G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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13.01.2013 Views

Capitolo 3 Terminiamo il paragrafo con un risultato semplice che lega le forme bilineari agli operatori. Lasciamo al lettore la facile dimostrazione. 2.8. Proposizione. Siano V e W due spazi normati. Allora l’applicazione a ↦→ L dallo spazio delle forme a : V × W → K bilineari continue in L(V ; W ∗ ) definita dalla formula 〈Lv, w〉 = a(v, w) per v ∈ V e w ∈ W (2.2) effettivamente assume valori in L(V ; W ∗ ) ed è un isomorfismo isometrico. 3. Esempi di spazi duali Il problema che si pone quando si è di fronte al duale di uno spazio concreto è quello di “capirlo”, cioè di “scrivere” i suoi elementi in un modo diretto o almeno in un modo che si appoggi ad altri spazi già noti. Se si riesce a fare ciò, si dice che si ha un risultato di rappresentazione del duale in esame. Il caso più semplice è quello degli spazi di dimensione finita. 3.1. Esempio (spazi di dimensione finita). Se V è uno spazio di dimensione finita n > 0 , allora V ∗ = Hom(V ; K) , il duale algebrico di V , in quanto, come già sappiamo, tutti i funzionali lineari sono continui. Sia ora B = {e1, . . . , en} una base di V e si consideri la cosiddetta base duale B ∗ di B , cioè l’insieme dei funzionali e 1 , . . . , e n definiti come segue: per i = 1, . . . , n e x ∈ V , e i (x) è la i -esima coordinata di x nella base B . (3.1) In altre parole 〈e i , ej〉 = δij , i simboli di Kronecker. Si verifica senza difficoltà che effettivamente B ∗ è una base di Hom(V ; K) , cioè di V ∗ , per cui anche V ∗ ha dimensione n . Sia ora f ∈ V ∗ . Rappresentato f nella forma �n i=1 fiei tramite la base B∗ , se scriviamo il generico x ∈ V nella forma �n j=1 xjej usando la base B , abbiamo n� 〈f, x〉 = fi xj 〈e i n� , ej〉 = fi xi . (3.2) i,j=1 Nel caso K = R l’ultimo membro è (f1, . . . , fn) · (x1, . . . , xn) , il prodotto scalare euclideo dei due vettori (f1, . . . , fn), (x1, . . . , xn) ∈ R n . 3.2. Esempio (spazi di Hilbert). Sia V = H uno spazio prehilbertiano. Allora, fissato comunque y ∈ H , il funzionale fy : H → K definito da fy(x) = (x, y) è lineare. Inoltre, per la disuguaglianza di Schwarz, si ha |fy(x)| ≤ �y� �x� , per cui fy ∈ H ∗ e �fy�∗ ≤ �y� . D’altra parte, essendo fy(y) = �y� 2 , la disuguaglianza non può essere stretta e abbiamo che �fy�∗ = �y� . Infine l’applicazione R : H → H ∗ data da y ↦→ fy è antilineare (lineare solo nel caso reale). Ora il Teorema di Riesz che dimostriamo nel prossimo capitolo afferma che, se H è di Hilbert, per ogni elemento f ∈ H ∗ esiste y ∈ H tale che f = fy , cioè che l’applicazione R è suriettiva. Dunque R è un anti-isomorfismo isometrico di H su H ∗ (isomorfismo nel caso reale). Naturalmente, se si considera l’antiduale anziché il duale e se si usa ancora la notazione R in riferimento alla nuova situazione, vale un discorso dello stesso tipo con la sola differenza che R è ora lineare anziché antilineare, per cui l’antiduale di H è isometricamente isomorfo ad H . Sia ora (Ω, M, µ) uno spazio di misura σ -finito. Se p ∈ [1, +∞] denotiamo, come sempre, con p ′ l’esponente coniugato di p . Allora, se u ∈ Lp′ (Ω) , il funzionale � v ↦→ u v dµ per v ∈ Lp (Ω) Ω è effettivamente ben definito, lineare e limitato grazie alla disuguaglianza (5.8) di Hölder. Possiamo pertanto introdurre l’applicazione Rp : Lp′ (Ω) → (Lp (Ω)) ∗ di L , che chiameremo mappa di Riesz p (Ω) , definita dalla formula � 〈Rp u, v〉 = u v dµ per u ∈ Lp′ (Ω) e v ∈ Lp (Ω) . (3.3) 56 Ω i=1 Gianni Gilardi

