OLCESE G. (2003). Le ceramiche comuni a Roma - Immensa Aequora

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10 LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE) II.2. LE CERAMICHE COMUNI DELL’ ITALIA CENTRA- LE TIRRENICA Lo studio archeologico e archeometrico delle ceramiche comuni di alcuni siti, tra cui Albintimilium, oggetto di studio tra gli anni ’80 e ’90, ha contribuito a far emergere il fenomeno della circolazione piuttosto ampia di alcuni tipi di ceramica comune, tra l’età tardo repubblicana e la prima età imperiale. Si tratta in modo particolare di contenitori destinati all’esposizione al fuoco (ma anche di ceramica per la preparazione degli alimenti e di ceramiche da mensa), la cui origine è da ricondurre all’area tirrenica centro-meridionale 15. Tali ceramiche, prodotte in più centri dell’area compresa tra l’Etruria meridionale e la Campania ed esportate in diversi siti del Mediterraneo, come confermano i carichi di alcuni relitti, hanno ricevuto in questi ultimi anni crescente attenzione da parte degli archeologi 16. Con chiarezza sono stati evidenziati alcuni tipi di produzione campana, come il tegame ad orlo bifido, quello con orlo arrotondato o a fascia, documentati in età tardo repubblicana. È emersa anche la presenza di ceramiche prodotte nel Lazio e/o in Etruria meridionale, in più siti della penisola e del bacino occidentale del Mediterraneo. Per alcune forme/tipi rinvenuti ad Albintimilium, come ad esempio la pentola a tesa, era stata proposta, in base ai dati archeologici e archeometrici, un’origine centro-italica, riportabile in particolare all’area di Roma e della Valle del Tevere 17. Questi primi dati, confermati da ritrovamenti e da ricerche in diverse aree del Mediterraneo, hanno fatto nascere l’interesse nei confronti dell’Italia centrale quale zona di produzione e approvigionamento di ceramiche comuni in epoca tardo repubblicana e nella prima età imperiale. L’avanzamento delle ricerche sui contenitori ceramici di origine italica ha permesso di seguire la diffusione di alcuni tipi italici in ambito mediterraneo occidentale e orientale (per il Mediterraneo occidentale si veda, a titolo di esempio, il Dicocer, una raccolta delle ceramiche che circolano nel Mediterraneo nord-occidentale tra VII secolo a.C. e VII secolo d.C. pubblicato nel 1993; per il Mediterraneo orientale si vedano i recenti contributi di J. Hayes 18). 15 Si vedano a titolo di esempio le pubblicazioni dei materiali di Luni (Luni I 1973-74, Luni II 1977), Pompei (Chiaromonte Trerè 1984); inoltre Olcese 1993, Ead. 1997 e il Dicocer 1993. 16 Si vedano a titolo di esempio i lavori della Aguarod Otal o gli Atti del convegno sulla ceramica comune romana di epoca alto imperiale nella Penisola Iberica (Aguarod Otal 1991; Ceramica comuna 1995). 17 Per le motivazioni possibili della circolazione di ceramiche comuni da cucina, Picon, Olcese 1995; Olcese 1996a. 18 Hayes 1997 e 2000. 19 Ostia I, II, III, IV e OstiaV (inedito); Coletti, Pavolini 1996; Pavolini 2000, relativo alle ceramiche da mensa dell’Antiquarium ostiense. Uno degli scopi di questo lavoro è quindi quello di cercare di seguire, almeno a grandi linee, il fenomeno della produzione della ceramica comune centro-italica nella sua area di origine. II.3. I DATI DI ROMA E DEL LAZIO Non esistono studi d’insieme sulle ceramiche comuni di Roma o del Lazio. I dati fino ad ora editi riguardano i materiali recuperati durante gli scavi di Ostia 19; altre informazioni si possono desumere dalle pubblicazioni di reperti provenienti da scavi a Roma e nel Lazio. Per Roma, è possibile contare sui dati degli scavi della Curia o sui recuperi effettuati nella zona produttiva della Celsa o sui resoconti dei lavori all’Aqua Marcia 20; inoltre sulla pubblicazione, in corso di stampa, di un contesto di età augustea sulle pendici orientali del Palatino 21, di cui vengono riportati in questa sede i primi dati relativi alla ceramica comune da cucina (si veda Lorenzetti, infra). Per l’area laziale, possediamo, tra gli altri, i resoconti delle indagini di superficie e di scavi della scuola britannica 22, gli scavi spagnoli a Gabii e a Tusculum e le indagini della scuola danese a La Giostra 23. L’esame congiunto dei dati pubblicati consente di costruire un panorama delle forme e dei tipi documentati, che resta però incompleto soprattutto per alcune epoche. Molto pochi, ad esempio, sono per ora i dati concernenti il II e in parte il I secolo a.C. Mancano soprattutto edizioni di ceramiche provenienti da scavi stratigrafici che consentirebbero di organizzare cronologicamente i reperti che si conoscono da vecchie pubblicazioni e da vecchi scavi, da recuperi di emergenza o dai magazzini dei musei 24. I pochi casi in cui è possibile contare su dati percentuali/quantitativi, essi riflettono situazioni articolate e tra loro differenti, per quanto riferite ad aree tra loro non lontanissime. I dati sulle ceramiche da cucina di Ostia, ad esempio, evidenziano nei depositi di età flavia e traianea la presenza prevalente di ceramiche da cucina fabbricate nella zona di Roma; accanto alle produzioni locali/regionali abbondano però importazioni dall’Africa (30% del totale), dalla Campania e dal Mediterraneo orientale (testo Coletti, infra). Le 20 Carbonara, Messineo 1991; Carbonara, Messineo 1991-92; Aqua Marcia 1996. 21 Il contributo, a cura di E. Lorenzetti, è in corso di stampa negli Atti del Convegno di Rei Cretariae, tenutosi a Roma nel mese di settembre 2002. 22 A titolo di esempio si vedano Potter 1985; Duncan 1958; Id. 1964 e 1965. 23 Almagro-Gorbea 1982; Tusculum 2000; Moltesen, Rasmus Brandt 1994. 24 In generale sono pochi i siti ben datati soprattutto per il periodo compreso tra il III e il I secolo a.C.

