L'arco di Traiano a Leptis Magna - THIASOS
L'arco di Traiano a Leptis Magna - THIASOS L'arco di Traiano a Leptis Magna - THIASOS
THIASOS rivista di archeologia e architettura antica 2012, n. 1
- Page 2 and 3: «thiasos» Rivista di archeologia
- Page 4 and 5: Fig. 1. Leptis Magna. Arco di Traia
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- Page 16: Masturzo 2002 = Masturzo N., Alcune
<strong>THIASOS</strong><br />
rivista <strong>di</strong> archeologia e architettura antica<br />
2012, n. 1
«thiasos» Rivista <strong>di</strong> archeologia e architettura antica<br />
Direttori: Enzo Lippolis, Giorgio Rocco<br />
Redazione: Luigi Maria Caliò, Monica Liva<strong>di</strong>otti<br />
Redazione sito web: Antonello Fino, Chiara Giatti, Valeria Parisi<br />
Anno <strong>di</strong> fondazione: 2011<br />
G. Mazzilli, L’Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Risultati preliminari <strong>di</strong> un nuovo stu<strong>di</strong>o del monumento.<br />
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http://www.e<strong>di</strong>zioniquasar.it/<br />
ISSN 2279-7297<br />
Tutti i <strong>di</strong>ritti riservati<br />
Come citare l'articolo:<br />
G. Mazzilli, L’Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Risultati preliminari <strong>di</strong> un nuovo stu<strong>di</strong>o del monumento.<br />
Thiasos, 1, 2012, pp. 47-60.<br />
Gli articoli pubblicati nella Rivista sono sottoposti a referee nel sistema a doppio cieco.
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>.<br />
Risultati preliminari <strong>di</strong> un nuovo stu<strong>di</strong>o del monumento*<br />
Giuseppe Mazzilli<br />
Keywords: Libya, Tripolitania, Lepcis <strong>Magna</strong>, colony, honorary arch, four-sided arch, Alexandrine architecture, Roman architecture, Corinthian<br />
order, moul<strong>di</strong>ng, attic, cross vault, bronze sculpture.<br />
Parole chiave: Libya, Tripolitania, <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, colonia, arco onorario, arco quadrifronte, architettura alessandrina, architettura romana,<br />
or<strong>di</strong>ne corinzio, modanatura, attico, volta a crociera, scultura in bronzo.<br />
Abstract<br />
The Arch of Trajan in <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, placed along the so-called Via Triumphalis to commemorate the grant of colonial status in 109-110 AD, is a<br />
concrete example of the <strong>di</strong>fferent meanings of honorary architecture of North Africa, from the urbanistic one to the symbolic, political and propagan<strong>di</strong>stic<br />
ones. Moreover, as a buil<strong>di</strong>ng belonging just to Lepcis, still entirely made of local stone, it has a central place in the architectural history of a city which<br />
is going to be characterized by a monumental growth and by the use of imported marble architectural elements since the late age of Hadrian: local<br />
buil<strong>di</strong>ng techniques, influences from <strong>Magna</strong> Graecia and Italy through the me<strong>di</strong>ation of Sicily, Roman models (the arch of Nero in Rome seems to be<br />
the main typological model), Alexandrian and Cyrenaic elements are the outline con<strong>di</strong>tions of a very original architecture. The aim of these notes,<br />
moving from a short history of stu<strong>di</strong>es, is to give a summary about the knowledge of the monument, trying to contextualize it: they analyze its features<br />
and illustrate the data come to light till now in a new research about it.<br />
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, monumento posto sulla cosiddetta Via Trionfale a commemorazione della ricezione dello statuto coloniale nel<br />
109-110, appare quale concreta esemplificazione dei <strong>di</strong>fferenti registri espressivi dell’architettura onoraria nordafricana, da quello urbanistico a quello<br />
simbolico, politico e propagan<strong>di</strong>stico. Opera pienamente leptitana, interamente realizzata ancora in calcare locale, occupa inoltre un ruolo centrale<br />
nella storia e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> una città che a partire dall’età tardo-adrianea sarebbe stata caratterizzata da un’intensa monumentalizzazione e dal largo<br />
uso <strong>di</strong> elementi marmorei <strong>di</strong> importazione: inerzie costruttive locali, influssi magno-greci ed italici attraverso la me<strong>di</strong>azione siceliota, modelli Urbani<br />
(l’arco <strong>di</strong> Nerone a Roma sembra essere il principale riferimento tipologico), influenze alessandrine e cirenaiche costituiscono le con<strong>di</strong>zioni al contorno<br />
<strong>di</strong> un’architettura assolutamente originale. Lo scopo del presente contributo, che parte da una sintesi sulla storia degli stu<strong>di</strong>, è volto ad offrire un quadro<br />
generale della conoscenza del monumento nell’ambito del proprio contesto: ne analizza alcuni tratti <strong>di</strong>stintivi ed espone i dati emersi sino ad ora dalla<br />
nuova ricerca su <strong>di</strong> esso incentrata.<br />
Il tetrapilo <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong> (fig. 1) è posto all’intersezione della cosiddetta Via Trionfale, orientata in<br />
senso NE-SO, con una delle strade ad essa ortogonali che delineano un’armatura urbana per strigas, secondo un impianto<br />
che, pianificato in almeno due fasi già tra il II ed il I sec. a.C., ritrova il proprio modello negli schemi urbanistici <strong>di</strong><br />
matrice alessandrina 1 (fig. 2): nello specifico, il monumento segna l’incrocio tra la spina dorsale del tessuto, sostegno<br />
viario dell’espansione della città sia nel primo intervento pianificatorio che nell’età augustea, ed il collegamento che da<br />
