G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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13.01.2013 Views

Capitolo 1 gradiente, divergenza e laplaciano deboli, per cui resta giustificato l’uso dei simboli consueti. In generale, tuttavia, l’esistena di gradiente, divergenza e laplaciano deboli non è affatto garantita, mentre la loro unicità discende sempre dal lemma 5.53. Se u ∈ L 1 loc (Ω) , il gradiente in senso debole di u è una funzione w ∈ L1 loc (Ω)d (poi denotata ∇u se esiste) che verifica � � w · v dx = − Ω Ω u div v dx per ogni v ∈ C ∞ c (Ω) d . (5.47) Si dimostra immediatamente che ∇u esiste in senso debole se e solo se esistono le derivata parziali prime deboli. In tal caso il gradiente è il vettore che ha quelle come componenti. Per parlare di divergenza dobbiamo prendere una funzione vettoriale u ∈ L1 loc (Ω)d . La sua divergenza debole, se esiste, è una funzione w ∈ L1 loc (Ω) che verifica � Ω � wv dx = − Infine, se u ∈ L 1 loc (Ω) , una funzione w ∈ L1 loc � Ω � wv dx = Ω Ω u · ∇v dx per ogni v ∈ C ∞ c (Ω) . (5.48) (Ω) è il laplaciano debole di u se u∆v dx per ogni v ∈ C ∞ c (Ω) . (5.49) Il lettore può dimostrare facilmente che condizione sufficiente per l’esistenza del laplaciano debole di u è ciascuna delle due seguenti: i) esiste il gradiente debole ∇u ∈ L1 loc (Ω)d e questo ha la divergenza debole div ∇u ∈ L1 loc (Ω) (in tal caso quest’ultima è il laplaciano debole); ii) esistono le derivate seconde D2 i u ∈ L1 loc (Ω) per i = 1, . . . , d (in tal caso il laplaciano debole è la loro somma). 5.58. Esercizio. Dimostrare che ciascuna delle formule �u� = � �D α u�p e �u� = max |α|≤k �Dαu�p |α|≤k definisce una norma equivalente alla (5.42). Per dare una dimostrazione veloce si ricordi quanto è stato detto nell’Esercizio 5.39. Dimostrare inoltre che la formula �u� p � = (|u| p + |∇u| p ) dx Ω definisce una norma in W 1,p (Ω) equivalente alla (5.42) con k = 1 . Nella formula il gradiente ∇u è il gradiente debole e il modulo denota la norma euclidea. 5.59. Esempio. Siano Ω un aperto di R d e p ∈ [1, +∞) . Si consideri lo spazio W p div (Ω) = {u ∈ Lp (Ω) d : div u ∈ L p (Ω)}. (5.50) Si tratta dunque dello spazio costituito dalle u ∈ Lp (Ω) d dotate di divergenza debole in Lp (Ω) , cioè tali che esista w ∈ Lp (Ω) verificante la definizione (5.48) di divergenza debole. Se si munisce tale spazio della norma definita dalla formula �u� p � = |u| p � dx + | div u| p dx Ω si ottiene uno spazio normato, prehilbertiano nel caso particolare p = 2 . Analogamente si ponga L p ∆ (Ω) = {u ∈ Lp (Ω) d : ∆u ∈ L p (Ω)} (5.51) vale a dire lo spazio delle u ∈ Lp (Ω) tali che esista w ∈ Lp (Ω) verificante la (5.49). Se lo si munisce della norma definita dalla formula �u� p � = |u| Ω p � dx + |∆u| Ω p dx si ottiene uno spazio normato, prehilbertiano nel caso particolare p = 2 . 26 Ω Gianni Gilardi

