2010 LUGLIO-SETTEMBRE n. 3 - Centro Studi Val di Sole

ANNO XXXVIII - 2010 LUGLIO-SETTEMBRE n. 3
Direttore responsabile: Alberto Mosca - Autorizzazione Tribunale di Trento n° 173 del 10.03.1973 - Spedizione in abbonamento postale - 70% D.C.B. di Trento - Taxe Percue - Tassa Riscossa Malé (TN) - C.C.P. 15926389
Centro Studi
per la Val di Sole
Notiziario
del Centro Studi
per la Val di Sole

SOMMARIO
editoriale
3 Per non restare indietro
di Alberto Mosca
attività del centro studi
4 Da Trieste canta le Contre
5 La comunicazione non verbale nei Vangeli
7 A San Rocco si commemorano i caduti
studi sulla val di sole
8 Tra il Noce e il Balaton
12 Simone Lenner e una notizia
inedita: precisazioni sulla sua morte
14 Un lungo elenco, per un lungo viaggio
15 I bersaglieri tirolesi di Rabbi nel 1799
16 I luoghi di Thun: gli spazi della storia
18 Memorie delle due guerre a Caldes
20 Scontri di rocce: terremoti e sismometria
cultura delle valli
25 A Passo Paradiso la 33° edizione della festa
della Fratellanza
26 Val di Sole: i piani giovani di zona
27 “Nel paese delle meraviglie: viaggio oltre lo
specchio” alle Contre di Caldes
28 Devozione a Maria
29 A Commezzadura i segni della devozione
popolare alpina
30 Un recital in onore di Teresa Girardi
32 Malé: dedicata una via a don Mario Rauzi
33 La poesia di Cant’autorando
34 La nostra Comunità di Valle
socialia
36 Socialia
REALIZZAZIONE GRAFICA E STAMPA:
ag. nitida immagine - cles
CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
38027 Malé - c/o Teatro Comunale
(venerdì ore 17.00 - 19.00)
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MUSEO DELLA CIVILTÀ SOLANDRA
Malé - Via Trento (ex Pretura) - direttore Federica Costanzi
MUSEO DELLA GUERRA BIANCA
Peio Paese - direttore Maurizio Vicenzi
BIBLIOTECA STORICA
Terzolas - palazzo della “Torraccia”
In copertina:
Il prezioso ex-voto del 1681 esposto nella mostra di
Commezzadura dedicata alle immagini delle devozione sacra
(ph. Alberto Mosca).
DIRETTORE RESPONSABILE
Alberto Mosca
albertomosca@albertomosca.it
COMITATO DI REDAZIONE
Rinaldo Delpero
Salvatore Ferrari
Mariapia Malanotti
Elisa Merli
Anna Panizza
Romano Stanchina
Fortunato Turrini
HANNO COLLABORATO
Isidoro Bertolini
Federica Costanzi
Serena Da Pian
Paolo Dalla Torre
Lorenzo Donati
Oscar Groaz
Judit Józsa
Renato Pellegrini
Elisa Podetti
Giuseppina Zambotti
Su Internet:
www.centrostudivaldisole.it
e-mail:
centrostudi@centrostudivaldisole.it
Su Facebook:
LA VAL notiziario del Centro Studi per la Val di Sole

PER NON RESTARE INDIETRO
“Pensate che qui volevano farci gli uffici comunali!” Parola
della custode del museo allestito nel Palazzo delle
miniere di Fiera di Primiero, da me visitato a inizio
settembre. E subito mi è venuto in mente un castello,
posto alle porte orientali della Val di Sole, oggi in fase
di restauro… Non penso servano aiutini per capire che
sto parlando di Castel Caldes. Ancora. E il perché lo
dico subito: pare che, dopo anni di progetti, comitati
di studio, piani pensati e accantonati, l’idea sia quella
di metterci gli uffici comunali. In un castello. A Castel
Caldes, complesso che a tanti altri obiettivi, di maggior
respiro e vantaggio culturale e turistico, potrebbe
senz’altro essere destinato. Trent’anni di restauri, milioni
di euri spesi, per metterci un paio di computer e
lo schedario? Speriamo proprio di no. Ma al di là della
battuta della custode di Fiera di Primiero, il recente
viaggio in Trentino che per motivi professionali ho fatto
in compagnia di Salvatore Ferrari, ha offerto uno sguardo
su quello che accade intorno a noi, sempre nella
nostra provincia. Portando più di una punta di rammarico.
Guardando cosa hanno fatto gli altri negli ultimi
anni infatti, ci si rende conto di quanto la Val di Sole
sia rimasta indietro, complice l’inerzia politico-amministrativa
patita negli ultimi vent’anni. E allora, per citare
alcuni esempi, ecco la Val di Fassa e il suo museo etnografico
largo, moderno, luogo di ricerca e di didattica,
aperto nella comunicazione attraverso la tecnologia di
oggi; nelle Giudicarie-Valle dei Laghi-Alto Garda, tre
tra i “Borghi più belli d’Italia” (Rango, San Lorenzo in
Banale, Canale di Tenno), nel Primiero una rete museale
di valle che unisce in un unico percorso esperienze
ecomuseali, musei della guerra e il Palazzo delle Miniere.
Quest’ultimo ospita un’esposizione etnografica
e mineraria, ma anche uno spazio espositivo d’arte di
valle (che da noi alla fin fine manca), una sala dedicata
alla gloria di Luigi Negrelli e, soprattutto una strategia
unica di promozione e valorizzazione. Una realtà ben
diversa dalla Val di Sole, patria del campanilismo, del
fai da te e del logo di frazione, se non addirittura della
scopiazzata delle manifestazioni a danno del comune
vicino, colpevole di aver pensato.
Inoltre, mi si perdoni l’insistenza, il complesso che a
Fiera vede vicine due chiese e il palazzo nobile mi ha
fatto ricordare Cogolo e il complesso formato da due
chiese e da palazzo Migazzi. Là tutto perfettamente re-
di Alberto Mosca
3
editoriale
staurato e valorizzato, qua con una chiesa in condizioni
indecenti, l’altra adibita a legnaia e il palazzo per il quale
da dieci anni (almeno) si dice che l’anno dopo sarà
quello buono per avviarne il recupero. Senza contare,
per dare pochi esempi, la “Vila” di Caldes crollata nel
1992, il mulino trasformato in seconda casa a Ortisè
e via discorrendo, tra snaturamenti e demolizioni nei
centri storici. Così siamo messi, pur ricordando alcuni
importanti “happy end” come quelli di Mulino Ruatti
o del castello di Ossana. Caso vuole che presto sorga
pienamente (o quasi) legittimata dal voto popolare la
Comunità di Valle. Essa avrà competenze e denari, ma
anche responsabilità. Anche su questi problemi, facendosi
carico del proprio ruolo e senza scaricare tutto il
peso sul volontariato culturale, con deleghe non scritte
ma di fatto. E occorre sottolineare peraltro gli straordinari
risultati raggiunti da quest’ultimo: a partire dall’eccezionale
Museo della Civiltà solandra, frutto irripetibile
di una ricca stagione di cultura. Ora è urgente che
la valle si confronti di nuovo, ma senza egoismi e campanilismi,
sul futuro di Castel Caldes: per farci la vera
porta della valle e del suo turismo, per metterci anche
il bar-caffetteria con i prodotti locali, ma soprattutto
per essere museo di sé stesso, luogo di valorizzazione
delle glorie patrie (un nome su tutti, Giacomo Bresadola,
e poi Jacopo Aconcio, Bartolomeo ed Ergisto
Bezzi, Antonio Maturi, senza contare le famiglie nobili,
un elenco che potrebbe essere lunghissimo), sede di
eventi e mostre, monumento in cui raccontare la vita,
la storia, la cultura della valle, sede capace di autosostenersi,
di dare qualità al turismo, di creare sviluppo e
non solo costi. Sfruttando progettualità e risorse che la
Val di Sole ha in abbondanza, più delle località trentine
citate prima. Ma lì, valli meno dotate della nostra hanno
dovuto lavorare di cervello e industriarsi, valorizzando
bene quello che avevano. Che è meno di ciò che ha
la Val di Sole, più ricca ma anche e forse proprio per
questo, più indolente. Naturalmente il futuro di Castel
Caldes dovrebbe essere costruito in collaborazione
con le istituzioni provinciali: il castello è della Provincia
e questo basta per una chiamata di responsabilità,
purché da parte della valle vi sia unità di intenti e un
progetto condiviso. Altrimenti uffici comunali siano: ma
che nessuno si azzardi più a lamentarsi di scarsa qualità
dell’offerta turistica o altre amenità.

attività del Centro
DA TRIESTE CANTA LE CONTRE
Un pomeriggio di
sole, un anfiteatro
naturale - il giardino
di casa Manfroni
gentilmente
messo a disposizione
dai proprietari
- la musica di
Chiara Leonardi e
di Veronica Maistrelli
della Scuola
Musicale C. Eccher
e Fabrizio
Da Trieste con
le sue poesie,
hanno garantito
un pomeriggio di arte ed emozioni. L’amministrazione
comunale di Caldes, in collaborazione con
il Centro Studi per la Val di Sole, ha organizzato
l’incontro per presentare l’ultimo lavoro di Fabrizio
Da Trieste, la raccolta di poesie dialettali intitolata
“Contre”, con prefazione di Andrea Zanotti.
Dopo la presentazione di Marcello Liboni, l’Autore
ha alternato la lettura delle sue poesie con poesie
di due solandri che hanno lasciato in valle un
segno indelebile, Quirino Bezzi
ed Edoardo Redolfi. Fabrizio
Da Trieste ha saputo raccontare
una valle, i suoi personaggi,
il suo ambiente con maestria e
coinvolgimento. Al pittore, originario
di Caldes, Paolo Vallorz,
presente all’appuntamento con
la moglie Lolita, ha dedicato
una poesia “Quele nigole, Paolo,
quei tramonti/che fas riviver sul
to cavalet/ i daverg i orizonti e i
parla al mondo/..”.
Altra poesia l’ha dedicata a Luciano
Zanoni fabbro-artista di
Caldes, anche lui presente con
il figlio Ivan - “E bates, bates,
bates,/en quela to fosina de Caodes,/...”.
All’incontro era pre-
di Mariapia Malanotti
4
sente anche l’altro artista-pittore di Caldes Mauro
Pancheri.
Emozione è andata ad aggiungersi ad emozione
quando il presidente del Centro Studi Federica
Costanzi ha ricordato il compianto Italo Covi nel
venticinquesimo anniversario dalla morte, alla moglie
Silvia un mazzo di fiori, ripensando a quella che
è stata l’attività di Italo per il recupero ed il mantenimento
del patrimonio culturale delle valli di Sole,
Peio e Rabbi. A distanza di 25 anni dalla morte di
Covi ancora si ricorda l’entusiasmo che aveva riposto
proprio per le Contre, splendida località in riva
al fiume Noce, quando agli inizi degli anni Ottanta,
per grande volontà di Paolo Vallorz e di molte persone
di Caldes, furono costruite alcune strutture
in legno per organizzare insieme momenti di divertimento
e di cultura. Chi non ricorda le mostre
dell’Artigianato solandro o la Festa della mela, ed
ancora oggi tutti possono leggere, incisa su una bacheca
in legno, la poesia che allora aveva composto
Fabrizio da Trieste per le Contre, che inizia così.
“Lievita pian il pan de la speranza, Contre...
E madura somenza de riscossa,/alba de novi dì fati
presente...”
Il pubblico alla presentazione.
In alto, Fabrizio da Trieste.

LA COMUNICAZIONE
NON VERBALE NEI VANGELI
di Serena Da Pian
In queste pagine Serena Da Pian presenta ai lettori de “La
Val” i contenuti della tesi premiata dal Centro Studi in occasione
dell’edizione 2010 del Premio giornalistico Val di Sole.
“La mano di Gesù. Corporeità e comunicazione
non verbale nei Vangeli”. È questo il titolo della tesi
di laurea in semiotica con la quale ho concluso i
miei studi in lettere moderne presso l’università
Cattolica di Milano.
Accompagnata dal prof. Petrosino ho cercato di avvicinarmi
al messaggio che Gesù ci ha voluto trasmettere
attraverso la sua esperienza di uomo. Non
ci hanno interessato però le sue parole dette, che
innanzitutto gli evangelisti ci hanno tramandato; il
nostro intento è stato contribuire alla comprensione
delle parole silenziose cioè, della comunicazione
non verbale di Gesù.
Il metodo è consistito nel far emergere dall’analisi
dei Vangeli quella comunicazione non verbale che
ha una rilevanza antropologico-spirituale.
Il tema della comunicazione è oggi spesso affrontato
in modo astratto. Radio, televisioni, cellulari,
computer riempiono le nostre giornate facendoci
sentire al centro di una bolla comunicativa continua.
La comunicazione ha in realtà una dimensione fisica,
non è un fenomeno puramente funzionale e
strumentale, non è semplicemente un trasmettere
informazioni o un trasferimento meccanico. Il punto
da cui partiamo è la considerazione del senso
della comunicazione come fenomeno dotato di valore
peculiarmente umano. Questo porta con sé
una «valenza morale…che va ravvisata nel tentativo
di coniugare il rispetto dell’altro in quanto altro
con il rispetto dell’altro in quanto vittima o soggetto
dominato ed escluso dalla comunicazione». 1 Comunicando
con una persona incontriamo non solo
enunciati astratti o gesti concreti, ma anche la «manifestazione
di sé che quella persona sta attuando». 2
Infatti «affinchè ci sia comunicazione è…necessario
1 R. Mancini, Comunicazione come ecumene. Il significato antropologico e
teologico dell’etica comunicativa, Queriniana, Brescia 1991, p. 7.
2 Ibi, p. 76.
5
attività del Centro
non solo trasmettere una determinata informazione
mediante precisi segnali organizzati sulla base
di un certo codice, ma è altresì necessario tenere
presente ciò che proviene dall’altro…Da questo
punto di vista la comunicazione, in quanto tentativo
di messa in comune con l’altro, non solo comporta
la presa in considerazione dell’alterità del partner
coinvolto nell’atto comunicativo, ma esige anche
che tale alterità sia assunta come elemento costitutivo
dello strutturarsi di questo stesso atto». 3
Il tema trattato in questa tesi non è specialistico o
puramente teologico perchè inerisce al tema comunicativo
in quanto tale.
L’organizzazione concreta del lavoro prevede tre
capitoli: nel primo abbiamo esplorato la comunica-
3 S. Petrosino, L’esperienza della parola, Vita e Pensiero, Milano 1999, p. 15.

attività del Centro
zione non verbale in generale e ci siamo soffermati
sul corpo, sullo sguardo, sul tatto e sul gesto. Il
tema della comunicazione non verbale è il tema del
corpo che, anche quando non ne ha piena consapevolezza,
trasmette un gran numero di informazioni
a chi lo osserva, informazioni che spesso sono più
immediate ed efficaci di quelle espresse verbalmente.
Nel secondo capitolo ci siamo soffermati sull’ambito
teologico del corpo. Quest’ultimo ha un ruolo
importante nel rapporto fra la persona e l’espressione
della sua fede. La natura stessa del corpo
umano, che ha necessariamente bisogno degli altri,
che non è autosufficiente, ci fa vivere l’esperienza
non solo del legame con gli altri esseri viventi, ma
anche del rapporto con l’assoluto. (Ci rendiamo
conto che per un non credente questa può risultare
un’affermazione forzata; d’altra parte noi non
possiamo prescindere dalla nostra esperienza di
persone che cercano di vivere la loro fede in Dio).
La vita di Gesù Cristo, le sue opere, i suoi gesti
rappresentano senza dubbio l’espressione più piena
della teologia del corpo. Egli è interessato alla
guarigione del corpo malato, alla salute delle persone
che incontra, nella dimensione più piena della
salute stessa.
Nel terzo capitolo, poi, abbiamo preso in esame
la comunicazione non verbale nei Vangeli. Per fare
questo abbiamo riflettuto sul suo valore e abbiamo
proposto alcune interpretazioni. Con l’aiuto di Maggioni,
ad esempio, abbiamo messo in luce l’aspetto
interpretativo e rivelativo dei gesti del Maestro;
con Jüngel, invece, abbiamo riflettuto sull’aspetto
AVVISO IMPORTANTE
6
autocomunicativo di Dio in Gesù. Abbiamo poi fatto
riferimento anche ad un fondamento narrativo
e retorico.
Se consideriamo il pensiero biblico in relazione al
corpo dell’uomo possiamo comprendere come la
“carne” va considerata non tanto sotto un aspetto
di funzionalità fisiologica, quanto come luogo di incontro
e di comunicazione con gli altri e con Dio.
E’ rilevante sottolineare che il mondo ebraico, a
differenza di quello greco, è profondamente legato
ad una visione unitaria e corporea dell’uomo.
Ci siamo poi soffermati sulla comunicazione non
verbale di Gesù e abbiamo utilizzato i cinque sensi
(tatto, vista, olfatto, gusto, udito) come categorie in
cui raggruppare i suoi tanti gesti. Abbiamo analizzato,
ad esempio, l’uso del fango e della saliva per guarire
il cieco, l’episodio di Maria che lava i piedi di
Gesù con le sue lacrime, li asciuga con i suoi capelli
e li cosparge di olio profumato, o ancora abbiamo
visto il gesto del bacio e le sue implicazioni con il
tatto ed il gusto.
Sono trascorsi alcuni anni dal termine di questa tesi.
Quello che mi resta non è solamente un ricordo di
un periodo di studio affascinante, ma un’esperienza
umana e cristiana profonda.
Infatti, la fecondità di tale tematica può essere ricondotta
alla dimensione più propriamente umana di
Gesù. Egli non vuole agire come un Dio al di sopra di
tutto e di tutti, ma come un Figlio mandato dal Padre
per diffondere a tutti gli uomini, tramite la comunicazione
verbale e non verbale, il messaggio d’amore e di
salvezza attraverso la grazia dello Spirito Santo.
Ricordiamo che, ai sensi dello Statuto sociale, il versamento della quota annuale
deve avvenire entro il 30 aprile e che la morosità di oltre sei mesi, ovvero oltre
il 30 ottobre, comporta la perdita della qualità di socio.
Ne consegue che il socio che non abbia versato la quota entro tale data perderà
il diritto a ricevere i numeri successivi del bollettino la Val,
nonchè le pubblicazioni dell’anno.

