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178 SEZIONE 3: LA GESTIONE DELLA FINANZA PERSONALE<br />

zione (tempo, rischio e rendimento), un ipotetico investitore si sarà probabilmente<br />

orientato verso una delle quattro alternative e noterà che l’indicazione<br />

del benchmark (ovvero dell’indice/i che qualificano il mercato/i di<br />

riferimento) non aggiunge nessuna importante informazione a quelle che<br />

tradizionalmente vengono fornite.<br />

Ed è proprio così. Non vi è alcuna differenza tra la situazione proposta in<br />

tabella e quella, per esempio, della scelta di un fondo azionario internazionale<br />

o bilanciato. In tale situazione, benchmark o non benchmark, la possibilità<br />

dei tipici errori di valutazione degli investimenti rimane la stessa.<br />

Tempo, rischio e rendimento<br />

<strong>Il</strong> tempo viene interpretato prevalentemente come una modalità di controllo<br />

del profilo del rischio/rendimento dell’investimento.<br />

<strong>Il</strong> rischio non è qualificato e quantificato, per cui la scelta è effettuata in<br />

base ai significati che vengono attribuiti alle varie etichette (“basso”, “alto”<br />

oppure “prudente”, “dinamico”, oppure “scoiattolo”, “aquila”). Cosa può significare<br />

rischio? Perdita sul capitale o possibilità di subire oscillazioni del<br />

capitale? Cosa significa “medio” rischio? Di quanto è minore rispetto al<br />

“medio-alto” o maggiore rispetto al “basso”?<br />

Le risposte a queste domande fanno sì che la tendenza sia quella di scegliere<br />

posizioni cautamente intermedie o, in caso di avversione al rischio, il mercato<br />

più “sicuro”: ma rischio non significa anche perdita di opportunità?<br />

<strong>Il</strong> rendimento atteso non è quantificato (forse solo “bisbigliato”) ed è solo<br />

un’aspettativa soggettiva, quasi una speranza: è sempre vero che a un alto<br />

rischio corrisponde un rendimento significativamente maggiore? Maggiore<br />

di quanto e rispetto a che cosa? La ricompensa promessa è troppo incerta,<br />

e osservare le performance storiche sembra l’unica strada: per tali<br />

motivi si tende a investire sui mercati o sui prodotti di “moda” ovvero quelli<br />

che hanno manifestato maggiori performance. Con l’inevitabile rischio<br />

di veder crollare le performance al momento del proprio investimento,<br />

fuggire per contenere i danni verso investimenti più sicuri (ma meno remunerativi)<br />

e addirittura assistere, increduli, al recupero del mercato appena<br />

abbandonato o addirittura a performance “stellari” di altri investimenti…<br />

e la “giostra” può ricominciare.<br />

L’introduzione del benchmark non sembra modificare la situazione. Ma<br />

questa sensazione può dipendere dal contesto culturale entro il quale è valutata<br />

l’utilità di questa performance.<br />

Lo straordinario potenziale insito nel benchmark richiede, per essere apprezzato,<br />

l’acquisizione di particolari conoscenze e la modificazione della<br />

prospettiva culturale relativamente al mondo degli investimenti.

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