G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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13.01.2013 Views

Introduzione Un normale corso di Analisi Funzionale non può che vertere su argomenti scelti. Inoltre il docente può privilegiare l’aspetto teorico e massimizzare il numero dei temi trattati e dei risultati dimostrati oppure limitare questa gamma a favore di qualche applicazione significativa. Queste pagine, ispirate inizialmente al corso tenuto dall’autore nell’anno accademico 2007/08 e successivamente riviste e arricchite, seguono la seconda delle due direzioni prospettate e riguardano argomenti scelti della teoria degli spazi di Banach, di Hilbert e vettoriali topologici che possono costituire il materiale per un primo corso. Prima di tutto presentiamo le nozioni fondamentali su spazi normati e prehilbertiani, completezza e operatori lineari e diamo le basi della teoria degli spazi di Hilbert. Successivamente trattiamo il Teorema di Hahn-Banach, nelle sue forme analitiche e geometriche, e ne diamo parecchie applicazioni. Ciò ci induce ad abbozzare l’inizio di altrettante teorie. Dopo un breve capitolo dedicato ai punti salienti della teoria degli spazi riflessivi introduciamo altri teoremi fondamentali che fanno capo ancora a Banach, quali il Teorema di Banach-Steinhaus e il Teorema di Banach-Schauder dell’applicazione aperta, anche in questo caso con applicazioni significative. Terminiamo con qualche nozione sugli spazi localmente convessi, con particolare riguardo alle topologie deboli degli spazi normati e agli spazi funzionali più importanti. Come si vede, abbiamo rinunciato a parlare di alcuni argomenti, anche molto importanti, come quella di spettro di un operatore, a favore di qualche applicazione concreta. Un particolare riguardo, ad esempio, è stato riservato alle questioni di compattezza, ai problemi di minimo e all’introduzione degli spazi funzionali di uso corrente. Il testo contiene infine numerosi esercizi. Ora qualche informazione di carattere generale che riteniamo opportuno dare subito. Nel seguito trattiamo di spazi vettoriali reali o complessi. Se non viene specificato nulla al riguardo, resta inteso che lo spazio da considerare è indifferentemente reale o complesso. In tal caso K denota il campo degli scalari che, dunque, è indifferentemente R o C . Il simbolo segnala la fine di una definizione, o dell’enunciato di un teorema, eccetera, oppure la fine di una dimostrazione. Lo stesso simbolo è poi usato in generale per meglio evidenziare la fine di una unità logica e staccare tale unità dal discorso successivo. Per dare un minimo di autosufficienza a queste pagine, riuniamo nell’appendice vari richiami su spazi topologici e teoria della misura e dell’integrazione, nonché un breve paragrafo sul Lemma di Zorn. Naturalmente questa appendice non pretende di essere in alcun modo esaustiva. Nel corso dei vari capitoli i paragrafi vengono numerati progressivamente all’interno di ogni capitolo, mentre teoremi, lemmi, corollari, osservazioni, definizioni, esempi, esercizi vengono numerati progressivamente e senza distinzione di tipo all’interno di ogni paragrafo. Il contrassegno dei paragrafi è un numero p e il contrassegno di teoremi (o lemmi, eccetera) del Paragrafo p ha la forma p . n , ove n è il numero progressivo del teorema (o lemma, eccetera). Per quanto riguarda le formule, vale una regola analoga che differisce dalla precedente solo per l’aggiunta di una coppia di parentesi tonde. La citazione del Paragrafo p o del Teorema p . n (o lemma, eccetera) o della formula (p . n) è testuale se questa avviene nel corso dello stesso capitolo. Nel caso di citazioni da altri capitoli o dall’Appendice usiamo rispettivamente le scritture N. p , N. p . n e (N. p . n) ove N è il numero romano maiuscolo del capitolo o il simbolo A di Appendice. Infine ringrazio gli studenti che mi hanno segnalato errori e refusi delle versioni precedenti. G. Gilardi