Operatori e funzionali Si noti che, se p = 2 , ricadiamo nel caso dell’Esempio 3.2, almeno nel caso reale (nel caso complesso occorre sistemare qualche segno di coniugato) e, per estensione, si potrebbe pensare che ogni funzionale lineare continuo su L p (Ω) sia di quel tipo. Ciò, invece, è vero se 1 ≤ p < +∞ ma vero anche per p = +∞ solo in situazioni estremamente particolari, precisamente quando lo spazio di misura (Ω, M, µ) è tale da rendere L p (Ω) finito-dimensionale. Abbiamo il risultato dato di seguito, pure dovuto a Riesz. Lo deriviamo da un importante teorema della teoria della misura che enunciamo soltanto. Esso è una versione ridotta (precisamente relativa al solo caso µ(Ω) < +∞ e ν a valori finiti) di un più generale Teorema di Radon-Nikod´ym. Segnaliamo che la funzione u data dal teorema è unica. Essa è detta derivata di ν rispetto a µ e viene denotata con dν/dµ . 3.3. Teorema (di Radon-Nikod´ym). Sia (Ω, M, µ) uno spazio di misura finito. Sia inoltre ν : M → R un’applicazione verificante le condizioni seguenti: � �∞ i) ν n=1 ωn � = ∞� n=1 ν(ωn) per ogni successione di sottoinsiemi ωn ∈ M a due a due disgiunti ii) ω ∈ M e µ(ω) = 0 implicano ν(ω) = 0. Allora esiste u ∈ L1 (Ω) tale che � ν(ω) = ω u dµ per ogni ω ∈ M . (3.4) 3.4. Teorema (di rappresentazione di Riesz). Siano (Ω, M, µ) uno spazio di misura σ - finito e 1 ≤ p ≤ +∞ . Allora la mappa di Riesz (3.3) è lineare e isometrica dallo spazio Lp′ (Ω) nello spazio duale L p (Ω) ∗ di L p (Ω) . Se p < +∞ essa è anche suriettiva. Dimostrazione. Per semplicità consideriamo solo il caso degli spazi reali e osserviamo che la linearità di Rp è ovvia. Poniamo q = p ′ per comodità e dimostriamo che Rp è un’isometria. Per u ∈ L q (Ω) e v ∈ L p (Ω) , grazie alla disuguaglianza di Hölder, abbiamo �� � |〈Rpu, v〉| = � Ω � � uv dµ � ≤ �u�q�v�p da cui �Rpu�∗ ≤ �u�q . Per dimostrare la disuguaglianza opposta supponiamo u �= 0 (altrimenti la situazione è banale), usiamo la convenzione sign 0 = 0 e distinguiamo tre casi. Se p = 1 , per cui q = +∞ , ragioniamo per assurdo. Supponiamo dunque �R1u�∗ < �u�∞ e osserviamo che esiste M > �R1u�∗ tale che l’insieme {x ∈ Ω : |u(x)| ≥ M} abbia misura positiva. Dunque esso contiene un insieme ω di misura finita e ancora positiva. Allora la funzione v = χ ω sign u appartiene a L 1 (Ω) e risulta � Mµ(ω) ≤ ω � |u| dµ = Ω uv dµ = 〈R1u, v〉 ≤ �R1u�∗�v�1 = �R1u�∗µ(ω) e ciò è assurdo. Sia ora p = +∞ , per cui q = 1 . Allora, posto v = sign u , si ha v ∈ L∞ (Ω) e quindi � �u�1 = uv dµ = 〈R∞u, v〉 ≤ �R∞u�∗�v�∞ = �R∞u�∗ . Ω Infine, nel caso p ∈ (1, +∞) scegliamo v = |u| q−1 sign u , osservando che |v| p = |u| q in quanto (q −1)p = 1 , così che v ∈ L p (Ω) . Abbiamo dunque �u� q q = � Ω |u| q � dµ = e dividendo per �u� q/p q Analisi Funzionale Ω uv dµ = 〈Rpu, v〉 ≤ �Rpu�∗�v�p = �Rpu�∗ otteniamo �u�q ≤ �Rpu�∗ . � � Ω |u| (q−1)p �1/p dµ = �Rpu�∗�u� q/p q 57

Operatori e funzionali<br />

Si noti che, se p = 2 , rica<strong>di</strong>amo nel caso dell’Esempio 3.2, almeno nel caso reale (nel caso complesso<br />

occorre sistemare qualche segno <strong>di</strong> coniugato) e, per estensione, si potrebbe pensare che ogni<br />

funzionale lineare continuo su L p (Ω) sia <strong>di</strong> quel tipo. Ciò, invece, è vero se 1 ≤ p < +∞ ma<br />

vero anche per p = +∞ solo in situazioni estremamente particolari, precisamente quando lo spazio<br />

