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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Appen<strong>di</strong>ce<br />

Allora, se zi = (xi, yi) ∈ Ω per i = 1, 2 , basta introdurre i punti ausiliari z ′ i = (xi, −1/2) per<br />

vedere che dΩ(z1, z2) ≤ (3/2) + 1 + (3/2) = 4 (e ovviamente si potrebbe migliorare la stima).<br />

iv) Per costruire un aperto che non verifica la (3.9) e nel quale la <strong>di</strong>stanza geode<strong>di</strong>ca non sia<br />

limitata si parta da una curva a spirale S che si avvolge intorno all’origine e che abbia lunghezza<br />

infinita: si può prendere come S la curva parametrizzata da X(t) = (t+1) −1 (cos t, sin t) per t > 0 .<br />

Allora la lunghezza dell’arco immagine <strong>di</strong> [s, t] ha l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza ln t − ln s = ln(t/s) . Si<br />

prenda come Ω un aperto che si avvolge intorno all’origine lungo S , via via assottigliandosi, in<br />

modo che le sue “spire” siano separate l’una dall’altra. Allora, se x, y ∈ S , abbiamo dΩ(x, y) ∼<br />

ln(t/s) ove t, s sono le controimmagini tramite X dei due punti. Pren<strong>di</strong>amo in particolare s > 0 e<br />

t = s2 oppure t = 2s . La prima scelta mostra che dΩ non si mantiene limitata. Con la seconda si<br />

ha dΩ(x, y) ∼ ln 2 mentre |x−y| ≤ |x|+|y| ≤ 2/(t+1) , così che si può fare in modo che |x−y| tenda<br />

a 0 e che contemporaneamente dΩ(x, y) resti lontano da 0 , da cui l’incompatibilità delle (3.9).<br />

Analogamente, sia S ⊂ R2 il grafico, <strong>di</strong> lunghezza infinita, <strong>di</strong> una funzione ϕ “serpeggiante”<br />

(si pensi a ϕ(t) = sin(1/t) o anche a ϕ(t) = t sin(1/t) con t ∈ (0, 1) : nel secondo caso il limite<br />

destro ϕ(0 + ) è finito (vale 0 ), ma il grafico <strong>di</strong> ϕ continua ad avere lunghezza infinita). Allora<br />

si può prendere come Ω un aperto che ricopre S , via via assottigliandosi, in modo che le sue<br />

“anse” siano separate una dall’altra. In questo caso l’analoga della funzione X precedente è data<br />

da X(t) = (t, ϕ(t)) e vale un ragionamento analogo: con scelte del tipo x = X(t) e y = X(s) si<br />

ottengono come sopra sia la non limitatezza <strong>di</strong> dΩ sia l’incompatibilità delle (3.9). Naturalmente,<br />

come abbiamo anticipato, le costruzioni precise sono molto complesse. Tuttavia potrebbero essere<br />

fatte. Segnaliamo che, sviluppando queste idee in modo rigoroso, si riescono a costruire aperti<br />

Ω con le propietà richieste e per i quali esistono sottoinsiemi limitati <strong>di</strong> C1 (Ω) che non sono<br />

relativamente compatti in C0 (Ω) , come avviene nel caso del “pettine” dell’Esempio 3.18.<br />

3.25. Si ha<br />

�vn� p p = c p n<br />

�<br />

Dn<br />

x p 1<br />

2 dx =<br />

p + 1<br />

c p n<br />

2n(2n + 1)<br />

e �∇vn� p p = c p n<br />

�<br />

Dn<br />

dx =<br />

c p n<br />

2n(2n + 1) .<br />

Allora la scelta cn = n 2/p fornisce limn→∞�vn� p p = 1/(4(p + 1)) e limn→∞�∇vn� p p = 1/4 per cui<br />

{vn} è limitata in W 1,p (Ω) e non infinitesima in L p (Ω) . D’altra parte vn → 0 q.o., per cui la<br />

funzione nulla è l’unico can<strong>di</strong>dato limite forte in L p (Ω) <strong>di</strong> ogni sottosuccessione. Deduciamo che<br />

non esistono sottosuccessioni convergenti fortemente in L p (Ω) .<br />

4.10. Supponiamo vn ⇀ v in V = C 0 (Ω) e fissiamo x0 ∈ Ω : dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che vn(x0) →<br />

v(x0) . Sia f : V → K definita da f(z) = z(x0) . Allora f ∈ V ∗ e la tesi <strong>di</strong>venta 〈f, vn〉 → 〈f, v〉 ,<br />

che è parte dell’ipotesi.<br />

4.11. Ricor<strong>di</strong>amo l’Esercizio III.3.11 e la formula 〈f, x〉 = � N<br />

i=1 〈fi, x i 〉 nella quale x =<br />

(x 1 , . . . , x N ) ∈ V , f ∈ V ∗ e fi ∈ V ∗<br />

i : essa stabilisce un isomorfismo fra V ∗ e il prodotto<br />

dei duali V ∗<br />

i . Allora xn ⇀ x in V se e solo se � N<br />

i=1 〈fi, xi n〉 → �N i=1 〈fi, xi 〉 per ogni scelta <strong>di</strong><br />

fi ∈ Vi , i = 1, . . . , N . Ma ciò significa 〈fi, x i n〉 → 〈fi, x i 〉 per ogni fi ∈ V ∗<br />

i e per ogni i , cioè che<br />

x i n ⇀ x i in Vi per ogni i .<br />

4.12. Fissiamo f ∈ V ∗ e ε > 0 : dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che esiste m tale che |〈f, xn − x〉| ≤ ε<br />

per ogni n ≥ m . Sia M ≥ �xn� per ogni n e si scelga g ∈ S ∗ tale che �g − f�∗ ≤ ε . Allora<br />

|〈f, xn − x〉| ≤ |〈f − g, xn − x〉| + |〈g, xn − x〉| ≤ Cε + |〈g, xn − x〉| per ogni n , ove abbiamo posto<br />

C = M + �x� . Ma l’ultimo termine è infinitesimo e C è noto a priori.<br />

4.15. Considerando le <strong>di</strong>fferenze ci riconduciamo al caso un = u = 0 . Posto q = p ′ , grazie al<br />

Teorema <strong>di</strong> Riesz, dalla convergenza debole vn ⇀ v in Lp (Ω) e dalle <strong>di</strong>suguaglianze vn ≥ 0 per<br />

ogni n deduciamo �<br />

Ω vz dµ ≥ 0 per ogni z ∈ Lq (Ω) non negativa. Dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che ha<br />

misura nulla l’insieme ω in cui v < 0 . Se p = 1 pren<strong>di</strong>amo z = χω , la funzione caratteristica<br />

<strong>di</strong> ω , e otteniamo �<br />

ω v ≥ 0 . Dunque µ(ω) = 0 . Se p ∈ (1, +∞) , pren<strong>di</strong>amo z = |v|p−1χω ,<br />

osservando che z ∈ Lq (Ω) dato che |z| q = |v| pχω . Otteniamo �<br />

ω v|v|p−1 ≥ 0 , da cui ancora<br />

µ(ω) = 0 .<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

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