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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Capitolo 8<br />

Dimostrazione. Osserviamo che, se u ∈ L q c(Ω) e v ∈ L p<br />

(Ω) oppure u ∈ Lq<br />

loc (Ω) e v ∈ Lpc(Ω) ,<br />

loc<br />

l’integrale (4.12) ha senso in quanto esso è, <strong>di</strong> fatto, calcolato su <strong>di</strong> un certo compatto K (scelto in funzione<br />

<strong>di</strong> u o <strong>di</strong> v nei due casi in modo che u = 0 o v = 0 in Ω \ K ) e, in ciascuno dei due casi, u|K ∈ Lq (K)<br />

e v|K ∈ Lp (K) . Inoltre, sempre nei due casi, il funzionale f così definito è lineare. Verifichiamo che f è<br />

anche continuo. Se K è il compatto <strong>di</strong> cui sopra (<strong>di</strong>pendente da u o da v rispettivamente) abbiamo infatti<br />

|f(v)| ≤ �u� L q (K)�v� L p (K) = �u� L q (K)|v|p,K e |f(v)| ≤<br />

�<br />

Ω<br />

|u| |v| dx = |v| |u|<br />

per ogni v ∈ L p<br />

loc (Ω) e per ogni v ∈ Lpc(Ω) rispettivamente. Infine, sempre nei due casi, f = 0 implica che<br />

l’integrale <strong>di</strong> uv sia nullo almeno per ogni v ∈ C∞ c (Ω) , per cui u = 0 q.o. in Ω . Dunque i due operatori<br />

dell’enunciato, ovviamente lineari, sono anche iniettivi. Usando l’ipotesi p < +∞ , <strong>di</strong>mostriamo che essi<br />

sono anche suriettivi, ora <strong>di</strong>stinguendo i due casi.<br />

Sia f ∈ L p<br />

loc (Ω)∗ : dobbiamo costuire u ∈ Lq c(Ω) in modo che la (4.12) valga per ogni v ∈ L p<br />

loc (Ω) .<br />

La restrizione <strong>di</strong> f a Lp (Ω) è lineare e continua su Lp (Ω) in quanto Lp (Ω) è immerso in L p<br />

loc (Ω) con<br />

continuità. Per il Teorema III.3.4 <strong>di</strong> Riesz esiste dunque u ∈ Lq (Ω) tale che la (4.12) valga per ogni<br />

v ∈ Lp (Ω) . Dimostriamo che u ∈ Lq c(Ω) , cioè che u è a supporto compatto. Supponiamo per assurdo<br />

che ciò sia falso e introduciamo la successione {Ωm} data dalla (4.1) ( Ωm = Bm(0) se Ω = Rd ). Allora<br />

l’insieme ω dei punti x ∈ Ω\Ω1 verificanti u(x) �= 0 ha misura positiva. Siccome ω è l’unione (numerabile)<br />

degli insiemi ω ∩ Ωm con m ≥ 2 , almeno uno <strong>di</strong> questi ha misura positiva: fissiamo tale insieme. Ma questo<br />

è l’unione (numerabile) dei suoi sottoinsiemi descritti dalle <strong>di</strong>suguaglianze |u(x)| ≥ 1/k , uno dei quali,<br />

pertanto, ha misura positiva. Abbiamo dunque trovato due interi positivi m1 e k1 tali che l’insieme<br />

ω1 = {x ∈ Ωm1 \ Ω1 : |u(x)| ≥ 1/k1}<br />

abbia misura positiva. Sia µ1 la sua misura. Siccome stiamo supponendo che u non sia a supporto compatto,<br />

ha misura positiva anche l’insieme dei punti x ∈ Ω \ Ωm1 tali che u(x) �= 0 . Procedendo analogamente,<br />

costruiamo due interi m2 > m1 e k2 > 0 tali che l’insieme<br />

ω2 = {x ∈ Ωm2 \ Ωm1 : |u(x)| ≥ 1/k2}<br />

abbia misura positiva. Sia µ2 la sua misura. Si proseguirebbe considerando l’insieme dei punti x ∈ Ω \ Ωm2<br />

tali che u(x) �= 0 . Per induzione, veniamo a costruire una successione {ωn} <strong>di</strong> sottoinsiemi misurabili <strong>di</strong><br />

Ω e una successione <strong>di</strong> interi positivi {km} (nonché una successione {mn} solo ausiliaria) tali che<br />

gli insiemi {ωn} sono a due a due <strong>di</strong>sgiunti e hanno chiusura compatta in Ω<br />

la misura µn <strong>di</strong> ωn è positiva e |u| ≥ 1/kn in ωn.<br />

A questo punto definiamo z, zn : Ω → R come segue<br />

z(x) = ki<br />

µi<br />

zn(x) = ki<br />

µi<br />

sign u(x) se x ∈ ωi per i = 1, 2 . . . e z(x) = 0 se x ∈ Ω \<br />

sign u(x) se x ∈ ωi per i = 1, . . . , n e zn(x) = 0 se x ∈ Ω \<br />

con la convenzione sign 0 = 0 . Allora z ∈ L p<br />

loc (Ω) , zn ∈ Lp (Ω) e zn → z in L p<br />

loc (Ω) . D’altra parte<br />

�<br />

n�<br />

�<br />

f(zn) = uzn dx =<br />

Ω<br />

i=1<br />

ωi<br />

uzn dx =<br />

n�<br />

�<br />

i=1<br />

ωi<br />

|u| ki<br />

dx ≥<br />

µi<br />

n�<br />

�<br />

i=1<br />

ωi<br />

∞�<br />

i=1<br />

dx<br />

= n<br />

per cui la successione {f(zn)} <strong>di</strong>verge e f non è continuo, contro l’ipotesi. Conclu<strong>di</strong>amo che u ∈ L q c(Ω) .<br />

Sia ora v ∈ L p<br />

loc (Ω) ad arbitrio. Detta χ n la funzione caratteristica <strong>di</strong> Ωn , si ha subito vχ n ∈ L p (Ω) e<br />

216<br />

µi<br />

ωi<br />

n�<br />

i=1<br />

ωi<br />

Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>

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