Nell’area sacra del colle di San Rocco a Peio hanno
trovato sepoltura i resti dei Kaiserschützen caduti
sul San Matteo e rinvenuti nel 2009. “Sulle rovine
dell’odio costruiamo la pace”, ha detto l’assessore
alla cultura, rapporti europei e cooperazione Franco
Panizza. Ad accogliere le salme l’area sacra del
colle di San Rocco a Peio, la cinquecentesca cappella
con l’ex cimitero austro-ungarico della Grande
Guerra, dal 2004 destinato ai soldati caduti in guerra
di qualsiasi nazionalità. La cerimonia solenne si
è svolta il 3 settembre all’interno della tradizionale
commemorazione dei Kaiserschützen del Piz Giumella.
Un incontro per costruire la pace, ricordando
la storia, e non dimenticando la specificità del
nostro territorio e la necessità di superare le divisioni:
“Dobbiamo ricomporre i conflitti nella comune
patria europea, affinché questa nostra piccola
patria tra i monti diventi laboratorio e modello di
pace, solidarietà e amicizia; la storia deve essere
maestra di vita per unire le comunità”. Panizza ha
poi commentato la necessità di assicurare giusta
sepoltura a tutte le salme recuperate in quota, che
emergono sempre più frequenti a causa del ritiro
dei ghiacciai, ricordando l’impegno dei diversi servizi
provinciali nei progetti di ripristino dei luoghi
di guerra, fra cui l’importante sito di Punta Linke, a
oltre 3.600 metri.Tra gli altri erano presenti anche
l’assessore provinciale Ugo Rossi, il vicesindaco di
Peio Paolo Moreschini, Udalrico Fantelli, presidente
del Museo di Peio e il direttore dello stesso Mau-
7
attività del Centro
A SAN ROCCO SI COMMEMORANO I CADUTI
rizio Vicenzi, nonché la rappresentante della Croce
Nera austriaca (sezione del Tirolo) Annemarie
Wieser con il maggiore Christian Haager dei Tiroler
Kaiserjäger e Günther Elmar dei Kaiserschützen
di Imst. Ad aprire la cerimonia la sfilata dei gruppi
accompagnati dal corpo musicale “Città di Trento”
che hanno raggiunto il cimitero di Peio. Qui la messa
officiata da monsignor Ernesto Menghini con il
coro “Stella del Cornet” di Romagnano, a cui sono
seguiti i discorsi ufficiali.
A mezzogiorno l’inumazione dei caduti ritrovati
sulla vedretta di Valpiana nel 2009, con la salva
di fucile della Compagnia Schützen Val di Sole. Al
termine delle solenni esequie, il corpo musicale di
Trento, diretto dal maestro Michele Cont, e il coro
di Romagnano, guidato da Luigi Forti, hanno presentato,
in prima assoluta, “Heldentod”, uno spartito
musicale del 1916 ritrovato da Giovanni Terranova
dedicato ai Kaiserjäger del II Reggimento che
in Galizia, nel 1914, si sacrificarono per consentire
la ritirata al resto dell’armata austro-ungarica. Per
tutti, un momento di grande commozione.

studi sulla Val di Sole
TRA IL NOCE E IL BALATON
La storia del medico-scrittore György Bodosi
di Judit Józsa e Alberto Mosca
“Ossana si trova nella Val di Sole, ai piedi dei ghiaccai,
all’altezza di mille metri. Era qui che i miei genitori si incontrarono
durante la prima guerra mondiale. E mentre
i soldati si ammazzarono tra di loro, i miei genitori
si innamorarono e si sposarono nell’antica chiesa di
stile romanico del paesino. Dal loro matrimonio sono
nati tre maschi, l’ultimo dei quali sono io. Sto guardando
con ammirazione il paesaggio, il paesino. Come sono
gentili gli abitanti. Mi sono sentito subito come se fossi
arrivato a casa, come se i miei genitori si fossero amati
solo per farmi venire qua”. Così, nel racconto scritto nel
1964-1965 in occasione di una sua visita in Val di Sole e
intitolato eloquentemente “Da casa a casa”, György Bodosi
dà un’idea della sua straordinaria vicenda, figlio di un
soldato austroungarico di stanza in Val di Sole negli anni
della Grande Guerra e di una ragazza di Ossana, Adele
Voltolini, proveniente da una famiglia di emigranti solandri
attivi nel commercio nel modenese: lei nacque il 14
gennaio 1895 a Modena, figlia di Domenico e di Serafina
Placchi; caso volle che allo scoppio della guerra la famiglia
si trovasse a Ossana e così Adele conobbe Tivadar Józsa,
militare ungherese nato il 27 ottobre 1885. Il loro amore
li portò a sposarsi a Ossana pochi giorni prima della
fine della guerra, il 24 ottobre 1918. Poi, la partenza per
l’Ungheria.
A ricucire i fili di questa storia vissuta tra Val di Sole e
Ungheria è la figlia di questo nostro medico, scrittore e
poeta: Judit Jósza mi ha così, in un recente quanto gradito
rapporto epistolare, reso partecipe di questa vicenda,
traducendo dall’ungherese all’italiano le memorie scritte
dal padre. Una storia che in parte era stata raccontata
nel volume di Udalrico Fantelli e Alberto Mosca “Ossana:
storia di una comunità”, edito dall’amministrazione comunale
nel 2005, alle pagine 88-90. Ma è pure da ricordare
che della vicenda e dell’opera di Bodosi scrisse già
nel 1980 sulle pagine de “La Val” Quirino Bezzi in un articolo
intitolato “Una voce dalla lontana Ungheria” (n.6-7,
pag.4).
Scrive ancora György Bodosi: “Rimane un mistero come
è riuscito mio padre a conquistare mia madre, la ragazza
più bella del paese (pur essendo il paese molto piccolo).
Mio padre senz’altro, giudicando dalle foto, era un
bell’uomo, alto, biondo, di dieci anni più vecchio di mia
madre che in quel tempo aveva 20-21 anni. Mio padre
8
aveva un carattere aperto, estroverso, allegro, uno a cui
piaceva divertirsi. Essendo un uomo maturo era esperto,
conosceva le donne anche perché aveva due sorelle.
Conoscendo mia madre, com’era timida e severa, non
deve esser stato un compito facile. Mio padre era, poi,
per giunta un nemico. E come se non bastasse i fratelli di
mia madre erano soldati nell’esercito italiano e avrebbero
potuto anche fronteggiarsi come nemici, incontrarsi
nelle trincee”.
Un uomo consapevole del suo essere al confine tra due
mondi: Tivadar (Teodoro) Józsa (questo il vero nome di
Bodosi) nasce a Budapest il 24 marzo 1925: la sua è una
famiglia tipicamente mitteleuropea, in quanto oltre alle
radici, italiana e ungherese/transilvana, nell’albero geneologico
figurano anche antenati di madrelingua tedesca
e slava.
Trascorre l’infanzia e la giovinezza nella capitale e nei dintorni,
in una pittoresca cittadina sul Danubio, a casa dei
nonni a Szentendre. Durante gli anni della scuola superiore
compone le prime poesie. Conseguita la maturità, si
iscrive alla facoltà di Medicina. Durante gli anni universitari
(anni molto difficili sia nella vita privata del poeta che in
quella del Paese), collabora con l’Istituto Orientale diretto
da István Bibó, storico di fama europea. Stimolato da
quell’ambiente ed incoraggiato da alcuni amici comincia
a scrivere e pubblicare. Nel 1949 esce nella prestigiosa
rivista letteraria “Válasz” (Risposta) il suo primo saggio,

uno studio su Berzsenyi, poeta del classicismo ungherese.
Dopo un’interruzione degli studi universitari riprende gli
abbandonati studi di medicina, laureandosi nel 1950.
Si trasferisce nella provincia di Veszprém e per alcuni anni
lavora nell’ospedale del capoluogo; poi nel 1954 viene di
nuovo trasferito: destinazione è Pécsely, a fare il medico
condotto in otto paesini, in una valle sul lago Balaton.
Da quel tempo fino alla pensione lavorerà qui. La campagna,
la vita dei contadini si rivelano un mondo totalmente
inesplorato per il giovane nato e cresciuto nella capitale.
Ma dopo i primi smarrimenti comincia ad esplorare il
mondo e adattarsi al nuovo ambiente, partecipare alla
vita della comunità. Il medico non si limita a guarire i
malanni del corpo ma dimostra un profondo interesse
anche per l’anima, per tutta la vita, per tutti i problemi dei
suoi compaesani, in maggioranza contadini. Nel paesino
dove abita organizza la vita sportiva (essendo lo sport, fin
da bambino, l’altra sua grande passione), facendo l’allenatore
della squadra locale di calcio. Si aprono così anche
nuovi orizzonti culturali: la cultura contadina, soprattutto
quella materiale, l’artigianato, che profondamente ammira.
Comincia ad interessarsi alla storia locale, consulta i
registri delle parrocchie, e quando, alla metà degli anni
’70, nel paese vengono scoperti reperti archeologici, si dà
con passione all’archeologia. Molte delle sue ipotesi sulla
preistoria della valle verranno, dopo alcuni decenni, confermate
dagli esperti. I reperti archeologici da lui raccolti
ora sono esposti in una sorta di museo locale, inaugurato
nel 2004. Si trasferisce in provincia in anni in cui tutti vogliono
andare in città: se poi, per lui questo cambiamento
di vita (trasformarsi da cittadino cosmopolita in un valligiano)
sia stato un’oasi o un esilio, è domanda difficile:
evidentemente l’una e l’altra.
In questo ambiente vive nuove esperienze e nuove ispirazioni,
riprendendo l’attività letteraria, scrivendo di sociografia
e nuove poesie, incoraggiato anche dal maggior
poeta vivente, Gyula Illyés, che scrive una prefazione al
suo primo volume di poesie, uscito nel 1964. Negli anni
successivi escono altri due volumi di poesia che per l’originalità
dello stile e della personalità del loro autore destano
un certo interesse di critica e di pubblico. Oltre
alle poesie e scritti di sociografia (la cui maggior parte, in
quanto mette in dubbio i risultati del socialismo reale è
rimasta inedita) si cimenta con pezzi teatrali, ma nonostante
giudizi favorevoli di alcuni drammaturghi, per un
motivo o l’altro, non sono mai stati presentati sul palcoscenico.
Dagli anni Sessanta il Balaton, il paesaggio più mediterraneo
in Ungheria, diventa un luogo di soggiorno preferito
da scrittori, artisti ungheresi: Bodosi stringe così amicizia
9
studi sulla Val di Sole
con alcuni di loro e in un volume presenta gli ambienti
estivi, sul Balaton di questi personaggi, suoi amici. Ne nasce
un libro, definito dalla critica di “sociografia personale”.
In un volume a parte presenta il soggiorno a Tihany
di Illyés, che diventa uno dei suoi libri più richiesti e citati.
Il medico-scrittore ha vissuto una vita molto attiva fra
famiglia e lavoro, fra medicina e letteratura. Dalla sua valle
si muove solo in rare occasioni. Però nella sua vita e
opera sono importanti fonti di ispirazione i suoi viaggi in
Italia, diventati possibili (in ogni 3-5 anni) solo dalla metà
degli anni Sessanta. Per il resto i suoi viaggi nello spazio e
nel tempo si svolgono nella sua fantasia: una meta preferita
è la Grecia Antica.
Bodosi ha pubblicato relativamente poco. Un po’ perché
ha vissuto lontano dai centri culturali, non apparteneva a
nessun giro, non faceva parte di nessun raggruppamento
letterario. Siccome non ha mai nascosto le proprie idee
politiche, non era gradito a quelli che determinavano la
vita culturale del paese negli anni del comunismo. Dopo
la fine del regime, cambiate le mode, sente di non appartenere
ai poeti in voga oggi. Inoltre, come lui stesso
ammette, entra in gioco un po’anche il suo carattere
chiuso, suscettibile, certamente poco incline a scendere a
compromessi. La lontananza dai centri aveva anche un’alta
conseguenza: accedere a biblioteche per lui è stato
impossibile, sia per gli impegni della professione, che per
le distanze. Così scrivendo i suoi scritti su vari argomenti
culturali si è basato sopratutto sulla sua (vasta) cultura,
sulla biblioteca privata (relativamente ricca) e sulle proprie
osservazioni e riflessioni. A volte la mancanza dei
riferimenti precisi, gli è stato rinfacciato dalla critica. Ma
lui non ha mai avuta la pretesa e l’ambizione di fare anche
lo studioso. Le sue riflessioni sono quelle di un uomo di
cultura che ama riflettere, pensare ad alta voce. Da pensionato,
liberatosi dagli impegni del suo lavoro, comincia
un nuovo periodo, molto fecondo della sua attività di
scrittore: oltre a scrivere opere nuove sta raccogliendo,
sistemando e rielaborando alcune opere scritte alcuni
decenni fa, ma per un motivo o altro rimaste inedite. Da
allora vedono la luce i suoi saggi di sociografia e miscellanea
in due volumi. Il primo volume dal titolo Un paesino
e il suo medico raccoglie gli articoli che si riferiscono alle
sue esperienze vissute nel paese. Il secondo comprende
articoli e saggi su vari argomenti di letteratura. Noto
come poeta e autore di sociografia, ha sorpreso i suoi
lettori con la pubblicazione dei suoi pezzi teatrali dall’argomento
antico, preannunciato dal titolo Giochi antichi
(scritti su Santippe, Asclepio, Catullo e altri).
Infine ultimamente esordisce come scrittore di racconti,
in cui si mescolano elementi reali, autobiografici con

studi sulla Val di Sole
quelli fantastici. L’ultimo suo libro è stato presentato nel
giugno di quest’anno.
La vita e l’opera dello scrittore ha destato da decenni
l’interesse della stampa ungherese, locale e nazionale. È
stato presentato più volte come un personaggio interessante;
sono significativi i titoli di alcuni articoli: “Medico,
poeta, salvavalori”, “Un poeta in provincia”, “Il valligiano”.
È sempre stato intervistato in occasione della presentazione
dei suoi nuovi libri. Una delle caratteristiche di
Bodosi è la molteplicità dei generi e degli argomenti. Ne
dà una chiara testomonianza l’ultimo volume di poesie in
cui le liriche sono raccolte per argomenti.
Nato e cresciuto in Ungheria, lo scrittore è profondamente
legato a temi e ispirazioni della sua terra. Inoltre
si sente influenzato principalmente da due culture:
la romano-greca e quella italiana. Mentre la prima linea
è culturale, viene da letture e riletture della mitologia, la
seconda è di carattere autobiografico. Il poeta è nato da
padre ungherese e madre italiana, ma ha sempre vissuto
in ambiente ungherese, così nel suo caso non si può parlare
di bilinguità. Come formazione, cultura e lingua lui è
senza dubbio ungherese. Della sua identità di magiaroitaliano
scrive così: “Non mi è mai dispiaciuto di esser
nato ungherese. Non sono nemmeno fiero di esserlo. E
provo lo stesso anche con la mia parte italiana. Per me
essere l’italiano e nello stesso tempo essere ungherese o
viceversa, ha la sua importanza, il suo significato che non
10
vorrei e non potrei ignorare”. La sua è senza dubbio una
situazione non comune: la lingua della sua madre non è la
sua madrelingua. La madre, chissà per quale ragione, non
ha trasmesso la sua lingua ai figli, almeno ai due minori. Il
più grande, nato nel primo anno del matrimonio quando
la sua mamma non sapeva ancora neanche una parola di
ungherese, aveva come prima lingua l’italiano, riuscendo
a mantenerlo abbastanza bene, grazie anche ai viaggi fatti
in Italia negli anni Trenta. Il comportamento della madre
è inspiegabile, anche perché lei stessa ci teneva molto
alla sua lingua ed alla sua origine: era in contatto con
alcuni connazionali residenti a Budapest, portava regolarmente
i figli alle feste organizzate dall’Ambasciata italiana.
Da parte sua, pur vivendo in un ambiente ungherese per
cinquanta anni, è riuscita a mantenere il suo italiano. Un
italiano miracolosamente perfetto, normativo, senza alcuna
inflessione dialettale, anche se sicuramente padroneggiava
anche il solandro.
Scrive Bodosi: “Mio padre aveva portato, strappato mia madre
da qui, da questo paese, facendola diventare ungherese.
Noi, suoi figli nonostante i nostri tratti latini del viso e del
carattere siamo senza dubbio ungheresi. È ungherese la
nostra lingua, ungheresi sono le abitudini, le conoscenze, i
desideri e le possibilità. I nostri discendenti per due-tre generazioni
conservano ancora il ricordo delle radici italiane,
ma poi si perderà anche questo”.
La speranza è che questo legame possa durare per sempre.
Il dolce paesaggio del lago Balaton.