essa conduce all’e<strong>di</strong>ficio teatrale.<br />
*I dati esposti in questa sede costituiscono una sintesi dei primi risultati<br />
raggiunti nell’ambito della ricerca <strong>di</strong> dottorato in Archeologia romana<br />
nel Maghreb e in Cirenaica (XXV ciclo) che conduco presso l’Università<br />
degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Macerata, già presentata, in forma ridotta e semplificata<br />
per gli imposti limiti <strong>di</strong> spazio concessi in quella sede, in occasione delle<br />
Prime Giornate Messinesi dei Dottoran<strong>di</strong> e dei Giovani Ricercatori in Scienze<br />
dell’Antichità (GiMeD) tenutesi a Messina tra il 6 e l’8 luglio 2011. Desidero<br />
qui rinnovare i miei ringraziamenti alla prof. Monica Liva<strong>di</strong>otti per la fiducia<br />
e la stima con cui mi incoraggia nella ricerca, oltre che per i suggerimenti e<br />
le suggestioni propostemi, e a Luca Schepisi, valido compagno <strong>di</strong> lavoro<br />
nell’ultima missione a <strong>Leptis</strong>. Un particolare pensiero va, inoltre, a tutti i<br />
miei amici in Libia, archeologi presso il Department of Antiquities, che, pur<br />
in un momento particolarmente <strong>di</strong>fficile, continuano ad adoperarsi per la<br />
tutela e la salvaguar<strong>di</strong>a dei musei e dei siti archeologici. Un grato ricordo va<br />
inoltre al compianto prof. Antonino Di Vita, al quale devo molte stimolanti<br />
osservazioni sul tema della ricerca, da lui stesso proposto.<br />
1 L’analisi della storia urbanistica <strong>di</strong> <strong>Leptis</strong> sino alla prima età imperiale ha<br />
in sostanza visto confrontarsi due posizioni. La prima, sostenuta da A. Di<br />
Vita, rimarca l’origine alessandrina del primo impianto urbano, datato tra la<br />
fine del II ed il I secolo a.C. e riconosciuto sino al limite del settore in cui<br />
sarebbe successivamente sorto il mercato; seguirebbe una pianificazione <strong>di</strong> età<br />
augustea a coprire l’area che si estende sino al cosiddetto decumano massimo<br />
e <strong>di</strong> cui sarebbero prova gli e<strong>di</strong>fici pubblici realizzati tra l’8 a.C (Mercato)<br />
ed il 12 d.C. (Calci<strong>di</strong>co), che, secondo l’illustre africanista, presuppongono<br />
un intervento programmatico provato, tra l’altro, dall’aumento (da 20 m<br />
nella zona del Foro Vecchio a 26 m tra il Calci<strong>di</strong>co e l’arco dei Severi) della<br />
larghezza degli isolati: Di Vita 1982, 1990, 1994, 1998; Di Vita-Evrard<br />
1998, pp. 50-54. La seconda ipotesi è stata invece formulata da J.B. Ward<br />
Perkins, il quale attribuisce all’età augustea, in un arco cronologico successivo<br />
all’8 a.C., ma anteriore all’1-2 d.C., la prima espansione ad isolati regolari sino<br />
al teatro e ad un momento imme<strong>di</strong>atamente successivo, ma forse già entro la<br />
fine del principato augusteo, l’ulteriore espansione: Ward Perkins 1982,<br />
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60 47
Fig. 1. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>, veduta da Sud-Ovest.<br />
Fig. 2. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Planimetria della città ed ubicazione del tetrapilo de<strong>di</strong>cato a <strong>Traiano</strong> (elaborazione da Di Vita 1975a, p. 25, fig. 29).<br />
48 L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60
Dal punto <strong>di</strong> vista urbanistico, l’arco rimarca<br />
l’importanza <strong>di</strong> un incrocio <strong>di</strong> certo non secondario, in<br />
corrispondenza del quale sorge anche il Calchi<strong>di</strong>cum 2,<br />
e contribuisce alla <strong>di</strong>ssimulazione del cambiamento <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>rezione che la via <strong>di</strong>retta in me<strong>di</strong>terraneum subisce in<br />
ragione <strong>di</strong> aspetti territoriali, adeguandosi per un verso<br />
all’andamento dello Ua<strong>di</strong> Lebdah e per l’altro al tratto<br />
urbano della <strong>di</strong>rettrice territoriale che da Cartagine<br />
conduceva ad Alessandria 3. Definito da J.B. Ward Perkins<br />
come un’opera che “non poteva essere realizzata altrove<br />
che a <strong>Leptis</strong>” 4, è costruito in blocchi <strong>di</strong> calcare grigio<br />
delle vicine cave <strong>di</strong> Ras el-Hammàm 5, compiutamente<br />
lavorati a gra<strong>di</strong>na a denti stretti ed apparecchiati con un<br />
allettamento <strong>di</strong> malta <strong>di</strong> calce pressoché priva <strong>di</strong> inclusi.<br />
Di pianta quadrata (fig. 3), i suoi lati misurano<br />
7,099 x 7,116 m (24 pie<strong>di</strong>), mentre ai vertici si <strong>di</strong>spongono<br />
i quattro piloni conformati ad L e completati formalmente<br />
e staticamente per mezzo <strong>di</strong> una colonna posta<br />
nell’angolo interno. Ad entrambe le estremità <strong>di</strong> ogni<br />
fronte si protende un avancorpo: un pie<strong>di</strong>stallo sostiene<br />
una colonna libera sormontata da una trabeazione<br />
completa, secondo un’articolazione che, introdotta in<br />
ambiente nordafricano forse proprio nel caso in esame,<br />
sarà destinata ad avere larga fortuna 6. Paraste angolari,<br />
che, come le colonne, sono poste su basi romano-attiche<br />
e coronate da capitelli corinzi, si <strong>di</strong>spongono a sostegno<br />
delle arcate, sulle fronti, in corrispondenza delle estremità<br />
interne dei piloni, e sui relativi risvolti contigui.<br />
Il monumento, in cui gli archeologi italiani, sotto la guida dell’allora Soprintendente G. Gui<strong>di</strong>, si imbatterono<br />
