<br />

già i ceramisti del Vicino Oriente del neolitico<br />

antico avevano scoperto la possibilità di realizzare<br />

più facilmente la decorazione dipinta su <strong>ceramiche</strong><br />

che offrano una base chiara (cioè argille calcaree<br />

cotte nel modo A, si veda infra) 82.<br />

Di solito è la fabbricazione delle <strong>ceramiche</strong><br />

destinate all’esposizione al fuoco che può creare<br />

dei problemi ai ceramisti.<br />

Come è stato ricordato, non tutte le argille sono<br />

adatte e utilizzabili per fabbricare <strong>ceramiche</strong><br />

destinate alla cottura degli alimenti e all’ebollizione<br />

dei liquidi 83. Non si tratta solo di una questione<br />

di forma - alcune forme sono per “tradizione” collegate<br />

a usi funzionali specifici, di cottura o di contenimento<br />

- ma si tratta soprattutto di caratteristiche<br />

particolari degli impasti che consentono o<br />

meno ad una ceramica di sopportare il contatto con<br />

il fuoco 84.<br />

In realtà si possono fare <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong><br />

resistenti agli chocs termici con qualsiasi tipo di<br />

argilla purché le argille utilizzate vengano cotte a<br />

bassa temperatura e contengano degrassante. <strong>Le</strong><br />

<strong>ceramiche</strong> cotte a bassa temperatura, però, hanno<br />

il difetto di essere fragili dal punto di vista meccanico.<br />

Si possono quindi cuocere le <strong>ceramiche</strong> a temperatura<br />

più elevata, per cercare di renderle più<br />

resistenti (la rigidità dell’impasto aumenta con<br />

l’aumento della temperatura). Questo aumento di<br />

temperatura è possibile però solo nel caso in cui si<br />

utilizzino certe argille; quelle calcaree, ad esempio,<br />

non sono indicate poiché, man mano che la temperatura<br />

aumenta, diventano troppo rigide. Un’alternativa<br />

è quella di abbondare nel degrassante,<br />

80 Picon 2002.<br />

81 Silvestrini 1982, p. 49.<br />

82 Picon 2002.<br />

83 Picon 1992-1993; Id.1995a; Id. 1997; Id. 2002; Picon, Olcese<br />

1995.<br />

84 A questo proposito conviene ricordare il caso di alcune olpai<br />

in ceramica grigia - argilla caolinitica che secondo la tradizione<br />

di studi archeologici vengono inserite nella ceramica da mensa,<br />

se possibile calibrato, oppure scegliere un’argilla<br />

che lo contenga in natura (ad esempio utilizzando<br />

argille di tipo siliceo). Per realizzare ceramica da<br />

fuoco si impiegano di solito argille non calcaree o<br />

silicee, in cui la silice ha un tenore compreso tra il<br />

50 e il 75 %.<br />

Quando una ceramica viene messa sul fuoco si<br />

verifica una dilatazione nella parete esterna che è<br />

a contatto con la fiamma, mentre resta debole<br />

nella parete interna che è invece a contatto con gli<br />

alimenti. Ciò origina una tensione molto forte<br />

all’interno della parete del recipiente (choc termico)<br />

che può anche rompersi.<br />

Per evitare questi rischi è necessaria un’argilla<br />

che si dilati poco se esposta al calore, che abbia cioè<br />

un debole coefficiente di dilatazione. Esistono delle<br />

argille con basso coefficiente di dilatazione, ma<br />

sono piuttosto rare (argille di buona qualità). Tra<br />

esse vanno ricordate le argille caolinitiche che conservano<br />

durante la cottura e per lungo tempo una<br />

struttura “morbida” che consente all’impasto di<br />

assorbire le tensioni all’origine degli chocs<br />

termici 85.<br />

Gli studi effettuati à La Graufesenque (Aveyron,<br />

France) hanno evidenziato un’evoluzione dell’artigianato<br />

ceramico e alla fine del I secolo d.C. la<br />

produzione di <strong>ceramiche</strong> da cucina avviene con<br />

argille dalle caratteristiche particolari: i ceramisti<br />

si sono resi conto infatti che utilizzando certe<br />

argille - tra cui anche le caolinitiche - potevano far<br />

sì che il recipiente da fuoco conservasse contemporaneamente<br />

una resistenza agli chocs termici e a<br />

quelli meccanici 86.<br />

<strong>Le</strong> argille caolinitiche - che sono di solito in Gallia<br />

di tipo sedimentario - vengono riconosciute abbastanza<br />

facilmente dai ceramisti per la loro colorazione<br />

bianca a cottura avvenuta. In altre località,<br />

invece, esistono anche caolini difficili da riconoscere.<br />

L’alterazione dei materiali derivati dal vulcanismo<br />

acido - in alcune zone del Mediterraneo orientale,<br />

ad esempio - produce spesso argille dalle caratteristiche<br />

simili a quelle dei caolini (come a <strong>Le</strong>sbo, a<br />

Focea, a Patmos e a Cos) 87. Una situazione analoga<br />

potrebbe esistere anche per alcune argille dell’Italia<br />

centrale tirrenica, nel Lazio, ad esempio, dove la<br />

presenza di caolini veri e propri pare concentrarsi<br />

nella zona di Allumiere-Tolfa.<br />

Nel mondo mediterraneo sono molto <strong>comuni</strong> e<br />

diffuse le <strong>ceramiche</strong> da mensa eseguite con<br />

argille calcaree, che fanno parte della tradizio-<br />

come contenitori di liquidi, mentre studi recenti le hanno interpretate<br />

come “bollitori”, si veda a questo proposito Batigne,<br />

Desbat 1996.<br />

85 La caolinite è un minerale argilloso Al2Si205 (OH) 4 che non<br />

comporta fondenti (Picon 2000, p. 182). I caolini hanno una fase<br />

argillosa costituita quasi unicamente da caolinite.<br />

86 Picon 1997.<br />

87 Blondé, Picon 2000, p. 182.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!