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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Spazi localmente convessi<br />

Che d sia ben definita ed effettivamente una metrica <strong>di</strong>scende facilmente dalle proprietà <strong>di</strong> ϕ e dal fatto<br />

che la famiglia <strong>di</strong> seminorme è separata. Un dettaglio solo per la <strong>di</strong>suguaglianza triangolare:<br />

∞�<br />

d(x, z) = 2 −n ∞�<br />

ϕ(pn(x − z)) ≤ 2 −n ϕ(pn(x − y) + pn(y − z))<br />

n=1<br />

n=1<br />

n=1<br />

∞�<br />

≤ 2 −n ∞�<br />

ϕ(pn(x − y)) + 2 −n ϕ(pn(y − z)) = d(x, y) + d(y, z).<br />

n=1<br />

Dimostriamo che d induce la topologia originaria. Per chiarezza denotiamo quest’ultima con T e con Td<br />

la topologia indotta da d . Dobbiamo <strong>di</strong>mostrare che l’applicazione identica <strong>di</strong> V è continua sia da (V, T )<br />

in (V, Td) sia da (V, Td) in (V, T ) . Siccome in entrambe le topologie gli intorni del generico punto si<br />

ottengono traslando gli intorni dell’origine, basta controllare dette continuità nell’origine. Per <strong>di</strong>mostrare la<br />

prima fissiamo ε > 0 e costruiamo un intorno J dell’origine nella topologia T incluso nella palla B2ε(0)<br />

associata alla metrica d . Fissiamo prima m tale che �<br />

n>m 2−n ≤ ε e poi δ > 0 tale che ϕ(δ) < ε/m .<br />

L’intorno cercato è allora J = �m (0) . Infatti, se x ∈ J , si ha<br />

n=1 Bpn<br />

δ<br />

d(x, 0) ≤ ε +<br />

m�<br />

ϕ(pn(x)) ≤ ε + mϕ(δ) < 2ε.<br />

n=1<br />

Viceversa, fissato un intorno I dell’origine nella topologia T , dobbiamo costruire una palla Bδ(0) inclusa<br />

in I . Possiamo senz’altro supporre che I appartenga alla base standard, cioè abbia la forma �k i=1 Bpn i<br />

ε (0)<br />

per certi in<strong>di</strong>ci ni e per un certo ε > 0 . Denotiamo con m il massimo <strong>di</strong> tali in<strong>di</strong>ci e osserviamo che<br />

ϕ−1 : [0, 1) → [0, +∞) è ben definita e continua. Possiamo allora scegliere δ > 0 tale che 2mδ < 1 e valga<br />

l’implicazione: da r ≥ 0 e ϕ(r) < 2mδ segue r < ε . Mostriamo che Bδ(0) ⊆ I . Se n ≤ m e d(x, 0) < δ<br />

si ha<br />

ϕ(pn(x)) ≤ 2 m · 2 −n ϕ(pn(x)) ≤ 2 m d(x, 0) < 2 m δ da cui pn(x) < ε.<br />

In particolare ciò vale per n = ni , i = 1, . . . , k , per cui x ∈ I .<br />

2.16. Osservazione. In realtà vale un risultato più profondo, che non <strong>di</strong>mostriamo: uno spazio<br />

vettoriale topologico è metrizzabile se e solo se l’origine ha una base numerabile <strong>di</strong> intorni (il che<br />

equivale al fatto che tale proprietà valga per ogni punto).<br />

Nel caso <strong>di</strong> uno spazio localmente convesso metrizzabile si pone naturalmente il problema della<br />

completezza e l’uso della metrica (2.2) non è agevole. Ora, per quanto riguarda la convergenza delle<br />

successioni, possiamo utilizzare in<strong>di</strong>fferentemente la metrica (2.2), una metrica che induce la stessa<br />

topologia, gli intorni, oppure le seminorme, queste scelte nella famiglia ritenuta <strong>di</strong> volta in volta la<br />

più conveniente (si ricor<strong>di</strong> la Proposizione 1.16). Una situazione analoga vale per la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong><br />

Cauchy, pur <strong>di</strong> avere una precauzione. Diamo in proposito l’esempio seguente.<br />

2.17. Esempio. Nel caso <strong>di</strong> un generico spazio topologico metrizzabile, due metriche che ne<br />

generano la topologia possono comportarsi in modo <strong>di</strong>verso per quanto riguarda la completezza.<br />

Si consideri ad esempio l’intervallo S = (−1, 1) munito della topologia euclidea. Una metrica che<br />

genera tale topologia è naturalmente quella euclidea (ristretta a S × S ), che denotiamo con dE .<br />

D’altra parte S è omeomorfo alla retta euclidea. Scelto allora un omeomorfismo ϕ : R → S<br />

(ad esempio ϕ = tanh ), si può considerare la metrica dϕ che rende S isometrico alla retta munita<br />

della metrica euclidea. Dunque (S, dϕ) è completo, mentre (S, dE) non lo è in quanto non chiuso<br />

nella retta euclidea. Questa osservazione non deve sconcertare più <strong>di</strong> tanto: semplicemente avviene<br />

che una successione <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> S convergente a uno dei punti ±1 in senso euclideo è <strong>di</strong> Cauchy<br />

rispetto alla metrica dE , mentre non lo è rispetto alla metrica dϕ .<br />

Per evitare questa circostanza spiacevole occorre limitare la classe delle metriche che inducono la<br />

topologia data in modo che le successioni <strong>di</strong> Cauchy siano le stesse per tutte le metriche della classe<br />

considerata. In generale possiamo <strong>di</strong>re che, se si parte da uno spazio vettoriale, due metriche d e d ′ ,<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

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