importazioni dall’Africa hanno un incremento in età adrianea e superano la produzione “locale”. Lo studio delle ceramiche comuni di un tratto urbano dell’Aqua Marcia (contesti datati tra l’80 d.C. e la fine del I secolo d.C.) rivela invece la netta prevalenza di impasti “locali” che rappresentano l’80 % del totale 25. Per quanto riguarda poi lo studio della tecnologia di fabbricazione delle ceramiche comuni, si può contare sul lavoro della Schuring, che ha come oggetto le ceramiche da cucina di epoca romana e medievale di San Sisto Vecchio, contributo per ora unico nel suo genere 26. Le ceramiche comuni di Roma e dell’area laziale presentano caratteri morfologici e di impasto simili e, a seconda dell’epoca e della zona in cui sono state prodotte, hanno delle peculiarità che si è cercato di far emergere a grandi linee nel corso di questo lavoro 27. II.4. SITI CONSIDERATI 25 Aqua Marcia 1996, pp. 148, 151, 153. 26 Schuring 1986 e 1987. Alcune ricerche di H. Patterson, ad esempio Patterson 1992, sono relative però all’epoca tardoantica e altomedievale. 27 Per molte forme è evidente la derivazione dalle ceramiche etrusche, per altre emerge chiaramente l’influenza delle ceramiche greche e magno-greche. 28 Il materiale è inedito; per l’area dello scavo si vedano Caran- Gloria Olcese 11 Fig. 1) Carta dei siti nominati nel lavoro Per l’elaborazione di questa ricerca, sono state considerate e sottoposte ad analisi di laboratorio le ceramiche comuni dei seguenti siti (fig. 1): Roma • Palatino, Pendici orientali (scavi A. Carandini, inedite) 28 • Gianicolo, recuperi Mocchegiani Carpano 29 (parzialmente edite) • Tempio della Concordia (scavi della Soprintendenza archeologica di Roma, inedite) • Fornaci della Celsa, Via Flaminia (scavi e recuperi pubblicati da G. Messineo, A. Carbonara) 30 Dintorni di Roma e Lazio • Gabii (materiali provenienti dagli scavi spagnoli, pubblicati da M. Vegas e A. Martin Lopez) 31 • Macchia di Freddara (ricognizioni e scavi del GAR, A. Camilli) 32 • Ostia (scavi Soprintendenza, materiali studiati dini et al. 1986; Carandini 1990. 29 Mocchegiani Carpano 1971-1972; Mele, Mocchegiani Carpano 1982. 30 Carbonara, Messineo 1991; Carbonara, Messineo 1991-1992. 31 Vegas, Martin Lopez 1982. 32 Camilli 1992; Camilli et al. 1984.