Capitolo 1 Norme e prodotti scalari Come abbiamo anticipato nell’Introduzione, considereremo spazi vettoriali indifferentemente reali o complessi, salvo avviso contrario. Ritenendo che i punti fondamentali della relativa teoria facciano parte del bagaglio del lettore, abbiamo evitato di scrivere nell’appendice un paragrafo apposito. D’altra parte è opportuno fissare almeno alcune notazioni. 1. Spazi vettoriali Innanzi tutto il simbolo K denota il campo degli scalari dello spazio vettoriale considerato, campo che, dunque, è sempre R oppure C . Se V è uno spazio vettoriale e X è un suo sottoinsieme non vuoto, poniamo � � � span X = λixi : λi ∈ K, xi ∈ X (1.1) i ove è inteso che le somme siano finite. L’insieme span X è un sottospazio vettoriale di V , precisamente il più piccolo sottospazio che include X . Se Y è un altro sottoinsieme di V , x0 è un punto di V e λ ∈ K è uno scalare non nullo, poniamo X + Y = {x + y : x ∈ X e y ∈ Y } = {v ∈ V : ∃ x ∈ X ∃ y ∈ Y : v = x + y} (1.2) x0 + Y = {x0} + Y = {x0 + y : y ∈ Y } = {v ∈ V : v − x0 ∈ Y } (1.3) λX = {λx : x ∈ X} = {v ∈ V : v/λ ∈ X}. (1.4) Se X e Y sono sottospazi, anche X + Y è un sottospazio, detto sottospazio somma. Se poi X ∩ Y = {0} la rappresentazione del generico punto di X + Y nella forma x + y con x ∈ X e y ∈ Y è unica e la somma viene chiamata diretta (e si scrive anche X ⊕ Y anziché X + Y ). Inoltre, se V e W sono due spazi vettoriali e L : V → W è lineare, denotiamo con G(L) , N(L) e R(L) il grafico, il nucleo e l’immagine di L . Questi sono sottospazi vettoriali di V × W , V e W rispettivamente. Poniamo poi D(L) = V , il dominio di L . Poniamo infine Hom(V ; W ) = {L : V → W lineari}. (1.5) Anche Hom(V ; W ) diventa uno spazio vettoriale con le operazioni definite nel modo abituale. 2. Seminorme, norme e prodotti scalari Le nozioni di norma e di prodotto scalare sono già note al lettore, almeno nelle situazioni più elementari. Qui facciamo il punto della situazione. 2.1. Definizione. Sia V uno spazio vettoriale. Una seminorma in V è una funzione p : V → R che gode delle proprietà seguenti: i) p(x + y) ≤ p(x) + p(y) per ogni x, y ∈ V (2.1) ii) p(λx) = |λ| p(x) per ogni x ∈ V e λ ∈ K. (2.2) Una norma in V è una seminorma p in V che verifica anche iii) p(x) = 0 implica x = 0. (2.3) Le proprietà i) e ii) sono dette subadditività e omogeneità rispettivamente. Tuttavia la subadditività è spesso chiamata disuguaglianza triangolare (e lo stesso nome è usato per la disuguaglianza che ora dimostriamo) dato che questa implica la disuguaglianza triangolare della metrica corrispondente che introduciamo fra breve.

Introduzione<br />

Un normale corso <strong>di</strong> <strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong> non può che vertere su argomenti scelti. Inoltre il<br />

docente può privilegiare l’aspetto teorico e massimizzare il numero dei temi trattati e dei risultati<br />

<strong>di</strong>mostrati oppure limitare questa gamma a favore <strong>di</strong> qualche applicazione significativa. Queste<br />

pagine, ispirate inizialmente al corso tenuto dall’autore nell’anno accademico 2007/08 e successivamente<br />

riviste e arricchite, seguono la seconda delle due <strong>di</strong>rezioni prospettate e riguardano argomenti<br />

scelti della teoria degli spazi <strong>di</strong> Banach, <strong>di</strong> Hilbert e vettoriali topologici che possono costituire il<br />

materiale per un primo corso. Prima <strong>di</strong> tutto presentiamo le nozioni fondamentali su spazi normati<br />

e prehilbertiani, completezza e operatori lineari e <strong>di</strong>amo le basi della teoria degli spazi <strong>di</strong> Hilbert.<br />