durante le operazioni <strong>di</strong> liberazione della strada e dei relativi margini e<strong>di</strong>lizi procedendo in <strong>di</strong>rezione dell’arco dei<br />
Severi 7, fu portato alla luce tra giugno e agosto del 1930 (fig. 4) e restaurato entro il gennaio dell’anno successivo 8<br />
(fig. 5); i primi ed unici stu<strong>di</strong> analitici sono rappresentati dai contributi <strong>di</strong> P. Romanelli 9 e B.M. Apollonj 10, mentre le<br />
in<strong>di</strong>cazioni fornite dai notiziari archeologici dell’epoca 11 risultano sempre rapide e sommarie.<br />
Sul versante dello stu<strong>di</strong>o grafico, i primi rilievi noti, redatti nel luglio del 1938, si devono a D. Vincifori,<br />
autore <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi elaborati, per lo più ine<strong>di</strong>ti 12. Desterà <strong>di</strong> certo sorpresa, e non a torto, che la prima restituzione<br />
grafica dell’e<strong>di</strong>ficio risalga a ben sette anni dalla conclusione del suo restauro, un’anomalia, questa, che può essere<br />
compresa solo se storicizzata 13: le operazioni <strong>di</strong> scavo, condotte con un impiego straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> forze, rispondevano,<br />
nella logica della fascistizzata Soprintendenza tripolitana, a molteplici finalità, da quella scientifica a quella politica e<br />
in part. pp. 30-34. Una posizione interme<strong>di</strong>a ed una rilettura dell’intervento<br />
<strong>di</strong> età augustea sono state recentemente proposte da L. Musso, che tende<br />
a concepire in questa fase più una ristrutturazione, con una particolare<br />
attenzione al Foro Vecchio, dell’assetto urbano punico-ellenistico, esteso<br />
sino ai limiti del teatro, che una pianificazione ex-nihilo; riconosce invece<br />
pertinente ad un intervento imme<strong>di</strong>atamente successivo l’espansione della<br />
città sino alla strada litoranea Cartagine-Alessandria, adducendo come prove,<br />
oltre al già citato cambiamento nella <strong>di</strong>mensione dei lotti, la realizzazione del<br />
Calci<strong>di</strong>co alla fine dell’età augustea, la porta Augusta Salutaris (29-30 d.C.),<br />
posta all’ingresso della città, e la pavimentazione delle strade commemorata<br />
dall’iscrizione IRT 330, 331 dell’arco <strong>di</strong> Tiberio (Musso 2008, pp. 165-167,<br />
con bibl. prec.), che, del resto, contribuisce proprio insieme all’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong><br />
a <strong>di</strong>ssimulare il cambiamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione della via Trionfale. In merito alla<br />
datazione dell’impianto neo-punico, N. Masturzo, pur accogliendo la tesi<br />
generale <strong>di</strong> Di Vita, ipotizza poter essere anche anteriore al II secolo a.C.<br />
e forse ad<strong>di</strong>rittura riconducibile al IV: Masturzo 2002, p. 80; 2003, pp.<br />
721-722, con bibl. prec. Per una complessiva <strong>di</strong>samina degli interventi<br />
architettonici ed urbanistici <strong>di</strong> età severiana, si rimanda a Mahler 2005, con<br />
bibl. prec. Sui fora si veda inoltre Kleinwächter 2001.<br />
2 Schippa 1981-82 e Braconi 2005.<br />
3 Di Vita 1998, p. 122; Gros, Torelli 2007, pp. 334-335; Rinal<strong>di</strong><br />
Tufi 2000, p. 388. La <strong>di</strong>ssimulazione del cambiamento <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione degli<br />
assi stradali avvicina gli archi leptitani <strong>di</strong> Tiberio e <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> alla porta nord<br />
Fig. 3. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>, planimetria (rilievo <strong>di</strong> D.<br />
Vincifori, Archivio del Department of Antiquities of Tripoli).<br />
<strong>di</strong> Gerasa, sempre <strong>di</strong> età traianea, all’arco (analogo a quest’ultima) detto “<strong>di</strong><br />
<strong>Traiano</strong>” a Timgad, <strong>di</strong> età severiana, e a quello <strong>di</strong> Palmira. Per una trattazione<br />
in merito si veda Barresi 2002, in part. pp. 1459-1460.<br />
4 Ward Perkins 1982, p. 35.<br />
5 Sui materiali da costruzione, Chiesa 1949.<br />
6 Mazzilli cds.<br />
7 Sulla strategia <strong>di</strong> scavo delle strade si veda Di Vita 1983, pp. 78-79.<br />
8 I margini temporali sono chiaramente in<strong>di</strong>cati dai giornali <strong>di</strong> scavo,<br />
conservati presso il Centro <strong>di</strong> Documentazione e Ricerca sull’Archeologia<br />
dell’Africa Settentrionale (CAS) dell’Università degli Stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Macerata.<br />
Ricordo ancora una volta il prof. A. Di Vita, <strong>di</strong>rettore del Centro, per averne<br />
consentito la consultazione.<br />
9 Romanelli 1940.<br />
10 Apollonj 1940.<br />
11 Gui<strong>di</strong> 1931, Technau 1931, Anti 1931, Gui<strong>di</strong> 1932a, 1932b, 1935,<br />
Kähler 1939.<br />
12 I <strong>di</strong>segni, a china su lucido, sono conservati presso la planoteca del<br />
Department of Antiquities <strong>di</strong> Tripoli. Solo due <strong>di</strong> essi sono e<strong>di</strong>ti: Romanelli<br />
1940, p. 88 fig. 1, p. 97 fig. 7.<br />
13 Sulla questione si vedano Di Vita 1983, p. 77; Barbanera 1998, pp.<br />
145-147; Munzi 2001, pp. 52-57; Calloud 2009; Balice 2010, in part.<br />
pp. 153-166.<br />
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60 49
50 L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60<br />
Fig. 4. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>, veduta da Est<br />
al momento dello scavo (Archivio del Department of<br />
Antiquities of Tripoli).<br />
Fig. 5. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>, ripristino del<br />
pilone orientale (Archivio del Department of Antiquities<br />
of Tripoli).