LA POESIA DI GYöRGY BODOSI
La Val di Sole, la Transilvania: due fiumi per un’unica storia.
Due torrenti
Disturba di nuovo i miei sogni,
Noce, torrente alpestre!
Riempie i miei giorni il Homoród.
Che non è più vicino.
E non è più mite. Anzi, è più selvaggio.
Anche se viene da una montagna
Alimenta orsi e lupi.
Disturba di nuovo i miei sogni
Presanella. Le vostre cime
Sono coperte da neve perenne, montagne tirolesi.
È per quegli inverni lassù sul Hargita
Che sento dolore alle mia ossa.
Quel tempo là,
quei venti
bussano battono la mia finestra
Due lontane cime, due lontani torrenti
Come potrei unificare le vostre onde
Come rotolare i vostri sassi, i vostri acciacchi
O ancora, più difficile
I vostri desideri
che mirano al mare
Mio padre, mia madre come le mie mani
terra szekely, terra tirolese
Io vi metto vicine
Le vostre valli, i vostri paesi
Le vostre cime alte
I vostri popoli dal destino simile
avvicini l’amore fraterno
Siete in me.
11
studi sulla Val di Sole
La poesia intitolata “Due torrenti” si riferisce a quello della valle, il Noce, che gli fa venire in mente
un altro che scorre nel paesino d’origine paterna, Homoród, nella Transilvania, mentre le cime della
Presanella ricordano quelle del monte Hargita.
Non muovo solo il piede
non vi distendo solo la mano
E la memoria che
Viene a galla
E così che capitano parole ungheresi,
Sulla mia bocca
che per la forma è più italiana
Due paesaggi antichi
Si trovano così più vicini
Cercano desideri e immagini comuni.
In me rotolano sassi insieme
Il Homoród ed il Noce
DesiDerio
Terra dei Szekely, terra tirolese, vi piego
come la palma della mano. Gesto antico
Mia madre me l’aveva tramandato
Apre la mia anima come fece lei con il Libro
Leggo quelli di lì, quelli dell’oltre
Quelli di qui, quelli di” chissádove”.

studi sulla Val di Sole
SIMONE LENNER E UNA NOTIZIA INEDITA:
PRECISAZIONI SULLA SUA MORTE
di Paolo Dalla Torre
La figura dell’intagliatore 1 , ha beneficiato degli studi
di Simone Weber 2 , di Alessandro Sina 3 , ma, soprattutto,
di Tiziana Leonardi, tanto da poterne ricostruire,
almeno in parte, la biografia e l’attività 4 . La
studiosa precisava come l’artista doveva essere defunto
fra il 1656 e il 1658 5 . L’anno successivo, infatti,
il 18 maggio a Ossana, morì Caterina, sua moglie,
già vedova, sepolta nel cimitero locale. Ignoti, fino
a oggi, la data e il luogo di morte dell’intagliatore 6 .
Lenner sarebbe deceduto lontano da Ossana: manca
infatti una registrazione a suo nome nel volume
relativo ai defunti di quella parrocchia 7 .
La presenza di artisti solandri a Mezzolombardo
nella seconda metà del Seicento, come Marino Dalla
Torre o Giovanni Simone Ramus 8 , ha suggerito
di esaminare i registri anagrafici di quella parrocchia,
permettendo di riscontrare la data di morte
di Lenner. Questi cessò di vivere a Mezzolombardo
il 25 ottobre 1655 in modo improvviso e trovò sepoltura
il giorno seguente. Il cimitero al tempo si
trovava attorno alla chiesa di san Pietro apostolo,
sul dosso sopra il paese: “Die 25 octobris 1655 repentina
morte obiit Simon Lener Ossanae et die
sequenti sepultus fuit.” 9 .
Il parroco del tempo era don Pietro Dalla Torre
(Mezzana, 1588 circa) in carica dal 14 luglio 1654 al
25 febbraio 1672 10 , giorno in cui morì a Mezzolombardo
11 . Forse il sacerdote chiamò artisti della sua
valle di origine a lavorare in zona.
La presenza di Lenner a Mezzolombardo lascia ipotizzare
possibili lavori di intaglio negli edifici sacri
del centro rotaliano, in particolare nelle chiese di
san Pietro apostolo e della Natività di san Giovanni
Battista.
12
NOTE
1 R. COLBACCHINI, scheda Simone Lenner, in Scultura in Trentino. Il
Seicento e il Settecento, a cura di A. BACCHI e L. GIACOMELLI, II,
Trento 2003, pp. 184-186, con bibliografia relativa.
2 S. WEBER, Intagliatori e indoratori nella Valle di Sole, “Studi Trentini
di Scienze Storiche”, III (1922), pp. 159-160; ID., Artisti trentini e artisti
che operarono nel Trentino. Seconda edizione accresciuta e corretta
dall’autore con introduzione, annotazioni e indice dei luoghi a cura
di N. RASMO, Trento 1977, p. 207.
3 A. SINA, Una famiglia di artisti camuni: i Ramus di Edolo-Mù, collana
“Monografie di storia bresciana”, XXVII. Memorie storiche della
Diocesi di Brescia, serie XII, Brescia 1944, pp. 172-173.
4 T. LEONARDI, Altari lignei nei decanati di Malé e Ossana in Val di
Sole, tesi di laurea in storia dell’arte, Università degli Studi di Padova,
Facoltà di Magistero, rel. F. FLORES D’ARCAIS, a. a. 1974-1975,
pp. 49-103; EAD., Contributo per una monografia di Simone Lenner,
caposcuola nell’arte dell’intaglio in Val di Sole, “Studi Trentini di Scienze
Storiche”, sezione II, LVI (1977), pp. 171-187.
5 EAD., Contributo, cit., p. 177.
6 Ibidem, p. 176.
7 R. COLBACCHINI, scheda Simone Lenner, cit., p. 186.
8 Mi riservo di indagare le biografie di questi artisti e il loro rapporto
con Mezzolombardo in articoli successivi.
9 Mezzolombardo, Archivio parrocchiale (d’ora in poi Ml, AP), 1.1
1, Libro de’ battezzati dall’anno 1590 dei 6 aprile fino 12 giugno 1633
come pure de’ matrimoni dai 11 febbraio 1590 fino 15 gennaio 1671,
e de’ defonti dai 15 maggio 1595 fino li 20 dicembre 1670, sezione
dei morti, c. 35r.
10 Ml, AP, 2.1 2, Urbario generale che contiene l’urbario della venerabile
chiesa parochiale de santi apostoli Pietro, e Paolo di Mezzolombardo e
de beni canonicali, con la nota delle messe legatarie, 1803-[1863], c.
107r. All’atto della presa di possesso della parrocchia di Mezzolombardo,
il 14 luglio 1654, don Dalla Torre redasse un elenco dei
mobili da lui trovati nella canonica. Cfr. Ml, AP, 2.1 1, Urbarium Petri
a Turri an. 1685 spectans ad Canonicam Medii S. Petri, c. 29r .
11 Per il decesso cfr. Ml, AP, 1.1 2, Matrimonia ab 1671 usque ad
1709 – Et post medium nota mortuorum ab anno 1671 – usque ad
1709 –, registro dei morti, c. 3v: “Anno Domini 1672 die vero 25
februarii nobilis dominus admodum reverendus dominus Petrus a
Turri ibidem parochus omnibus sacramentis reffectus ex hac vita ad
Paradisi sedem feliciter volavit in Domino aetatis suae 84 circiter”.
Mezzolombardo, Archivio parrocchiale, atto di morte di Simone Lenner.

13
studi sulla Val di Sole
Caldes, chiesa di San Rocco, altare maggiore, probabile opera di Simone Lenner. Fotografia di Otto Schmidt . Vienna, Österreichische Nationalbibliothek.

studi sulla Val di Sole
UN LUNGO ELENCO, PER UN LUNGO VIAGGIO
Nella consapevolezza ormai radicata di quello che
fu la prima guerra mondiale per il Trentino, affiorano
documenti che possono completare il quadro
del tempo. Ne ho fra mano uno interessante per la
sorte dei nostri soldati “austroungarici”.
Partiti quasi subito per la Galizia, molti furono fatti
prigionieri dai Russi ancora durante il 1914 e
il 1915. Nello sterminato dominio degli czar, che
dal 1917 avrebbe assunto nuovi caratteri sociali e
statali dopo la Rivoluzione sovietica, i nostri Kaiserjäger
catturati in battaglia rimasero per lo più
uniti, condividendo stenti e nostalgia. Terminato il
conflitto, dopo il lunghissimo percorso sulla Transiberiana,
arrivarono a Vladivostok, nell’estremo Est
della Russia.
Le trattative diplomatiche arrivarono a sbloccare
una per loro difficile situazione e a circa cinque
anni dalla partenza per la leva in massa del 1914,
finalmente, poterono essere imbarcati per la loro
patria, che nel frattempo non era più l’impero
asburgico, essendo diventata parte del Regno d’Italia.
Non l’avevano certo voluto: ma per loro fu un
lungo e disagiato “giro del mondo”.
Fra i moltissimi trentini rimpatriati col titolo di
“redenti” ho trascritto il nome dei solandri, come
sono riportati dal documento ufficiale del loro trasferimento.
Una prima nave, il piroscafo inglese England Maru,
imbarcò una quindicina di nostri convalligiani, tutti
soldati semplici tranne pochi graduati di truppa (il
solerte funzionario italiano li definì “caporali”; penso
che saranno stati sì e no Zugführer) essi erano:
il caporale Comini Giovanni di Amedeo
(nato 3-2-1886) di Monclassico;
il caporale Veronesi Pietro di Domenico
(22-6-1889) di Vermiglio;
il caporale Zanon Vigilio fu Marco
(20-9-1890) di Rabbi.
I soldati imbarcati erano:
Battaiola Egidio di Giovanni (…-7-1890) di Bolentina;
Conta Roberto fu Bortolo (14-7-1891) di Monclassico;
Dellagiovanna Agostino di Battista (15-3-1876) di Bolentina;
di Fortunato Turrini
14
Gionta Massimiliano di Angelo (25-3-1892) di Comasine;
Gosetti Antonio di Erminio (5-11-1891) di Mezzana;
Greifenberg Michele di Giovanni (4-2-1893) di Terzolas;
Lucietti Luigi di Lorenzo (17-6-1887) di Cogolo;
Marinolli Cesare di Celeste (21-8-1888) di Pracorno;
Masnovo Davide di Pietro (10-3-1893) di Piazzola;
Masnovo Michele di Giovanni (13-9-1893) di Rabbi;
Stablum Antonio di Giovanni (14-11-1891) di Pracorno;
Zambotti Felice di Giovanni (21-5-1891) di Vermiglio.
Il piroscafo francese France Maru non ospitò per la
traversata nessun soldato della Val di Sole; invece altri
15 solandri vennero caricati sull’americano Texas
Maru:
Fronza Bonifacio di Francesco (25-7-1883) di Vermiglio;
Girardi Oreste fu Celeste (15-10-1889) di Rabbi;
Penasa Antonio di Domenico (21-4-1889) di Rabbi;
Placchi Angelo di Giuseppe (22-2-1891) di Ossana;
Penasa Raffaele fu Giacomo (4-8-1889) di Rabbi;
Penasa Francesco di Pietro (24-3-1892) di Samoclevo;
Rosani Giuseppe fu Giovanni (24-8-1890) di Caldes;
Stanchina Pietro di Casimiro (1-12-1884) di Terzolas;
Stanchina Bortolo fu Casimiro (24-8-1889) di Terzolas;
Stanchina Camillo fu Fortunato (23-3-1890); di Terzolas;
Smalzi Venanzio fu Bortolo (18-5-1889) di Vermiglio;
Tolameotti Giuseppe di Bortolo (5-1-1887) di Samoclevo;
Veronesi Felice di Domenico (26-2-1890) di Vermiglio;
Valentinelli Valentino fu Giovanni (12-1-1873) di Bolentina;
Zanon Ernesto fu Pangrazio (11-9-1893) di Rabbi.
Come è possibile vedere dall’elenco, il più anziano
dei rimpatriati aveva circa 46 anni; i tre più giovani
appena 26 anni, segno che erano partiti per la
guerra poco più che ventenni, facendo tra servizio
di leva e conflitto circa 7 anni di militare. Rispetto
ai paesi di origine, un folto gruppo era della Val di
Rabbi: 6 di S. Bernardo, 2 di Pracorno, 1 di Piazzola;
di Vermiglio 5; di Terzolas 4; di Bolentina 3; di Monclassico
e Samoclevo 2; uno per ciascuno di Comasine,
Mezzana, Cogolo, Ossana, Caldes.

Dagli archivi della famiglia Thun 1 emerge un documento
raro e per questo assai importante: un’attestazione, firmata
dal capitano Giuseppe Salvadori di Cles 2 , dei Rabbiesi che
servirono sotto il suo comando tra le file della difesa volontaria.
Siamo nella primavera del 1799: già due volte il Trentino
era stato invaso dall’esercito di Napoleone (nel 1796
e nel 1797) e in quell’anno un nuovo attacco ebbe come
vittime le città venostane di Glorenza, Malles e Silandro.
Anche dalla parte del Tonale si ebbe timore di un’invasione
francese e per questo vennero riorganizzate le compagnie
per il presidio del passo. Ed ecco che in questo contesto fa
la propria comparsa questo documento, particolarmente
importante perché uno dei rari elenchi di combattenti in
quegli anni. A firmarlo è il capitano di Cles Giuseppe Luigi
Salvadori, al quale viene affidata una compagnia nella quale
figurano numerosi bersaglieri tirolesi chiamati a combattere
“per conto ed a nome della Valle di Rabbi”. La compagnia
restò in linea per quasi due mesi, dal 18 marzo al 7 maggio,
venendo quindi sciolta a pericolo scampato. Oltre a numerosi
rabbiesi, l’elenco porta i nomi di Bersaglieri provenienti
dalle zone di Malé, Cles, Cloz e Livo; altri nomi sono di difficile
collocazione. Particolare interessante, tra i combattenti
vi è un sacerdote, don Domenico Zanon 3 . Ma ecco il testo
del documento 4 :
Nome e cognome de Bersaglieri, che hanno servito sotto
di me soscritto per conto ed a nome della Valle di
Rabbi dal 18 marzo 1799 fino li 7 maggio del medesimo
anno inclusive.
S. Antonio Zanoni
S. Nicolò Cicolin
Giovanni Casna
Romedio Salvadori
Giovanni Fedrigon
Luigi Penasa
Antonio Zanola
Benedetto Massenza
Celeste Massenza
Antonio Stefli
Giuseppe Pangrazi
Giuseppe Ruvati
Antonio Pangrazi
Nicolò Graiffenberg 5
Antonio Ruvati
Bernardo Pedergnana
15
studi sulla Val di Sole
I BERSAGLIERI TIROLESI DI RABBI NEL 1799
di Alberto Mosca
Giovanni Mengonn
Antonio Pedergnana
Stefano Cicolin
Bernardo Aliprandini
Luigi Stefli
Marin Zadra
Il reverendo Signor Don Domenico Zanon
Luigi di Steffani
Li infrascritti parimenti attesto, che abbiano servito per
il contingente di detta Valle dalli 28 marzo 1799 fino ai
7 maggio dello stesso anno inclusive.
Francesco Stablum
Antonio Marinolli
Gio. Marinelli
Gio. Pedergnana
Giacomo Fava
Gio. Pangrazi
Gio. Gasperetti
Dal dì 6 aprile 1799 fino li 7 maggio inclusive attesta
che abbia servito
Bortolo Dalle Caneve
Cles, al 12 agosto 1800
Gio Aloisio Salvadori Cap.no de Bersaglieri Tirolesi
NOTE
1 Il documento qui descritto si trova in Archivio Thun di Castel Bragher,
sez. III, serie III, cass. 1. Il mio ringraziamento va al conte Giorgio Thun-
Hohenstein-Welsperg.
2 Giuseppe Luigi Salvadori nacque a Cles il 3 luglio 1767 e si distinse,
all’inizio del 1797, coprendo la ritirata delle truppe imperiali dal monte
Baldo verso Lavis. Per questo venne decorato con la grande medaglia
d’onore dell’imperatore Francesco II. Cfr. A.MOSCA, Viva la libertà moja
il re di Baviera, Cles 2003, pp. 36 e 125, ma anche A.PATTINI, La guerra di
liberazione nelle valli di Non e di Sole 1796-97, Trento 1996, p. 87.
3 Padre Remo Stenico ricorda un prete Domenico Zanon che sarebbe
morto il 28 agosto 1801 all’età di 48 anni, senza tuttavia indicarne la
provenienza; lo stesso autore ricorda pure un prete Domenico Zanoni,
di Campodenno, morto il 25 marzo 1820 all’età di 52 anni. Cfr. P. R. STE-
NICO, Sacerdoti della diocesi di Trento dalla sua esistenza fino all’anno 2000,
indice onomastico.
4 Nella trascrizione sono state sciolte le principali abbreviazioni e uniformate
all’uso moderno alcune particolarità di scrittura.
5 Ritroveremo un Nicolò Graifenberg quale tenente nella compagnia del
maletano capitano Costanzi nel corso dell’insurrezione del 1809. Cfr.
A.MOSCA, Viva la libertà. pp. 88 e 129 e A.MOSCA, Andreas Hofer nelle
valli del Noce, Provincia autonoma di Trento, Assessorato alla Cultura,
Cles 2009, p.48.