5.60. Osservazione. Lo spazio W p Norme e prodotti scalari (Ω) è utile, ad esempio, nella discussione di svariati pro- div blemi legati alle equazioni di Maxwell, specialmente nel caso p = 2 . Segnaliamo che in letteratura si trova più spesso la notazione H(div; Ω) in sostituzione di W 2 div (Ω) . 5.61. Esercizio. Sia Ω il quadrato (0, 1) 2 e si denoti con (x, y) la variabile in Ω . Si dimostri che, se ϕ, ψ appartengono a L p (0, 1) , allora la funzione u data dalla formula u(x, y) = (ϕ(y), ψ(x)) appartiene allo spazio (5.50) controllando che la divergenza è nulla (cioè w = 0 verifica la (5.48)). Si noti che si sta parlando di divergenza senza nominare la matrice jacobiana, che infatti può non esistere se ϕ e ψ non sono più regolari di tanto, come nel caso di funzioni a scala. 5.62. Osservazione. Le derivate deboli (e più in generale le versioni deboli di vari operatori, come quelli introdotti nell’Osservazione 5.57) godono di buone proprietà, talora molto simili a quelle del caso classico, e qui ne mettiamo in evidenza una: se Ω è connesso, u ∈ L1 loc (Ω) e ∇u = 0 , allora u è costante. (5.52) Diamo la dimostrazione nel caso monodimensionale in cui Ω è un intervallo aperto, limitato o meno. Fissiamo v0 ∈ C∞ c (Ω) tale che � Ω v0 dx = 1 , poniamo c = � Ω uv0 dx e dimostriamo che u = c q.o. in Ω . Per ogni v ∈ C∞ c (Ω) , definiamo I ∈ K e w : Ω → K (dipendenti da v ) mediante � I = Ω � x v dx e w(x) = (v(t) − I v0(t)) dt per x ∈ Ω a ove a è il primo estremo di Ω . Allora w ∈ C ∞ c (Ω) (il lettore controlli con cura) e v = Iv0 + w ′ . Essendo � Ω uw′ dx = 0 per definizione di u ′ = 0 , deduciamo � Ω � � uv dx = I uv0 dx + Ω Ω uw ′ � dx = Ic = Ω cv dx. Essendo v ∈ C ∞ c (Ω) arbitraria, la tesi segue applicando il Lemma 5.53 a u − c . 5.63. Esercizio. Dimostrare che, se u ∈ L1 loc (R) ha derivata debole u′ ∈ L1 loc (R) , allora u differisce (nel senso dell’uguaglianza q.o.) per una costante dalla funzione integrale w(x) = � x 0 u′ (t) dt , x ∈ R , della sua derivata. In particolare u ha un rappresentante continuo. Si consiglia l’uso del Teorema A.2.36 di Fubini-Tonelli e della (5.52). Generalizzare al caso di un intervallo (anziché R ). 5.64. Osservazione. Poco sopra abbiamo affermato senza dimostrazione che una funzione a scala su un intervallo non ha derivata debole (se non generalizzando nell’ambito della teoria delle distribuzioni). Una dimostrazione è data dall’esercizio precedente. Un’altra, che si riferisce al caso di un intervallo campione e a un solo punto di salto, è data di seguito. Precisamente dimostriamo che la funzione u : (−1, 1) → R definita da u(x) = 0 se x < 0 e u(x) = 1 se x > 0 non ha derivata debole. (5.53) Infatti, se esistesse una funzione w ∈ L1 loc (−1, 1) verificante la condizione (5.40), avremmo subito � 1 −1 wv dx = − � 1 −1 uv′ dx = − � 1 0 v′ dx = v(0) per ogni v ∈ C∞ c (−1, 1) , contro il Corollario 5.55. 5.65. Esempio (funzione di Vitali). Meno facile è trovare una funzione continua priva di derivata debole. Ne costruiamo una, addirittura hölderiana. Definiamo la successione di funzioni un : [0, 1] → R ponendo u0(x) = x per x ∈ [0, 1] e richiedendo, per ogni n ≥ 0 , le condizioni: Analisi Funzionale un+1(x) = 1 2 un(3x) se x ∈ [0, 1/3], un+1(x) = 1 2 un+1(x) = 1 − un+1(1 − x) per ogni x ∈ [0, 1]. se x ∈ [1/3, 1/2] 27

5.60. Osservazione. Lo spazio W p<br />

Norme e prodotti scalari<br />

(Ω) è utile, ad esempio, nella <strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> svariati pro-<br />

<strong>di</strong>v<br />

blemi legati alle equazioni <strong>di</strong> Maxwell, specialmente nel caso p = 2 . Segnaliamo che in letteratura<br />

si trova più spesso la notazione H(<strong>di</strong>v; Ω) in sostituzione <strong>di</strong> W 2 <strong>di</strong>v (Ω) .<br />

5.61. Esercizio. Sia Ω il quadrato (0, 1) 2 e si denoti con (x, y) la variabile in Ω . Si <strong>di</strong>mostri<br />

che, se ϕ, ψ appartengono a L p (0, 1) , allora la funzione u data dalla formula u(x, y) =<br />

(ϕ(y), ψ(x)) appartiene allo spazio (5.50) controllando che la <strong>di</strong>vergenza è nulla (cioè w = 0 verifica<br />

la (5.48)). Si noti che si sta parlando <strong>di</strong> <strong>di</strong>vergenza senza nominare la matrice jacobiana, che<br />

infatti può non esistere se ϕ e ψ non sono più regolari <strong>di</strong> tanto, come nel caso <strong>di</strong> funzioni a scala.<br />