<strong>di</strong> misura (Ω, M, µ) è tale da rendere L p (Ω) finito-<strong>di</strong>mensionale. Abbiamo il risultato dato <strong>di</strong><br />

seguito, pure dovuto a Riesz. Lo deriviamo da un importante teorema della teoria della misura che<br />

enunciamo soltanto. Esso è una versione ridotta (precisamente relativa al solo caso µ(Ω) < +∞<br />

e ν a valori finiti) <strong>di</strong> un più generale Teorema <strong>di</strong> Radon-Nikod´ym. Segnaliamo che la funzione u<br />

data dal teorema è unica. Essa è detta derivata <strong>di</strong> ν rispetto a µ e viene denotata con dν/dµ .<br />

3.3. Teorema (<strong>di</strong> Radon-Nikod´ym). Sia (Ω, M, µ) uno spazio <strong>di</strong> misura finito. Sia inoltre<br />

ν : M → R un’applicazione verificante le con<strong>di</strong>zioni seguenti:<br />

� �∞<br />

i) ν<br />

n=1<br />

ωn<br />

�<br />

=<br />

∞�<br />

n=1<br />

ν(ωn) per ogni successione <strong>di</strong> sottoinsiemi ωn ∈ M<br />

a due a due <strong>di</strong>sgiunti<br />

ii) ω ∈ M e µ(ω) = 0 implicano ν(ω) = 0.<br />

Allora esiste u ∈ L1 (Ω) tale che<br />

�<br />

ν(ω) =<br />

ω<br />

u dµ per ogni ω ∈ M . (3.4)<br />

3.4. Teorema (<strong>di</strong> rappresentazione <strong>di</strong> Riesz). Siano (Ω, M, µ) uno spazio <strong>di</strong> misura σ -<br />

finito e 1 ≤ p ≤ +∞ . Allora la mappa <strong>di</strong> Riesz (3.3) è lineare e isometrica dallo spazio Lp′ (Ω)<br />

nello spazio duale L p (Ω) ∗ <strong>di</strong> L p (Ω) . Se p < +∞ essa è anche suriettiva.<br />

Dimostrazione. Per semplicità consideriamo solo il caso degli spazi reali e osserviamo che la linearità<br />

<strong>di</strong> Rp è ovvia. Poniamo q = p ′ per como<strong>di</strong>tà e <strong>di</strong>mostriamo che Rp è un’isometria. Per u ∈ L q (Ω) e<br />

v ∈ L p (Ω) , grazie alla <strong>di</strong>suguaglianza <strong>di</strong> Hölder, abbiamo<br />

��<br />

�<br />

|〈Rpu, v〉| = �<br />

Ω<br />

�<br />

�<br />

uv dµ � ≤ �u�q�v�p<br />

da cui �Rpu�∗ ≤ �u�q . Per <strong>di</strong>mostrare la <strong>di</strong>suguaglianza opposta supponiamo u �= 0 (altrimenti la<br />

situazione è banale), usiamo la convenzione sign 0 = 0 e <strong>di</strong>stinguiamo tre casi. Se p = 1 , per cui q = +∞ ,<br />

ragioniamo per assurdo. Supponiamo dunque �R1u�∗ < �u�∞ e osserviamo che esiste M > �R1u�∗ tale<br />

che l’insieme {x ∈ Ω : |u(x)| ≥ M} abbia misura positiva. Dunque esso contiene un insieme ω <strong>di</strong> misura<br />

finita e ancora positiva. Allora la funzione v = χ ω sign u appartiene a L 1 (Ω) e risulta<br />

�<br />

Mµ(ω) ≤<br />

ω<br />

�<br />

|u| dµ =<br />

Ω<br />

uv dµ = 〈R1u, v〉 ≤ �R1u�∗�v�1 = �R1u�∗µ(ω)<br />

e ciò è assurdo. Sia ora p = +∞ , per cui q = 1 . Allora, posto v = sign u , si ha v ∈ L∞ (Ω) e quin<strong>di</strong><br />

�<br />

�u�1 = uv dµ = 〈R∞u, v〉 ≤ �R∞u�∗�v�∞ = �R∞u�∗ .<br />

Ω<br />

Infine, nel caso p ∈ (1, +∞) scegliamo v = |u| q−1 sign u , osservando che |v| p = |u| q in quanto (q −1)p = 1 ,<br />

così che v ∈ L p (Ω) . Abbiamo dunque<br />

�u� q q =<br />

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Ω<br />

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dµ =<br />

e <strong>di</strong>videndo per �u� q/p<br />

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<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

Ω<br />

uv dµ = 〈Rpu, v〉 ≤ �Rpu�∗�v�p = �Rpu�∗<br />

otteniamo �u�q ≤ �Rpu�∗ .<br />

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Ω<br />

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