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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Operatori e funzionali<br />

1.11. Definizione. Siano V e W due spazi normati. Un operatore lineare non limitato <strong>di</strong> V<br />

in W è un operatore L ∈ Hom(D(L); W ) il cui dominio D(L) è un sottospazio vettoriale <strong>di</strong> V .<br />

Naturalmente il primo esempio <strong>di</strong> operatore lineare non limitato è quello degli operatori lineari<br />

limitati, cioè limitati nel senso della Definizione 1.2, essendo sottinteso che D(L) è munito della<br />

norma indotta da quella <strong>di</strong> V . Infatti, quando si <strong>di</strong>ce “non limitato”, si vuole solo sottolineare che<br />

non si sta facendo l’ipotesi che l’operatore in questione sia limitato.<br />

Tuttavia, quando il codominio W è uno spazio <strong>di</strong> Banach, sostanzialmente non è restrittivo<br />

supporre che il dominio dell’operatore limitato considerato sia un sottospazio chiuso grazie al risultato<br />

generale che <strong>di</strong>amo <strong>di</strong> seguito. In particolare, anziché operatori lineari limitati con dominio<br />

denso, consideriamo operatori lineari limitati definiti in tutto lo spazio. Gli operatori lineari con<br />

dominio denso (e non chiuso) degni <strong>di</strong> considerazione sono solo quelli “davvero non limitati”.<br />

1.12. Proposizione. Siano V e W due spazi normati e L0 : D(L0) → W un operatore lineare.<br />

Se L0 è continuo e W è completo, allora esiste uno e un solo operatore L : D(L0) → W lineare<br />

continuo che prolunga L0 .<br />

Dimostrazione. Infatti, data la linearità e la limitatezza <strong>di</strong> L0 , segue che L0 è una funzione uniformemente<br />

continua. Allora, per la Proposizione A.1.27, esiste un unico prolungamento L continuo definito nella<br />

chiusura D(L0) . Ma tale prolungamento è anche lineare, come si verifica imme<strong>di</strong>atamente.<br />

1.13. Osservazione. Il risultato precedente ha un’importanza che va oltre le motivazioni che<br />

abbiamo dato sopra. Apriamo una parentesi per darne un’applicazione significativa che riguarda<br />

gli spazi <strong>di</strong> Sobolev W 1,p (Ω) : il cosiddetto Teorema <strong>di</strong> traccia. Focalizziamo il problema. Gli<br />

elementi <strong>di</strong> W 1,p (Ω) sono particolari elementi <strong>di</strong> L p (Ω) , dunque classi <strong>di</strong> funzioni misurabili.<br />

Ora, se u è una <strong>di</strong> tali classi e S è un sottoinsieme misurabile <strong>di</strong> Ω , si può certamente definire<br />

u|S come la classe costituita dalle restrizioni a S degli elementi <strong>di</strong> u , dato che tali restrizioni<br />

risultano fra loro equivalenti. Tuttavia si ottiene una definizione significativa solo se S ha misura<br />

positiva, ad esempio, se S = ω , un aperto non vuoto <strong>di</strong> Ω (in tal caso, se u ∈ W 1,p (Ω) , si<br />

vede facilmente che u|ω ∈ W 1,p (ω) ). Se invece S ha misura nulla, le restrizioni a S <strong>di</strong> tutti gli<br />

elementi <strong>di</strong> u sono equivalenti alla funzione nulla definita in S e la definizione data sopra <strong>di</strong>venta<br />

improduttiva. Supponiamo ora che u abbia un rappresentante v continuo in tutti i punti <strong>di</strong> S .<br />

Allora questo è unico e v|S risulta una definizione migliore <strong>di</strong> u|S . Se poi u ha un rappresentante v<br />

uniformemente continuo, possiamo più in generale supporre S ⊂ Ω : in tal caso u|S è la restrizione a<br />

S del prolungamento <strong>di</strong> v continuo in Ω . In tali con<strong>di</strong>zioni possiamo prendere come S un insieme<br />

ridotto a un singolo punto x0 e definire in tal modo u(x0) , oppure S = Γ , la frontiera <strong>di</strong> Ω ,<br />

e definire u|Γ . Tuttavia, se p ≤ d , il generico elemento <strong>di</strong> u ∈ W 1,p (Ω) non ha rappresentanti<br />

continui (si rivedano l’Osservazione I.5.71 e l’Esempio II.2.14). D’altra parte, se Ω è regolare, la<br />

sua frontiera Γ ha misura nulla. Ve<strong>di</strong>amo allora che la definizione <strong>di</strong> u|Γ <strong>di</strong>venta problematica.<br />

D’altra parte è importante darne una e la chiave <strong>di</strong> volta è l’uso della Proposizione 1.12. Ecco come<br />

si può procedere. Si considerano gli spazi V = W 1,p (Ω) e W = L p (Γ) (costruito naturalmente a<br />

partire dalla misura “superficiale” dS su Γ , non certo dalla misura <strong>di</strong> Lebesgue d -<strong>di</strong>mensionale),<br />

il sottospazio V0 = C ∞ (Ω) e l’operatore L0 : V0 → W definito da L0v = v|Γ (l’usuale restrizione<br />

se si pensa v definita in Ω ; la restrizione a Γ del prolungamento continuo <strong>di</strong> v a Ω se si pensa<br />

v definita solo in Ω ) e si cerca <strong>di</strong> applicare proprio la Proposizione 1.12. Se L0 è continuo e V0 è<br />

denso in V , allora esiste uno e un solo operatore L ∈ L(V ; W ) che prolunga L0 , cioè che verifica<br />

Lv = v|Γ per ogni v ∈ V0 . Dopo <strong>di</strong> che si usa ancora il simbolo u|Γ per denotare Lu anche<br />

quando u ∈ V . Ebbene la continuità e la densità desiderate sono entrambe vere se si suppone Ω<br />

limitato e regolare e 1 ≤ p < +∞ (se p = ∞ cade la densità, ma questo caso non è interessante<br />

dato che gli elementi <strong>di</strong> W 1,∞ (Ω) hanno rappresentanti lipschitziani). Dunque si conclude che<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

se Ω ⊆ R d è limitato e regolare e p ∈ [1, +∞) , esiste uno e un<br />

solo operatore, denotato v ↦→ v|Γ , lineare e continuo da W 1,p (Ω) in<br />

L p (Γ) tale che v|Γ abbia il significato abituale per ogni v ∈ C ∞ (Ω) . (1.1)<br />

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