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Compendio di teoria della comunicazione

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2.3.4. La corrente critica<br />

I critici sono pessimisti e rifiutano il determinismo tecnologico.<br />

Essi assumono che l’in<strong>di</strong>viduo sia alienato e manipolato dai me<strong>di</strong>a.<br />

Una prima <strong>teoria</strong> citabile <strong>di</strong> derivazione marxista è la <strong>teoria</strong> politico-economica. Questa<br />

<strong>teoria</strong> afferma la <strong>di</strong>pendenza dell’ideologia da una base economica e vuole analizzare<br />

empiricamente la struttura <strong>della</strong> proprietà e i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> operare delle forze <strong>di</strong> mercato nei me<strong>di</strong>a.<br />

(McQuail, 1993, p. 76)<br />

Secondo Garnham i contenuti veicolati dai me<strong>di</strong>a sono soggetti a forme <strong>di</strong> pressione e<br />

con<strong>di</strong>zionati dagli interessi economici dei proprietari. (Garnham, 1979)<br />

La Scuola <strong>di</strong> Francoforte sviluppa la <strong>teoria</strong> critica ed elabora il concetto <strong>di</strong> industria<br />

culturale.<br />

Secondo Adorno l’arte fraudolenta prodotta dai me<strong>di</strong>a perverte e <strong>di</strong>strugge le culture popolari<br />

autentiche.<br />

I bisogni sono amministrati dall’alto e prodotti dall’industria culturale.<br />

Il “sistema <strong>di</strong> produzione <strong>di</strong> massa dei beni, dei servizi e delle idee aveva fatto accettare più o<br />

meno completamente il sistema capitalistico con la sua devozione alla razionalità tecnologica, al<br />

consumismo, alla gratificazione <strong>di</strong> breve termine e al mito <strong>della</strong> società senza classi. (McQuail,<br />

1993, p. 78) Così i mezzi <strong>di</strong> <strong>comunicazione</strong> erano stati un potente meccanismo per il contenimento<br />

del cambiamento.<br />

Per Marcuse l’industria <strong>della</strong> cultura aveva creato una società uni<strong>di</strong>mensionale.<br />

Già negli anni Trenta Benjamin aveva sottolineato come la riproducibilità dell’opera d’arte le<br />

conferisse la <strong>di</strong>mensione dell’attualità e la negazione <strong>della</strong> unicità, che la rendeva oggetto <strong>di</strong> culto.<br />

Habermas parla invece <strong>di</strong> declino <strong>di</strong> quello spazio pubblico borghese, in cui si poteva<br />

<strong>di</strong>scutere apertamente dell’esercizio del potere statale. L’opinione pubblica subisce la<br />

manipolazione dei me<strong>di</strong>a e <strong>della</strong> pubblicità.<br />

La <strong>teoria</strong> dell’egemonia dei me<strong>di</strong>a si è concentrata sull’ideologia e le sue forme <strong>di</strong><br />

espressione e sui meccanismi con cui si sviluppa invadendo la coscienza delle sue vittime.<br />

Per Althusser la chiesa, la scuola e i me<strong>di</strong>a esercitano una violenza simbolica perpetuando le<br />

rappresentazioni con il consenso degli in<strong>di</strong>vidui che vi sono sottoposti. L’ideologia è un influenza<br />

culturale pervasiva e deliberata che consente <strong>di</strong> interpretare la realtà, domina e impone un quadro<br />

<strong>di</strong> riferimento.<br />

Secondo il modello dell’egemonia, i me<strong>di</strong>a sono subalterni alle istituzioni e “<strong>di</strong>ffondono<br />

una visione del mondo mo<strong>della</strong>ta dall’orientamento degli interessi dominanti” (McQuaii, 2001, p. 79)<br />

I critici stu<strong>di</strong>ano principalmente la struttura <strong>della</strong> proprietà dei mezzi elettronici, i documenti<br />

prodotti dai me<strong>di</strong>a e l’imperialismo culturale.<br />

L’approccio socio-culturale rivela un punto <strong>di</strong> vista più positivo nei confronti <strong>della</strong> cultura<br />

<strong>di</strong> massa, attribuendo pari importanza al messaggio e al pubblico e proponendosi <strong>di</strong> valutare le<br />

scelte e le reazioni connesse alla fruizione <strong>della</strong> <strong>comunicazione</strong> da parte dei sotto-gruppi <strong>della</strong><br />

società.<br />

Secondo il modello pluralista, non esiste una élite dominante unita e “a stimolare la<br />

domanda sono pubblici <strong>di</strong>fferenziati in grado <strong>di</strong> resistere ai tentativi <strong>di</strong> persuasione e <strong>di</strong> rispondere<br />

attivamente all’offerta dei me<strong>di</strong>a” (McQuail, 2001, p. 80)<br />

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