studi sulla Val di Sole
I LUOGHI DEI THUN: GLI SPAZI DELLA STORIA
L’occasione dell’apertura al pubblico di Castel
Thun ha dato modo agli studiosi di approfondire le
vicende della antica famiglia nònesa. La gente va a
vedere il maniero e gli esperti tessono con l’uso di
documenti e testimonianze artistiche l’arazzo che
permetterà, alla fine dei lavori, la conoscenza quasi
esaustiva delle vicende dei Thun. Un tassello importantissimo
al ricamo è proposto da un volumetto
fresco di stampa opera di vari autori (Salvatore
Ferrari, Novella Forner, Alberto Mosca, Emanuela
Rollandini): I luoghi dei Thun nelle Valli del Noce Itinerari
d’arte e di storia (a cura di Salvatore Ferrari), pp.
112, Trento 2010.
Il testo apre con un’eccellente introduzione storica,
scritta da A. Mosca, centrata sui caratteri speciali
della famiglia nobile: ambizione, senso degli affari,
politica matrimoniale, intuito e ferrea dipendenza
da un senior, cioè dal personaggio che nei vari momenti
è perno e molla delle scelte economiche e
umane dei Thun. Per citarne uno, basti ricordare
Sigismondo (1487-1569). L’osservazione
di S. Ferrari, mutuata
da Le Goff – la storia si
lega alla geografia – giustifica
l’andamento del libro che percorre,
a cerchi allargati, quattro
“itinerari thuniani” in Valle
di Non e in Val di Sole. Si tratta
di pellegrinaggi storico-paesaggistico-artistici
di sicuro
interesse. Il territorio viene
scandagliato con meticolosità,
per far rivivere al viaggiatore
gli otto secoli di storia della
famiglia dei Thun nelle nostre
valli. L’obiettivo segue a ritroso
il corso del Noce e dei
suoi affluenti, ma l’osservazione
non dimentica il peso davvero
internazionale dei Thun,
che per quasi quattro secoli
si impose anche nell’Europa
centrale, fra Boemia, Polonia,
Austria e Germania.
di Fortunato Turrini
16
Il primo itinerario ruota attorno alla sede nobile
di Castel Belvesino (o Thun), esaminato nelle sue
strutture, nella storia tormentata degli ultimi 200
anni, nelle ricchezze artistiche che racchiude. Pur
depauperato da saccheggi e vendite, il Castello
può reggere dignitosamente il confronto con quelli
boemi, austriaci e inglesi. Centro oggi di interesse
turistico, il luogo permette una profonda riflessione
sulla storia trentina, di cui i Thun furono a più
riprese protagonisti durante il Principato Vescovile.
Con il Castello, entra nel libro anche la zona
circostante, con Vigo di Ton e alcuni edifici sacri e
profani del circondario.
Anche l’area di Castel Bragher, residenza di un
ramo della famiglia, è oggetto di speciale attenzione.
L’itinerario parte da S. Romedio, il cui patronato
appartenne ai Thun già dagli inizi del 1500, e continua
con Castel Bragher e la sua splendida cappella,
toccando poi lungo il cammino S. Maria di Taio, la
chiesetta di S. Vigilio a Tassullo e il Palazzo Assessorile
di Cles (proprietà dei
Thun fino al 1667).
Di non minore interesse è il
terzo itinerario, dal castello
diruto di Altaguarda fino a
Fondo. Riguardo particolare
è dato alla chiesa di S. Maria
Assunta di Bresimo e alla
Casa Thun di Revò, con pareti
interamente affrescate. Il centro
da cui si irradia nella zona
la magnificenza del nobile casato
è il Castello di Castelfondo,
complesso fortificato
tuttora residenza di un ramo
della famiglia.
Il quarto itinerario interessa
la Val di Sole, che ebbe rami
della dinastia fra Caldes e
Croviana, con interessi fondiari
assai vasti nella Valle di
Rabbi. Al contrario della Valle
di Non, che contava circa
40 dimore castellane, la Val di

Sole per gran parte non sopportò la dominazione
feudale. Lo testimonia la scarsità di castelli e
dimore signorili, che invece abbondano nella valle
contigua. L’eccezione riguarda in pratica Caldes, Samoclevo,
Rabbi, Malé e Croviana. In questi luoghi i
Thun furono per secoli padroni e amministratori
oculati. Castel Caldes e la vicina Rocca di Samoclevo
passarono ai nobili d’origine nònesa già nel
XV secolo, quando le fortune dinastiche della famiglia
si stavano consolidando e ampliando. La torre
fortificata di Caldes venne allora inglobata in un
palazzo residenziale abbellito via via da aggiunte
e decorazioni durante il 1500. I vari saloni e ambienti
– chiusi attualmente per lavori di restauro
– denotano una propensione allo sfarzo ignota alla
tradizione solandra. Particolare e godibile è la cappella
di S. Maria, ricoperta da un ciclo secentesco di
pitture mariane. Il richiamo alla Madonna di Loreto
fa pensare a un omaggio ai contemporanei principi
vescovi Madruzzo, molto devoti al santuario marchigiano.
Sul finire del 1800 il castello di Caldes fu
venduto a una famiglia rurale, che rovinò in modo
drastico il complesso, vendendo le cose migliori.
Oggi l’edificio appartiene alla Provincia di Trento
che ne cura il ripristino.
La Rocca di Samoclevo,
che
fu sede della
giurisdizione
feudale dei
Thun su Rabbi,
è poco più di
un rudere; anche
la cappella
affrescata nel
‘400 è collassata
sotto il peso
dell’incuria e
del tempo. Del
plurisecolare
dominio thuniano
su Rabbi
resta qualche
traccia a
S. Bernardo e
a Piazzola. Importante
per
le tombe dei
Thun è la chiesa
pievana di
17
studi sulla Val di Sole
Malé, che conserva due lapidi commemorative con
gli stemmi di famiglia e rispettive iscrizioni. Anche
il bell’altare dell’Annunciata è dono della casata alla
chiesa maletana, come pure il suo protiro in pietra
e la cappella di S. Valentino.
Gli autori della “Guida” si occupano anche di Palazzo
Pezzen a Croviana, proprietà dei Thun per circa
un secolo. Per la chiesa del luogo i nobili commissionarono
anche quadri e uno scomparso monumento
funebre. Tra i luoghi minori della famiglia
viene citato il Maso di S. Biagio presso Malé, possedimento
thuniano fra il 1500 e il 1800. In alta valle,
il castello di S. Michele a Ossana fu dei Thun per
circa un decennio all’inizio del XVI secolo.
I pregi del libro non stanno solo nella puntuale e
attenta descrizione degli edifici, delle opere d’arte
e dei luoghi appartenuti ai nobili dinasti di Castel
Belvesino o ai loro parenti. Un punto a favore
dell’opera è anche l’elegante corredo fotografico,
che racconta al vivo quanto viene narrato nel testo.
Una carta geografica, acclusa al libro, dimostra
visivamente gli itinerari a chi vuol viaggiare alla scoperta
dei tesori lasciati dai Thun, mentre elenca i
trenta e più siti di interesse thuniano sul retro.
La presentazione nella Sala delle Guardie di Castel Thun.

studi sulla Val di Sole
MEMORIE DALLE DUE GUERRE A CALDES
Negli scritti di Antonio Manfroni (prima parte)
Il cav. Antonio Manfroni (15.11.1869 - 19.8.1951)
affidò ad un grande quaderno il racconto delle vicende
del suo tempo: un patrimonio di memoria
prezioso, che accompagna il lettore tra i fatti familiari
degni di nota ma anche nella grande storia,
osservata e riportata dal palazzo avito di Caldes.
Grazie alla disponibilità di Giuseppe Colombo
Manfroni, che qui ringrazio sentitamente, presento
ai lettori de La Val alcuni frammenti di queste memorie;
in questo numero con il racconto personale
dei giorni del “Rebaltòn” e nel prossimo di fatti
legati alla tragedia della seconda guerra mondiale.
Le memorie di Antonio Manfroni prendono il via
riferendo brevemente di come cambiò la vita della
di Alberto Mosca
18
famiglia all’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia
contro la Duplice Monarchia.
“In occasione della guerra fra Austria e Italia, scoppiata
il 23 maggio 1915, Trento venne in parte evacuata;
mia madre Ersilia colla zia Virginia si recò a
Caldes ove più non si mosse trovando asilo e ricovero
durante l’imperversare del flagello. Durante
i primi anni di guerra Caldes fu immune da alloggi
militari, non così nel 1918. Nel marzo 1918 (19,
San Giuseppe) incominciarono gli alloggi militari
austriaci e durarono quasi ininterrottamente fino
alla fine”.
Successivamente il racconto entra nel vivo, riferendo
di quanto Manfroni vide negli ultimi, convulsi
giorni di guerra, con la paura derivante dall’avere la
casa invasa dai militari in precipitosa ritirata:
“Nella sera del 3 novembre 1918 incominciò un
passaggio disordinato di carri, cavalli, automobili e
fanti; tutto in disordine senza comando, una fuga,
era un carro che seguiva l’altro, era una ressa indescrivibile;
una confusione e disorganizzazione senza
esempio aveva invaso le file degli austriaci. La sera
alcuni ufficiali e sergenti, che fraternizzavano, vollero
alloggiare in casa. Presero posto al secondo
piano, in cucina e bevvero champagne liquori e caffè,
uno era ubriaco fradicio. La compagnia era poco
confortante. Verso le dieci si udirono alcune forte
detonazioni in verso di Malé, si vedeva la vampa,
erano granate che i fuggenti austriaci gettavano per
liberarsi. Corse fra i soldati in casa la voce che gli
Italiani si avvicinavano. Fu un fuggi fuggi generale e
per noi la liberazione. Il passaggio continuò tutta
la notte. Noi vegliammo per tema di saccheggio e
d’incendio. Però arrivò la mattina senza inconvenienti.
Verso la 7 passò la prima pattuglia italiana a
cavallo alle 8 ½ passò la cavalleria erano artiglieri
sui cavalli del treno (…). Eravamo liberi! Issammo
tantosto il tricolore preparato nella sera antecedente”.
Riconquistata con la pace anche la tranquillità do-

mestica, Antonio Manfroni ripercorre brevemente
le tappe della sua esperienza militare di guerra, iniziata
alla fine del 1916, ricordando la propria rivendicata
italianità; circostanza che lo portò in una
compagnia di disciplina, di solito riservata a soldati
indisciplinati, delinquenti e sospettati politici. Nel
1917 la sua posizione di osservato politico speciale
lo portò a perdere il posto di sostituto procuratore.
Parimenti, non gli venne riconosciuto il grado
di ufficiale che pure aveva dal 1891. L’ultima sua
destinazione di guerra fu a Benešov, nella Boemia
centrale: il congedo avvenne nell’ottobre 1918, praticamente
a guerra finita. Manfroni fece ritorno a
Caldes il 20 ottobre, in tempo per assistere dalle
mura amiche al “rebalton”.
La redenzione seguì il 4 novembre 1918 ore (…).
19
studi sulla Val di Sole
In casa eravamo la mamma mia moglie Maria e la
bambina Anna Maria. Io ero a Caldes dal 20 ottobre
1918, ritornato da Benešov. Ce la cavammo
con una buona dose di paura. Durante la guerra
io fui licenziato dal posto di Sostituto procuratore
di stato, il 24/1/1917. Già dal 3/11/1916 ero stato
chiamato soldato e passai quale semplice, non
avendomi riconosciuto il grado di ufficiale che avevo
ottenuto nel 1891. 2 mesi a Innsbruck, poi 3
settimane a Salisburgo e il 29 gennaio 1917 passai
a Benešov nella compagnia di disciplina del II Reggimento
Cacciatori Tirolesi. Colà rimasi fino al 17
ottobre 1918 sorvegliato, finché per limite d’età mi
lasciarono partire. Motivi delle persecuzioni, odio
personale e di nazione, perché non nascosi mai
d’esser Italiano e volli rispettata la nostra nazione
anche dall’Austria”.
Nella pagina accanto, un bel ritratto fotografico di Antonio Manfroni, sopra, insieme a due raccoglitori di mele.

studi sulla Val di Sole
SCONTRI DI ROCCE:
TERREMOTI E SISMOMETRIA
Un libro di roccia: geologia in Val di Sole (9)
Torna di grande attualità in
questo periodo il tema della
sismicità, legato purtroppo
ai tragici accadimenti dei
mari dei Caraibi (Haiti, 12
Gennaio 2010, magnitudo
7.3 Mw della scala Richter 1 ),
del Cile 2 (a largo della costa
del Maule, 27 Febbraio
2010, magnitudo 8.8 Mw) e
dell’Aquila (Abruzzo, 6 aprile
2009, magnitudo 6.3 Mw),
a noi più vicino e che ha
toccato emotivamente e in
parte coinvolto attivamente
il Trentino nella sua rete di
protezione civile e volontariato.
Nell’area del Mediterraneo
l’Italia è uno dei Paesi a maggiore
rischio sismico, per la
frequenza dei terremoti che hanno storicamente
interessato il nostro territorio e per l’intensità che
alcuni di essi hanno raggiunto, determinando un impatto
sociale ed economico rilevante.
La sismicità del nostro paese è legata alla sua particolare
posizione geografica, poiché è situata nella
zona di convergenza tra la zolla africana a sud (Microplacca
Adria) e quella europea a nord (Francia,
1 Magnitudo: termine usato nella scala Richter, misura l’energia liberata
da un terremoto, senza alcuna correlazione con gli effetti distruttivi che
può provocare, che invece vengono presi in considerazione nella scala
Mercalli
2 Il terremoto in Cile del 27 febbraio 2010 (ore 3:34 locali), con una
magnitudo di 8,8 Mw e durata di circa tre minuti, è stato il più forte
terremoto che ha colpito il Cile dal 1960 (Valdavia dd. 22.05.1960,
magnitudo 9,5 Mw, il più forte mai registrato), e il più forte al mondo
dal maremoto dell’Oceano Indiano (Sumatra/Indonesia, dd. 26 dicembre
2004; magnitudo 9,3 Mw e profondità 15 km ). Secondo gli scienziati
della NASA, il terremoto è stato così potente che ha spostato l’asse di
rotazione terrestre per effetto della variazione del momento angolare.
Lo spostamento registrato è dell’ordine di 2,7 millisecondi di arco, pari a
8 centimetri e, di conseguenza, ha accorciato la durata delle giornate: il
cambiamento, seppur minimo, sarebbe permanente, con una riduzione
di 1,26 microsecondi della durata del giorno.
di Oscar Groaz e Giuseppina Zambotti
20
Svizzera, Germania). In questo modo “schiacciata”
tra i due continenti che si scontrano è sottoposta
a forti spinte compressive che causano l’accavallamento
e l’appilamento dei blocchi di roccia. Come
abbiamo già visto nelle puntate precedenti, tale
convergenza è iniziata circa 100 Ma (milioni di anni
fa, Cretacico Medio) con l’apertura dell’oceano Atlantico
meridionale e la rotazione antioraria della
placca africana in movimento verso nord. Alla fine
di tale processo di convergenza si è formata l’attuale
catena alpina dove, ricordiamo, il limite tra
la placca africana/adria e quella europea è rappresentato
dal Lineamento Periadriatico (o Insubrico),
con le faglie del Tonale e delle Giudicarie, che affiorano
entrambe in Val di Sole, segmenti importanti
di tale lineamento.
Ma in questo complesso assetto tettonico-strutturale,
come si colloca la nostra Val di Sole? Dove
sono localizzati gli eventi ipocentrali e l’attività sismica
nel nostro territorio? Cerchiamo di approfondire.

