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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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I teoremi fondamentali <strong>di</strong> Banach<br />

che D(L) è completo se munito della norma intersezione (I.6.4). Ma questa è equivalente alla norma<br />

in W 2,p (Ω) . Dunque l’intersezione è chiusa in W 2,p (Ω) . La (8.9) ci consente <strong>di</strong> dedurre che<br />

l’operatore L è iniettivo e la sua immagine R(L) è chiusa in L p (Ω) . (8.10)<br />

Diamo due <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong> ciò, considerando ciascuno dei due quadri (8.6) e (8.7). Nel primo caso<br />

ve<strong>di</strong>amo che la (8.9) fornisce la (7.4) con V = W 2,p (Ω)∩W 1,p<br />

0 (Ω) e W = L p (Ω) . Inoltre L è chiuso<br />

in quanto è lineare e continuo su un intero spazio <strong>di</strong> Banach. Dunque si applica il Corollario 7.3<br />

e si conclude. Mettiamoci invece nell’ottica (8.7). Allora L è un operatore non limitato chiuso<br />

da L p (Ω) in L p (Ω) . Siamo infatti nelle con<strong>di</strong>zioni della Proposizione 6.12 con V = W = L p (Ω)<br />

se come norma � · �D(L) pren<strong>di</strong>amo appunto quella indotta da W 2,p (Ω) su W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />

0 (Ω) e<br />

la (6.5) segue banalmente dalla (8.9). Siamo dunque nelle ipotesi del Corollario 7.3 dato che anche<br />

la (7.4), che <strong>di</strong>venta �u�p ≤ M�Lu�p , segue banalmente dalla (8.9). Quin<strong>di</strong> ancora conclu<strong>di</strong>amo.<br />

Ricapitolando, qualunque sia l’interpretazione <strong>di</strong> L scelta fra (8.6) e (8.7), vale la (8.10). Stabilito<br />

ciò e ricordato il Teorema 5.5, siamo nelle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> applicare la (5.4): l’equazione Lu = f ha<br />

soluzioni se e solo se f ∈ N(L∗ )⊥ .<br />

Ora la scelta del quadro funzionale fornisce <strong>di</strong>verse nozioni <strong>di</strong> aggiunto ma non <strong>di</strong> ortogonalità in<br />

quanto il codominio W = Lp (Ω) è lo stesso nei due casi. Ora mostriamo che anche il nucleo N(L∗ ) ,<br />

come ci si aspetta, è lo stesso nelle due interpretazioni sebbene i due aggiunti siano <strong>di</strong>versi. Partiamo<br />

dall’impostazione (8.7), che sembra condurre a una situazione più abbordabile. Infatti, effettuata<br />

l’identificazione Lq (Ω) = (Lp (Ω)) ∗ tramite l’isomorfismo <strong>di</strong> Riesz, abbiamo che l’aggiunto L∗ è un<br />

operatore (non limitato) da W ∗ = Lq (Ω) in V ∗ = Lq (Ω) che opera come segue. Sia w∗ ∈ Lq (Ω) .<br />

Allora w∗ ∈ D(L∗ ) se e solo se esiste v∗ ∈ Lq (Ω) , necessariamente unico, tale che<br />

�<br />

Ω<br />

v ∗ �<br />

v dx =<br />

Ω<br />

w ∗ (− <strong>di</strong>v(A∇v)) dx per ogni v ∈ W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />

0 (Ω) (8.11)<br />

e in tali con<strong>di</strong>zioni L ∗ w ∗ = v ∗ . Detto ciò, il significato <strong>di</strong> L ∗ rimane oscuro. Tuttavia noi siamo<br />

interessati solo al nucleo e <strong>di</strong>re che w ∗ ∈ N(L ∗ ) equivale a <strong>di</strong>re che la scelta v ∗ = 0 verifica la<br />

con<strong>di</strong>zione richiesta, cioè che<br />

�<br />

Ω<br />

w ∗ (− <strong>di</strong>v(A∇v)) dx = 0 per ogni v ∈ W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />

0 (Ω) . (8.12)<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora che accade se adottiamo invece l’impostazione (8.6): come preannunciato, dovremmo<br />

arrivare alla stessa conclusione. Ben consapevoli che abusiamo della notazione se denotiamo ancora<br />

con L ∗ l’aggiunto <strong>di</strong> L in quanto, come osservato sopra, l’aggiunto è un operatore <strong>di</strong>verso dal<br />

precedente, abbiamo ora che L ∗ è lineare e continuo da W ∗ = L q (Ω) in V ∗ , duale dello spazio<br />

W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />

0 (Ω) , e, se w∗ ∈ Lq (Ω) , l’elemento v∗ = L∗w∗ è l’unico v∗ ∈ V ∗ , cioè l’unico<br />

funzionale lineare e continuo su W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />

〈v ∗ �<br />

, v〉 =<br />

Ω<br />

0 (Ω) , che verifica<br />

w ∗ (− <strong>di</strong>v(A∇v)) dx per ogni v ∈ W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />

0 (Ω) . (8.13)<br />

Ma anche in questo caso siamo interessati solo al nucleo e la con<strong>di</strong>zione w ∗ ∈ N(L ∗ ) , cioè v ∗ = 0<br />

nella (8.13), equivale ancora alla (8.12). Siamo pertanto arrivati effettivamente alla stessa conclusione,<br />

vale a <strong>di</strong>re, N(L ∗ ) è lo stesso sottospazio <strong>di</strong> L q (Ω) nelle due interpretazioni <strong>di</strong> L . Ora però<br />

dobbiamo proprio trovare il nucleo. A questo proposito e in vista degli esempi successivi <strong>di</strong>amo una<br />

serie <strong>di</strong> risultati. Il primo riguarda le tre con<strong>di</strong>zioni seguenti, nelle quali z ∈ W 2,r (Ω) e g ∈ L r (Ω)<br />

per un certo r ∈ (1, +∞) :<br />

i) z ∈ W 1,r<br />

0<br />

ii) z ∈ W 1,r<br />

0<br />

iii)<br />

�<br />

Ω<br />

<strong>Analisi</strong> <strong>Funzionale</strong><br />

(Ω) e − <strong>di</strong>v(A∇z) = g<br />

�<br />

�<br />

(Ω) e (A∇z) · ∇v dx =<br />

Ω<br />

z(− <strong>di</strong>v(A T ∇v)) dx =<br />

�<br />

Ω<br />

Ω<br />

gv dx per ogni v ∈ W 1,r′<br />

0 (Ω)<br />

gv dx per ogni v ∈ W 2,r′ (Ω) ∩ W 1,r′<br />

0 (Ω).<br />

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