Fig. 6. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>. Integrazioni<br />
murarie <strong>di</strong> restauro.<br />
propagan<strong>di</strong>stica, da quella <strong>di</strong>dascalica a quella <strong>di</strong> promozione turistica. Solo in quest’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> considerazioni appare<br />
comprensibile la velocità degli interventi o la restituzione <strong>di</strong> una sola facies, evidentemente privilegiata 14, o ancora,<br />
nonostante i buoni propositi 15, la quasi totale assenza <strong>di</strong> una documentazione grafica, tanto da attirare non <strong>di</strong> rado<br />
sull’opera degli archeologi italiani perplessità e critiche talvolta anche feroci 16.<br />
La lectio facilior non è tuttavia, come spesso accade, quella più corretta. Si prendano in esame proprio le<br />
operazioni <strong>di</strong> ripristino dei due piloni a valle, condotte contestualmente allo scavo, secondo una prassi non del tutto<br />
insolita all’epoca 17; le integrazioni, chiaramente riconoscibili, in adesione ai principi del pensiero giovannoniano che<br />
proprio in quegli stessi anni si andava prepotentemente affermando 18, sono realizzate, in leggero sottosquadro, in laterizi<br />
rivestiti <strong>di</strong> malta cementizia (fig. 6). L’intervento è meno intuitivo e ben più controllato <strong>di</strong> quanto si possa immaginare<br />
in prima istanza: la realizzazione <strong>di</strong> un modello in gesso quale strumento <strong>di</strong> verifica delle operazioni 19, probabilmente<br />
lo stesso poi esposto alla Mostra Augustea della Romanità del 1937, ed alcune restituzioni grafiche riconducibili al<br />
luglio del 1931 e realizzate da Virgilio Franceschi 20, lo stesso Ingegnere che firma proprio in contemporanea le relazioni<br />
<strong>di</strong> scavo 21, ne sono la chiara testimonianza.<br />
Le recenti indagini condotte sul monumento hanno portato nuovi elementi interpretativi <strong>di</strong> particolare<br />
importanza, che consentono <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>rne la conoscenza e re<strong>di</strong>gerne una più completa storiografia 22.<br />
Innanzi tutto, la verifica <strong>di</strong>mensionale derivante da un nuovo rilievo consente <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’adozione, nella<br />
realizzazione del tetrapilo, <strong>di</strong> due <strong>di</strong>verse unità <strong>di</strong> misura, il piede romano per la pianta ed il cubito punico per l’alzato.<br />
L’uso <strong>di</strong> entrambi i riferimenti <strong>di</strong>mensionali nell’ambito della medesima costruzione e la relativa giustificazione, legata<br />
ad una <strong>di</strong>fferenza tra progettisti ed esecutori, erano del resto già stati sostenuti da G. Ioppolo, il quale era per altro<br />
giunto all’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un’unità <strong>di</strong> misura punica più antica riscontrata nei blocchi <strong>di</strong> alcune strutture del tempio<br />
<strong>di</strong> Roma e Augusto 23. Con<strong>di</strong>zione anche recentemente verificata 24, la compresenza dei due sistemi <strong>di</strong> misura trova la<br />
propria giustificazione nell’importazione locale <strong>di</strong> prototipi <strong>di</strong> chiara origine Urbana, declinati in loco in ragione <strong>di</strong><br />
inerzie costruttive, materiali e maestranze autoctoni 25. La complessità che ne deriva, cui si associano influenze magno-<br />
14 Sul culto della romanità, principio ispiratore delle indagini storiche<br />
ed archeologiche, condotte spesso a <strong>di</strong>scapito delle fasi posteriori, si veda<br />
Barbanera 1998, pp. 145-147.<br />
15 Romanelli sosteneva, infatti, la necessità <strong>di</strong> curare “con scrupolosa opera la<br />
conservazione ed il rilievo” (Romanelli 1937, p. 125).<br />
16 Tra le più critiche è, senza dubbio, la posizione <strong>di</strong> Altekamp 1995.<br />
17 Munzi 2001, p. 55; Calloud 2009, pp. 307-308; Liva<strong>di</strong>otti cds.<br />
18 La Carta <strong>di</strong> Atene, infatti, che molto deve al pensiero <strong>di</strong> G. Giovannoni,<br />
è proprio del 1931. Per una cronaca e sintesi dei lavori della Conferenza<br />
tenutasi nella capitale greca si veda Giovannoni 1931-1932.<br />
19 Gui<strong>di</strong> 1931, p. 3. Anche la realizzazione <strong>di</strong> modelli in gesso per il restauro<br />
doveva costituire una pratica consolidata, dato che ne fu realizzato uno anche<br />
per i restauri del vicino macellum (Gui<strong>di</strong> 1931, p. 5). Sull’uso e la valenza dei<br />
plastici in gesso, Calloud 2009, pp. 311-312.<br />
20 Ne sono prova alcune foto presenti nella fototeca del Department of<br />
Antiquities <strong>di</strong> Tripoli.<br />
21 Cfr. anche Tomasello 2005, pp. 201, 206; Guerrini 1976, p. 114 nt.<br />
38; Liva<strong>di</strong>otti cds.<br />
22 Alcune anticipazioni in Mazzilli cds.<br />
23 Ioppolo 1967, pp. 95-97. Le analisi metrologiche <strong>di</strong> Ioppolo sono state<br />
più <strong>di</strong> recente riprese da P. Barresi, il cui stu<strong>di</strong>o argomenta l’esistenza <strong>di</strong> un<br />
cubito vetero-punico o fabrilis da 0,509 m e <strong>di</strong> uno neo-punico o structorius da<br />
0,516 m, verosimilmente introdotto proprio per consentire la compatibilità<br />
dell’unità <strong>di</strong> misura autoctona con quella greco-romana (Barresi 1991, con<br />
bibl. prec.). Sulle unità <strong>di</strong> misura puniche si veda inoltre, da ultimo, Barresi<br />
2007, con bibl. prec.<br />
24 In riferimento al già citato tempio del Foro Vecchio, si vedano le recenti<br />
considerazioni contenute in Liva<strong>di</strong>otti, Rocco 2005, pp. 236-239, con<br />
bibl. prec. Una situazione analoga si ritrova nel tempio <strong>di</strong> Milk’Ashtart<br />
Ercole, in cui secondo il cubito punico sono <strong>di</strong>mensionati i singoli blocchi,<br />
mentre al piede romano si uniforma l’e<strong>di</strong>ficio sia nel suo complesso che nelle<br />
singole parti: Ricciar<strong>di</strong> 2005, pp. 350-351; Ricciar<strong>di</strong> 2007, p. 213, con<br />
bibl. prec. Secondo lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> N. Masturzo, il <strong>di</strong>mensionamento del più<br />
antico tempio <strong>di</strong> Liber Pater segue, invece, l’unità del cubito vetero-punico,<br />
riscontrando l’autore come il primo e<strong>di</strong>ficio realizzato esclusivamente con<br />
riferimento al piede romano sia la Basilica Vetus (Masturzo 2005, pp. 110-<br />
111, p. 111 nt. 164).<br />
25 Si vedano anche Rocco 2011, p. 22, Liva<strong>di</strong>otti, Rocco cds. La<br />
molteplicità e complessità dei riferimenti è affrontata anche in Tomasello<br />
1992, Tomasello, De Simone 2005, pp. 326-327.<br />
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60 51
52 L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60<br />
Fig. 7. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>,<br />
capitello corinzio <strong>di</strong> parasta.<br />
Fig. 8. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Tempio Flavio,<br />
capitello corinzio.<br />
Fig. 9. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Mercato, capitello<br />
<strong>di</strong> parasta <strong>di</strong> età domizianea della tholos<br />
settentrionale.
