22 Febbraio 2010 L’INTERVIsTA. L’ex procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna racconta quegli anni bui “Sul Mostro restano <strong>ancora</strong> due dubbi” Intorno alla vicenda di Pietro Pacciani e compagni rimane qualche cono d’ombra e <strong>il</strong> magistrato è convinto che ci siano due questioni aperte: perché la raccolta di feticci? E da dove arrivò quella Beretta che nel 1968 aveva già ammazzato? Pier Luigi Vigna SRL TRASFORMAZIONE VASCA DA BAGNO IN PIATTO DOCCIA PRIMA DOPO 1080469 SENZA OPERE MURARIE IN 6 - 8 ORE PRONTA ALL USO info@tecnobad.it ESPOSIZIONE Firenze - via del Sansovino, 218 tel. 055 7390483 - Elio cell. 347 3709941 Luca Serranò L’ex procuratore di Firenze Pier Luigi Vigna ha vissuto in prima persona gli anni della “caccia” al mostro. Anni di profonde trasformazioni sociali, in cui l’assassino (o gli assassini) delle coppiette riuscì a scuotere, terrorizzandolo, un Paese intero. D’improvviso, Jack lo squartatore era resuscitato e si aggirava di notte per le campagne della provincia di Firenze. Genitori di mezza Italia cominciarono a chiedersi se non fosse più sicuro che i loro figli restassero liberamente a casa, senza falsi pudori, invece di spingerli a cercar tra i boschi un riparo al proprio amore. Oggi, a distanza di tanti anni, molte domande aspettano <strong>ancora</strong> una risposta. Quanta verità conosciamo? Possiamo essere certi che <strong>il</strong> mostro non si aggiri <strong>ancora</strong> tra di noi? “Quando ho lasciato, nel 1997, <strong>il</strong> quadro probatorio nei confronti di Pacciani e dei suoi compagni di merende era già molto consistente - racconta Vigna - Lotti aveva appena confessato d’aver preso parte a quattro delitti, fornendo dettagli precisi su come si erano svolti i fatti, e molti altri indizi gravavano sui tre”. Nel 2000 Giancarlo Lotti fu infatti condannato a 26 anni di reclusione, mentre a Vanni, <strong>il</strong> postino di San Casciano con la mania del duce, toccò l’ergastolo per quattro dei duplici omicidi in concorso con Pacciani. Nessun chirurgo dalla mano esperta, nessun (ricco) genio del male. “La storia del chirurgo è una leggenda – chiarisce Vigna – le perizie dimostrarono che in sala operatoria si procede in tutt’altro modo”. Riguardo alle ipotesi di un secondo livello, la pista investigativa seguita da Paolo Canessa, Michele Giuttari e dal p.m. di Perugia Mignini (questi ultimi due recentemente condannati per abuso d’ufficio in concorso), l’ex procuratore appare scettico: “Sv<strong>il</strong>uppi clamorosi non ce ne sono stati, la parola fine credo l’abbia scritta la sentenza del 2000”. Torsolo (Vanni), Catanga (Lotti) e <strong>il</strong> Vampa (Pacciani), restano dunque ad oggi gli unici individui collegati con certezza ai delitti del mostro: “Mi convinsi che Pacciani era l’uomo che cercavamo r<strong>il</strong>eggendo un suo vecchio verbale d’interrogatorio – spiega Pier Luigi Vigna riferendosi all’omicidio del 1951, quando <strong>il</strong> contadino di Mercatale aveva ucciso l’amante della sua fidanzata – Un particolare mi fece saltare sulla sedia: disse che l’impulso omicida era scaturito alla vista della mano dell’uomo sul seno sinistro della donna”. In almeno tre dei sette duplici omicidi, in effetti, <strong>il</strong> mostro si accanì su quella parte anatomica per ricavarne feticci. Lunedì 8 settembre 1985, poche ore dopo <strong>il</strong> ritrovamento della coppia di francesi barbaramente uccisa a Scopeti, un lembo di seno arrivò in una busta sig<strong>il</strong>lata sulla scrivania della dottoressa S<strong>il</strong>via della Monica, che aveva a suo tempo investigato sui primi delitti. “Sono convinto che siano soltanto