I TERREMOTI
Il terremoto è uno dei fenomeni naturali che, più di
ogni altro nei secoli, ha avuto il potere di atterrire
l’uomo. La terra, ritenuta dall’esperienza comune
come un riferimento stabile e sicuro, improvvisamente
incomincia a tremare gettando nello sconforto
chi assiste impotente al fenomeno.
Nella maggior parte dei casi il terremoto è provocato
dallo scorrimento di masse rocciose in corrispondenza
di una frattura, detta faglia. Abbiamo già
visto che la Val di Sole è interessata dalla presenza
di faglie molto importanti come il lineamento
Periadriatico (linee del Tonale e delle Giudicarie)
cioè fratture in corrispondenza delle quali si ha
movimento relativo tra i blocchi rocciosi: ebbene,
proprio tale movimento è la causa del terremoto
(nei grandi terremoti lo spostamento relativo può
raggiungere anche 15 m).
Quando un materiale solido viene compresso o stirato,
esso si deforma con modalità che dipendono
dalle caratteristiche del materiale stesso. Ad esempio,
se vogliamo allungare un elastico dobbiamo tirare
con forza e, più tiriamo, più l’elastico si allunga
finché a un certo punto si rompe. La stessa cosa
succede quando vogliamo piegare un ramo con il
ginocchio: il legno sotto sforzo comincia a piegarsi
fino a un certo punto e, se smettiamo ritorna diritto
come prima, o quasi, ma, se continuiamo, a un
dato punto si rompe.
Ma cosa succede alla rocce della crosta terrestre
se vengono sottoposto ad uno sforzo? Sembrerà
strano ma anche le rocce hanno un comportamento
simile. Infatti, quando un blocco crostale è sottoposto
a sforzi, non si frattura subito ma comincia
a deformarsi lentamente.
Nel frattempo però comincia ad immagazzinare
energia. Continuando lo sforzo, l’energia accumulata
è talmente elevata che la roccia si spacca improvvisamente.
È così che l’energia (elastica) che si era accumulata
per decine o centinaia di anni si libera improvvisamente
sotto forma di vibrazioni che si propagano
in tutte le direzioni.
21
studi sulla Val di Sole
LA RETE SISMOMETRICA PROVINCIALE
In seguito al disastroso terremoto del Friuli del
1976, la Provincia Autonoma di Trento ha realizzato,
tramite il proprio Servizio Geologico 3 , una rete
sismometrica adibita al monitoraggio dell’attività
sismica del territorio provinciale. La rete, in attività
dal 1981, è parte integrante di un più vasto
network che copre l’Arco Alpino, dalla Svizzera alla
Slovenia, ed è attualmente composta da sette stazioni
di rilevamento equipaggiate con sismometri
tridimensionali a corto e lungo periodo ed acquisitori
digitali a 24 bit.
Le stazioni remote, per la trasmissione dei dati in
real time (in tempo reale), utilizzano una rete proprietaria
di apparati radio WiFi (5,4 Ghz) integrati
con la nuova rete radio provinciale Tetra o collegamenti
ADSL su linea telefonica. Tutti i dati confluiscono
alla centrale di acquisizione presso il Centro
Polifunzionale degli Spini di Gardolo, dove vengono
decodificati e memorizzati su supporto informati-
3 http://www.protezionecivile.tn.it

studi sulla Val di Sole
co; tramite collegamenti dedicati vengono inoltre
condivisi con altri centri sismologici sia nazionali
che esteri.
In caso di evento sismico un sistema di allarme automatico
avvisa gli operatori, tramite l’invio di un
SMS, dei dati di prima localizzazione: ora di origine,
latitudine, longitudine, profondità ipocentrale e
magnitudo. Nei 20/30 minuti successivi l’operatore,
per gli eventi di particolare rilevanza, effettua la lettura
manuale delle fasi alle varie stazioni per una
più precisa localizzazione del terremoto.
La stazione più settentrionale della rete è quella in
alta Val di Peio, al Careser, installata presso l’omonima
diga a 2600 mslm, nel cuore del Parco dello
Stelvio. La stazione, una delle ultime nate, è alimentata
con pannelli fotovoltaici e, oltre a monitorare
in tempo reale 24 ore su 24 l’attività sismica locale,
provvede alla trasmissione dei dati acquisiti da due
stazioni di rilevamento di Meteotrentino e da una
WebCam installata presso la Casa Guardiani.
Una curiosità scientifica: nella tarda primavera il
sismometro estremamente sensibile della stazione
registra i crack acustici generati dalla rottura della
superficie ghiacciata del lago.
I PRINCIPALI TERREMOTI REGISTRATI ATTOR-
NO ALL’AREA DELLA VAL DI SOLE
La Val di Sole è caratterizzata da una sismicità di
grado medio-basso 4 concentrata soprattutto nel
4 Zona a sismicità trascurabile (zona sismica 4) nel Piano Urbanistico
Provinciale. La Provincia Autonoma di Trento, infatti, ha definito con la
Legge Provinciale n. 07 dd. 7 agosto 2003, le zone da sottoporre a vincoli
particolari per la difesa del suolo e delle acque. Tali aree sono individuate
in modo generale nelle tavole alla scala 1:25.000 del Sistema Ambientale
del Piano Urbanistico Provinciale (P.U.P.), e definite con precisione
all’interno della Carta di Sintesi geologica alla scala 1:10.000 (scala
22
settore settentrionale (Gruppo Ortles-Cevedale ).
Ma vediamo cosa succede tutto intorno a noi.
Salò-Lago di Garda, 24 novembre 2004 - la zona
di Salò e Vallesabbia viene colpita da un sisma di
magnitudo 5.2 (VIII grado della scala Mercalli)
con epicentro tra i comuni di Vobarno, Salò, Gardone
Riviera, Toscolano-Maderno. La profondità
dell’evento è stata stimata in poco più di 8 chilometri
con risentimento, oltre che nel nord Italia,
anche in Toscana, Slovenia, Austria e Svizzera. Le
cronache locali parlano di danni ingenti, dell’ordine
di vari decine di milioni di euro, alcuni feriti lievi,
tanto spavento.
Merano, 18 luglio 2001 - il terremoto che ha colpito
l’Alto Adige nel luglio 2001 è stato caratterizzato
da una magnitudo locale di 5.2 (scala Richter)
con epicentro a profondità di 18 km. Il terremoto è
localizzato in un area a sismicità molto bassa; nelle
vicinanze dell’epicentro non si ricorda un evento
della stessa energia negli ultimi 1000 anni 5 ; la zona
non è inclusa nelle zone in cui vige la legge sismica
per le nuove costruzioni. In passato i terremoti
hanno prodotto raramente nel Trentino e in Sud-
Tirolo/Alto-Adige effetti superiori al 6° grado della
scala MCS, che corrisponde a lievi danni non strutturali,
e comunque mai superiori al 7° grado.
Bormio-Alta Valtellina (SO), 29/31 dicembre 1999 -
è il più forte terremoto registrato in tempi recenti
in Lombardia; caratterizzato da una magnitudo 4.9°
(Scala Richter = VII Mercalli) e una profondità calcolata
entro i 10 Km, è stato avvertito con spavento
con un forte boato a Bormio e S. Caterina Valfurva.
Oscillazione di oggetti appesi, forte tremore di oggetti
e spavento generalizzato. L’ultimo evento di
intensità simile avvertito in Lombardia fu registrato
il 20 novembre 1991, ma con epicentro in Svizzera,
a Piz Platta (sud di Coira) che ebbe magnitudo 4.4°
(Richter, pari al 6^ Mercalli) e fu avvertito in tutta
la Lombardia e dal Piemonte al Veneto.
Verona, 3 gennaio 1117 - è uno tra i più forti eventi
riportati nei cataloghi della sismicità storica italiana
ad aver colpito il nord Italia. La sua magnitudo
è stata oggi stimata essere compresa tra 6.5 e 7.0,
a seconda che si consideri uno dei cataloghi oggi
disponibili (CPTI04, Gruppo di Lavoro CPTI, 2004;
CFTI4 Med, Guidoboni et al., 2008) o un recente
1:5.000 per il solo territorio del comune di Trento), approvata con delibera
di Giunta Provinciale n. 2813 del 23 ottobre 2003 (5° Aggiornamento
del gennaio 2010).
5 Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CTPI)

lavoro che ne ha approfondito lo studio dal punto
di vista storico, rivalutandone gli effetti (Guidoboni
et al., 2005). In termini di dimensioni della faglia
sorgente ciò implica una rottura con una lunghezza
intorno ai 20 km (maggiore di quella relativa alla
scossa principale della sequenza sismica del Friuli
del 1976) con spostamenti in superficie superiori
al metro.
Il territorio gardesano fin dalla antichità è stato colpito
da numerosi e anche catastrofici terremoti. Fin
dal medioevo, infatti, importanti e devastanti eventi
hanno interessato il Garda e le zone limitrofe. Nel
1117 l’area più colpita fu la zona veronese, mentre
nel 1222 la terra tremò nel settore meridionale del
Garda (Monte Netto di Capriano del Colle - BS)
causando quello conosciuto come il terremoto di
Brescia. Tra i più recenti,
oltre a quello già citato
del 2004, ricordiamo il
terremoto di Salò del
1901, a causa del quale
dovettero essere abbattuti
numerosi edifici.
SISMICITà
IN VAL DI SOLE
Le Alpi, e il territorio
della nostra regione,
sono scossi di tanto in
tanto da terremoti dovuti
alla frattura di masse
rocciose e/o a modesti
assestamenti di traslazione
in corrispondenza
di alcune delle faglie più
attive 6 che attestano che
compressioni e deformazioni
sono ancora in
corso.
I dati acquisiti dalla rete
6 Il dibattito su faglie attive e sismogenesi è approdato in Italia tra la fine
degli anni ’60 e la metà degli anni ’70, forse anche come effetto dell’interesse
della comunità internazionale per le ricerche dedicate al siting
(localizzazione) delle centrali nucleari. In quegli anni veniva ultimata la
compilazione del Modello Strutturale d’Italia, della Carta Tettonica d’Italia,
della Carta Neotettonica dell’Italia meridionale, tutte sotto l’egida
del Progetto Finalizzato Geodinamica. Si cominciava a gettare un primo
ponte tra l’evidenza geologica di superficie, quella accessibile a ogni geologo
di terreno, e il verificarsi di grandi terremoti, così come avveniva
con successo nelle aree a più elevata sismicità del mondo occidentale.
23
studi sulla Val di Sole
sismometrica nell’anno 2009, mappati sulla carta di
Fig. 4, mostrano che nell’area della Val di Sole sono
localizzati alcuni eventi sismici con magnitudo inferiore
a 3. La maggior parte dell’attività sismica è
ubicata a nord della Linea del Tonale, in Val di Rabbi
(versante sinistro) e oltre, in Val Clapa. Altri eventi
di magnitudo inferiore a 2 sono registrati sul versante
destro e un evento con magnitudo inferiore a
1 lungo la dorsale che separa la Val di Rabbi dalla Val
di Sole (area Lago Rotondo). Altri eventi sempre di
magnitudo inferiore a 2 sono segnalati in Val de la
Mare (versante sinistro) e in alta Val di Peio. Tutti i
terremoti hanno profondità dell’ordine di 10 Km, e
oltre; gli elementi sismologici raccolti sono indicativi
di una sismicità di medio-basso livello.
La distribuzione degli ipocentri sismici mostra al-
tri eventi presso Bormio, presumibilmente lungo il
piano della faglia dello Zebrù, che interessa questa
zona.
Secondo gli esperti, il numero ridotto degli eventi
registrati per l’area della Val di Sole, non consente
al momento attuale, di mettere in relazione questi
eventi con elementi di tettonica attiva. La scarsità

studi sulla Val di Sole
di conoscenze è in parte da mettersi in relazione
proprio alla modesta sismicità; lo studio dei terremoti
fornisce infatti importanti elementi di conoscenza
sulla tettonica attiva e stimola indagini
multidisciplinari per la sua comprensione. Secondo
i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e
Vulcanologia della Sezione di Milano-Pavia, il terremoto
di Merano del 2001, tuttavia, conferma che
è opportuno mettere in conto la possibilità che
eventi di questa energia si possano originare praticamente
ovunque nel territorio italiano.
LE MAPPE SISMICHE
La disponibilità sempre maggiore di dati geodetici spaziali
provenienti da stazioni GPS permanenti, attive sul
territorio italiano, sta iniziando a fornire informazioni
utili per comprendere la cinematica delle placche e di
misurare lo stato di accumulo di deformazione lungo
le faglie presenti. La storia dei terremoti indica molto
bene come questi si ripetano con una certa regolarità
nella medesima zona e come gli epicentri sismici siano
disposti lungo le direttrici tettonicamente attive
della crosta terrestre. Partendo da questi elementi si
sono costruite negli ultimi anni le Mappe sismiche del
territorio nelle quali vengono distinte le aree che, in
diversa misura, sono soggette al rischio sismico.
Su questa base si è anche proceduto alla ridefinizione
dei comuni sismici (Ordinanza 3274 del 20/03/2003
del Presidente del Consiglio dei Ministri) nel cui territorio,
in base alla nuova normativa, devono essere
applicati criteri più severi nella progettazione e nella
costruzione degli edifici7.
Gli studi di sismologia hanno avuto forte impulso
dopo il terremoto del Friuli del 1976 (6.4 Mw della
scala Richter pari al X grado della scala MCS8) e
stanno recando un notevole contributo sia di natura
scientifica che tecnica alla riduzione del rischio sismico
per le popolazioni, elevando il livello delle difese
possibili contro gli effetti del terremoto.
7 In base all’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri - O.P.C.M.
n°3274- il territorio della Provincia di Trento è stato classificato come
sismico e appartenente alla zona sismica 3 (Trentino meridionale) e
alla zona sismica 4 (Trentino settentrionale). La delibera della Giunta
Provinciale n°2813 di data 28/10/2003 che approva le “Norme di attuazione
della Variante al PUP 2000 - Approvazione della Carta di Sintesi
Geologica” ha effettuato una parziale modifica della perimetrazione
contenuta nell’Ordinanza Ministeriale, sulla base di valutazioni inerenti i
dati acquisiti dalla rete sismometrica provinciale operante dagli anni ‘80.
8 Bollettino del terremoto del 6 maggio 1976- Istituto Nazionale di Geofisica
e Vulcanologia
24
NOTA
L’argomento trattato è molto ampio e complesso
e va evidentemente approfondito. Folta e varia è la
bibliografia specialistica: libri, articoli, pubblicazioni
e numerosissimi i siti web dedicati. Tra questi, oltre
al già citato sito del Servizio Geologico – P.A.T., ricordiamo
il sito dell’Istituto Nazionale dei Geofisica
e Vulcanologia (www.ingv.it) dove si può seguire
in tempo reale il monitoraggio dei terremoti sul
territorio italiano. Tra gli articoli più recenti ricordiamo
invece Caporali et al.i (2005) – Geodetic and
hydrological aspects of the Merano earthquake of
14 July., J. Of Geodynamics e Fellin G. et al.i (2002)
– Pholyphase Tertiay kinematics and Quaternary
fault reactivation in the central-eastern Alps (Western
Trentino), J. Of Geodynamics. Sono entrambi
in lingua inglese, tuttavia sono alcuni degli articoli
più recenti che discutono il quadro sismo-tettonico
delle Alpi Orientali con riferimenti anche al
nostro territorio.

A PASSO PARADISO LA 33° EDIZIONE
DELLA FESTA DELLA FRATELLANZA
Centinaia di persone hanno partecipato alla Festa della
Fratellanza che da 33 edizioni lancia un messaggio di
pace dalle trincee della Guerra Bianca in
Presanella. Gruppi Alpini, Kaiserschützen,
Kaiserjäger e Compagnie Schützen del
Tirolo storico, associazioni di volontariato
e di ex-combattenti, hanno sfilato
dal ghiacciaio della Presena fino al monumento
della fratellanza di passo Paradiso,
per rendere omaggio ai soldati caduti sui
due fronti opposti durante il primo conflitto
mondiale. Forte il messaggio che ha
voluto dare l’assessore provinciale alla
cultura, rapporti europei e cooperazione,
Franco Panizza: “Oggi i trentini stanno
dimostrando che la storia unisce e non
divide”.
L’ara prospiciente il monumento alla fratellanza
ha ospitato la messa, officiata dal
cappellano militare padre Giorgio Valentini con la partecipazione
di delegazioni di Kaiserjäger e Schützen, dei rappresentanti
della Croce Nera austriaca, di Alpini e volontari
della val di Sole e della val Camonica, del comm. Mario
Eichta. Successivamente sono state deposte corone di
alloro per i caduti con la salva d’onore. Tra le autorità,
numerosi sindaci e amministratori locali, fra cui il sindaco
di Vermiglio Denis Bertolini, nonché Pina e Achille, rispettivamente
la vedova e il figlio del cavalier Emilio Serra,
ideatore oltre trent’anni fa della manifestazione. “Si rinnova
oggi, ha detto Achille Serra, il miracolo dell’abbraccio
di nemici di un tempo, che ritornano con animi rinnovati
25
cultura delle Valli
e aperti alla speranza sui monti che furono scenario della
guerra bianca, per lanciare soprattutto alle giovani generazioni
un messaggio di fraternità, ascolto e convivenza,
rispettosa delle diversità etniche e religiose e dei fondamentali
diritti umani, ma anche per stimolare sempre più
i nostri figli alla partecipazione e allo studio della storia”.
Tra i presenti anche l’arciduca Giorgio d’Asburgo, per il
quale questa commemorazione serve a costruire nuovi
ponti d’amicizia e a realizzare un’Europa senza barriere, e
il prof. Erwin Fitz, responsabile della Croce Nera Austriaca
sezione Vorarlberg, il quale ha voluto ricordare un episodio
significativo della Grande Guerra in Presena. “Nel
giugno del 1915 - ha spiegato il prof. Fitz, storico della
Grande Guerra sul fronte trentino - gli alpini attaccarono
le posizioni austro-ungariche tra Monticelli
e questa conca; quando si ritirarono,
gli imperiali raccolsero tutti i feriti
italiani, che non sarebbero sopravvissuti
a una notte in quota, per ospitarli e curarli
nelle proprie tende, come fossero
fratelli”. Dopo lo scambio di alcune onorificenze,
la cerimonia è proseguita al
passo del Tonale, con l’omaggio ai caduti
dell’ossario. La “Festa della Fratellanza” è
stata ideata da Emilio Serra e Kurt Steiner,
entrambi scomparsi, per mantenere
vivo il ricordo dei caduti di entrambi gli
eserciti, ed è promossa dalla Provincia
autonoma di Trento, dalla Regione Trentino
Alto Adige, dal comune di Vermiglio,
dal locale Gruppo Alpini e dal Museo
della Guerra Bianca.

