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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Capitolo 8<br />

Dimostrazione. Per <strong>di</strong>mostrare il punto i) basta combinare i due punti i) delle Proposizioni 3.9 e 3.3,<br />

quest’ultima applicata a V ∗ . Ve<strong>di</strong>amo ii) . Se V ha <strong>di</strong>mensione finita, allora V è riflessivo. Dunque la<br />

topologia debole* <strong>di</strong> V ∗ coincide con la topologia debole. Ma quest’ultima coincide con la topologia forte<br />

dato che anche V ∗ ha <strong>di</strong>mensione finita.<br />

Per concludere basta <strong>di</strong>mostrare che, se V ha <strong>di</strong>mensione infinita, ogni intorno dell’origine nella topologia<br />

debole* contiene un sottospazio <strong>di</strong> V ∗ <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione infinita. Ma un tale intorno è anche un intorno<br />

nella topologia debole per il punto i) della Proposizione 3.9, per cui la tesi segue dalla Proposizione 3.3<br />

applicata a V ∗ , che pure ha <strong>di</strong>mensione infinita.<br />

3.12. Osservazione. Più precisamente si può <strong>di</strong>mostrare che, se V ha <strong>di</strong>mensione infinita,<br />

nessuna delle topologie deboli che stiamo considerando è metrizzabile.<br />

Gli enunciati che seguono sono significativi. Abbiamo scelto la forma dell’esercizio dato che<br />

le <strong>di</strong>mostrazioni sono, da un lato, estremamente semplici e, d’altro canto, utili al lettore per la<br />

comprensione dei concetti.<br />

3.13. Esercizio. Dimostrare che un funzionale f ∈ Hom(V ; K) è continuo rispetto alla topologia<br />

debole <strong>di</strong> V se e solo se appartiene a V ∗ .<br />

3.14. Esercizio. Dimostrare che la topologia debole <strong>di</strong> V è la meno fine fra le topologie in V<br />

rispetto alle quali ogni elemento f ∈ V ∗ resta continuo.<br />

3.15. Esercizio. Dimostrare che la topologia debole* <strong>di</strong> V ∗ è la meno fine fra le topologie<br />

rispetto alle quali, per ogni x ∈ V , risulta continuo il funzionale f ↦→ 〈f, x〉 , f ∈ V ∗ .<br />

3.16. Osservazione. Segnaliamo che, molto spesso, le topologie debole e debole* vengono definite<br />

proprio attraverso le proprietà oggetto degli ultimi due esercizi.<br />

3.17. Esercizio. Siano V uno spazio normato, B ⊆ V e B ∗ ⊆ V ∗ . Riprendendo la nozione <strong>di</strong><br />

limitatezza data dalla (2.1) e gli esercizi relativi, <strong>di</strong>mostrare che: i) B è limitato nella topologia<br />

forte <strong>di</strong> V se e solo se lo è nella topologia debole; ii) se V è <strong>di</strong> Banach, allora B ∗ è limitato nella<br />

topologia forte <strong>di</strong> V ∗ se e solo se lo è nella topologia debole*.<br />

3.18. Esercizio. Siano V e W due spazi normati e L ∈ L(V ; W ) . Si <strong>di</strong>mostri che L è<br />

continuo anche rispetto alle corrispondenti topologie deboli. Si deduca che, se V e W sono due<br />

spazi normati e V è immerso in W con continuità, allora l’immersione è continua anche rispetto<br />

alle due topologie deboli corrispondenti.<br />

L’ultima affermazione dell’esercizio precedente ci consente <strong>di</strong> presentare qualche applicazione<br />

significativa del Corollario V.7.6.<br />

3.19. Esempio. Siano Ω un aperto <strong>di</strong> R d , k un intero non negativo e p ∈ (1, +∞) . Se {vn} è<br />

una successione limitata in W k,p (Ω) che converge debolmente in L p (Ω) a una funzione w ∈ L p (Ω) ,<br />

allora w ∈ W k,p (Ω) e vn ⇀ w in W k,p (Ω) . Infatti si ha l’ovvia immersione continua <strong>di</strong> W k,p (Ω)<br />

in L p (Ω) . Nell’applicazione del Corollario V.7.6 pren<strong>di</strong>amo allora V = W k,p (Ω) , che è riflessivo<br />

per il Teorema VI.2.11, e come W pren<strong>di</strong>amo lo spazio vettoriale topologico ottenuto munendo<br />

L p (Ω) della topologia debole. Allora l’immersione è continua, dunque continua per successioni,<br />

anche rispetto alle topologie deboli.<br />

Ad esempio possiamo rivedere l’Osservazione I.5.71 da un <strong>di</strong>verso punto <strong>di</strong> vista: Ω è il<br />

<strong>di</strong>sco <strong>di</strong> R 2 avente centro nell’origine e raggio r = 1/2 e la funzione u è data dalla formula<br />

u(x) = |ln |x|| α , ove α ∈ (0, 1/2) . Consideriamo la successione {un} <strong>di</strong> funzioni definite dalla<br />

formula un(x) = min{u(x), n} . Allora un → u in L 2 (Ω) per il Teorema <strong>di</strong> Lebesgue. D’altra<br />

parte non è <strong>di</strong>fficile vedere, ripercorrendo i calcoli fatti nell’osservazione citata, che {un} è limitata<br />

in H 1 (Ω) . Segue allora che u ∈ H 1 (Ω) e che un ⇀ u in tale spazio.<br />

3.20. Osservazione. Se ben si guarda la situazione generale dell’Esempio 3.19, si vede che la<br />

convergenza debole in L p (Ω) è servita solo a in<strong>di</strong>viduare il can<strong>di</strong>dato limite debole in W k,p (Ω) .<br />

Ad esempio, nel caso in cui Ω è limitato, dunque <strong>di</strong> misura finita, sarebbe stata sufficiente la<br />

convergenza debole in L 1 (Ω) . Ma in situazioni <strong>di</strong> questo genere la scelta “più naturale” è lo<br />

204<br />

Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>

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