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BRUNO TORRI<br />

molto innovativo, è invece Sovversivi, diretto nel 1967 da Paolo e Vittorio<br />

Taviani, i quali intanto avevano interrotto amichevolmente il sodalizio con<br />

Orsini. Sovversivi conferma la tendenza dei registi, ravvisabile specialmente<br />

negli anni sessanta, di fare film ogni volta diversi, pur lasciando trapelare<br />

in tutto il loro <strong>cinema</strong> alcune componenti costanti. Anche Sovversivi<br />

si caratterizza per la perseguita intenzione di tenere uniti l’impegno<br />

ideologico-politico e la ricerca artistica; anche questo film coniuga l’interesse<br />

per i contenuti, quindi per i significati, e la tensione stilistica. Tutto<br />

ciò, che investe subito l’essenziale <strong>del</strong>la poetica dei Taviani, corrisponde<br />

anche, e nel migliore dei modi, alla specifica materia e alle specifiche finalità,<br />

estetiche ed etiche, <strong>del</strong> film, dal momento che Sovversivi intende riflettere<br />

un momento di crisi e di passaggio: non solo dei registi, ma anche di<br />

un largo settore <strong>del</strong>la sinistra italiana e segnatamente dei comunisti italiani,<br />

settore <strong>del</strong> quale gli stessi Taviani facevano parte, sia pure in maniera<br />

molto più critica che ortodossa. C’è una dichiarazione degli autori, dai toni<br />

molto accesi, che rende bene il clima in cui il film era nato e le motivazioni<br />

che lo animavano:<br />

Si stava soffocando. La vita politica, culturale e privata stagnava; mancava una<br />

direttrice unica che coinvolgesse energie, desideri, odi. Tutto pareva cristallizzato<br />

in un equilibrio pacificante e un po’ enigmatico: che era invece il coperchio<br />

posato sulla fossa dei leoni, sul nido <strong>del</strong>le vipere. Sono momenti di svilimento,<br />

squallidi… Non volevamo soffocare. Sentivamo il bisogno, fisiologico<br />

prima di tutto, di rompere quello pseudoequilibrio. Come? Non esisteva un<br />

movimento di massa. Le avanguardie sarebbero balzate fuori dopo, proprio<br />

da questo putridume. La sola rottura possibile era a livello personale. Essere<br />

costretti a questo significava già dare testimonianza di quei giorni. Sovversivi<br />

è la storia di cinque personaggi che cercano di far saltare il loro stato di quiete<br />

apparente. Cercano qualcosa. Non sanno bene cosa. Vogliono cambiare.<br />

Forse sbagliando. Ma “conviene sbagliare”: questo sarebbe potuto essere il<br />

sottotitolo <strong>del</strong> film.<br />

Sono parole, queste, che denotano molta consapevolezza, ma anche<br />

molto coinvolgimento emotivo; e che inoltre svelano l’aspetto autobiografico<br />

<strong>del</strong> film, suggerendo però che si tratta di un’autobiografia molto<br />

mediata, molto filtrata, in cui il momento generazionale, che è insieme anagrafico,<br />

politico ed esistenziale, prevale su quello strettamente privato.<br />

Non a caso Sovversivi è un film corale a struttura episodica. Il ricorso a<br />

diversi personaggi e a diverse storie, quelli e queste riconducibili a circostanze<br />

coincidenti e a problematiche analoghe, rispondono appunto all’esigenza<br />

di trattare lo stesso tema, vale a dire la crisi <strong>del</strong> comunismo italiano,<br />

da diverse angolazioni e con diverse prospettive.<br />

Nel film tutti i protagonisti sono, sia pure in maniera differenziata, dei<br />

comunisti; tutti vanno a Roma per partecipare allo stesso avvenimento (i<br />

42<br />

IL “NUOVO CINEMA” DI PAOLO E VITTORIO TAVIANI<br />

funerali di Togliatti); tutti si trovano in una situazione molto particolare<br />

che li costringe a interrogarsi, a fare i conti con se stessi, a mettersi in gioco;<br />

tutti devono fronteggiare una crisi che non è soltanto di natura ideologico-politica,<br />

ma anche, e in alcuni casi soprattutto, di natura individuale,<br />

intima; e in ciò si ritrova un aspetto caratteristico <strong>del</strong> <strong>cinema</strong> dei<br />