cultura delle Valli
VAL DI SOLE: I PIANI GIOVANI DI ZONA
I Piani Giovani di Zona, così come definiti dalla Legge
Provinciale 5/2007, sono spazi privilegiati per dialogare,
progettare, favorire la partecipazione dei giovani e
della collettività alla costruzione delle politiche giovanili
territoriali, creando canali di comunicazione, conoscenza,
confronto, analisi e valutazione, tra il mondo
dei giovani (associazioni giovanili, studenti, gruppi informali)
e gli attori del territorio (soggetti politici, sociali,
economici).
Il Piano Giovani di Zona rappresenta quindi un’importante
iniziativa delle Autonomie Comunali, in collaborazione
con le Politiche Giovanili della Provincia Autonoma
di Trento, interessate ad attivare azioni a favore
del mondo giovanile nella sua accezione più ampia di
pre-adolescenti, adolescenti, giovani e giovani adulti ed
alla sensibilizzazione della comunità verso un atteggiamento
positivo e propositivo nei confronti di questa
categoria di cittadini.
Il metodo di lavoro si basa sulla concertazione fra amministrazioni
e istituzioni locali, società civile, mondo
giovanile, che convergono attraverso i loro rappresentanti
al Tavolo di Confronto e Proposta, che quindi
costituisce un importante strumento di dialogo e di
analisi delle proposte.
Gli ambiti di attività del Tavolo riguardano tutte quelle
azioni che permettono di valorizzare conoscenze ed
esperienze da parte dei giovani, riguardo alla partecipazione
alla vita della comunità locale e la presa di
coscienza da parte delle comunità stessa dell’esigenza
di valorizzare le potenzialità che il mondo giovanile è
in grado di esprimere. In particolare, il Piano deve fare
riferimento alla consapevolezza che ragazzi e giovani
non sono solo destinatari o fruitori di azioni degli adulti,
ma soggetti portatori di diritti, fra cui quello di essere
partecipi e protagonisti delle iniziative loro mirate.
I principali obiettivi, fissati dalle Linee Guida dell’Assessorato
all’Istruzione e alle Politiche Giovanili della PAT,
sottolineano l’importanza di restituire protagonismo
ai giovani e creare/incentivare occasioni di scambio e
confronto. In questo modo è possibile attivare e valorizzare
le risorse e le competenze già presenti sul territorio
e cogliere le domande che il mondo giovanile
esprime sotto forma di aspettative consapevoli e non
e di desideri individuali e collettivi. È necessario indivi-
di Elisa Merli
26
duare gli orientamenti e le proposte atti a migliorare
la qualità della vita dei giovani (e degli adulti), privilegiando
le soluzioni che possono facilitare il dialogo
intergenerazionale e sviluppare competenze e capacità
“trasferibili” in altri contesti e settori di impegno.
I 2 Tavoli del Confronto e della Proposta dei Piani Giovani
di Zona della Bassa ed Alta Val di Sole sono attivi
sul territorio dall’anno 2007.
I Piani Giovani di Zona della Val di Sole, lavorando sempre
in sinergia tra loro, rappresentano un significativo
impegno delle amministrazioni locali, atto a coinvolgere
il territorio (giovani, adulti, associazioni) in azioni
e proposte che mirano ad una crescita non solo del
mondo giovanile, ma che possa coinvolgere tutta la comunità.
È un segno tangibile della volontà dei comuni
della Valle di sviluppare una progettualità condivisa e
partecipata, in grado di rispondere in modo coordinato
ed adeguato ai bisogni ed alle richieste dei giovani.
Fin dall’attivazione del Piani Giovani di Zona della Valle
si è tentato di creare una rete accessibile a tutti e da
tutti fruibile, che sappia contenere e rilasciare le idee
e le priorità di quanti vogliono aderire e mettersi in
gioco per creare, scoprire, aiutare e partecipare.
Dal 2007 ad oggi sono state attivate circa 90 azioni,
spaziando dai laboratori artistici e teatrali ai percorsi
sulla genitorialità, dai viaggi formativi all’estero ai progetti
di sensibilizzazione su tematiche sociali.
I Tavoli di Confronto e Proposta dei Piani Giovani di
Zona della Val di Sole hanno elaborato alcune priorità
rispetto al proprio contesto territoriale, individuando
come principali i seguenti obiettivi:
- incentivare e sostenere forme di partecipazione
attiva dei giovani e dei gruppi giovanili del territorio,
cercando di valorizzarne il protagonismo e la responsabilizzazione,
- dare sbocco ad attività comuni che coinvolgano l’intera
comunità in un percorso di integrazione sociale,
affinché questa crei sinergie che consentano di “far rivivere”
i paesi attraverso l’impegno e la partecipazione
delle giovani generazioni e delle associazioni,
- incentivare la collaborazione tra diversi soggetti, così
sia da ottimizzare le risorse esistenti e favorire dialogo,
scambio e comunicazione a diversi livelli.
I Tavoli hanno inoltre sempre incentivato il loro agire

su di una dimensione di sovracomunalità dei progetti
proposti, favorendo soprattutto azioni rivolte ad un
ampio territorio ed aperte a tutti i soggetti.
In un ottica di dare continuità agli obiettivi nel medio
e lungo periodo, è sempre stato ritenuto importante il
fatto che le azioni proposte non siano estemporanee,
ma abbiano continuità nel tempo, dando quindi la giusta
rilevanza alle azioni che già sono state attivate in
modo positivo negli anni precedenti.
Anche per l’anno 2011, i Piani Giovani di Zona della
Val di Sole proseguiranno il percorso intrapreso negli
anni precedenti, a fronte di una sempre maggior presa
di coscienza del territorio della presenza del Piano e
“NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE”:
VIAGGIO OLTRE LO SPECCHIO ALLE CONTRE
DI CALDES
Nell’ambito del Progetto Giovani, per due mesi, un gruppo di ragazze del Comune di Caldes ha aderito alla
proposta teatrale del gruppo “Ars imprimo acto” costituito da Sonia Valentini, Aaron Iemma e Anna Benedetti. Il
laboratorio ha avuto varie fasi dal lavoro con la voce, alla realizzazione di manufatti, ad improvvisazioni a corpo
libero. I formatori si erano proposti come obiettivo la messa in luce e lo sviluppo di sentimenti, sensibilità e capacità
dei partecipanti, sviluppandone tramite il teatro di piazza la forza espressiva. Il lavoro si è concluso con uno
spettacolo finale alle Contre di Caldes, ed
in particolare nei dintorni della vecchia calcara
verso il Rio Tinto. La cornice naturale
del paesaggio e la bravura delle “neo-attrici”
hanno dato al pubblico delle belle emozioni.
Attraverso la favola di “Alice nel Paese
delle Meraviglie” si sono messi in luce
sentimenti e problematiche dalla fanciullezza
all’adolescenza, passando attraverso il
sapersi apprezzare, il saper riconoscere il
proprio corpo e la propria libertà nei confronti
di chi può anche opprimere come la
televisione. Francesca L., Chiara, Carlotta,
Francesca I., Jessica, Nicoletta, Lisa e Martina
hanno dimostrato ai loro insegnanti e
ai numerosi spettatori, che la pazienza, la
tenacia e la voglia di stare insieme possono
dare risultati eccellenti. (mp.m.)
27
cultura delle Valli
delle possibilità che questo mette a disposizione dei
ragazzi.
A novembre 2010 scadrà la presentazione dei progetti
per il Piano Giovani di Zona 2011.
Referente politico-istituzionale Bassa Val di Sole:
Giuliano Zanella.
Referente Tecnico Piano Bassa Val di Sole:
Progetto giovani Val di Sole – C7/APPM Onlus.
Referente politico-istituzionale Alta Val di Sole:
Michela Bezzi.
Referente Tecnico Piano Alta Val di Sole:
Federica Flessati.

cultura delle Valli
Nell’ultima settimana di luglio siamo stati testimoni
di un avvenimento straordinario, che ha richiamato
ad Ossana migliaia di persone: una copia della statua
della Madonna Pellegrina di Fatima è stata accolta in
questa parrocchia «Là dove va la Vergine Pellegrina,
non ci sono più antagonismi… non ci sono più interessi
che separano i suoi figli. Tutti, in questo momento,
sentono la gioia d’essere fratelli». Papa Pio
XII, attraverso un messaggio radiotrasmesso, disse
queste parole a un milione di pellegrini riuniti su
luogo delle apparizioni di Fatima, il 13 ottobre 1951.
Da allora la statua della Madonna apparsa ai tre pastorelli
il 13 maggio 1917 cominciò a viaggiare per
portare pace e bene.
In Val di Sole la statua della Vergine
giunse in elicottero, alle 20 precise al
Parco della pace di Ossana, dove ad
attenderla c’erano moltissimi fedeli.
Seguì la processione in direzione della
Chiesa dove mons. Lauro Tisi, vicario
generale, presiedette la celebrazione
della Messa solenne. Ogni giorno per
l’intera settimana donne e uomini,
giovani ed anziani si sono alternati in
uno splendido pellegrinaggio fatto di
preghiere, di canti e di celebrazioni
dove ci si affidava a Maria, la Madre
che non delude, la stupefacente fantasia
del Dio che ama di amore tenerissimo
e rivoluzionario.
DEVOZIONE A MARIA
di Renato Pellegrini
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L’iniziativa è stata una felice intuizione del parroco
don Giovanni, attorno al quale si è poi stretta
l’intera comunità nell’organizzazione impeccabile
delle giornate. Ci sono stati momenti toccanti,
commoventi, offerti da moltissimi malati, che hanno
ricevuto l’unzione degli infermi, e momenti gioiosi
durante i quali i bambini esprimevano la loro gioia
di vivere e i giovani la speranza per il futuro. La
fede semplice di molti cristiani ha trovato in questo
“pellegrinaggio” che la Madre di Gesù ha compiuto
momenti di consolazione, possibilità di guardare
con serietà al Cristo e al suo Vangelo e di testimoniarlo
nella propria esistenza.
Confesso che talvolta la devozione a Maria mi pare
esagerata, cerchiamo più una creatura eccezionale
e unica, ma sempre creatura, più che Dio stesso,
più che Gesù, che abbiamo sempre presente nel
pane eucaristico. Può diventare una dea; il vescovo
Bruno Forte scrive che Maria non è la Parola fatta
carne, “è la creatura in cui l’Eterno ha sposato la
storia” è “la sentinella dell’umanità di Dio” e ancora
“è la sintesi di ciò che la creatura è resa capace
dal suo Dio…” (Maria, la donna Icona del mistero).
Non dovremmo relativizzare un poco questo culto
mariano, come ha fatto Gesù stesso? “Chi è mia
madre e chi sono i miei fratelli? Chi fa la volontà
di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre.”
(Mc 3,35).

A COMMEZZADURA I SEGNI DELLA
DEVOZIONE POPOLARE ALPINA
di Elisa Podetti
“Segni della devozione popolare alpina”. Questo il titolo
della mostra di raffigurazioni e oggetti sacri che l’Assessorato
alla Cultura del Cumune di Commezzadura
ha organizzato in stretta collaborazione con il Gruppo
Giovani, il Circolo Anziani e chi vi scrive. L’esposizione,
allestita presso la sala Polifunzionale del Municipio di
Mestriago dal 7 al 15 agosto, ha riscosso grande successo
e interesse sia tra i conoscitori che tra i meno
esperti, non mancando anche di riservare qualche piccola
scoperta. Ben cinquanta immagini sacre, provenienti
dalla collezione di Costanzo Andreis, maestro in
pensione e grande appassionato di cose antiche, sono
state affiancate da altri segni della devozione popolare,
oggetti che un tempo si trovavano praticamente in
ogni cucina, ma soprattutto nelle vecchie ‘stue’ foderate
in legno: crocifissi, libri delle preghiere, stampi per
ostie, statue in gesso, rosari, medaglie.
Si è voluto rievocare in questo
modo un mondo di valori,
oggi forse perduti, dei
quali proprio la stua, sacrario
della famiglia, luogo simbolo
di una fede incrollabile
e intima, diventava il simbolo.
Le raffigurazioni sacre, gli ex
voto, i santini, hanno suscitato
nel corso dei secoli invocazioni,
sentimenti, speranze:
il visitatore distratto di una
mostra di “immaginette”
non pensa certo a questo, è
colpito solo dal loro aspetto
esteriore, considerandoli oggetti
di poco conto. In realtà
non è proprio così: queste
immagini, ad un primo sguardo
primitive ed elementari,
rimandano a contesti complessi,
a percorsi interpretativi
profondi e difficili. Ed è
per questo che, dopo essere
state gettate via negli anni
’60, all’epoca del ‘boom economico’
vi è attualmente un
29
cultura delle Valli
rinnovato interesse, infatti si accrescono sempre di più
le collezioni di santini, immagini della devozione popolare
e degli ex voto.
La collezione messa in mostra è composta da 50 pezzi
tra cui vi sono immagini sacre, ricordi della prima comunione
ed ex-voto, per la maggior parte provenienti
da paesi della Val di Sole e dall’Alto Adige. Questi segni
della devozione popolare si datano tra la fine dell’ ‘800
e la prima metà del Novecento. La raccolta è andata
via via aumentando da quando, circa sette anni fa, Costanzo
Andreis con grande passione ha cominciato a
raccogliere queste immagini, in alcuni casi, salvandole
durante la ristrutturazione dei solai di vecchie case. Il
Sacro Cuore di Maria e il Sacro Cuore di Gesù, la Madonna
Addolorata, la Madonna di Lourdes e di Pompei
accanto al Crocefisso con i dodici Apostoli, la Pietà e la
Deposizione nel sepolcro sono alcune delle iconografie
che si sono potute ammirare
a Commezzadura. La mostra
ha dato poi l’occasione
per vere e proprie scoperte:
come i due ex-voto esposti,
datati rispettivamente
1681 e 1682, in cui si vede
un giovane di alto lignaggio
ringraziare l’Addolorata e i
Santi Giuseppe e Antonio da
Padova per essere sopravvissuto
all’esplosione della
propria pistola. Un ex-voto
che potrebbe essere stato
commissionato proprio da
un uomo di Piano, data la
presenza di San Giuseppe.
Notevole infine un Crocifisso
in legno e avorio (nella
foto), recante una scritta
che identifica nel frate Giovanni
Antonio de Rossi “Tomasin”
da Commezzadura il
religioso che lo donò all’altare
di S. Antonio della chiesa
di Cles, tramite un certo
Nep(omuceno?) Rizi.

cultura delle Valli
UN RECITAL IN ONORE DI TERESA GIRARDI
Domenica 8 agosto
l’Amministrazione
Comunale di Rabbi
ha voluto ricordare
la poetessa Teresa Girardi
nel 6° anniversario
della sua scomparsa,
organizzando
una bellissima serata
di poesia e musica,
con Nadia Scappini
voce recitante, Manuela
Vettori al clarinetto
ed Edoardo
Bruni al pianoforte.
Nel suo saluto al folto
pubblico presente
nella chiesa di San Bernardo il vicesindaco di Rabbi
ed assessore alla cultura Adriana Paternoster ha voluto
sottolineare come la poesia sia certo mezzo di
espressione di emozioni e sentimenti, elemento che fa
sgorgare dal nostro cuore di lettori pensieri profondi,
attraverso parole che noi non sapremmo esprimere,
e nelle quali ci riconosciamo, ma è soprattutto veicolo
di riflessioni profonde. La poesia di Teresa Girardi
non parla solo al nostro cuore, ma coinvolge, e a volte
stravolge, i nostri pensieri, la nostra mente, ci mette di
fronte al nostro io più profondo ed al nostro rapporto
con noi stessi, col mondo nel quale viviamo e con gli
altri.
Il Centro Studi desidera rendere partecipi i propri soci
a questo importante e sensibile ricordo della maestra
Teresa, nostra socia ed estimatrice, oltre che spesso
aiutante in campo, riportando il testo della presentazione
della serata da parte di Elisabetta Mengon:
Teresa Girardi nasce a San Bernardo di Rabbi l’8 agosto
1908 da famiglia di contadini. Diplomatasi presso l’Istituto
Magistrale Rosmini di Trento, fu un’indimenticabile insegnante
elementare nei piccoli paesi alpini di Bolentina,
Piazzola e San Bernardo.
Era l’anno 1951 quando una sua scolara le chiese poche
righe per la felicità di una novella sposa: ne uscì la prima
poesia inedita “Nel cielo sereno s’accende l’aurora”. La rac-
di Federica Costanzi
30
colta di poesie “Il cielo sopra la vallata”, edita nel 1962, è
la prima di una numerosa serie.
Dopo una vita dedicata alla scuola, l’onda feconda dell’ispirazione
non si è stancata di muovere animo e pensiero. Le
riflessioni procedevano pacate e assidue come le passeggiate
lungo le strade tranquille dell’amata vallata. Alcuni dei
suoi versi recitano:
Mi piace andare
Nella luce
Di questo sole di montagna,
Sulla strada larga e libera
Senza meta nell’innocenza del verde
Che bagna
L’anima di fresco
…
Mi piace andare
Su questa strada irreale
In uno scherzo di luci
Ed ombre che danno
Alla mia valle una nota
D’infinito
Con rigore e sensibilità ha coltivato, su una “difficile terra
dirupata” la pianta della poesia, florida fino agli ultimi anni
della sua lunga esistenza; affezionata alla sua macchina da
scrivere, ha lasciato un’opera grande, ancora da assaporare
ed esplorare.
Teresa Girardi ha partecipato a numerosi concorsi letterari
ed ha ricevuto importanti premi e onorificenze, come il Leone
d’Oro nel 1986, mentre il titolo di Commendatore della
Repubblica italiana le venne assegnato nel 1994. A completare
la produzione letteraria che la vede come protagonista
un’antologia di poesie dal titolo “La lirica della vita”
arricchita dalle illustrazioni dell’artista Livio Conta: un’opera
che l’associazione culturale di Rabbi “don Sandro Svaizer”
ha voluto curare per rendere omaggio all’autrice.
Dal 2004 ella non è più con noi, ma in ogni suo tratto
che appare sul foglio bianco, rivive ancora: colloquia con la
sorella Giulia, i parenti, gli amici, i conoscenti, gli estimatori.
Ad ogni lettura, c’è ancora qualcosa da dire, un dialogo continuo
che non può esaurirsi con le migliori lezioni in classe,
quelle che legano gli alunni all’insegnante nell’appassionante
osservazione della realtà, nella costruzione del sapere,