Fig. 10. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong><br />
<strong>Traiano</strong>, elemento <strong>di</strong> cornice.<br />
greche attraverso la me<strong>di</strong>azione siceliota da un lato, ed alessandrine, me<strong>di</strong>ate dall’esperienza cirenaica, dall’altro 26,<br />
emerge nelle particolarità architettoniche <strong>di</strong> un monumento che, celebrando sul versante politico la ricezione dello<br />
statuto coloniale, rappresenta un importante snodo anche nella storia e<strong>di</strong>lizia della città.<br />
Si considerino i dettagli dell’or<strong>di</strong>ne architettonico e, in particolare, dei capitelli (fig. 7), che rivelano un forte<br />
legame con esperienze Urbane <strong>di</strong> età giulio-clau<strong>di</strong>a 27. Al contempo, la baccellature dei caulicoli 28, talora stilizzate tanto<br />
da <strong>di</strong>ventare semplici scanalature, pur presenti negli esemplari romani <strong>di</strong> età flavia 29, sembrano rimandare al mondo<br />
alessandrino, a cui non sono estranei anche i fiori <strong>di</strong> cantoniera che occupano lo spazio tra elici e volute 30.<br />
Vale la pena <strong>di</strong> precisare che è lo ionico l’or<strong>di</strong>ne architettonico utilizzato a <strong>Leptis</strong> almeno sino all’età flavia quale<br />
espressione della natura pubblica ed ufficiale <strong>di</strong> una costruzione, presente sia nella variante africana, in cui il modello<br />
<strong>di</strong> matrice alessandrina si mo<strong>di</strong>fica al contatto con influssi magno-greci e sicelioti 31, sia in quella italica, essendo la<br />
configurazione ermogeniana introdotta solo in età severiana 32. La prima applicazione nota 33 del corinzio è quella del<br />
tempio flavio, in ragione <strong>di</strong> un adeguamento all’or<strong>di</strong>ne celebrativo dell’Urbe da parte <strong>di</strong> una comunità che aveva appena<br />
ricevuto lo statuto municipale 34. Le innegabili forti analogie dei capitelli del tetrapilo con quelli dell’appena citato<br />
tempio presso il porto neroniano (fig. 8) e con quelli del restauro domizianeo della tholos settentrionale del Mercato<br />
(fig. 9) portano a postulare la sostanziale identità delle maestranze, presumibilmente formatesi proprio nei cantieri del<br />
tempio flavio, forse sotto la guida <strong>di</strong> artigiani romani 35. A rafforzare il legame vale anche l’osservazione per la quale<br />
quelle appena citate sono sostanzialmente le uniche applicazioni leptitane note del corinzio occidentale, cedendo il<br />
passo, già in età adrianea, la tra<strong>di</strong>zione dell’acanthus mollis a quella dell’acanto spinoso <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione orientale 36.<br />
26 Parafrasando le parole <strong>di</strong> Di Vita, “la Sicilia e l’Italia Meri<strong>di</strong>onale da<br />
un lato ed Alessandria dall’altro erano i poli tra cui si era mossa la cultura<br />
dell’ultima Cartagine punica” (Di Vita 1975b, p. 171), secondo un<br />
comportamento chiaramente assimilabile a quello degli emporia tripolitani<br />
sino all’inizio del II secolo. Sul ruolo <strong>di</strong> Alessandria nell’arte punica, si<br />
vedano i numerosi contributi dello stesso autore: tra essi, Di Vita 1968,<br />
in part. pp. 24-29; Di Vita 1984; 1992; 2004. Sulle influenze alessandrine<br />
nell’architettura leptitana, da ultimo, Rocco 2011, con bibl. prec. L’analisi<br />
delle <strong>di</strong>verse origini degli influssi alla base dell’architettura tripolitana e delle<br />
relative esperienze interme<strong>di</strong>e coprono una letteratura assai vasta, che, data la<br />
natura preliminare del presente contributo, si è deciso <strong>di</strong> passare in rassegna,<br />
commentare ed interpretare, anche alla luce degli elementi emersi dallo stu<strong>di</strong>o<br />
del tetrapilo leptitano, in sede definitiva.<br />
27 Pensabene 1986, p. 364; Bianchi 2005, pp. 211-214. Per un’analisi<br />
stilistica comparativa degli esemplari lepcitani si veda Mahler 2006, pp. 33-37.<br />
28 Ben più evidenti negli esemplari del tempio flavio, coronate da orli decorati<br />
a sepali.<br />
29 Freyberger 1990, in part. cat. nrr. 1a (Foro <strong>di</strong> Nerva), 33a-b (Tempio<br />
<strong>di</strong> Venere Genitrice).<br />
30 Bianchi 2005, p. 215 nt. 108. Numerosi i confronti in Pensabene 1993.<br />
31 L’origine ellenistica dei modelli è fortemente sostenuta in Rocco 2003,<br />
pp. 197-198; Liva<strong>di</strong>otti, Rocco 2005, p. 210. In parte <strong>di</strong>verso dagli<br />
esemplari del tempio <strong>di</strong> Roma e Augusto e del Calci<strong>di</strong>co è il caso dei capitelli<br />
del tempio <strong>di</strong> Milk’Ashtart Ercole, in cui si riscontra un più stretto legame<br />
con la tra<strong>di</strong>zione greco-classica: Ricciar<strong>di</strong> 2005, p. 360; 2007, pp. 218-<br />
219. Più tra<strong>di</strong>zionalista, nel caso dei capitelli ionici, è la posizione espressa<br />
in Masturzo 2005, pp. 133-137, con bibl. prec., che sottolinea legami ed<br />
ascendenze <strong>di</strong> tipo italico e magno-greco.<br />
32 Bigi 2006, p. 2361. Di <strong>di</strong>verso parere Ricciar<strong>di</strong> 2005, p. 361 nt. 157,<br />
con bibl. prec., che sostiene, invece, l’introduzione del modello ermogeniano<br />
già a partire dall’età flavia.<br />
33 Due capitelli corinzi <strong>di</strong> pilastro in arenaria, datati all’età giulio-clau<strong>di</strong>a,<br />
testimoniano, in ogni caso, la conoscenza delle forme in questione, pur <strong>di</strong><br />
chiara origine alessandrina (Bianchi 2005, p. 206, p. 207 fig. 21). Ad un<br />
periodo non posteriore alla prima età flavia è inoltre datata la prima fase della<br />