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LE CERAMICHE COMUNI A ROMA E IN AREA ROMANA (TARDA ETÀ REPUBBLICANA - PRIMA ETÀ IMPERIALE)<br />

II.2. LE CERAMICHE COMUNI DELL’ ITALIA CENTRA-<br />

LE TIRRENICA<br />

Lo studio archeologico e archeometrico delle<br />

<strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> di alcuni siti, tra cui Albintimilium,<br />

oggetto di studio tra gli anni ’80 e ’90, ha contribuito<br />

a far emergere il fenomeno della circolazione<br />

piuttosto ampia di alcuni tipi di ceramica<br />

comune, tra l’età tardo repubblicana e la prima età<br />

imperiale. Si tratta in modo particolare di contenitori<br />

destinati all’esposizione al fuoco (ma anche di<br />

ceramica per la preparazione degli alimenti e di<br />

<strong>ceramiche</strong> da mensa), la cui origine è da ricondurre<br />

all’area tirrenica centro-meridionale 15. Tali<br />

<strong>ceramiche</strong>, prodotte in più centri dell’area compresa<br />

tra l’Etruria meridionale e la Campania ed<br />

esportate in diversi siti del Mediterraneo, come<br />

confermano i carichi di alcuni relitti, hanno ricevuto<br />

in questi ultimi anni crescente attenzione da<br />

parte degli archeologi 16.<br />

Con chiarezza sono stati evidenziati alcuni tipi<br />

di produzione campana, come il tegame ad orlo<br />

bifido, quello con orlo arrotondato o a fascia, documentati<br />

in età tardo repubblicana. È emersa anche<br />

la presenza di <strong>ceramiche</strong> prodotte nel Lazio e/o in<br />

Etruria meridionale, in più siti della penisola e del<br />

bacino occidentale del Mediterraneo. Per alcune<br />

forme/tipi rinvenuti ad Albintimilium, come ad<br />

esempio la pentola a tesa, era stata proposta, in<br />

base ai dati archeologici e archeometrici, un’origine<br />

centro-italica, riportabile in particolare all’area<br />

di <strong>Roma</strong> e della Valle del Tevere 17.<br />

Questi primi dati, confermati da ritrovamenti e<br />

da ricerche in diverse aree del Mediterraneo,<br />

hanno fatto nascere l’interesse nei confronti dell’Italia<br />

centrale quale zona di produzione e approvigionamento<br />

di <strong>ceramiche</strong> <strong>comuni</strong> in epoca tardo<br />

repubblicana e nella prima età imperiale. L’avanzamento<br />

delle ricerche sui contenitori ceramici di<br />

origine italica ha permesso di seguire la diffusione<br />

di alcuni tipi italici in ambito mediterraneo occidentale<br />

e orientale (per il Mediterraneo occidentale<br />

si veda, a titolo di esempio, il Dicocer, una raccolta<br />

delle <strong>ceramiche</strong> che circolano nel Mediterraneo<br />

nord-occidentale tra VII secolo a.C. e VII secolo<br />

d.C. pubblicato nel 1993; per il Mediterraneo<br />

orientale si vedano i recenti contributi di J.<br />

Hayes 18).<br />

15 Si vedano a titolo di esempio le pubblicazioni dei materiali di<br />

Luni (Luni I 1973-74, Luni II 1977), Pompei (Chiaromonte<br />

Trerè 1984); inoltre Olcese 1993, Ead. 1997 e il Dicocer 1993.<br />

16 Si vedano a titolo di esempio i lavori della Aguarod Otal o gli<br />

Atti del convegno sulla ceramica comune romana di epoca alto<br />

imperiale nella Penisola Iberica (Aguarod Otal 1991; Ceramica<br />

comuna 1995).<br />

17 Per le motivazioni possibili della circolazione di <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> da cucina, Picon, Olcese 1995; Olcese 1996a.<br />

