Tesi - Alp Cub
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costruire una galleria per mettere in comunicazione le miniere della Val Germanasca con quelle della Alta Val Chisone, una teleferica lunga 4000 m., con una portata oraria di 10000 Kg ed una centrale elettrica destinata ad alimentare gli impianti per il trattamento del minerale e le perforatrici elettriche. xlviii La realizzazione di queste opere incontrò tuttavia parecchie resistenze da parte della popolazione locale che temeva da questi interventi di modificazione dell'ambiente naturale possibili danni alle persone e agli animali. Nel 1899 i giacimenti di rame e di ferro vennero rilevati dalla Società Mineraria Italiana, un' impresa fiorente a capitale esclusivamente italiano che ai primi del Novecento occupava, in quelle miniere, ben centocinquanta minatori.Ma si trattò di un' iniziativa sfortunata :il 19 aprile del 1904 una valanga di dimensioni enormi travolse centodiciannove minatori uccidendone ottantuno e spazzando via anche i baraccamenti e la partenza della teleferica. xlviii Dopo questo incidente il lavoro nelle miniere fu ripreso solo con molte difficoltà per venire infine definitivamente abbandonato nel 1914. Dunque i siti minerari in funzione nel secolo scorso nelle due vallate esaminate erano numerosi e di notevole importanza economica per la popolazione locale. Infatti,se prima la agricoltura e la pastorizia, affiancate 56
dall'emigrazione oltralpe, rappresentavano la principale fonte di sussistenza per i valligiani, a partire da metà Ottocento un numero crescente di uomini trovò occupazione in miniera e le donne e ragazzi vi si impiegarono come addetti ai trasporti, con un certo miglioramento dei magri bilanci famigliari. La vita dei minatori non era tuttavia facile, poichè le condizioni di lavoro ancora agli inizi del Novecento erano particolarmente dure. Per questo aspetto dell' attività mineraria è possibile far ricorso ad alcune testimonianze dirette. Dai ricordi di Carlo Ferrero,e da quelli di altri minatori, da lui stesso raccolti e riportati nell' opuscolo La storia delle miniere, pubblicato nel 1988, apprendiamo che l'orario di lavoro era di dodici ore per sette giorni alla settimana e che gli unici giorni di riposo erano Natale e Pasqua. In seguito le ore vennero ridotte a dieci e poi, dal 1921, a otto.Inizialmente non esistevano nei pressi delle miniere alloggi per i minatori,e questi di conseguenza dovevano quotidianamente fare la spola fra la propria abitazione e il posto di lavoro, come ricordano ancora oggi," affrontando in molti casi ore ed ore di marcia, neve, freddo, tormenta e vento glaciale, tutto di notte e spesso con dei carichi." " A quell'epoca rincasavo tutte le sere - racconta Ferrero - " per salire al cantiere partivo presto dalla Mianda Alard erano più di 5 Km., con un dislivello di 500 m." Anche Marcellino Bounous ricorda :" d' inverno tornavo a casa con gli sci; certe 57
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dall'emigrazione oltralpe, rappresentavano la principale fonte di sussistenza<br />
per i valligiani, a partire da metà Ottocento un numero crescente di uomini<br />
trovò occupazione in miniera e le donne e ragazzi vi si impiegarono come<br />
addetti ai trasporti, con un certo miglioramento dei magri bilanci famigliari.<br />
La vita dei minatori non era tuttavia facile, poichè le condizioni di lavoro<br />
ancora agli inizi del Novecento erano particolarmente dure.<br />
Per questo aspetto dell' attività mineraria è possibile far ricorso ad alcune<br />
testimonianze dirette. Dai ricordi di Carlo Ferrero,e da quelli di altri<br />
minatori, da lui stesso raccolti e riportati nell' opuscolo La storia delle<br />
miniere, pubblicato nel 1988, apprendiamo che l'orario di lavoro era di dodici<br />
ore per sette giorni alla settimana e che gli unici giorni di riposo erano Natale<br />
e Pasqua. In seguito le ore vennero ridotte a dieci e poi, dal 1921, a<br />
otto.Inizialmente non esistevano nei pressi delle miniere alloggi per i<br />
minatori,e questi di conseguenza dovevano quotidianamente fare la spola<br />
fra la propria abitazione e il posto di lavoro, come ricordano ancora oggi,"<br />
affrontando in molti casi ore ed ore di marcia, neve, freddo, tormenta e vento<br />
glaciale, tutto di notte e spesso con dei carichi." " A quell'epoca rincasavo<br />
tutte le sere - racconta Ferrero - " per salire al cantiere partivo presto dalla<br />
Mianda Alard erano più di 5 Km., con un dislivello di 500 m." Anche<br />
Marcellino Bounous ricorda :" d' inverno tornavo a casa con gli sci; certe<br />
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