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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Capitolo 7<br />

Ciò vale se Ω è limitato e regolare e i casi estremi p = 1 e p = ∞ sono ammessi. Ma torniamo<br />

alla nostra situazione: p ∈ (1, +∞) . Se vn ⇀ 0 in D(L) , allora vn ⇀ 0 in W 2,p (Ω) , da cui<br />

vn → 0 in W 1,p (Ω) per la (8.27). D’altra parte si ha facilmente<br />

�Kvn�p ≤ �b�∞ �∇vn�p + �c�∞ �vn�p ≤ (�b�∞ + �c�∞)�vn�1,p<br />

per cui Kvn → 0 il Lp (Ω) e la compattezza segue dall’Esercizio 7.19 (applicabile grazie al Teorema<br />

VI.2.11). Allora il Teorema 7.22 assicura che L ha immagine chiusa, oltre che nucleo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensione finita. In particolare vale la (5.4). Per caratterizzare l’immagine, tuttavia, conviene<br />

procedere come abbiamo fatto nel caso particolare dell’Esempio 8.1, vedere cioè L come operatore<br />

non limitato da V = Lp (Ω) in W = Lp (Ω) in modo che l’aggiunto L∗ sia un operatore (non limitato)<br />

da W ∗ = Lq (Ω) in V ∗ = Lq (Ω) . Calcoliamo l’aggiunto come abbiamo fatto nel caso<br />

particolare. Sia w∗ ∈ W ∗ = Lq (Ω) . Allora w∗ ∈ D(L∗ ) se e solo se esiste v∗ ∈ Lq (Ω) tale che<br />

�<br />

Ω<br />

v ∗ �<br />

v dx =<br />

Ω<br />

w ∗ (− <strong>di</strong>v(A∇v) + b · ∇v + cv) dx per ogni v ∈ D(L) .<br />

Ci troviamo in una situazione simile a quella dell’Esempio 8.6 e si può <strong>di</strong>mostrare che: i) D(L ∗ ) =<br />

W 2,q (Ω) ∩ W 1,q<br />

0 (Ω) ; ii) L∗ w ∗ = − <strong>di</strong>v(A T ∇w ∗ + bw ∗ ) + cw ∗ per w ∗ ∈ D(L ∗ ) . Allora l’equazione<br />

Lu = f che ci siamo proposti <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are con dato f ∈ L p (Ω) ha almeno una soluzione u apparte-<br />

nente a W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />

0 (Ω) se e solo se vale la con<strong>di</strong>zione<br />

�<br />

fw<br />

Ω<br />

∗ dx = 0 per ogni w∗ ∈ Lq (Ω) verificante<br />

− <strong>di</strong>v(A T ∇w ∗ + bw ∗ ) + cw ∗ = 0 in Ω e w ∗ = 0 su Γ (8.28)<br />

ove è inteso che l’equazione sia sod<strong>di</strong>sfatta in forma debole e la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> annullamento sia<br />

verificata in un opportuno senso generalizzato. Siccome si può <strong>di</strong>mostrare che il nucleo <strong>di</strong> L ∗ ha<br />

<strong>di</strong>mensione finita, l’esistenza delle soluzioni <strong>di</strong> (8.1) (con la regolarità W 2,p richiesta ora) <strong>di</strong>pende<br />

dall’annullamento <strong>di</strong> un numero finito <strong>di</strong> integrali che coinvolgono f . Ciò sarà chiaro, anche se in<br />

un quadro funzionale <strong>di</strong>verso, da quanto <strong>di</strong>remo nell’esempio successivo.<br />

8.9. Esempio (soluzioni variazionali). Ripren<strong>di</strong>amo l’idea data nell’Esempio 8.7, ma mo<strong>di</strong>fichiamo<br />

gli spazi in gioco. Poniamo V = H1 0 (Ω) e introduciamo la forma bilineare a : V × V → R<br />

definita dalla formula<br />

� �<br />

�<br />

a(u, v) = (A∇u) · ∇v + (b · ∇u) v + cuv dx per u, v ∈ V .<br />

Ω<br />

A questo proposito osserviamo che, perché la definizione abbia senso e valga quanto <strong>di</strong>ciamo <strong>di</strong><br />

seguito, è sufficiente supporre i coefficienti limitati e la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ellitticità uniforme<br />

aij, bi, c ∈ L ∞ (Ω) e (A(x)ξ) · ξ ≥ α|ξ| 2 per ogni ξ ∈ R d e per q.o. x ∈ Ω . (8.29)<br />

Tuttavia occorre ancora supporre Ω limitato e regolare, in modo che valga la (8.27). Controlliamo<br />

che siamo nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> applicare <strong>di</strong>rettamente il Teorema 7.26 con H = L2 (Ω) e <strong>di</strong> vedere<br />

chiaramente quali siano le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> risolubilità. La compattezza dell’immersione <strong>di</strong> V in H<br />

segue dalla (8.27). Dobbiamo poi verificare che la forma a è bilineare continua e debolmente<br />

coerciva, e a questo scopo basta richiamare l’Esempio IV.1.25. Il controllo che a sia bilineare e<br />

continua è stato fatto in quell’occasione. Ripetendo inoltre, con δ = α/2 , lo stesso calcolo fatto<br />

nell’esempio citato, otteniamo per ogni u ∈ V<br />

190<br />

a(u, u) + λ�u� 2 2 =<br />

�<br />

Ω<br />

�<br />

(A∇u) · ∇u + (b · ∇u) u + (c + λ) u 2�<br />

dx ≥ α<br />

2 �u�2 1,2<br />

Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>

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