18 Hayes 1997 e 2000.<br />

19 Ostia I, II, III, IV e OstiaV (inedito); Coletti, Pavolini 1996; Pavolini<br />

2000, relativo alle <strong>ceramiche</strong> da mensa dell’Antiquarium ostiense.<br />

Uno degli scopi di questo lavoro è quindi quello<br />

di cercare di seguire, almeno a grandi linee, il fenomeno<br />

della produzione della ceramica comune centro-italica<br />

nella sua area di origine.<br />

II.3. I DATI DI ROMA E DEL LAZIO<br />

Non esistono studi d’insieme sulle <strong>ceramiche</strong><br />

<strong>comuni</strong> di <strong>Roma</strong> o del Lazio.<br />

I dati fino ad ora editi riguardano i materiali<br />

recuperati durante gli scavi di Ostia 19; altre informazioni<br />

si possono desumere dalle pubblicazioni<br />

di reperti provenienti da scavi a <strong>Roma</strong> e nel Lazio.<br />

Per <strong>Roma</strong>, è possibile contare sui dati degli scavi<br />

della Curia o sui recuperi effettuati nella zona produttiva<br />

della Celsa o sui resoconti dei lavori all’Aqua<br />

Marcia 20; inoltre sulla pubblicazione, in corso<br />

di stampa, di un contesto di età augustea sulle<br />

pendici orientali del Palatino 21, di cui vengono<br />

riportati in questa sede i primi dati relativi alla<br />

ceramica comune da cucina (si veda Lorenzetti,<br />

infra).<br />

Per l’area laziale, possediamo, tra gli altri, i<br />

resoconti delle indagini di superficie e di scavi<br />

della scuola britannica 22, gli scavi spagnoli a Gabii<br />

e a Tusculum e le indagini della scuola danese a La<br />

Giostra 23.<br />

L’esame congiunto dei dati pubblicati consente<br />

di costruire un panorama delle forme e dei tipi<br />

documentati, che resta però incompleto soprattutto<br />

per alcune epoche. Molto pochi, ad esempio, sono<br />

per ora i dati concernenti il II e in parte il I secolo<br />

a.C. Mancano soprattutto edizioni di <strong>ceramiche</strong><br />

provenienti da scavi stratigrafici che consentirebbero<br />

di organizzare cronologicamente i reperti che<br />

si conoscono da vecchie pubblicazioni e da vecchi<br />

scavi, da recuperi di emergenza o dai magazzini<br />

dei musei 24. I pochi casi in cui è possibile contare<br />

su dati percentuali/quantitativi, essi riflettono<br />

situazioni articolate e tra loro differenti, per quanto<br />

riferite ad aree tra loro non lontanissime. I dati<br />

sulle <strong>ceramiche</strong> da cucina di Ostia, ad esempio,<br />

evidenziano nei depositi di età flavia e traianea la<br />

presenza prevalente di <strong>ceramiche</strong> da cucina fabbricate<br />

nella zona di <strong>Roma</strong>; accanto alle produzioni<br />

locali/regionali abbondano però importazioni<br />

dall’Africa (30% del totale), dalla Campania e dal<br />

Mediterraneo orientale (testo Coletti, infra). <strong>Le</strong><br />

20 Carbonara, Messineo 1991; Carbonara, Messineo 1991-92;<br />

Aqua Marcia 1996.<br />

21 Il contributo, a cura di E. Lorenzetti, è in corso di stampa<br />

negli Atti del Convegno di Rei Cretariae, tenutosi a <strong>Roma</strong> nel<br />

mese di settembre 2002.<br />

22 A titolo di esempio si vedano Potter 1985; Duncan 1958; Id.<br />

1964 e 1965.<br />

23 Almagro-Gorbea 1982; Tusculum 2000; Moltesen, Rasmus<br />

Brandt 1994.<br />

24 In generale sono pochi i siti ben datati soprattutto per il<br />

periodo compreso tra il III e il I secolo a.C.

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