5.62. Osservazione. Le derivate deboli (e più in generale le versioni deboli <strong>di</strong> vari operatori,<br />

come quelli introdotti nell’Osservazione 5.57) godono <strong>di</strong> buone proprietà, talora molto simili a quelle<br />

del caso classico, e qui ne mettiamo in evidenza una:<br />

se Ω è connesso, u ∈ L1 loc (Ω) e ∇u = 0 , allora u è costante. (5.52)<br />

Diamo la <strong>di</strong>mostrazione nel caso mono<strong>di</strong>mensionale in cui Ω è un intervallo aperto, limitato o<br />

meno. Fissiamo v0 ∈ C∞ c (Ω) tale che �<br />

Ω v0 dx = 1 , poniamo c = �<br />

Ω uv0 dx e <strong>di</strong>mostriamo che<br />

u = c q.o. in Ω . Per ogni v ∈ C∞ c (Ω) , definiamo I ∈ K e w : Ω → K (<strong>di</strong>pendenti da v ) me<strong>di</strong>ante<br />

�<br />

I =<br />

Ω<br />

� x<br />

v dx e w(x) = (v(t) − I v0(t)) dt per x ∈ Ω<br />

a<br />

ove a è il primo estremo <strong>di</strong> Ω . Allora w ∈ C ∞ c (Ω) (il lettore controlli con cura) e v = Iv0 + w ′ .<br />

Essendo �<br />

Ω uw′ dx = 0 per definizione <strong>di</strong> u ′ = 0 , deduciamo<br />

�<br />

Ω<br />

� �<br />

uv dx = I uv0 dx +<br />

Ω<br />

Ω<br />

uw ′ �<br />

dx = Ic =<br />

Ω<br />

cv dx.<br />

Essendo v ∈ C ∞ c (Ω) arbitraria, la tesi segue applicando il Lemma 5.53 a u − c .<br />

5.63. Esercizio. Dimostrare che, se u ∈ L1 loc (R) ha derivata debole u′ ∈ L1 loc (R) , allora u <strong>di</strong>fferisce<br />

(nel senso dell’uguaglianza q.o.) per una costante dalla funzione integrale w(x) = � x<br />

0 u′ (t) dt ,<br />

x ∈ R , della sua derivata. In particolare u ha un rappresentante continuo. Si consiglia l’uso del<br />

Teorema A.2.36 <strong>di</strong> Fubini-Tonelli e della (5.52). Generalizzare al caso <strong>di</strong> un intervallo (anziché R ).<br />

5.64. Osservazione. Poco sopra abbiamo affermato senza <strong>di</strong>mostrazione che una funzione a<br />

scala su un intervallo non ha derivata debole (se non generalizzando nell’ambito della teoria delle<br />

<strong>di</strong>stribuzioni). Una <strong>di</strong>mostrazione è data dall’esercizio precedente. Un’altra, che si riferisce al caso<br />

<strong>di</strong> un intervallo campione e a un solo punto <strong>di</strong> salto, è data <strong>di</strong> seguito. Precisamente <strong>di</strong>mostriamo che<br />

la funzione u : (−1, 1) → R definita da u(x) = 0 se x < 0 e u(x) = 1 se x > 0<br />

non ha derivata debole. (5.53)<br />

Infatti, se esistesse una funzione w ∈ L1 loc (−1, 1) verificante la con<strong>di</strong>zione (5.40), avremmo subito<br />

� 1<br />

−1 wv dx = − � 1<br />

−1 uv′ dx = − � 1<br />

0 v′ dx = v(0) per ogni v ∈ C∞ c (−1, 1) , contro il Corollario 5.55.<br />

5.65. Esempio (funzione <strong>di</strong> Vitali). Meno facile è trovare una funzione continua priva <strong>di</strong><br />

derivata debole. Ne costruiamo una, ad<strong>di</strong>rittura hölderiana. Definiamo la successione <strong>di</strong> funzioni<br />

un : [0, 1] → R ponendo u0(x) = x per x ∈ [0, 1] e richiedendo, per ogni n ≥ 0 , le con<strong>di</strong>zioni:<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

un+1(x) = 1<br />

2 un(3x) se x ∈ [0, 1/3], un+1(x) = 1<br />

2<br />

un+1(x) = 1 − un+1(1 − x) per ogni x ∈ [0, 1].<br />

se x ∈ [1/3, 1/2]<br />

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