G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
Capitolo 3 Usiamo ora l’ipotesi p < +∞ e dimostriamo che l’applicazione Rp è suriettiva. Supponiamo dapprima µ(Ω) < +∞ e utilizziamo il Teorema di Radon-Nikod´ym. Fissato ad arbitrio f ∈ L p (Ω) ∗ definiamo l’applicazione ν : M → R ponendo ν(ω) = 〈f, χ ω〉 per ω ∈ M . Osserviamo che la definizione ha senso in quanto χ ω ∈ L ∞ (Ω) ⊆ L p (Ω) dato che µ(Ω) < +∞ . Controlliamo che effettivamente siamo in grado di applicare il Teorema 3.3. La seconda ipotesi è ovviamente soddisfatta: se µ(ω) = 0 allora χ ω = 0 per cui ν(ω) = 〈f, 0〉 = 0 per la linearità di f . Controlliamo la condizione di σ -additività. Siano ωn ∈ M a due a due disgiunti e sia ω la loro unione. Allora risulta χ ω = ∞� χωn n=1 nel senso della convergenza in L p (Ω) come ora mostriamo usando l’ipotesi p < +∞ . Abbiamo infatti � � �χ ω − n� � χ � ωk� p � � = � � � χ � ωk� p � � = �χ� k=1 k>n k>n ωk � � � p � � = µ k>n ωk � = � µ(ωk) = µ(ω) − k>n n� µ(ωk) e l’ultimo membro è infinitesimo per n → ∞ . Per il Teorema 3.3, dunque, esiste u ∈ L 1 (Ω) tale che valga la (3.4). Sia ora v una funzione semplice, cioè una combinazione lineare finita v = � m i=1 ci χ ωi di funzioni caratteristiche di insiemi ωi ∈ M . Allora abbiamo subito m� m� m� 〈f, v〉 = ci〈f, χωi 〉 = ciν(χωi ) = i=1 i=1 i=1 ci � ωi u dµ = m� i=1 ci � Ω � u χωi dµ = Ω k=1 uv dµ. (3.5) Il prossimo passo consiste nel dimostrare che u ∈ Lq (Ω) . Osserviamo che la (3.5) implica � uv = 〈f, v〉 ≤ �f�∗�v�p per ogni funzione v semplice (3.6) Ω e ora sfruttiamo bene questa informazione. Se p = 1 dobbiamo dimostrare che u ∈ L ∞ (Ω) . Dimostriamo che |u| ≤ �f�∗ q.o. in Ω . Per assurdo questa disuguaglianza sia falsa. Allora u �= 0 e, ragionando come nella prima parte della dimostrazione, vediamo che esistono una costante M > �f�∗ e un insieme ω ∈ M tale che |u| ≥ M in ω e possiamo scegliere v = χ ω come funzione semplice. Abbiamo allora � 〈f, v〉 = Ω � uv dµ = ω |u| dµ ≥ Mµ(ω) e 〈f, v〉 ≤ �f�∗�v�1 = �f�∗µ(ω) il che è assurdo. Supponiamo ora p ∈ (1, +∞) . Con metodi standard costruiamo una successione non decrescente {wn} di funzioni semplici e non negative convergente a |u| q q.o. in Ω . Ad esempio, per ogni n intero positivo, possiamo introdurre gli insiemi misurabili, mutuamente disgiunti e aventi Ω come unione ωmn = {x ∈ Ω : m2 −n ≤ |u(x)| q < (m + 1)2 −n } per 0 ≤ m < n2 n ωn = {x ∈ Ω : |u(x)| q ≥ (n + 1)2 −n } e definire wn ponendo wn(x) = m2 −n se x ∈ ωmn , ciò per 0 ≤ m < n2 n , e wn(x) = n + 1 se x ∈ ωn . Allora, usando la (3.6) con la funzione semplice vn = w 1/p n sign u , deduciamo � � �wn�1 = wn dµ = Ω Ω w 1/q n w 1/p � n dµ ≤ |u|w Ω 1/p n dµ = � uvn dµ ≤ �f�∗�vn�p = �f�∗�wn� Ω 1/p 1 e quindi anche �wn�1 ≤ �f� q ∗ . Pertanto siamo nelle condizioni di poter applicare il Teorema di Beppo Levi e dedurre che |u| q ∈ L 1 (Ω) , cioè che u ∈ L q (Ω) . 58 Gianni Gilardi
Operatori e funzionali Dunque la funzione u costruita appartiene a L q (Ω) in ogni caso e possiamo concludere velocemente la dimostrazione nell’ipotesi µ(Ω) < +∞ che stiamo supponendo verificata. Infatti l’uguaglianza fra il primo e l’ultimo membro della (3.5) può essere riscritta nella forma 〈f, v〉 = 〈Rpu, v〉 per ogni funzione semplice v . Siccome l’insieme delle funzioni semplici è denso in L p (Ω) dato che p < +∞ , concludiamo che f = Rpu . Lo spazio di misura sia ora solo σ -finito e sia {Ωn} una successione non decrescente di insiemi Ωn ∈ M di misura finita la cui unione sia Ω . Fissato f ∈ L p (Ω) ad arbitrio, per ogni n definiamo fn : L p (Ωn) → R mediante la formula fn(v) = 〈f, �v〉 ove �v è il prolungamento di v nullo fuori di Ωn , prolungamento che appartiene appunto a L p (Ω) , per cui la definizione data ha senso. Il funzionale fn è ovviamente lineare. Per ogni v ∈ L p (Ωn) si ha inoltre |fn(v)| = |〈f, �v〉| ≤ �f�∗��v�p = �f�∗�v�p così che fn è anche continuo e la sua norma verifica la disuguaglianza �fn�∗ ≤ �f�∗ . Per la prima parte della dimostrazione esiste un ∈ L q (Ω) la cui immagine tramite la mappa di Riesz di L p (Ωn) sia fn . Mostriamo ora che la restrizione di un+1 a Ωn coincide con un . Sia infatti v ∈ L p (Ωn) . Per non usare lo stesso simbolo con più significati diversi denotiamo con �vn il prolungamento di v a Ω nullo fuori di Ωn , con vn+1 la restrizione di questo a Ωn+1 e con �vn+1 il prolungamento di vn+1 a Ω nullo fuori di Ωn+1 . Allora �vn = �vn+1 , per cui � Ωn � un+1|Ωn � � v dµ = Ωn+1 � un+1vn+1 dµ = 〈fn+1, vn+1〉 = 〈f, �vn+1〉 = 〈f, �vn〉 = 〈fn, v〉 = Ωn unv dµ. Per l’arbitrarietà di v segue quanto asserito. Sia allora u : Ω → R la funzione misurabile le cui restrizioni agli insiemi Ωn sono le rispettive funzioni un . Si ha per ogni n �u|Ωn�q = �un�q = �fn�∗ ≤ �f�∗ . Ciò mostra che u ∈ L q (Ω) , sia nel caso q < +∞ sia nel caso q = +∞ per cui possiamo confrontare f con Rpu . Sia v ∈ L p (Ω) nulla fuori di almeno uno degli insiemi Ωn . Fissato n con tale proprietà abbiamo 〈f, v〉 = 〈f, � v|Ωn 〉 = 〈fn, � � � � v|Ωn 〉 = un v|Ωn dµ = uv dµ = 〈Rpu, v〉. Ωn Ω Siccome l’insieme delle v ∈ L p (Ω) che sono nulle fuori di almeno uno degli Ωn è denso in L p (Ω) , concludiamo che f = Rpu . 3.5. Esercizio. In relazione allo spazio con peso introdotto nell’Esempio I.5.28, notiamo che, se 1 ≤ p < +∞ , il teorema precedente fornisce una rappresentazione del duale di L p w(Ω) nella forma � 〈f, v〉 = Ω u v w dµ per v ∈ L p w(Ω) stabilendo una corrispondenza biunivoca fra f ∈ (L p w(Ω)) ∗ e u ∈ L p′ w (Ω) . Tuttavia il secondo membro contiene il peso e, dunque, l’integrale è fatto rispetto a una misura diversa da µ . Vorremmo invece privilegiare la misura µ e avere una formula senza peso, cioè del tipo � 〈f, v〉 = u v dµ per v ∈ L p w(Ω) . Ω Dimostrare che, per 1 < p < +∞ , la cosa funziona se u ∈ L p′ w ∗(Ω) ove w∗ = w −p′ /p . Precisamente la corrispondenza fra i funzionali f e tali funzioni u stabilita dalla formula è un isomorfismo isometrico. Si noti che w ∗ = 1/w se p = 2 . 3.6. Esercizio. Per p ∈ [1, +∞) si munisca R n della norma | · |p (formula (I.5.17)) e sia � · �∗ la corrispondente norma duale in (R n ) ∗ . Sia {e 1 , . . . , e n } la base duale in (R n ) ∗ (vedi (3.1)) della base canonica di Rn . Si deduca dal Teorema 3.4 di Riesz che �f�∗ = |(f1, . . . , fn)|p ′ se f = �n i=1 fiei . Si verifichi poi che, di fatto, lo stesso risultato vale anche per p = +∞ . Analisi Funzionale 59
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Capitolo 3<br />
Usiamo ora l’ipotesi p < +∞ e <strong>di</strong>mostriamo che l’applicazione Rp è suriettiva. Supponiamo dapprima<br />
µ(Ω) < +∞ e utilizziamo il Teorema <strong>di</strong> Radon-Nikod´ym. Fissato ad arbitrio f ∈ L p (Ω) ∗ definiamo<br />
l’applicazione ν : M → R ponendo<br />
ν(ω) = 〈f, χ ω〉 per ω ∈ M .<br />
Osserviamo che la definizione ha senso in quanto χ ω ∈ L ∞ (Ω) ⊆ L p (Ω) dato che µ(Ω) < +∞ . Controlliamo<br />
che effettivamente siamo in grado <strong>di</strong> applicare il Teorema 3.3. La seconda ipotesi è ovviamente sod<strong>di</strong>sfatta:<br />