nella ricerca del senso.
Finalmente un omaggio a colei che ha cantato in versi
le bellezze di Rabbi e la vita semplice di una comunità
contadina ormai volta al declino, ha ritratto con parole
intense volti, storie e momenti, ha composto inni intrisi
di devozione, di fede in Dio. Testimone degli stravolgenti
cambiamenti avvenuti nel ventesimo secolo, ha indagato
la condizione universale dell’esistere a partire dalla realtà
quotidiana e da una ricca esperienza di vita.
A sei anni dalla morte viene ricordata nella chiesa del suo
paese natale la maestra di tanti rabbiesi e la poetessa di
tutti, Teresa Girardi che di sé diceva:
Obbedisco
A qualcosa
O qualcuno che preme
Sulla pia penna
E lancio
I poetici semi
È sempre buon vento
A portarli chissà dove
Nella sua presentazione Elisabetta Mengon fa riferimento
ad una prima, lontana poesia di Teresa Girardi,
sollecitata da una sua scolara in occasione di un matrimonio:
mi sono ritornate in mente alcune fotocopie,
ricavate dal diario di Teresa Girardi, che gentilmente
mi diede alcuni anni fa la sorella Giulia. In una di queste
pagine è riportata proprio quella poesia, inedita,
con un breve commento di pugno della stessa Teresa:
“…mi venne un’ispirazione: una poesia! Pensare una
poesia! Avevo quarantadue anni, non ne avevo mai
scritto. Eccone il testo umile e per nulla stilisticamente
moderno:
Nel cielo sereno s’accende l’aurora;
il re del creato, pittore potente,
già d’oro lucente
le cose colora.
Da mille melodiche gole canore
or l’inno possente
- il grazie fervente –
per l’aere sereno s’eleva al Signore.
Nei versi qui detti or veda la Sposa,
nel giorno del gaudio
pur fatta pensosa,
di vita novella
l’immagine bella.
31
Illumini il trepido amore tuo puro
il nido di pace
in cui lo Sposo,
in tua fede sicuro,
quest’oggi, esultando, t’adduce festoso”
cultura delle Valli
Era l’anno 1950: Ora sono conscia che fu una vocazione
venutami, come si vede, in “ben definita cornice,
come tutto che ha l’impronta dell’Eterno”.
Così scrivevo:
Seme di poesia
Da ignoti cieli
Arrivò il polline lucente
Con la rapida, inattesa
Semplicità del mistero.
O misterioso seme
Recato all’arido cuore
Da provvido vento”.
I soci che desiderassero approfondire la conoscenza
con la poetessa possono prendere visione degli
articoli di Udalrico Fantelli, Remo Mengon ed Ettore
Zanon pubblicati nel notiziario sociale “La Val” n.
3 luglio-settembre del 2004, anno della sua morte,
nonché della scheda a cura di Remo Mengon, la n.
21 dei personaggi insigni nella storia della Valle di
Sole, pubblicata quale inserto del Notiziario “La
Val” n.1. gennaio-marzo 2006.
In precedenza il Centro Studi aveva dedicato
all’opera di Teresa Girardi i seguenti altri articoli:
= “Fiori sofferti” poesie di Teresa Girardi - Giulio
Briani - “La Val” n.1 – marzo 1985 pag. 3 e nella
strenna “La Val 2009” a pag. 161;
= Il “Leone d’Oro” alla poetessa Teresa Girardi –
“La Val” n. 5 – novembre/dicembre 1986 – pag. 5;
= “Rondini nel vespero”, ultima fatica di Teresa Girardi
- Quirino Bezzi – “La Val” n. 1 – gennaio/
marzo 1987 pag. 3;
= Teresa Girardi. Una donna, le sue poesie, la sua
vita – Maria Pia Malanotti – “La Val” n. 1 – gennaio/
febbraio 1989 pag. 6;
= Profili. E’ sbocciato un nuovo germoglio per Teresa
Girardi - Maria Pia Malanotti – “La Val” n. 1-2
– gennaio/aprile 1991 pag. 6;
= Teresa Girardi: la sua poesia e la sua valle - Remo
Mengon – “La Val” n. 5 – settembre/ottobre 1997
pag. 25.

cultura delle Valli
MALÉ: DEDICATA UNA VIA A DON MARIO RAUZI
“Don Mario ci ha donato un grande
insegnamento e per questo gli siamo
riconoscenti: ci ha insegnato ad essere
una comunità.”
Con queste parole, pronunciate nel
corso della Processione di San Luigi
di domenica 4 luglio 2010, don Adolfo
Scaramuzza ha ricordato la figura di
don Mario Rauzi, al quale è stata dedicata
la via di Malè che affianca la Casa
della Gioventù, luogo in cui visse e morì. Ciò a seguito di
delibera comunale n. 12 del 25.2.2010 approvata con determinazione
della Giunta provinciale n. 84 del 3.5.2010.
Una giornata gioiosa per il Circolo Culturale “S. Luigi”, impegnatosi
nel corso degli anni per ottenere la dedica di una
via all’amato don Mario, in occasione della quale sono state
prodotte anche due cartoline commemorative.
Don Mario è entrato nella storia della comunità di Malè.
Chi l’ha conosciuto ed è cresciuto con lui non lo scorderà
mai. Chi ne sente parlare, capisce immediatamente che
non è stato un semplice parroco ma un uomo di carità e
cultura, che estese il suo impegno religioso e civile oltre il
perimetro della chiesa. Don Mario è morto negli anni Ottanta
ma era un prete moderno. Nato a Brez il 10 aprile
1928 ed ordinato sacerdote il 26 giugno 1953, dopo essere
stato vicario parrocchiale ad Arco (1953-1957), parroco a
Bresimo (1957-1964) e poi a Taio (1964-1981), dove fu anche
decano, giunse a Malè il 6 settembre 1981 dove ricoprì
l’incarico di parroco e decano fino alla morte, che lo colse
d’improvviso il 30 ottobre 1989. Fu socio del Centro Studi
per tutti gli anni in cui prestò il suo servizio pastorale a
Malè.
Nel periodo trascorso a Malè fece in tempo a lasciare
un’impronta tutt’ora indelebile nella comunità maletana; in
campo liturgico ripristinò o in taluni casi introdusse diverse
novità, tra le quali la processione del Corpus Domini nel
corso della quale viene mostrata solennemente l’Eucarestia
ai fedeli, i rintocchi delle campane per il suono dell’Ave Maria
del venerdì per ricordare la morte di Cristo, la Comunione
agli ammalati il primo venerdì di ogni mese, la recita
del Rosario ai capitelli votivi del paese nel corso del mese
di ottobre, la festa del Ringraziamento alla seconda domenica
di novembre e diverse altre.
Il consolidamento dell’intera struttura, il restauro del pulpito
(precedentemente danneggiato dai ladri nel 1981), degli
32 32
altari, delle porte in legno e degli affreschi
interni, come pure il rifacimento di
impianti elettrici, audiofonici, di illuminazione
e di riscaldamento e l’installazione
dell’impianto antifurto, sono invece
alcuni degli importanti interventi effettuati
alla chiesa di Santa Maria Assunta
che promosse e seguì con ammirevole
passione, con i competenti consigli di
don Antonio Svaizer. Ulteriori ed importanti
lavori interessarono anche la chiesa di San Luigi
Gonzaga e la cappella di San Valentino.
Con l’aiuto di don Fabio Fattor diede inoltre vita all’annuale
campeggio dei chierichetti, promuovendo così l’aggregazione,
la formazione e l’educazione in particolare dei giovani,
avviando un processo di associazione che contribuì pochi
anni dopo la sua morte alla costituzione dell’attuale Circolo
Culturale “S. Luigi”.
Furono otto anni indimenticabili, nel corso dei quali don
Mario entrò dritto nel cuore della gente grazie al rapporto
cordiale con i suoi parrocchiani, soprattutto con i giovani,
con i bambini e con gli ammalati.
Nell’autunno scorso, in ricordo di quegli anni ed in occasione
del ventennale della morte, il Circolo Culturale “S. Luigi”
ha allestito presso la cappella di San Valentino un’apprezzata
mostra con gli album fotografici personali di don Mario, fotografie,
documenti, ritagli di giornale ed altri oggetti, come
la sua cara fisarmonica e l’indimenticabile Vespa.
Ora finalmente una via in ricordo di don Mario, giusto riconoscimento
e ringraziamento per quello che continua a
fare ogni giorno per noi.
TESTAMENTO SPIRITUALE
La mia cara gente, i giovani, i piccoli, gli ammalati, i poveri, le famiglie
delle Parrocchie che Dio mi ha affidato, abbiano la certezza della mia
preghiera dal cielo. Figli miei, quel vincolo di affetto che ci ha legati
quaggiù, come il padre ai figli, non si è spezzato, è solo sospeso per un
po’: riprenderemo il nostro colloquio un giorno in una vita senza fine e
senza lacrime, in seno alla felicità di Dio, dove vi attendo tutti.
Figli miei, credete e restate sempre col Signore: Egli vi ha creati, saprà
anche guidarvi, se confidate in lui, perché Egli è Padre e vi ama più di
quanto possiate immaginare. E vogliatevi bene, sopportatevi l’un l’altro,
scusatevi l’un l’altro, perché quei pochi giorni che restate quaggiù siano
più dolci e perché il Padre vi possa perdonare.
Dio vi benedica figli miei, come io vi benedico, tutti!
Bresimo, lì 2 ottobre 1963
don Mario Rauzi

LA POESIA DI CANT’AUTORANDO
A Vermiglio è andato in scena “Cant’Autorando”, un
interessante evento culturale organizzato dall’amministrazione
comunale e curato dalla poetessa
Roberta Panizza. Poesie di vari autori selezionate
dalla curatrice dell’evento sono state lette da Rinaldo
Delpero, attenta e precisa voce recitante che
ha saputo accendere i versi scorrendo partecipe
su di essi. Alla lettura delle poesie si è alternata
l’esecuzione di brani musicali di cantautori moderni
effettuata da Annamaria Bertuzzi che ha chiuso il
cerchio delle forti emozioni suscitate dalle poesie
grazie al timbro affascinante e coinvolgente della
sua voce.
L’ardito e non usuale accostamento di poesia e musica
pop ha certamente incuriosito il pubblico che
è accorso numeroso riempiendo la sala messa a
disposizione per l’evento ed ha evidentemente gradito
la proposta ascoltando con assorta attenzione
la lettura delle poesie di Teresa Girardi, Nunzia Binetti,
Virginia Murru, Domenica Luise, Davide Castiglione,
Bruno Mancini, Giancarlo Grassi, Sergio
Costa, Roberta Panizza, Ester Margherita Barbato,
Liga Lapinska e Nadia Anjuman e lasciandosi poi
trasportare dalle note di Edoardo Bennato, Biagio
Antonacci, Sergio Cammariere, Negramaro, Ligabue,
Paolo Conte, Fabrizio De Andrè ed Elisa.
Roberta Panizza ha fatto precedere la recitazione
delle poesie da una breve presentazione dei poeti,
buona parte dei quali ha conosciuto e contattato
mediante la rete di internet ed i molteplici siti di
scrittura in essa presenti, luogo dove la maggior
parte di questi artisti della penna pubblica quotidianamente
i propri versi.
Parte di tali autori ha recentemente costituito un
gruppo che si è dato come obiettivo principale la
diffusione della poesia ed opera deciso a farla riemergere
dal limbo, in cui spesso viene relegata, di
scaffali nascosti di biblioteche e librerie o programmi
televisivi e radiofonici trasmessi a notte fonda.
Tali autori, insieme a Roberta Panizza, collaborano
infatti al progetto culturale “La nostra isola”
di Anna Panizza
33
cultura delle Valli
ideato dal poeta Bruno Mancini che dalla lontana
isola d’Ischia ha saputo, sempre tramite internet,
chiamare a raccolta queste ed altre voci artistiche
che collaborano ora insieme per la realizzazione di
importanti eventi culturali come quello proposto
nella serata del 10 agosto.
Nume tutelare della manifestazione è stata eletta
Teresa Girardi, compianta poetessa originaria di
San Bernardo di Rabbi alla quale Roberta Panizza
ha voluto dedicare la serata, riconoscendo a questa
cesellatrice di versi il primato per potenza di
contenuti ed efficacia poetica. Era presente in sala,
ed è intervenuta a chiusura della manifestazione
portando un ricordo della poetessa, la sorella di
quest’ultima, Giulia Girardi.
Il merito della buona riuscita dell’evento va senza
dubbio alla curatrice Roberta Panizza, residente a
Vermiglio e di professione insegnante di matematica
presso la scuola media di Ossana. Roberta Panizza
ha una grande passione per la poesia e da qualche
anno scrive poesie partecipando a diversi concorsi
che l’hanno vista tra i vincitori e durante i quali
ha avuto particolari segnalazioni e apprezzamenti
dalla critica. Nel panorama della poesia la poetessa
solandra viene definita una delle più lucenti punte
di diamante, un’autrice di grande talento che però
curiosamente sembra essere più conosciuta nella
lontana Ischia di quanto non sia nel nativo Trentino.
Con le sue poesie Roberta Panizza è presente in alcune
raccolte antologiche e nel novembre del 2003
ha pubblicato la sua prima raccolta “Le mille porte”.
In occasione della presentazione del libro, la
comunità di Vermiglio ha avuto modo di conoscere
Roberta Panizza sotto la veste di poetessa.
Il successo della manifestazione da lei ideata è un
ottimo auspicio affinché si possa attivare anche in
Val di Sole un polo culturale che abbia nella “Poesia”
il suo riferimento ideale proponendone le voci
più significative in altri meeting di uguale se non
maggiore spessore culturale di questo già pregevole
“Cant’Autorando”.

cultura delle valli
LA NOSTRA COMUNITÀ DI VALLE
Il Centro Studi per la Val di Sole saluta con fiducia
la nascita della Comunità della Valle di Sole. Il nuovo
Ente - già formalmente in vita in quanto dotato di uno
statuto, approvato da tutti i comuni della valle, e degli
organi in esso previsti - diverrà pienamente operativo
a breve e precisamente nel momento in cui il Presidente
della Provincia firmerà il Decreto di trasferimento
alla comunità di un primo blocco di funzioni amministrative:
quelle attualmente delegate al Comprensorio
(assistenza scolastica ed edilizia scolastica relativa a
strutture per il primo ciclo di istruzione, assistenza e
beneficenza pubblica, compresi i servizi socio-assistenziali,
edilizia abitativa pubblica e sovvenzionata) nonché
le importanti funzioni in materia urbanistica attribuite
alle comunità dalla l.p. 1/2008.
Dalla stessa data il Comprensorio cesserà di esistere.
Non sappiamo quanti solandri fino a qualche settimana
fa fossero a conoscenza dell’avvenuta nascita della Comunità
della Valle di Sole. Tuttavia, mentre scriviamo, la
conoscenza si è certamente diffusa grazie ai “rumors”
legati alle trattative in corso per la presentazione delle
candidature per la prima elezione diretta del Presidente
della Comunità e dei 3/5 dell’Assemblea che si
svolgerà il 24 ottobre (con eventuale ballottaggio il 7
novembre).
Previste dalla legge provinciale 3 del 2006 (nota come
“legge provinciale di riforma istituzionale”), le comunità
sono enti pubblici locali a struttura associativa,
costituite obbligatoriamente dai comuni per l’esercizio
in forma associata delle competenze trasferite dalla
Provincia e per l’esercizio di funzioni, compiti, attività e
servizi trasferiti ad esse dagli stessi comuni o direttamente
assegnate dalla legge.
La legge di riforma istituzionale realizza, di fatto, un
massiccio trasferimento di funzioni dalla Provincia autonoma
ai comuni, richiedendone tuttavia la gestione
associata tramite (per l’appunto) le comunità. L’obiettivo
della l.p. 3/2006 è infatti la valorizzazione delle
autonomie locali attraverso l’attuazione dei principi di
sussidiarietà (le funzioni amministrative devono essere
essere affidate all’ente più vicino al cittadino), adeguatezza
(…dell’ente ad esercitare le funzioni) e differenziazione.
Si tratta, in definitiva, dell’applicazione di
di Romano Stanchina
34
una sussidiarietà responsabile, nel senso che la riforma
intende correggere l’anomalia trentina della “Provincia
pigliatutto”, garantendo comunque responsabilità
tanto nell’utilizzo delle risorse dell’autonomia, quanto
nell’esercizio di poteri ad un idoneo livello istituzionale:
quel livello che sia sufficientemente vicino al cittadino
da consentire la comprensione dei bisogni e la
conseguente definizione di politiche confacenti alla situazione
locale, ma anche sufficientemente distante da
permettere una corretta ponderazione degli interessi.
La Comunità di valle non è una riedizione del comprensorio
sotto mentite spoglie. Potrebbe eventualmente
essere intesa come l’evoluzione del comprensorio -
che lo stesso Kessler aveva immaginato negli anni ’70
e tentato di realizzare in seguito (il progetto naufragò
in seguito alla sentenza della Consulta che dichiarò incostituzionale
l’elezione a suffragio universale dell’Assemblea
comprensoriale) - in un ente rappresentativo
non solo dei comuni, ma anche della popolazione e
dotato, di fatto, di funzioni proprie (non solo, dunque,
di funzioni delegate). Questo nella consapevolezza che
non è possibile governare con efficacia ed efficienza un
territorio di 6.200 kmq. e, soprattutto, una popolazione
di 525.000 persone con una grande Provincia e 217
comuni (quasi tutti piccoli o piccolissimi).
Per ovviare alle riserve di ordine costituzionale la legge
provinciale 3 del 2006 ha stabilito un meccanismo di
trasferimento di funzioni ai comuni (non già alle comunità),
ma con obbligo di esercizio tramite la comunità.
Ha inoltre mantenuto una quota di rappresentanza dei
consigli comunali nell’assemblea della comunità, che ha
pertanto una natura mista (per 3/5 elettiva su base generale
e per 2/5 rappresentativa degli enti associati).
Le competenze che saranno trasferite dalla Provincia
sono numerose e penetranti: oltre a quelle sopra indicate
già delegate ai comprensori, la legge prevede
espressamente che siano trasferite materie come la
programmazione economica locale e gli interventi di
interesse locale a favore dei settori economici, le infrastrutture
d’interesse locale a carattere sovracomunale,
gli interventi d’interesse locale a carattere sovracomunale
relativi alla prevenzione dei rischi, alla protezione,
alla gestione dell’emergenza e al ripristino definitivo