due le questioni <strong>ancora</strong> aperte. La prima è proprio lo scopo delle escissioni e della raccolta di feticci. La seconda – conclude – è forse la più ostica: come ha fatto Pacciani a entrare in possesso della Beretta calibro 22 che aveva già ammazzato nel 1968? Semmai ci fosse <strong>ancora</strong> qualcosa da scoprire, credo proprio si nasconda tra le righe di quella terrib<strong>il</strong>e vicenda”. P e r i n f o r m a z i o n i : LA VICENdA focus SETTE DUPLICI OMICIDI Sono sette i duplici omicidi attribuib<strong>il</strong>i al mostro (i mostri?) di Firenze. <strong>Il</strong> primo (14 settembre 1974) venne collegato al k<strong>il</strong>ler delle coppiette sette anni più tardi, quando a Mosciano di Scandicci furono ritrovati i corpi di Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi. Stessa pistola e stesso accanimento sulle vittime. <strong>Il</strong> mostro colpirà poi altre cinque volte (l’ultima l’8 settembre 1985), e in quasi tutti i casi si veri� cherà <strong>il</strong> rituale dell’escissione di organi femmin<strong>il</strong>i. Nonostante sia stato compiuto con la stessa pistola, <strong>il</strong> duplice omicidio avvenuto a Signa nel 1968 non è attribuito al mostro di Firenze. 1982: LA PISTA SARDA La pista sarda comincia a farsi largo nel 1982, quando vengono rinvenuti i proiett<strong>il</strong>i ut<strong>il</strong>izzati nell’omicidio del ‘68 a Signa. La pistola, si scopre, è la stessa del mostro. <strong>Il</strong> giudice istruttore Mario Rotella, nonostante a suo tempo fosse stato condannato <strong>il</strong> marito della vittima, riapre <strong>il</strong> caso e accusa del delitto un clan di sardi legato a Francesco Vinci (e al marito stesso), pregiudicato operante da tempo nella zona. Quando le indagini sembrano a una svolta, con Vinci sospettato anche per gli omicidi seriali, <strong>il</strong> mostro torna a colpire smontando l’intero castello accusatorio. SPUNTA IL NOME DEL PACCIANI Pietro Pacciani entra nell’inchiesta già nel 1985, grazie a una lettera anonima. Anni dopo, da una lista di persone che erano state in carcere per reati legati al sesso, ma libere nei giorni degli omicidi, rispunta <strong>il</strong> suo nome. Dopo appostamenti e perquisizioni (trovata una cartuccia compatib<strong>il</strong>e con l’arma dei delitti) viene arrestato <strong>il</strong> 16 gennaio 1993. Condannato in primo grado e assolto in appello, muore d’infarto (22/2/98) dopo che la Cassazione aveva ordinato di rifare <strong>il</strong> processo. Nel 2000 i suoi compagni di merende Vanni e Lotti vengono condannati in via de� nitiva per solo 4 dei 7 duplici omicidi. “C’ERA UN DOTTORE...” L’ipotesi dei mandanti muove da alcune frasi (“c’era un dottore”) di Giancarlo Lotti e dal denaro che Pacciani custodiva in alcuni buoni postali. <strong>Il</strong> capo del Gides Michele Giuttari e <strong>il</strong> p.m Paolo Canessa si convincono così che i compagni di merende prelevassero i feticci dietro compenso di un ricco dottore, che se ne sarebbe servito per riti esoterici di gruppo. Le indagini si intrecciano poi con quelle della procura di Perugia, dove si riapre <strong>il</strong> caso della morte (1985) del medico Francesco Narducci. <strong>Il</strong> farmacista di San Casciano Francesco Calamandrei si ritrova indagato come mandante del presunto omicidio del medico umbro e dei delitti del mostro. Nel 2008 è stato prosciolto da tutte le accuse. OFFRE servizi personalizzati con • ASSISTENTI FAMILIARE (BADANTE) secondo la formula del vitto e alloggio • ASSISTENTE FAMILIARE GIORNALIERA segreteria@2mservizi.net 055 8495975 ATTIVO H24 1090671
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