se µ(ω) = 0 allora χ ω = 0 per cui ν(ω) = 〈f, 0〉 = 0 per la linearità <strong>di</strong> f . Controlliamo la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />
σ -ad<strong>di</strong>tività. Siano ωn ∈ M a due a due <strong>di</strong>sgiunti e sia ω la loro unione. Allora risulta<br />
χ ω =<br />
∞�<br />
χωn n=1<br />
nel senso della convergenza in L p (Ω)<br />
come ora mostriamo usando l’ipotesi p < +∞ . Abbiamo infatti<br />
�<br />
�<br />
�χ ω −<br />
n� �<br />
χ �<br />
ωk�<br />
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�<br />
= � � �<br />
χ �<br />
ωk�<br />
p �<br />
�<br />
= �χ�<br />
k=1<br />
k>n<br />
k>n ωk<br />
�<br />
�<br />
� p<br />
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= µ<br />
k>n<br />
ωk<br />
�<br />
= �<br />
µ(ωk) = µ(ω) −<br />
k>n<br />
n�<br />
µ(ωk)<br />
e l’ultimo membro è infinitesimo per n → ∞ . Per il Teorema 3.3, dunque, esiste u ∈ L 1 (Ω) tale che valga<br />
la (3.4). Sia ora v una funzione semplice, cioè una combinazione lineare finita v = � m<br />
i=1 ci χ ωi <strong>di</strong> funzioni<br />
caratteristiche <strong>di</strong> insiemi ωi ∈ M . Allora abbiamo subito<br />
m�<br />
m�<br />
m�<br />
〈f, v〉 = ci〈f, χωi 〉 = ciν(χωi ) =<br />
i=1<br />
i=1<br />
i=1<br />
ci<br />
�<br />
ωi<br />
u dµ =<br />
m�<br />
i=1<br />
ci<br />
�<br />
Ω<br />
�<br />
u χωi dµ =<br />
Ω<br />
k=1<br />
uv dµ. (3.5)<br />
Il prossimo passo consiste nel <strong>di</strong>mostrare che u ∈ Lq (Ω) . Osserviamo che la (3.5) implica<br />
�<br />
uv = 〈f, v〉 ≤ �f�∗�v�p per ogni funzione v semplice (3.6)<br />
Ω<br />
e ora sfruttiamo bene questa informazione. Se p = 1 dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che u ∈ L ∞ (Ω) . Dimostriamo<br />
che |u| ≤ �f�∗ q.o. in Ω . Per assurdo questa <strong>di</strong>suguaglianza sia falsa. Allora u �= 0 e, ragionando come<br />
nella prima parte della <strong>di</strong>mostrazione, ve<strong>di</strong>amo che esistono una costante M > �f�∗ e un insieme ω ∈ M<br />
tale che |u| ≥ M in ω e possiamo scegliere v = χ ω come funzione semplice. Abbiamo allora<br />
�<br />
〈f, v〉 =<br />
Ω<br />
�<br />
uv dµ =<br />
ω<br />
|u| dµ ≥ Mµ(ω) e 〈f, v〉 ≤ �f�∗�v�1 = �f�∗µ(ω)<br />
il che è assurdo. Supponiamo ora p ∈ (1, +∞) . Con meto<strong>di</strong> standard costruiamo una successione non<br />
decrescente {wn} <strong>di</strong> funzioni semplici e non negative convergente a |u| q q.o. in Ω . Ad esempio, per ogni<br />
n intero positivo, possiamo introdurre gli insiemi misurabili, mutuamente <strong>di</strong>sgiunti e aventi Ω come unione<br />
ωmn = {x ∈ Ω : m2 −n ≤ |u(x)| q < (m + 1)2 −n } per 0 ≤ m < n2 n<br />
ωn = {x ∈ Ω : |u(x)| q ≥ (n + 1)2 −n }<br />
e definire wn ponendo wn(x) = m2 −n se x ∈ ωmn , ciò per 0 ≤ m < n2 n , e wn(x) = n + 1 se x ∈ ωn .<br />
Allora, usando la (3.6) con la funzione semplice vn = w 1/p<br />
n sign u , deduciamo<br />
� �<br />
�wn�1 = wn dµ =<br />
Ω<br />
Ω<br />
w 1/q<br />
n w 1/p<br />
�<br />
n dµ ≤ |u|w<br />
Ω<br />
1/p<br />
n dµ =<br />
�<br />
uvn dµ ≤ �f�∗�vn�p = �f�∗�wn�<br />
Ω<br />
1/p<br />
1<br />
e quin<strong>di</strong> anche �wn�1 ≤ �f� q ∗ . Pertanto siamo nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> poter applicare il Teorema <strong>di</strong> Beppo Levi<br />
e dedurre che |u| q ∈ L 1 (Ω) , cioè che u ∈ L q (Ω) .<br />
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Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>