Successivamente trattiamo il Teorema <strong>di</strong> Hahn-Banach, nelle sue forme analitiche e geometriche,<br />

e ne <strong>di</strong>amo parecchie applicazioni. Ciò ci induce ad abbozzare l’inizio <strong>di</strong> altrettante teorie. Dopo un<br />

breve capitolo de<strong>di</strong>cato ai punti salienti della teoria degli spazi riflessivi introduciamo altri teoremi<br />

fondamentali che fanno capo ancora a Banach, quali il Teorema <strong>di</strong> Banach-Steinhaus e il Teorema <strong>di</strong><br />

Banach-Schauder dell’applicazione aperta, anche in questo caso con applicazioni significative. Terminiamo<br />

con qualche nozione sugli spazi localmente convessi, con particolare riguardo alle topologie<br />

deboli degli spazi normati e agli spazi funzionali più importanti.<br />

Come si vede, abbiamo rinunciato a parlare <strong>di</strong> alcuni argomenti, anche molto importanti, come<br />

quella <strong>di</strong> spettro <strong>di</strong> un operatore, a favore <strong>di</strong> qualche applicazione concreta. Un particolare riguardo,<br />

ad esempio, è stato riservato alle questioni <strong>di</strong> compattezza, ai problemi <strong>di</strong> minimo e all’introduzione<br />

degli spazi funzionali <strong>di</strong> uso corrente. Il testo contiene infine numerosi esercizi.<br />

Ora qualche informazione <strong>di</strong> carattere generale che riteniamo opportuno dare subito.<br />

Nel seguito trattiamo <strong>di</strong> spazi vettoriali reali o complessi. Se non viene specificato nulla al<br />

riguardo, resta inteso che lo spazio da considerare è in<strong>di</strong>fferentemente reale o complesso. In tal caso<br />

K denota il campo degli scalari che, dunque, è in<strong>di</strong>fferentemente R o C .<br />

Il simbolo segnala la fine <strong>di</strong> una definizione, o dell’enunciato <strong>di</strong> un teorema, eccetera, oppure<br />

la fine <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mostrazione. Lo stesso simbolo è poi usato in generale per meglio evidenziare la<br />

fine <strong>di</strong> una unità logica e staccare tale unità dal <strong>di</strong>scorso successivo.<br />

Per dare un minimo <strong>di</strong> autosufficienza a queste pagine, riuniamo nell’appen<strong>di</strong>ce vari richiami<br />

su spazi topologici e teoria della misura e dell’integrazione, nonché un breve paragrafo sul Lemma<br />

<strong>di</strong> Zorn. Naturalmente questa appen<strong>di</strong>ce non pretende <strong>di</strong> essere in alcun modo esaustiva.<br />

Nel corso dei vari capitoli i paragrafi vengono numerati progressivamente all’interno <strong>di</strong> ogni<br />

capitolo, mentre teoremi, lemmi, corollari, osservazioni, definizioni, esempi, esercizi vengono numerati<br />

progressivamente e senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> tipo all’interno <strong>di</strong> ogni paragrafo. Il contrassegno<br />

dei paragrafi è un numero p e il contrassegno <strong>di</strong> teoremi (o lemmi, eccetera) del Paragrafo p ha la<br />

forma p . n , ove n è il numero progressivo del teorema (o lemma, eccetera). Per quanto riguarda<br />

le formule, vale una regola analoga che <strong>di</strong>fferisce dalla precedente solo per l’aggiunta <strong>di</strong> una coppia<br />

<strong>di</strong> parentesi tonde. La citazione del Paragrafo p o del Teorema p . n (o lemma, eccetera) o della<br />

formula (p . n) è testuale se questa avviene nel corso dello stesso capitolo. Nel caso <strong>di</strong> citazioni da<br />

altri capitoli o dall’Appen<strong>di</strong>ce usiamo rispettivamente le scritture N. p , N. p . n e (N. p . n) ove<br />

N è il numero romano maiuscolo del capitolo o il simbolo A <strong>di</strong> Appen<strong>di</strong>ce.<br />

Infine ringrazio gli studenti che mi hanno segnalato errori e refusi delle versioni precedenti.<br />

G. <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>

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