Taviani, vale a dire la compresenza e l’interazione <strong>del</strong>l’ideologico e <strong>del</strong> fisiologico<br />

nei loro personaggi, e nei moventi di questi. Tutti i protagonisti di<br />

Sovversivi sono o diventano essi stessi “sovversivi”, in quanto, per volontà<br />

o per necessità, devono sovvertire il loro precedente ordine esistenziale,<br />

devono chiudere la loro precedente esperienza vitale anche se non sempre<br />

sanno quale sarà lo sbocco di quella che stanno per intraprendere. Il<br />

linguaggio e il racconto filmico sono ancora di stampo prevalentemente<br />

realistico, tuttavia includono anche dei risvolti simbolici; i funerali di<br />

Togliatti, ad esempio, assumono nel film una triplice funzione e un triplice<br />

significato: in primo luogo sono quello che erano stati, un fatto storico<br />

esattamente datato, ripreso in quanto tale come pretesto narrativo; quindi<br />

divengono, nel dispiegarsi <strong>del</strong>la narrazione stessa, l’occasione, lo stimolo<br />

intellettuale e affettivo, che mette i diversi personaggi nella condizione<br />

di dover scegliere; inoltre acquisiscono, in ciò prefigurando l’itinerario<br />

umano dei diversi personaggi, la parvenza simbolica di una fase di<br />

passaggio, il passaggio dal comunismo italiano <strong>del</strong> dopoguerra, appunto<br />

il comunismo togliattiano, a un’altra forma di comunismo di cui peraltro<br />

ancora non si conoscono gli elementi peculiari e gli sviluppi storici. Non<br />

solo: la morte di Togliatti, comportante la perdita, ancora una volta reale<br />

e simbolica, <strong>del</strong> capo carismatico, <strong>del</strong> “padre” che lascia i suoi figli come<br />

“gattini ciechi”, proprio per il modo in cui viene mostrata e “discussa” nel<br />

film, non è soltanto un fatto tragico, recante dolore e lutto; è anche presentata<br />

come un’opportunità per ripensare il proprio passato, per imparare<br />

a fare a meno <strong>del</strong>l’autorità e <strong>del</strong>la guida “paterna” dimostrandosi davvero<br />

adulti, davvero capaci di assumere le proprie responsabilità, di scegliere<br />

autonomamente la propria strada, che può benissimo essere la strada<br />

di molti, se molti ne condividono la meta. In Sovversivi, intorno al tema<br />

centrale <strong>del</strong>la crisi <strong>del</strong> comunismo italiano, colta soprattutto nella crisi di<br />

alcuni militanti comunisti afflitti anche, come si è accennato, da malesseri<br />

<strong>del</strong> tutto soggettivi, <strong>del</strong> tutto compresi nella sfera <strong>del</strong> privato e <strong>del</strong>la psicologia,<br />

ne ruotano altri, tra cui quello, complesso e controverso, <strong>del</strong>la<br />

“creazione artistica”, che i Taviani trattano, in una chiave ancora coerentemente<br />

e discretamente autobiografica, con precisione espressiva e<br />

coscienza metalinguistica.<br />

Opera aperta e problematica, revisionista nel senso più appropriato e<br />

incisivo <strong>del</strong> termine, Sovversivi – proprio perché è bene innervata nella<br />

contemporaneità, proprio perché riesce a implicare e capire lo spirito <strong>del</strong><br />

tempo – si fa anche portatrice di futuro. Questo traspare, nel modo più<br />

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