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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Spazi <strong>di</strong> Hilbert<br />

Ω tali che le palle B2r(xn) siano incluse in Ω e mutuamente <strong>di</strong>sgiunte e fissiamo ζ ∈ C ∞ c (R d )<br />

positiva nella palla B1(0) e nulla altrove. Definiamo vn : Ω → R ponendo vn(x) = ζ((x − xn)/r) ,<br />

così che vn(x) = 0 se x ∈ Ω \ Br(xn) . Allora vn ∈ C ∞ c (Ω) ⊂ W 1,p (Ω) e, posto M = �ζ�p e<br />

M1 = �∇ζ�p , valgono le uguaglianze<br />

�vn� p p = r d M p , �∇vn� p p = r d−p M p<br />

1 e �vn − vm� p p = 2r d M p<br />

(n �= m). (3.8)<br />

Dunque {vn} è limitata in W 1,p (Ω) ma non può avere sottosuccessioni <strong>di</strong> Cauchy in L p (Ω) .<br />

Per quanto riguarda la regolarità, lasciamo a un esercizio successivo la <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> un caso<br />

analogo a quello dell’Esempio 3.18 e, supponendo Ω limitato, mostriamo che con<strong>di</strong>zione necessaria<br />

perché valga la tesi del Teorema 3.20 è che Ω abbia un numero finito <strong>di</strong> componenti connesse (fatto<br />

vero per gli aperti limitati e lipschitziani e falso in generale). Per assurdo esista una successione<br />

{Ωn} costituita da componenti connesse <strong>di</strong> Ω (necessariamente limitate dato che Ω è limitato).<br />

Poniamo vn = |Ωn| −1/pχ n ove | · | è la misura <strong>di</strong> Lebesgue e χ n è la funzione caratteristica <strong>di</strong> Ωn .<br />

Allora �vn�p = 1 , ∇vn = 0 e �vn − vm� p p = 2 per n �= m , per cui, anche in questo caso, {vn} è<br />

limitata in W 1,p (Ω) e non ha sottosuccessioni <strong>di</strong> Cauchy in L p (Ω) .<br />

3.22. Esercizio. Verificare i calcoli delle norme dell’osservazione precedente.<br />

3.23. Esercizio. Si <strong>di</strong>mostri che l’equicontinuità dei limitati <strong>di</strong> C 1 (Ω) segue ancora se, in sostituzione<br />

della (3.7), imponiamo l’esistenza <strong>di</strong> una funzione µ : [0, +∞) → [0, +∞) tale che<br />

lim<br />

t→0 + µ(t) = 0 e dΩ(x, y) ≤ µ(|x − y|) per ogni x, y ∈ Ω . (3.9)<br />

3.24. Esercizio. Si svolgano i punti seguenti: i) si verifichi che la (3.7) implica la (3.9);<br />

ii) si costruiscano esempi <strong>di</strong> aperti connessi limitati Ω ⊂ R 2 che verificano la (3.9) ma non<br />

la (3.7); iii) si verifichi <strong>di</strong>rettamente che la (3.9) non è sod<strong>di</strong>sfatta nel caso dell’aperto “a pettine”<br />

dell’Esempio 3.18, ma che la <strong>di</strong>stanza geodetica dΩ : Ω 2 → R è una funzione limitata in quel<br />

caso; iv) si costruiscano esempi <strong>di</strong> aperti connessi e limitati (ad esempio “a spirale” oppure “molto<br />

serpeggianti”) che non verificano la (3.9) e nei quali dΩ non è una funzione limitata.<br />

3.25. Esercizio. Si costruisca l’aperto “a pettine” (analogo a quello dell’Esempio 3.18 ma più<br />

semplice per quanto riguarda i calcoli) come segue:<br />

∞�<br />

Ω = Dn ove D0 = (0, 1) × (−1, 0) e<br />

�<br />

1 1<br />

�<br />

Dn = , × [0, 1)<br />

2n + 1 2n<br />

per n > 0 .<br />

n=0<br />

Supponendo p ∈ [1, +∞) , si <strong>di</strong>mostri che, con tale Ω , la tesi del Teorema 3.20 è falsa sviluppando<br />

la traccia seguente: per ogni n > 0 intero, si definisca un : Ω → R ponendo un(x) = cnx2 se<br />

x ∈ Dn e u(x) = 0 altrimenti, ove cn > 0 è un parametro a <strong>di</strong>sposizione.<br />

4. La convergenza debole in uno spazio normato<br />

Ripren<strong>di</strong>amo il <strong>di</strong>scorso che ha iniziato il paragrafo precedente. Per aggirare l’ostacolo occorre<br />

sostituire la topologia indotta dalla norma con una topologia meno fine, in modo da aumentare la<br />

classe delle successioni convergenti. Naturalmente un’operazione <strong>di</strong> questo tipo fa <strong>di</strong>minuire sia la<br />

classe dei chiusi sia quella delle funzioni continue e quin<strong>di</strong> ha un rovescio della medaglia: ipotesi <strong>di</strong><br />

chiusura e <strong>di</strong> continuità <strong>di</strong>ventano restrittive. Vedremo però che si riesce a trovare un compromesso<br />

sod<strong>di</strong>sfacente. Ora, tuttavia, ci limitiamo a parlare <strong>di</strong> convergenza anziché <strong>di</strong> topologia. Ve<strong>di</strong>amo<br />

come si può procedere considerando il caso generale degli spazi normati.<br />

Siccome il caso della <strong>di</strong>mensione finita va bene così com’è, partiamo da questo. Se {xn} è una<br />

successione <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> R N , essa converge al punto x ∈ R N se e solo se, per i = 1, . . . , N , la<br />

successione delle coor<strong>di</strong>nate i -esime degli elementi xn converge alla coor<strong>di</strong>nata i -esima <strong>di</strong> x . Una<br />

con<strong>di</strong>zione equivalente a questa è la seguente: per ogni y ∈ R N , la successione delle “componenti”<br />

xn · y secondo il vettore y converge alla corrispondente componente x · y . Nel caso <strong>di</strong> un generico<br />

spazio normato V le componenti xn · y e x · y possono essere ragionevolmente sostituite dai<br />

prodotti <strong>di</strong> dualità 〈f, xn〉 e 〈f, x〉 , ove f varia nel duale.<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

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