Curia, che presenta sulla fronte esterna capitelli corinzi, ancora in arenaria<br />
(Liva<strong>di</strong>otti, Rocco cds.; Mahler 2006, cat. nr. 21 KK).<br />
34 Lo statuto municipale viene, infatti, conferito alla comunità lepcitana<br />
sotto Vespasiano, nel 77-78 d.C.: Di Vita Évrard 1984, in cui viene rivista<br />
l’iniziale datazione all’età clau<strong>di</strong>a (Nerone) proposta da Degrassi 1945.<br />
35 Bianchi 2005, p. 192.<br />
36 Si considerino i capitelli ancora in calcare della cosiddetta schola sul<br />
decumano e, naturalmente, i manufatti marmorei <strong>di</strong> larga <strong>di</strong>ffusione proprio<br />
in età adrianea. Si veda anche Bianchi 2005, pp. 216-217.<br />
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60 53
54 L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60<br />
Fig. 11. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong><br />
<strong>Traiano</strong>, modanature <strong>di</strong> base<br />
e coronamento dei pie<strong>di</strong>stalli<br />
(rilievo dell’A.).<br />
Fig. 12. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco<br />
<strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>, cornice con gli<br />
incassi per i tenoni <strong>di</strong> una<br />
delle statue degli avancorpi<br />
(rilievo dell’A.).<br />
Ulteriori peculiarità contengono le cornici (fig. 10): l’accentuata decorazione e la ricca rappresentazione vegetale,<br />
che trova confronti in area africana e che risale in prima istanza al contesto italico e, in particolare, campano 37, si unisce<br />
a dentelli tenuti insieme a coppie a Π dalla funzione puramente decorativa, tanto da poter essere convincentemente<br />
interpretati come la stilizzazione <strong>di</strong> mensole <strong>di</strong> cornici a travicello <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione alessandrina 38.<br />
Allo stesso tempo, l’appartenenza al contesto specifico e la normalizzazione delle acquisizioni esterne verso<br />
una completa assimilazione appaiono evidenti nell’applicazione delle sequenze modanate <strong>di</strong> base e <strong>di</strong> coronamento<br />
dei pie<strong>di</strong>stalli degli avancorpi 39 (fig. 11). La sequenza <strong>di</strong> base toro, gola <strong>di</strong>ritta 40, ton<strong>di</strong>no, applicata già in e<strong>di</strong>fici della<br />
prima età imperiale, come il teatro, il Calci<strong>di</strong>co, il tempio <strong>di</strong> Roma e Augusto, il monumento a Gavius Macer, pur con<br />
le rispettive <strong>di</strong>fferenze e peculiarità, seguita o meno da una fascia, un listello o un cavetto 41, in età traianea appare ormai<br />
come un dato costruttivo consolidato 42: i profili dell’arco, della costruzione a Sud-Est del Calci<strong>di</strong>co 43 e dell’e<strong>di</strong>ficio<br />
preesistente alla chiesa giustinianea del Foro Vecchio, al <strong>di</strong> là del <strong>di</strong>verso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong>mensionale o del rapporto in altezza<br />
tra le parti, rimandano ad un processo <strong>di</strong> continua applicazione e affinamento che passa anche attraverso le esperienze<br />
e<strong>di</strong>lizie interme<strong>di</strong>e, come quelle della Curia 44, del tempio flavio o del tempio della <strong>Magna</strong> Mater 45.<br />
37 Si pensi alle decorazioni a pelta contenenti motivi vegetali poste sulla gola<br />
<strong>di</strong>ritta inferiore delle cornici, secondo stilemi documentati a Cartagine, ma<br />
anche a Pompei e Castel Porziano: Ferchiou 1989, pp. 370-371, cat. nr.<br />
XVIII.II.B.1-2; p. 472.<br />
38 Pensabene 1993, p. 94; cat. nrr. 848-877.<br />
39 Per un parallelo con quanto si verifica per la decorazione <strong>di</strong> basi e supporti<br />
epigrafici, si veda lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> F. Bigi, in Tantillo, Bigi 2010, pp. 219-252.<br />
40 L’andamento della gola <strong>di</strong>ritta non può essere assunto quale criterio<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>stinzione cronologica: pur essendo prevalentemente sviluppata in<br />
orizzontale, non mancano esemplari, ai primi coevi, come nel proscaenium del<br />
teatro (<strong>di</strong> età augustea) o nella tholos N del Mercato (presumibilmente <strong>di</strong> età<br />
domizianea) in cui essa risulta tirata più in verticale: Mahler 2006, cat. nrr.<br />
672 BP, 690 BP.<br />
41 Fascia: sacello del Calci<strong>di</strong>co (Mahler 2006., cat. n. 675 BP), tempio <strong>di</strong><br />
Roma e Augusto (Liva<strong>di</strong>otti, Rocco 2005, p. 270 fig. 2.93; Mahler<br />
2006, cat. nr. 676 BP). Listello: po<strong>di</strong>o sulla fronte del Calci<strong>di</strong>co (Mahler<br />
2006, cat. nr. 674 BP). Cavetto: monumento a Gavius Macer e po<strong>di</strong>o della<br />
Curia, lasciando ipotizzare un’introduzione della modanatura in età giulioclau<strong>di</strong>a.<br />
Di introduzione flavia e consolidamento traianeo è, invece, l’apofige:<br />
Mahler 2006, p. 101.<br />
42 La continuità <strong>di</strong> realizzazione delle sequenze modanate ne giustifica<br />
l’applicazione nelle basi dei pie<strong>di</strong>stalli del tetrapilo, in modo ben più<br />
convincente <strong>di</strong> una semplice ripresa del motivo del vicino Calci<strong>di</strong>co, come,<br />
invece, sostenuto in Mahler 2006, p. 101. Si veda anche Masturzo<br />
2005, p. 80.<br />
43 Mahler 2006, cat. n. 686 BP. Il profilo risulta pressoché identico a quello<br />
del tetrapilo <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>.<br />
44 Mahler 2006, cat. nr. 681 BP.<br />
45 Comune ai basamenti del tempio flavio e del tempio della <strong>Magna</strong> Mater<br />
è l’assenza del ton<strong>di</strong>no a coronamento della gola <strong>di</strong>ritta, al <strong>di</strong> sopra della<br />
