G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
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Capitolo 7<br />
seconde mentre la norma in W 2,p contiene tutte le derivate seconde (oltre a quelle <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne < 2 ).<br />
Occorre inoltre supporre 1 < p < +∞ , cioè evitare i casi estremi p = 1 e p = +∞ .<br />
Fissiamo le ipotesi. Imponiamo ai coefficienti la regolarità che rende <strong>di</strong> classe C 1 anche i<br />
coefficienti dell’equazione (1.13). In tal modo, da un lato, risultano corretti contemporaneamente<br />
tutti i casi che incontreremo e, dall’altro, vale senz’altro l’interpretazione classica dei problemi dato<br />
e aggiunto (che introdurremo) nel caso <strong>di</strong> soluzioni <strong>di</strong> classe C 2 . Tuttavia tale regolarità è sovrabbondante<br />
e può essere indebolita <strong>di</strong> volta in volta (anche <strong>di</strong> molto, come vedremo esplicitamente in<br />
un punto della trattazione). Nella (8.1) A è una matrice d × d <strong>di</strong> funzioni aij ∈ C 2 (Ω) , b è un<br />
vettore con componenti bi ∈ C 1 (Ω) e c ∈ C 1 (Ω) . Supponiamo che A sia uniformemente ellittica:<br />
(A(x)ξ) · ξ ≥ α|ξ| 2 per ogni ξ ∈ R d e ogni x ∈ Ω (8.4)<br />
per qualche costante α > 0 . Notiamo esplicitamente che la (8.4) rimane (banalmente) inalterata<br />
se la matrice A è sostituita dalla sua trasposta A T . Questa osservazione sarà utile nel seguito.<br />
Lo scopo finale è quello <strong>di</strong> dare con<strong>di</strong>zioni per la risolubilità del problema ai limiti (8.1). La<br />
via passa per la costruzione <strong>di</strong> certi operatori definiti in certi domini, e la scelta non è obbligata,<br />
nemmeno quando sia stato sostanzialmente fissato il quadro funzionale. Ad esempio, anche se si è<br />
deciso <strong>di</strong> operare nell’ambito degli spazi <strong>di</strong> Sobolev, rimane una certa arbitrarietà nella scelta del<br />
dominio e scelte <strong>di</strong>verse portano a <strong>di</strong>versi operatori. In ogni caso dovremo vedere se gli operatori<br />
ottenuti hanno o meno immagine chiusa e questa verifica può passare per il fatto che essi siano<br />
chiusi o meno. Il controllo <strong>di</strong> queste proprietà e l’identificazioni degli operatori coinvolti si basano<br />
su stime a priori e risultati <strong>di</strong> regolarità che valgono per domini Ω regolari nelle ipotesi fatte sui<br />
coefficienti e sull’ipotesi su p , che riba<strong>di</strong>amo e accompagnamo a una notazione semplificativa:<br />
p ∈ (1, +∞) e q = p ′ .<br />
Su alcuni <strong>di</strong> questi punti, tuttavia, torneremo in un’osservazione successiva. Separiamo la trattazione<br />
in vari spezzoni che presentiamo nella forma <strong>di</strong> esempi.<br />
8.1. Esempio. Supponiamo dapprima b = 0 e c = 0 e definiamo D(L) e L me<strong>di</strong>ante<br />
D(L) = W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />
0 (Ω) e Lv = − <strong>di</strong>v(A∇v) per v ∈ D(L) . (8.5)<br />
Inten<strong>di</strong>amo vedere L contemporaneamente nei due aspetti<br />
L è lineare e continuo da W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />
0 (Ω) in L p (Ω) (8.6)<br />
L è lineare non limitato da L p (Ω) in L p (Ω). (8.7)<br />
Naturalmente, nel primo caso, W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />
0 (Ω) è munito della norma indotta da W 2,p (Ω) .<br />
Tuttavia serve un commento. Ricor<strong>di</strong>amo che, per definizione, W 1,p<br />
0 (Ω) è la chiusura <strong>di</strong> C ∞ c (Ω)<br />
in W 1,p (Ω) (ve<strong>di</strong> (II.3.6)) e osserviamo che D(L) non è W 2,p<br />
0 (Ω) . Per esempio, se v ∈ C 2 (Ω) ,<br />
si ha senz’altro v ∈ W 2,p (Ω) , ma risulta v ∈ W 1,p<br />
0 (Ω) se e solo se v = 0 su Γ . Al contrario<br />
(sempre per v ∈ C 2 (Ω) ) v appartiene a W 2,p<br />
0 (Ω) se e solo se v = 0 e ∇v = 0 su Γ . Dunque<br />
l’appartenenza <strong>di</strong> v al dominio D(L) dell’operatore L comporta una certa regolarità <strong>di</strong> v e<br />
l’annullamento al bordo della sola v in un senso generalizzato. Lo scopo principale è vedere che<br />
l’immagine R(L) è chiusa in L p (Ω) . Si possono <strong>di</strong>mostrare i fatti seguenti:<br />
i) W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />
0 (Ω) è un sottospazio chiuso <strong>di</strong> W 2,p (Ω) (8.8)<br />
ii) �v�2,p ≤ M�Lv�p per ogni v ∈ W 2,p (Ω) ∩ W 1,p<br />
0 (Ω) (8.9)<br />
per una certa costante M > 0 . Si noti che la (8.9) generalizza la (8.3), ma la sua <strong>di</strong>mostrazione,<br />
<strong>di</strong>fficile e complessa, non può trovare spazio in questa sede. Al contrario la (8.8) si controlla<br />
facilmente, come ora mostriamo. Applichiamo il Teorema I.6.1 con V = W 2,p (Ω) , W = W 1,p<br />
0 (Ω) e,<br />
ad esempio, Z = W 1,p (Ω) nella costruzione dello spazio intersezione e il Teorema II.1.6. Deduciamo<br />
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Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>