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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Appen<strong>di</strong>ce<br />

Sia ora t0 ∈ R tale che f ′′ (t0) �= 0 . Useremo il simbolo t0 anche per la corrispondente<br />

funzione costante. Supponiamo f ′′ (t0) > 0 per fissare le idee, poniamo ε = f ′′ (t0)/4 e scegliamo<br />

δ > 0 tale che f ′′ (t) ≥ 2ε per |t − t0| ≤ δ . Per tali t e con opportuna scelta <strong>di</strong> τ compreso fra<br />

t0 e t abbiamo allora<br />

f(t) = f(t0) + f ′ (t0)(t − t0) + f ′′ (τ)<br />

(t − t0)<br />

2<br />

2 ≥ f(t0) + f ′ (t0)(t − t0) + ε(t − t0) 2 .<br />

Consideriamo ora la successione {vn} definita da vn(x) = t0 + δ sin nx per x ∈ (0, 1) . Allora<br />

vn ⇀ t0 in L p (0, 1) per l’Esercizio IV.4.17. D’altra parte f(vn(x)) ≥ f(t0)+f ′ (t0) sin nx+ε sin 2 nx<br />

in quanto |vn−t0| ≤ δ e l’ultimo membro della <strong>di</strong>suguaglianza appena scritta converge a f(t0)+ε/2<br />

per lo stesso esercizio. Siccome la convergenza debole in L p conserva le <strong>di</strong>suguaglianze al limite<br />

(Esercizio IV.4.15), il primo membro, cioè F (vn) , non può convergere a F (t0) .<br />

Notiamo che, se p > 1 , si potranno usare i risultati <strong>di</strong> compattezza sequenziale presentati successivamente<br />

per <strong>di</strong>mostrare che {F (vn)} ha un sottosuccessione debolmente convergente. Ma per<br />

lo stesso motivo il limite debole <strong>di</strong> tale sottosuccessione non può essere F (v) .<br />

Capitolo V<br />

2.3. Poniamo W = W k,p (Ω) e q = p ′ per como<strong>di</strong>tà. Se uα ∈ Lq (Ω) per |α| ≤ k , il funzionale f<br />

dato dalla formula è ben definito e lineare e per ogni v ∈ W verifica<br />

|〈f, v〉| ≤ �<br />

�uα�q�D α v�p ≤ M �<br />

�D α v�p = M�v�k,p ove M = max<br />

|α|≤k �uα�q<br />

|α|≤k<br />

|α|≤k<br />

per cui è anche continuo. Viceversa, supponiamo f ∈ W ∗ . Detto N il numero delle derivate <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne ≤ k , derivate che or<strong>di</strong>niamo in qualche modo, sia L : W → V = L p (Ω) N , definito dalla<br />

formula Lv = {D α v} . Allora L è un isomorfismo isometrico <strong>di</strong> W su un sottospazio (chiuso)<br />

V0 <strong>di</strong> V se nel prodotto si usa la norma ovvia e il funzionale f ◦ L −1 : V0 → K è lineare e<br />

continuo. Per il Teorema <strong>di</strong> Hahn-Banach esso ha un prolungamento F lineare e continuo definito<br />

su tutto V . Ma dalla rappresentazione generale del duale <strong>di</strong> un prodotto e dal Teorema <strong>di</strong> Riesz<br />

deduciamo che esistono funzioni uα ∈ Lq (Ω) per |α| ≤ k tali che<br />

〈F, {vα}〉 = �<br />

�<br />

Ω<br />

uαvα dx per ogni {vα} ∈ V .<br />

|α|≤k<br />

Segue allora la rappresentazione desiderata<br />

〈f, v〉 = 〈f ◦ L −1 , Lv〉 = 〈F, Lv〉 = 〈F, {D α v}〉 = �<br />

|α|≤k<br />

�<br />

Ω<br />

uαD α v dx per ogni v ∈ W .<br />

La famiglia {uα} non è unica perché non è unico il prolungamento F <strong>di</strong> f ◦ L −1 .<br />

3.5. L’unico punto che potrebbe offrire <strong>di</strong>fficoltà è il fatto che la stretta convessità implichi la<br />

con<strong>di</strong>zione ii) . Supposta la stretta convessità, siano x , y e t come in ii) . Poniamo z =<br />

tx + (1 − t)y e m = (x + y)/2 . Se t = 1/2 allora z = m , da cui �z� < 1 . Sia t ∈ (0, 1/2) . Allora<br />

z = ϑm + (1 − ϑ)y per un certo ϑ ∈ (0, 1) . Siccome la funzione � · � è convessa (facile verifica)<br />

abbiamo �z� ≤ ϑ�m� + (1 − ϑ)�y� < ϑ + (1 − ϑ) = 1 in quanto �m� < 1 dall’ipotesi e �y� = 1 .<br />

Se t ∈ (1/2, 1) si ragiona analogamente con m e x .<br />

3.6. Basta usare la regola del parallelogrammo: �x + y� 2 = 2�x� 2 + 2�y� 2 − �x − y� 2 . Ora se<br />

�x� = �y� = 1 e x �= y , il secondo membro è < 4 da cui �x + y� < 2 .<br />

3.7. Siano A e B come in i) . Poniamo x = χ A/µ(A) e y = χ B/µ(B) . Allora x, y ∈ L 1 (Ω) ,<br />

�x�1 = �y�1 = 1 e �x + y�1 = 2 . Poniamo ora x = χ A e y = χ A∪B (e qui non serve che le due<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

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