quale si pone invece un listello seguito da apofige (Mahler 2006, cat. nr.<br />
685 BP, 688 BP).
Fig. 13. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong><br />
<strong>Traiano</strong>, Capitello <strong>di</strong> parasta<br />
posto sulla fronte nord-est.<br />
Diverso il caso dei coronamenti degli stessi pie<strong>di</strong>stalli 46. In tutta l’architettura in pietra locale <strong>di</strong> I secolo<br />
coesistono, anche nell’ambito dei medesimi e<strong>di</strong>fici 47, coronamenti a gola <strong>di</strong>ritta 48 o a cavetto 49, a cui, il più delle<br />
volte, è subor<strong>di</strong>nata una gola rovescia. Gli espe<strong>di</strong>enti formali adottati nella Curia 50 (un’ampia gola <strong>di</strong>ritta preceduta<br />
da un ovolo) o evidenti in un blocco presso il tempio della <strong>Magna</strong> Mater 51 (un cavetto preceduto da ovolo e ton<strong>di</strong>no)<br />
potrebbero sia costituire uno sviluppo formale, <strong>di</strong>versificato ma pressoché analogo, delle formule precedenti, sia<br />
testimoniare il riferimento a <strong>di</strong>versi modelli. Un ulteriore sviluppo potrebbe costituire la soluzione praticata nell’arco<br />
quadrifronte <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>: due gole <strong>di</strong>ritte, <strong>di</strong> cui quella inferiore gerarchicamente più piccola, sono separate da un<br />
piccolo cavetto ed un listello, che già precedevano talvolta la gola <strong>di</strong>ritta nel teatro 52 o nel coronamento della tholos<br />
nord del mercato 53.<br />
Il motivo architettonico delle colonne in avancorpo, comune ad altri archi della metà del II secolo come la porta<br />
traianea <strong>di</strong> Asseria, in Dalmazia, e quella <strong>di</strong> età adrianea <strong>di</strong> Attalia, in Panfilia 54, e così <strong>di</strong>ffuso in ambito nordafricano<br />
soprattutto in età severiana 55, è stato frequentemente messo in relazione con la simile articolazione presente nel foro<br />
<strong>di</strong> Nerva 56. È cre<strong>di</strong>bile, tuttavia, che il suo prototipo possa essere antecedente ed in particolare riconducibile all’arco<br />
<strong>di</strong> Nerone a Roma, ricostruito dal Kleiner sulla base dei risvolti monetali 57. Le analogie appaiono ancora più stringenti<br />
se si considera che due degli avancorpi erano coronati da statue: solo le due cornici relative, infatti, riportano sul letto<br />
<strong>di</strong> attesa gli incassi per le plantae pedum <strong>di</strong> figure <strong>di</strong> bronzo (fig. 12), stanti e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni leggermente maggiori <strong>di</strong><br />
quelle reali, con ogni probabilità gli ornamenta citati nell’iscrizione 58.<br />
46 La scelta degli esempi citati <strong>di</strong> seguito a titolo <strong>di</strong> confronto deriva dalla loro<br />
sicura datazione. Per una <strong>di</strong>samina più ampia, si rimanda a Mahler 2006,<br />
cat. nrr. 710 AP-785 AP.<br />
47 Si pensi a quanto accade al Calci<strong>di</strong>co o al teatro: Mahler 2006, p. 102;<br />
cat. nrr. 710-715 AP, 717-718 AP.<br />
48 Anfiteatro e Mercato.<br />
49 Tempio <strong>di</strong> Roma e Augusto, arco <strong>di</strong> Tiberio, porticus presso il porto<br />
neroniano.<br />
50 Mahler 2006, cat. n. 732 AP. La combinazione è presente anche nel<br />
coronamento del po<strong>di</strong>o del Serapeo (Id., cat. nr. 784 AP); per l’e<strong>di</strong>ficio si<br />
vedano a Di Vita et alii 2003, Kreikenbom 2005.<br />
51 Mahler 2006, cat. nr. 724 AP. Il tempio è datato al 72 d.C. (IRT 300).<br />
52 Mahler 2006, cat. nr. 710-711 AP.<br />
53 Mahler 2006, cat. nr. 731.1 AP.<br />
54 Crema 1959, p. 446; p. 448 figg. 567-568.<br />
55 Mazzilli cds.<br />
56 Romanelli 1940, p. 97.<br />
57 Kleiner 1985.<br />
58 IRT 353. Già Romanelli in<strong>di</strong>cava la presenza <strong>di</strong> un arredo scultoreo<br />
interpretando l’iscrizione del fregio (Romanelli 1940, p. 99). La notizia del<br />
rinvenimento era già stata fornita, tuttavia, dal Gui<strong>di</strong>: Gui<strong>di</strong> 1935, p. 240.<br />
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60 55
56 L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60<br />
Fig. 14. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>,<br />
intradosso <strong>di</strong> uno dei conci d’arco.<br />
Complessa ne appare tuttavia l’identificazione: Plotina e Marciana coronavano l’attico dell’Arco <strong>di</strong> Ancona<br />
nella seconda fase del monumento 59; l’imperatore ed una figura femminile, forse Plotina, potevano essere poste,<br />
secondo il Rotili 60, al <strong>di</strong> sopra dell’arco trionfale <strong>di</strong> Benevento, per quanto tale ipotesi venga più recentemente<br />
confutata a favore <strong>di</strong> una quadriga guidata da <strong>Traiano</strong> mentre è incoronato da Victoria 61. Ulteriori spunti potrebbero<br />
venire dall’ingresso trionfale al foro <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a Roma, sormontato da un carro a sei cavalli guidato dall’imperatore<br />
ancora una volta incoronato da Victoria, con ai due lati gruppi simmetrici tra un grande trofeo d’armi 62. Il confronto<br />
più interessante resta, tuttavia, ancora quello dell’arco <strong>di</strong> Nerone, in cui soldati nell’atto <strong>di</strong> acclamare l’imperatore<br />
erano posti sulle colonne in avancorpo a completamento <strong>di</strong> una quadriga fiancheggiata da Victoria e Pax.<br />
Essendo le statue solo due, esse dovevano essere poste sul prospetto concepito come principale. Il Romanelli 63<br />
riteneva che questo dovesse essere identificato con quello sud-occidentale, rivolto verso l’ingresso in città: in<br />
questa logica, lo stu<strong>di</strong>oso riportava su <strong>di</strong> esso le iscrizioni del fregio 64, recante il nome dell’imperatore <strong>Traiano</strong>, e<br />
dell’architrave, contenente il nome del proconsole, Q. Pomponio Rufo, che lo aveva de<strong>di</strong>cato 65. Tuttavia, particolarità<br />
architettoniche presenti sulla sola fronte nord, come la <strong>di</strong>fferente ampiezza delle paraste, coronate da leziosi capitelli<br />
chiaramente <strong>di</strong>versificati nei dettagli da tutti gli altri 66 (fig. 13), o il <strong>di</strong>verso trattamento dei conci d’arco lasciano<br />
