G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
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Capitolo 4<br />
3.17. Esercizio. Si ponga Ω = ∪ ∞ k=1 (x2k+1, x2k) , ove in generale xk = 1/k , e, per n = 1, 2, . . . ,<br />
si definisca vn : Ω → R me<strong>di</strong>ante vn(x) = 0 se x > xn e v(x) = 1 altrimenti. Si verifichi che<br />
{vn} è limitata in C 1 (Ω) ma non equicontinua.<br />
3.18. Esempio. Si consideri l’aperto “a pettine” Ω = {(x, y) ∈ (0, 1) × (−1, 1) : y < sin 2 (π/x)}<br />
e, per n = 1, 2, . . . , si definisca vn : Ω → R con le formule vn(x, y) = y 2 se 1/(n + 1) < x < 1/n<br />
e y > 0 (cioè nell’ n -esimo dente del pettine) e vn(x, y) = 0 altrimenti. Allora, per ogni n , si ha<br />
vn ∈ C 1 (Ω) , �vn�∞ = 1 e �∇vn�∞ = 2 , per cui {vn} è limitata in C 1 (Ω) . D’altra parte {vn}<br />
converge puntualmente alla funzione nulla. Siccome la convergenza uniforme implica la convergenza<br />
puntuale allo stesso limite, deduciamo che {vn} non ha sottosuccessioni convergenti uniformemente<br />
e quin<strong>di</strong>, per il Teorema <strong>di</strong> Ascoli, che essa non è equicontinua. Si noti che Ω è, oltre che limitato,<br />
anche connesso, a <strong>di</strong>fferenza dell’aperto dell’esercizio precedente. Si noti inoltre che, se avessimo<br />
scelto la formula vn(x, y) = exp(−1/y) anziché vn(x, y) = y 2 nella definizione <strong>di</strong> vn , avremmo<br />
ottenuto una successione limitata in ciascuno degli spazi C k (Ω) ma ancora non equicontinua.<br />
3.19. Osservazione. L’esercizio e l’esempio precedenti mostrano che l’ipotesi <strong>di</strong> convessità fatta<br />
su Ω nell’Esempio 3.16 può, al più, essere indebolita in qualche modo, ma non soppressa: il risultato<br />
continua ad essere vero se Ω è connesso e sufficientemente regolare. Quanto basta è la con<strong>di</strong>zione<br />
che ora presentiamo. Per x, y ∈ Ω introduciamo la loro <strong>di</strong>stanza geodetica<br />
�� 1<br />
dΩ(x, y) = inf<br />
0<br />
|r ′ (t)| dt : r : [0, 1] → Ω <strong>di</strong> classe C1 �<br />
con r(0) = x e r(1) = y . (3.6)<br />
Questa misura la lunghezza “minima” (virgolette d’obbligo perché, <strong>di</strong> solito, l’estremo inferiore<br />
non è un minimo) che si può percorrere per andare da x a y restando in Ω . Supponiamo ora<br />
v ∈ C 1 (Ω) . Allora, se x, y ∈ Ω e r è come nella (3.6), abbiamo<br />
��<br />
1<br />
� d<br />
� ��<br />
1<br />
� �<br />
|v(x) − v(y)| = � v(r(t)) dt�<br />
= � ∇v(r(t)) · r<br />
dt ′ � � 1<br />
�<br />
(t) dt�<br />
≤ �∇v�∞ |r ′ (t)| dt<br />
0<br />
0<br />
da cui |v(x) − v(y)| ≤ �∇v�∞ dΩ(x, y) . Dunque, pensando a v che varia in un limitato F<br />
<strong>di</strong> C 1 (Ω) , deduciamo ancora l’equicontinuità <strong>di</strong> F se Ω verifica la con<strong>di</strong>zione<br />
esiste una costante M tale che dΩ(x, y) ≤ M|x − y| per ogni x, y ∈ Ω . (3.7)<br />
La (3.7) è banalmente verificata se Ω è convesso, è vera per ogni poligono del piano (dunque anche<br />
non convesso e in tal caso M <strong>di</strong>pende dall’ampiezza degli angoli rientranti) e vale, in generale, se<br />
Ω è connesso e sufficientemente regolare.<br />
Segnaliamo un’importante variante L p <strong>di</strong> risultati <strong>di</strong> questo tipo:<br />
3.20. Teorema (<strong>di</strong> Rellich-Kondrachov). Se Ω è un aperto limitato e lipschitziano <strong>di</strong> R d e<br />
p ∈ [1, +∞] , allora ogni limitato <strong>di</strong> W 1,p (Ω) è relativamente compatto in L p (Ω) .<br />
Il caso p = +∞ si riconduce al Teorema <strong>di</strong> Ascoli grazie all’identità W 1,∞ (Ω) = C 0,1 (Ω) ,<br />
valida se Ω è limitato e lipschitziano. Nel caso p < +∞ la <strong>di</strong>mostrazione classica si basa su una<br />
variante del Teorema <strong>di</strong> Ascoli per gli spazi L p (Ω) che caratterizza i sottoinsiemi relativamente<br />
compatti <strong>di</strong> L p (Ω) (Teorema <strong>di</strong> Riesz-Fréchet-Kolmogorov).<br />
3.21. Osservazione. Notiamo che la tesi del Teorema <strong>di</strong> Rellich-Kondrachov è in generale falsa<br />
senza le due ipotesi <strong>di</strong> limitatezza e <strong>di</strong> regolarità fatte su Ω (queste potrebbero essere indebolite,<br />
ma non omesse). Considerando il caso p < +∞ , mostriamo che il risultato è falso per tutti gli<br />
aperti non limitati interessanti nelle applicazioni, quali l’intero spazio, un semispazio, una striscia.<br />
Per ciascuno dei tre casi, infatti, possiamo costruire un limitato <strong>di</strong> W 1,p (Ω) che non è relativamente<br />
compatto in L p (Ω) . A tal fine basta costruire una successione {vn} limitata in W 1,p (Ω) che non<br />
ha sottosuccessioni convergenti in L p (Ω) . Scegliamo r > 0 e una successione {xn} <strong>di</strong> punti <strong>di</strong><br />
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Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>