G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
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asta scegliere M = �<br />
Norme e prodotti scalari<br />
K |u| dx e k = 0 , così che fu ∈ D ′ (Ω) . Inoltre l’applicazione u ↦→ fu da<br />
L 1 loc (Ω) in D′ (Ω) così costruita è iniettiva per il Lemma 5.53. Identificando allora il funzionale fu<br />
con la funzione u che lo definisce, abbiamo<br />
�<br />
L 1 loc (Ω) ⊆ D′ (Ω) e 〈u, v〉 =<br />
uv dx per u ∈ L<br />
Ω<br />
1 loc (Ω) e v ∈ C∞ c (Ω) . (5.55)<br />
In particolare L p (Ω) ⊆ L 1 loc (Ω) ⊆ D′ (Ω) per ogni p ∈ [1, +∞] . ii) Non introduciamo la topologia<br />
che rende D ′ (Ω) spazio vettoriale topologico ma almeno la convergenza:<br />
fn → f in D ′ (Ω) se e solo se lim<br />
n→∞ 〈fn, v〉 = 〈f, v〉 per ogni v ∈ C ∞ c (Ω) . (5.56)<br />
Allora è un esercizio <strong>di</strong>mostrare che un → 0 in L p (Ω) implica un → 0 in D ′ (Ω) , dove, come si è<br />
detto, un denota anche la <strong>di</strong>stribuzione associata a un . Dunque l’immersione <strong>di</strong> L p (Ω) in D ′ (Ω)<br />
è continua (cfr. (4.2)). iii) Siano f ∈ D ′ (Ω) e α un multi-in<strong>di</strong>ce. Allora la derivata D α f <strong>di</strong> f è<br />
il funzionale, che si verifica imme<strong>di</strong>atamente essere ancora una <strong>di</strong>stribuzione, definito dalla formula<br />
〈D α f, v〉 = (−1) |α| 〈f, D α v〉 per ogni v ∈ C ∞ c (Ω) (5.57)<br />
(e l’operatore D α : D ′ (Ω) → D ′ (Ω) che a ogni f ∈ D ′ (Ω) associa D α f è continuo per successioni,<br />
come si verifica banalmente). Ma torniamo agli spazi <strong>di</strong> Sobolev. In particolare, se u ∈ L p (Ω) , si<br />
ha u ∈ D ′ (Ω) e tutte le derivate D α u sono dei ben definiti elementi <strong>di</strong> D ′ (Ω) (in particolare una<br />
funzione costante a tratti ha senz’altro derivata nel senso delle <strong>di</strong>stribuzioni, ma non certo nulla).<br />
Dunque ha senso chiedersi se alcune <strong>di</strong> esse appartengano a L p (Ω) e la (5.41) ha senso.<br />
5.67. Esercizio. Ricavare dalla (5.57) la definizione <strong>di</strong> derivata parziale Dif della <strong>di</strong>stribuzione<br />
f rispetto alla i -esima variabile.<br />
5.68. Esercizio. Imitando la definizione <strong>di</strong> Dif ottenuta nell’esercizio precedente, si <strong>di</strong>a la<br />
definizione <strong>di</strong> derivata <strong>di</strong>rezionale Drf <strong>di</strong> f nella <strong>di</strong>rezione del versore r = (r1, . . . , rd) ∈ R d e si<br />
<strong>di</strong>mostri che, senza alcuna ipotesi aggiuntiva, vale la formula Drf = � d<br />
i=1 ri Dif .<br />
5.69. Esercizio. Iterando la definizione <strong>di</strong> derivata parziale data dall’Esercizio 5.67, si <strong>di</strong>mostri<br />
che, per ogni <strong>di</strong>stribuzione f e per ogni i, j , vale automaticamente il Teorema <strong>di</strong> Schwarz:<br />
DiDjf = DjDif . Si controlli inoltre che tali derivate coincidono con la derivata data dalla (5.57)<br />
con α = ei + ej . In particolare risulta chiaro che, per un generico multi-in<strong>di</strong>ce α , la derivata D α f<br />
si può ottenere iterando la derivazione parziale e che la derivata ottenuta non <strong>di</strong>pende dall’or<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> esecuzione delle derivazioni del prim’or<strong>di</strong>ne.<br />
5.70. Osservazione. Nella definizione <strong>di</strong> W k,p (Ω) abbiamo supposto 1 ≤ p < +∞ , ma si<br />
può definire, esattamente nello stesso modo, lo spazio W k,∞ (Ω) . Tuttavia questo spazio è molto<br />
meno interessante. Infatti, se k ≥ 1 e Ω è limitato e verifica opportune con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> regolarità<br />
(che possono <strong>di</strong>pendere da k ), avviene che W k,∞ (Ω) è isomorfo allo spazio C k−1,1 (Ω) delle funzioni<br />
lipschitziane con le loro derivate fino all’or<strong>di</strong>ne k − 1 . Precisamente ogni funzione <strong>di</strong> questo tipo<br />
in<strong>di</strong>vidua una classe <strong>di</strong> funzioni misurabili che appartiene a W k,∞ (Ω) e, viceversa, ogni elemento <strong>di</strong><br />
tale spazio ha un rappresentante appartenente a C k−1,1 (Ω) . Inoltre, per funzioni <strong>di</strong> questo tipo, le<br />
nozioni <strong>di</strong> derivata debole e quella <strong>di</strong> derivata q.o. coincidono. Rica<strong>di</strong>amo dunque, sostanzialmente,<br />
in uno spazio <strong>di</strong> tipo classico. Riba<strong>di</strong>amo però: ciò se Ω ha qualche regolarità. Infatti la funzione<br />
costruita nell’Osservazione 5.43 appartiene a W 1,∞ (Ω) ma non è lipschitziana.<br />
5.71. Osservazione. Al contrario, se p < +∞ , in generale W k,p (Ω) non è uno spazio <strong>di</strong><br />
funzioni regolari, anche se Ω è regolarissimo. Se si può <strong>di</strong>mostrare che ogni elemento <strong>di</strong> W 1,1 (Ω)<br />
ha un rappresentante continuo quando Ω è un intervallo <strong>di</strong> R (Esercizio 5.63), si può altrettanto<br />
<strong>di</strong>mostrare (Teorema <strong>di</strong> Sobolev) che, se d > 1 , perché ogni elemento <strong>di</strong> W 1,p (Ω) abbia un<br />
rappresentante continuo è necessario e sufficiente che sia p > d . Qui ci limitiamo a un semplice<br />
<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />
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