ipotizzare una <strong>di</strong>versa gerarchia a vantaggio del prospetto in questione. Non è da escludere del resto che la de<strong>di</strong>ca<br />
imperiale potesse essere duplicata anche su questa fronte, né è inconfutabile che gli elementi <strong>di</strong> fregio rinvenuti<br />
siano inequivocabilmente attribuibili alla fronte sud, non specificando né il Romanelli né i giornali <strong>di</strong> scavo la<br />
collocazione del loro ritrovamento. Se si considera inoltre che il fulcro della città doveva ancora essere rappresentato<br />
dal Forum Vetus, l’ipotesi <strong>di</strong> una maggiore importanza della fronte rivolta verso esso e verso il porto acquista ancor<br />
più fondamento.<br />
La presenza delle statue pone fine ad un altro aspetto <strong>di</strong>battuto, quello riguardante la presenza e l’articolazione<br />
dell’attico 67. Fungendo da naturale sfondo degli avancorpi, appare <strong>di</strong>fficile che potesse identificarsi, come proponeva<br />
Stucchi 68, con quei blocchi iscritti che risultano invece riconducibili all’epistilio: a confermarlo, del resto, vale anche<br />
la riscontrata impronta, sul loro letto <strong>di</strong> attesa, <strong>di</strong> conci <strong>di</strong> muro soprastanti, posti a partire da un chiaro limite<br />
corrispondente al filo più interno delle modanature <strong>di</strong>sposte in aggetto sulla fronte.<br />
Un ultimo aspetto riguarda la volta <strong>di</strong> copertura del vano interno. L’avvio del concio <strong>di</strong> imposta ed un più<br />
semplice funzionamento costruttivo rendono con<strong>di</strong>visibile la tesi, già formulata da D. Vincifori, per cui essa dovesse<br />
59 Per l’arco <strong>di</strong> Ancona si rimanda alla sintesi in De Maria 1988, pp. 227-<br />
228, con bibl. prec.<br />
60 Rotili 1972, pp. 112-117.<br />
61 De Maria 1988, pp. 232-235.<br />
62 Si veda, da ultimo, Staccioli 2006.<br />
63 Romanelli 1940, p. 98.<br />
64 IRT 353.<br />
65 IRT 537.<br />
66 Mahler 2006, cat. nr. 12 KK.<br />
67 Con il problema si è cimentato solo B.M. Apollonj (Apollonj 1940).<br />
La <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> trovare una soluzione ha più spesso portato invece a tacere<br />
sull’argomento, come emerge anche dai <strong>di</strong>segni ricostruttivi <strong>di</strong> Vincifori e<br />
Catanuso (per quest’ultimo, Bianchi Ban<strong>di</strong>nelli et alii 1964, p. 73 fig.<br />
230; Floriani Squarciapino 1966, p. 60 fig. 3).<br />
68 Stucchi 1981, pp. 184-186, nt. 179 p. 184.
Fig. 15. <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>. Arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong>,<br />
concio <strong>di</strong> imposta della volta del vano<br />
interno.<br />
essere costituita da una volta a crociera 69. La <strong>di</strong>versa profon<strong>di</strong>tà dei conci d’arco in<strong>di</strong>ca un loro ammorsamento ad<br />
elementi omologhi destinati a costituire l’intradosso della volta; un riempimento in opus caementicium, <strong>di</strong>mostrato<br />
dagli imponenti resti rinvenuti ed ancora oggi visibili nelle imme<strong>di</strong>ate a<strong>di</strong>acenze del monumento, doveva completarne<br />
la struttura. È verosimile che i conci usati per la superficie dell’intradosso fossero realizzati in arenaria: infatti, i conci<br />
in calcare, evidentemente a vista, che presentano una profon<strong>di</strong>tà maggiore <strong>di</strong> quella dell’arcata, <strong>di</strong>spongono, oltre il<br />
limite già in<strong>di</strong>cato, <strong>di</strong> una superficie scabra realizzata in leggero sottosquadro, presumibilmente stu<strong>di</strong>ata per migliorare<br />
l’aderenza dell’intonaco <strong>di</strong> rivestimento (fig. 14); nel concio successivo all’imposta, inoltre, detta lavorazione è<br />
sagomata ad L, in modo che la parte finita fosse corrispondente per un verso all’intradosso dell’arcata e per l’altro<br />
all’imposta della volta (fig. 15).<br />
Esemplificazione, dunque, dei <strong>di</strong>versi registri interpretativi dell’architettura onoraria, in particolare<br />
nordafricana, da quello urbanistico a quello politico e propagan<strong>di</strong>stico, celebrativo in particolare della ricezione<br />
del nuovo statuto coloniale, l’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong> rappresenta, nella storia e<strong>di</strong>lizia della città, uno<br />
snodo fondamentale: il tetrapilo è infatti tra le ultime costruzioni realizzate in calcare locale <strong>di</strong> Ras el-Hammàm e<br />
contiene, oltre alla già descritta commistione <strong>di</strong> motivi <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa origine, alcune deroghe ai canoni architettonici<br />
tra<strong>di</strong>zionalmente applicati 70; queste ultime, pur comprensibili all’interno del contesto leptitano, potrebbero<br />
concretizzare e trasmettere un fermento costruttivo, riflesso <strong>di</strong> quello sociale, politico ed economico, in cui trova<br />
anche spiegazione il forte rimando ai modelli urbani testimoniato in primo luogo dal riferimento all’arco <strong>di</strong> Nerone.<br />
In quest’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> considerazioni, esso appare luogo fisico <strong>di</strong> sperimentazione architettonica e segna la transizione <strong>di</strong><br />
una comunità che traspone nella propria produzione e<strong>di</strong>lizia la nuova identità anche politica <strong>di</strong> una città prodroma<br />
ad un’intensa monumentalizzazione, il cui aspetto più evidente è l’importazione e l’utilizzo <strong>di</strong> manufatti marmorei<br />
legati ad un’apertura commerciale e culturale alle realtà del Me<strong>di</strong>terraneo orientale 71.<br />
69 Apollonj 1940, p. 106.<br />
70 Si pensi al numero delle scanalature della colonna interna, ai conflitti che<br />
si definiscono tra le sequenze modanate <strong>di</strong> base degli avancorpi, le basi attiche<br />
delle lesene e quelle delle colonne interne, al pronunciato coronamento<br />
dell’architrave.<br />
71 Pensabene 1991.<br />
L’arco <strong>di</strong> <strong>Traiano</strong> a <strong>Leptis</strong> <strong>Magna</strong>, G. Mazzilli, Thiasos 1, 2012, pp. 47-60 57
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