dei danni derivanti da calamità pubbliche, i servizi pubblici
d’interesse locale (ciclo dell’acqua; ciclo dei rifiuti;
trasporto locale; distribuzione dell’energia) per quanto
non già di competenza dei comuni. A dire il vero la
legge attribuisce addirittura la “competenza residuale”
alle comunità individuando tassativamente le competenze
che rimangono alla Provincia e stabilendo che
tutte le altre siano trasferite.
Le comunità dovrebbero inoltre beneficiare di trasferimento
di funzioni da parte dei comuni e per questo
scopo la legge 3 prevede un meccanismo specifico,
sottoposto tuttavia ad una condizione non facile da
conseguire (individuazione dei compiti e delle attività
con decreto del Presidente della Provincia, previa intesa
con il Consiglio delle autonomie locali all’unanimità
dei suoi componenti). Altre funzioni potranno essere
gestite dalla Comunità per libera decisione dei comuni;
in questo modo la Comunità potrà fungere da “service”
per le amministrazioni comunali a tutto vantaggio
dell’efficacia e dell’efficienza delle gestioni (pensiamo,
per esempio, alla possibilità di costituire un servizio
tecnico unico per tutti i comuni, dotato di un livello di
qualificazione delle professionalità che i singoli comuni
non potrebbero mai permettersi).
Le comunità, come detto, non sono una semplice riedizione
dei comprensori. Questo per le ragioni sopra
indicate, ma anche – e soprattutto - perché il procedimento
di loro costituzione ha “fatto i conti” con il
tema dell’identità. Si può affermare, infatti, che proprio
la coerenza dei perimetri comprensoriali con il piano
identitario dei territori determinò, di fatto, successi ed
insuccessi della vicenda comprensoriale, tanto che la
nostra valle ed il Primiero ebbero le migliori esperienze,
mentre dal caso più macroscopico di incoerenza,
quello della Val di Cembra “annegata” nel grande Comprensorio
della Valle dell’Adige, mosse il ricorso costituzionale
che affossò tutti i comprensori.
La motivazione economica fa pertanto da sfondo alla
riforma (ambito ottimale di esercizio delle funzioni, dimensione
ottima minima nella gestione dei servizi pubblici
locali, ecc.), ma non è prevaricante rispetto alle
esigenze di riconoscimento identitario da parte dei
singoli comuni (e dei loro abitanti) in un livello istituzionale
di ordine superiore. Se i comprensori erano 11,
le comunità saranno pertanto 15 più una (tre comuni
a sud di Trento dovranno convenzionarsi obbligatoriamente
con il capoluogo) e alcune di esse saranno piccole
o piccolissime (ad esempio quella degli Altipiani di
Folgaria, Lavarone e Luserna).
35
cultura delle Valli
Il successo del nuovo livello istituzionale sarà tuttavia
legato, a parere di chi scrive, alla concreta volontà
dei comuni di gestire in forma associata funzioni oggi
esercitate in proprio. Il Centro Studi ha più volte evidenziato
i danni arrecati al governo della nostra valle
dall’eccessiva frammentazione dei centri decisionali
(basti pensare all’urbanistica).
La Comunità della Valle di Sole, di cui ci apprestiamo
ad eleggere direttamente il Presidente (esattamente
come facciamo da 15 anni con il Sindaco del nostro
comune), si è dotata di uno Statuto dal quale emerge
chiaramente la vocazione di rappresentanza identitaria
dei solandri. Ne è testimone il preambolo dello Statuto,
che in poche pregnanti parole indica un’unitarietà
di terra e di popolo che dovrebbe costituire ormai
un dato acquisito. Ci onora, infine, che lo statuto riconosca
la nostra associazione (unico ente di diritto
privato espressamente citato dallo Statuto), all’art. 5,
“quale strumento di salvaguardia, valorizzazione e diffusione
del patrimonio storico e culturale della valle”.
Dovrebbe trattarsi di un ulteriore stimolo per tutti noi
a credere nella nuova istituzione ed a partecipare attivamente
al suo percorso di affermazione.
Dallo Statuto della Comunità:
Art. 5. Leale collaborazione e sussidiarietà orizzontale
1. La Comunità favorisce la stipulazione di intese, accordi,
convenzioni e ogni altro atto di procedura negoziata
diretti ad un’efficiente gestione dei procedimenti
amministrativi per il quale sia previsto il coinvolgimento
di più soggetti.
2. La Comunità valorizza il ruolo del cittadino singolo,
dell’associazionismo, della cooperazione e del volontariato
e ne favorisce la partecipazione all’attività amministrativa.
3. La Comunità riconosce tra gli altri:
a) il Centro studi per la Valle di Sole quale strumento di
salvaguardia, valorizzazione e diffusione del patrimonio
storico e culturale della valle;
b) il Parco Nazionale dello Stelvio e il Parco Naturale
Adamello Brenta quali strumenti per la valorizzazione
del patrimonio naturale del territorio;
c) le Amministrazioni separate di uso civico quali strumenti
per la tutela e la valorizzazione dei beni di uso
civico e delle proprietà collettive.

socialia
SOCIALIA
Il comitato di redazione de La Val si rivolge a soci e fiduciari per chiedere loro maggiore collaborazione
per la redazione di questa rubrica. Attraverso le “socialia” desideriamo comunicare ai
nostri lettori gioie e dolori di tutti i nostri soci, una cronaca famigliare che spesso si va a rileggere
anche dopo molti anni. Senza volerlo, qualche volta abbiamo commesso peccato di omissione, per
ignoranza degli avvenimenti, e ci rammarichiamo per le notizie mancate, le gioie non comunicate,
ancora di più per i lutti non condivisi. Ci rendiamo conto quanto sia facile comunicare personalmente
una nascita, una laurea, un anniversario, un evento lieto, e quanto invece si cerchi solidarietà
spontanea in caso di lutto. Chiediamo quindi a tutti voi, e specie ai fiduciari di zona, di voler dare
comunicazione delle notizie relative ai soci di vostra conoscenza ed alle loro vicende famigliari,
perché più grande è una gioia condivisa, e più sopportabile una pena; in alternativa, anche inviando
un’e-mail all’indirizzo albertomosca@albertomosca.it
LUTTI
Malè ha perduto in poco tempo due mamme molto amate:
partecipiamo sincere condoglianze ai soci Silvano, Alfredo e Carmen Andreis ed ai soci Giulia e Gianni (Beniamino)
Zanon, con i fratelli Sergio e Francesco, che hanno dato l’ultimo saluto alle loro mamme Giuditta
Lombardi ved. Andreis e Lorenzina Dallaserra ved. Zanon. Partecipiamo al dolore di tutti i famigliari e della
comunità che hanno perduto la loro dolcezza.
È deceduta la socia Enrica Valenti ved. Boni di Monclassico, mamma dei soci Pietro Boni, residente a Padova,
e Laura Boni, residente a Salò. Ai figli ed a tutti i famigliari il Centro Studi porge sincere condoglianze.
Ancora a Monclassico altri lutti hanno colpito la famiglia Giaconi per la morte del socio Enrico Giaconi, ed il
Centro Studi partecipa sincere condoglianze alla moglie signora Luciana ed ai figli, e le famiglie dei soci Livio
ed Egidio Conta per la morte della sorella Cornelia; a loro ed ai loro famigliari il Centro Studi porge, con le
condoglianze, sincera partecipazione.
Partecipiamo al lutto che ha colpito la socia Viviana Valenti di Presson per la morte della mamma signora
Carmela Vanzetta. Sincere condoglianze anche a tutti i famigliari.
Il Centro Studi ricorda con affetto la socia di Malè Maria Luisa de Bevilacqua, mancata lo scorso mese di
agosto, e porge sincere condoglianze al fratello Giampaolo, nostro socio di Milano, ed a tutti i famigliari.
È mancata improvvisamente la signora Maria Daldoss ved. Mariotti, mamma del socio Claudio Mariotti; a lui
e a tutti i familiari porgiamo le più sentite condoglianze.
È deceduto dopo breve malattia il socio Giuseppe Zambotti di Vermiglio. Porgiamo sincere condoglianze alla
moglie Giuliana e a tutti i familiari.
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NASCITE
LAUREE
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socialia
Per la gioia di mamma Erika, di papà Stefano e della sorellina Giulia lo scorso 26 maggio è nato Francesco; il
Centro Studi si unisce alla felicità che sempre offre una nuova nascita ed esprime auguri e felicitazioni al nostro
socio, il nonno Novello Montagnani di Colombaro (MO), alle nonne Franca ed Eva ed a tutti i famigliari.
Il 18 giugno è nata Aurora, figlia del socio Paolo Stablum di Malè. A papà e a mamma Marianna Ghezzi, ai nonni
e a tutti i famigliari le nostre felicitazioni.
Christian Zanella di Merano, la moglie Rosa e la piccola Francesca annunciano con gioia la nascita di Rocco
Roberto Zanella, nato lo scorso 8 luglio. Congratulazioni vivissime per questa lieta notizia ai nostri soci di
Merano Emma Zanella, pluribisnonna, e nonno Roberto, a nonna Piera, zii, cugini e parenti tutti, e soprattutto
ai genitori!
Il nostro socio di Lavis Tullio Zambotti, unitamente alla moglie Marianna, annuncia con gioia la nascita del
nipotino Lorenzo; ci uniamo alla gioia della figlia Elisabetta, del marito Maurizio Demartin, dei nonni e di tutti
i famigliari.
Il nostro socio Silvano Dossi di Monclassico e la moglie Rina annunciano con viva emozione e soddisfazione
la nascita di due nipotini, Annalisa, arrivata a far compagnia ai fratelli Nicola e Veronica, a papà Luciano ed
alla mamma Cristina Tomasi, ed Emiliano, accolto con gioia dalla sorellina Margherita, da mamma Barbara e
da papà Marco Degasperi. Auguri di cuore a tutti, ai piccoli nati, a fratellini e sorelline, ai genitori, ai nonni,
perché tante siano le soddisfazioni future.
Lo scorso 29 giugno 2010 in casa Bertolla di Claiano, per la gioia dei genitori Ferruccio ed Erika, è arrivato
il piccolo Daniele a fare compagnia alla sorellina Luciana. Da tutti noi e in particolare da zia Valeria vivissime
congratulazioni.
Lo scorso 10 maggio è nata Giulia, figlia del nostro socio Michele Zanella e della moglie Viviana, arrivata a
tenere compagnia al fratellino Daniele: da tutti noi le più vive congratulazioni.
A tutti questi piccoli, appena arrivati fra noi, auguri per un felice viaggio attraverso la vita.
Ancora brindisi in casa del socio Roberto Zanella di Merano e della moglie Piera che hanno festeggiato con
la soddisfazione del massimo dei voti e la lode la laurea specialistica in Giurisprudenza della figlia Beatrice:
presso l’Università degli Studi di Pisa la neo dottoressa ha discusso la tesi dal titolo: “Try again: il Bundesvervassungsgericht
boccia il legislatore tedesco. Studio sul mandato d’arresto europeo nell’ordinamento tedesco”;
relatrice prof.ssa Benedetta Galgani. A Beatrice le nostre felicitazioni per questo importante traguardo,
augurandole nuove soddisfazioni personali e professionali. Un pensiero particolare alla nonna Emma, nostra
socia di Merano/Arnago, giustamente orgogliosa dei suoi tanti, bravi nipoti.
Lo scorso 23 luglio presso l’Università degli Studi di Milano-Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
si è brillantemente laureato a pieni voti con lode Luca Pangrazzi, figlio del nostro socio di Commezzadura
Gino Pangrazzi.
Ha discusso la tesi dal titolo: “Purificazione di un enzima di Plasmodium Falciparum prodotto in E.coli come
fusione con la proteina Sumo”.

socialia
Partecipano alla sua gioia la mamma Roberta e la fidanzata Marina.
Il Centro Studi porge al neo dottore sentite felicitazioni, complimenti ed auguri per future soddisfazioni e
traguardi.
In data 6 luglio il socio Michele Bellio di Cles, figlio del socio Carlo Bellio, si è laureato presso l’Università
degli Studi di Torino, Laurea Specialistica in Rappresentazione Audiovisiva e Multimediale - Cinema e Televisione.
Ha discusso la tesi dal titolo: “Quel che resta di Oberhausen - Riflessioni sul cinema tedesco tra il
1960 e il 1984” conseguendo il massimo dei voti e la lode. Relatore prof.ssa Giulia Carluccio, controrelatore
prof.ssa Federica Villa.
MATRIMONI e ANNIVERSARI
Il nostro fiduciario Dino Albasini ci ha comunicato che il nostro socio di Verona Gaudenzio Bazzan ha festeggiato
i suoi primi 55 anni di matrimonio con la gentile consorte Edda Muzzolin, e che gli sposi hanno
deciso di proseguire per più ambiziosi traguardi. Porgiamo a questa longeva coppia i nostri migliori auguri e
felicitazioni, partecipando alla gioia dei figli e dei famigliari.
Il matrimonio è dello scorso anno, ma merita ugualmente un augurio da parte nostra: Carmen Bugna, sorella
del nostro socio di Malè Christian Bugna lo scorso 12 settembre si è unita in matrimonio con Gianluca
Bavero. Ai non più novelli sposi in cordiale augurio… di buon anniversario! Al loro matrimonio vita lunga,
prospera e felice.
Le nostre congratulazioni alla socia Gina Gentilini ved. Zanella di Arnago per il matrimonio del nipote Andrea.
Ai novelli sposi Andrea Zanella e Maria Luigia Albertini di Rabbi i nostri migliori auguri di gioia e serenità.
Lo scorso 12 luglio Nicola Graifenberg, figlio del socio Gino Graifenberg di Cles, ed Elvira Triacca hanno
celebrato il proprio matrimonio in quel di Voltore (VA). Agli sposi felicitazioni vivissime ed i migliori auguri
per una lunga vita insieme, serena e ricca di soddisfazioni.
Tra i propri soci il Centro Studi annovera la Biblioteca del Convento dei Cappuccini di Trento, il cui responsabile,
il solandro padre Lino Mocatti di Monclassico, ha recentemente celebrato i suoi 50 anni di sacerdozio.
Ci uniamo ai festeggiamenti di parenti ed amici augurando a padre Lino ancora tanti anni in mezzo ai suoi
amati libri, ai Reverendi Padri Cappuccini, ai suoi fedeli e a tutti quelli che gli vogliono bene e invocano la
sua benedizione.
RINGRAZIAMENTI
Il Centro Studi ringrazia:
La sig.ra Adriana Cristoforetti di Malè che ha voluto donare al nostro Museo biancheria personale e per la casa;
la sig.ra Annetta Endrizzi di Malè che ha donato una cassetta militare appartenuta al papà Riccardo Endrizzi
nato a Malè nel 1891, militare in Galizia nella Grande Guerra (la cassetta riporta la dicitura CONAKRY) e
deceduto a Malè nel 1968; verrà consegnata al responsabile del Museo della Guerra Bianca di Peio;
la sig. Maria Candida Gallina di Cusiano, residente a Trento, che ha fatto dono al Centro Studi della targa con
la quale i podestà della Val di Sole vollero onorare, nel 1929, i vent’anni di attività presso la Pretura di Malè
del papà, il Giudice dott. Achille Gallina, e la sua toga.
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La Signora Maria Candida Gallina di Cusiano, in passato nostra affezionata socia e grande amica del nostro
indimenticato Edoardo Redolfi, ha voluto farci dono di una pergamena, che i Podestà della Val di Sole consegnarono
al papà, il Giudice Achille Gallina, in occasione del suo trasferimento alla pretura di Fondo, dopo
vent’anni di servizio presso la pretura di Malè.
Si legge di un buon Giudice, che seppe coniugare le istanze dell’amministrazione della Giustizia con grandi
doti di umanità, in aiuto delle persone semplici ed umili.
Vi si leggono inoltre i nomi dei podestà in carica nell’anno 1929.
L’originale di questa pergamena, insieme alla toga che il Giudice Gallina portò per lunghi anni sulle spalle
nell’esercizio delle sue alte funzioni, sono oggi esposte nelle sale della Biblioteca storica della Torraccia a
Terzolas.
3 GENNAIO 1910 - 28 DICEMBRE 1929
All’Ill.mo Signor
Cav Dott. ACHILLE GALLINA
R.PRETORE
MALE’
I sottoscritti Podestà del Mandamento di
Malè, interpreti anche dei sentimenti di tutta
la popolazione, tengono ad esprimere alla
S.V. Ill.ma nella occasione dei di Lei trasferimento
alla R. Pretura di Fondo i sensi del
loro affettuoso omaggio e della loro più viva
gratitudine.
L’opera da Lei svolta quale magistrato dirigente
della nostra Pretura è stata sempre
improntata a quella austerità, rettitudine ed
umanità per cui il nostro popolo vedeva in
Lei non solo il magistrato giusto applicatore
delle leggi, ma ben anche l’uomo di cuore
che conoscendo i bisogni degli umili, cercava
di porgere loro ogni possibile conforto.
Donde la stima ben meritata presso i di Lei
amministrati che la vedono partire a malincuore
dalla nostra Valle e La accompagnano
con i voti di ogni migliore bene nella nuova
sede.
Con un saluto cordiale e con distinto ossequi
si segnano della S.V. Ill.ma devotissimi
I PODESTà di VAL di SOLE
f.to AmVecchietti, Giuseppe Covi, Podetti
Ciro, Podetti Pompeo, Agostino Ravelli, Lido
Noriller, Giuseppe Bernardi,
Domenico Rizzi, Girardi Vittorio

NOTIZIARIO DEL CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
Da Commezzadura, un ex-voto del 1682.