G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
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I teoremi fondamentali <strong>di</strong> Banach<br />
Allora l’equivalenza fra le (8.17) e (8.18) è imme<strong>di</strong>ata. Infatti la con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> annullamento al<br />
bordo è la stessa; inoltre, grazie alla prima uguaglianza <strong>di</strong> (8.20), l’equazione <strong>di</strong> (8.17) implica<br />
l’identità <strong>di</strong> (8.18); infine, sempre per la prima <strong>di</strong> (8.20), l’uguaglianza degli integrali <strong>di</strong> (8.18), già<br />
limitatamente alle sole v ∈ C ∞ c (Ω) , implica l’equazione <strong>di</strong> (8.17) per il Lemma I.5.53.<br />
Veniamo all’equivalenza fra le (8.18) e (8.19). La prima delle due con<strong>di</strong>zioni implica la seconda,<br />
grazie alla seconda delle uguaglianze (8.20). Viceversa ve<strong>di</strong>amo come mai la (8.19) debba implicare<br />
la (8.18). Se vale la (8.19), prendendo v generica in C ∞ c (Ω) , deduciamo, grazie all’uguaglianza fra<br />
il primo e l’ultimo membro della (8.20), l’equazione <strong>di</strong>fferenziale della (8.17), dunque, per quanto<br />
appena detto a proposito della prima equivalenza, anche l’uguaglianza degli integrali <strong>di</strong> (8.18) per<br />
tutte le v ∈ C 2 (Ω) nulle al bordo. Rimane da vedere che la (8.19) implica anche la con<strong>di</strong>zione al<br />
bordo z|Γ = 0 , e <strong>di</strong> questo punto non <strong>di</strong>amo una giustificazione completa. Il punto della situazione<br />
cui siamo arrivati è il seguente: per ogni v ∈ C2 (Ω) nulla su Γ valgono le due uguaglianze<br />
�<br />
�<br />
�<br />
(A∇z) · ∇v dx = gv dx e z(− <strong>di</strong>v(A T �<br />
∇v)) dx = gv dx.<br />
Ω<br />
Ω<br />
Allora, confrontando con l’uguaglianza fra il secondo e il terzo membro della (8.20), deduciamo che<br />
�<br />
(A T ∇v) · n z dS = 0 per ogni v ∈ C2 (Ω) nulla su Γ . (8.21)<br />
Γ<br />
Grazie all’uniforme ellitticità (8.4), la funzione γ : Γ → R definita dalla formula γ = (AT n) · n è<br />
regolare e verifica γ ≥ α , per cui anche 1/γ è regolare. D’altra parte ∇v = (∇v · n)n su Γ se<br />
v = 0 su Γ , dato che il gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> una funzione è ortogonale ai suoi insiemi <strong>di</strong> livello. Si intuisce<br />
allora che, per ogni ϕ : Γ → R abbastanza regolare, esiste v ∈ C2 (Ω) tale che v = 0 e ∇v·n = ϕ/γ<br />
su Γ . Ma tale v verifica (AT ∇v) · n = (AT (∇v · n)n) · n = (∇v · n)((AT n) · n) = (ϕ/γ)γ = ϕ .<br />
Pertanto la (8.21) deve implicare<br />
�<br />
z ϕ dS = 0 per ogni ϕ : Γ → R regolare<br />
Γ<br />
e da ciò deve seguire che z = 0 su Γ , nella filosofia del Lemma I.5.53. La <strong>di</strong>mostrazione rigorosa<br />
e completa della (8.14) consiste nel precisare meglio l’ultima costruzione e nel rifare il tutto<br />
nell’ambito degli spazi <strong>di</strong> Sobolev anziché nel quadro C 2 .<br />
8.3. Esempio. Mo<strong>di</strong>fichiamo l’esempio precedente ambientandoci in spazi <strong>di</strong> Hölder (Esempio<br />
I.5.46) anziché <strong>di</strong> Sobolev. Pren<strong>di</strong>amo V = W = C 0,α (Ω) con α ∈ (0, 1) e come D(L) il<br />
sottospazio <strong>di</strong> C 2,α (Ω) costituito dalle funzioni che si annullano al bordo. Ancora l’operatore L<br />
che si ottiene con la seconda delle (8.5) e con il nuovo dominio è chiuso e, soprattutto, ha immagine<br />
chiusa. L’analoga della (8.9) è la <strong>di</strong>suguaglianza<br />
Ω<br />
�v�2,α ≤ M�Lv�0,α per ogni v ∈ D(L) (8.22)<br />
ove la coppia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci k, α denota ora la norma nello spazio C k,α (Ω) . Stime <strong>di</strong> questo tipo sono<br />
dette stime <strong>di</strong> Schauder e a partire da queste si possono <strong>di</strong>mostrare risultati <strong>di</strong> esistenza e unicità<br />
analoghi alla (8.16) nel nuovo quadro funzionale. Precisamente: per ogni f ∈ C 0,α (Ω) esiste una<br />
e una sola u ∈ C 2,α (Ω) nulla al bordo che verifica la prima delle (8.1) con b = 0 e c = 0 .<br />
Cogliamo l’occasione per segnalare che gli spazi C 0 (Ω) e C 2 (Ω) non funzionano in sostituzione<br />
<strong>di</strong> C 0,α (Ω) e <strong>di</strong> C 2,α (Ω) (a meno <strong>di</strong> non essere nel caso “banale” mono<strong>di</strong>mensionale), da cui<br />
l’importanza degli spazi C k,α (Ω) con α ∈ (0, 1) e l’inadeguatezza degli spazi C k,1 (Ω) e C k (Ω) .<br />
8.4. Osservazione. Nei dei due esempi precedenti abbiamo supposto p ∈ (1, +∞) e α ∈ (0, 1) ,<br />
escludendo cioè i casi estremi p = 1 , p = +∞ e α = 1 . Ebbene per ciascuna <strong>di</strong> tali situazioni<br />
esistono controesempi alla conclusione (8.16) già con L = −∆ e qui ne <strong>di</strong>amo uno.<br />
<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />
Ω<br />
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