G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
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Capitolo 7<br />
or<strong>di</strong>ne ≤ k or<strong>di</strong>nate in qualche modo. Allora H k,p (Ω) è proprio il dominio della chiusura � L<br />
dell’operatore L , chiusura che si esprime con la stessa formula v ↦→ {D α v} ove ora v ∈ H k,p (Ω)<br />
e le derivate sono intese come limiti in L p (Ω) <strong>di</strong> derivate <strong>di</strong> approssimanti regolari (derivate forti).<br />
A posteriori tali derivate sono esattamente le derivate deboli (Teorema “H=W”).<br />
Un esempio <strong>di</strong> operatore lineare non chiu<strong>di</strong>bile è invece il seguente: pren<strong>di</strong>amo, in ambito reale,<br />
V = L 1 (0, 1) , W = R e D(L) = C 0 [0, 1] e definiamo Lv = v(0) per v ∈ D(L) . Allora L è<br />
lineare e la chiusura del suo grafico in V × R è l’intero spazio V × R , che ovviamente non è un<br />
grafico. Infatti, presa ad arbitrio la coppia (v, λ) ∈ V × R , esiste una successione {vn} <strong>di</strong> funzioni<br />
<strong>di</strong> C ∞ c (0, 1) che converge a v in V . Allora converge a v in V anche la successione {un} data<br />
dalla formula un(x) = vn(x) + λ(1 − nx) + . D’altra parte un ∈ D(L) e Lun = λ per ogni n , per<br />
cui {(un, Lun)} è una successione <strong>di</strong> elementi <strong>di</strong> G(L) che converge a (v, λ) nel prodotto.<br />
7. Immagini chiuse<br />
Sappiamo che la (5.4) è legata al fatto che l’immagine dell’operatore in questione sia chiusa. La<br />
<strong>di</strong>scussione <strong>di</strong> questa proprietà è l’oggetto del paragrafo. Diamo risultati in due contesti <strong>di</strong>fferenti:<br />
i) il primo tipo riguarda gli operatori chiusi, nell’ambito dei quali caratterizziamo la proprietà <strong>di</strong><br />
chiusura dell’immagine; ii) il secondo fa intervenire la nozione <strong>di</strong> operatore compatto.<br />
Il primo risultato nella <strong>di</strong>rezione i) , che enunciamo senza <strong>di</strong>mostrarlo e che pure è dovuto<br />
a Banach, completa, nel caso <strong>di</strong> operatori chiusi, il precedente Teorema 5.5 più semplice. Noi,<br />
tuttavia, ci accontenteremo <strong>di</strong> abbinare il Teorema 5.5 al risultato successivo il quale, sempre<br />
nell’ambito degli operatori chiusi, caratterizza quelli a immagine chiusa per mezzo <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni<br />
che, nelle applicazioni concrete, consistono in stime a priori.<br />
7.1. Teorema (dell’immagine chiusa). Siano V e W due spazi <strong>di</strong> Banach. Sia inoltre<br />
L : D(L) ⊆ V → W un operatore lineare, chiuso, con dominio denso in V . Allora sono equivalenti<br />
fra loro le con<strong>di</strong>zioni seguenti<br />
i) R(L) è chiuso, ii) R(L ∗ ) è chiuso, iii) R(L) = N(L ∗ )⊥, iv) R(L ∗ ) = N(L) ⊥<br />
ove le proprietà <strong>di</strong> chiusura in i) e in ii) sono intese in W e in V ∗ rispettivamente.<br />
7.2. Teorema. Siano V e W due spazi <strong>di</strong> Banach e sia L : D(L) ⊆ V → W un operatore<br />
lineare chiuso. Allora il sottospazio R(L) è chiuso in W se e solo se esiste una costante M tale che<br />
(7.1)<br />
inf{�v� : v ∈ D(L) e Lv = Lu} ≤ M�Lu� per ogni u ∈ D(L) . (7.2)<br />
Dimostrazione. Poniamo per como<strong>di</strong>tà V0 = D(L) e muniamo V0 della norma del grafico. Per il<br />
Teorema 6.11, V0 è uno spazio <strong>di</strong> Banach e risulta L ∈ L(V0; W ) . Applicato allora il punto iv) del<br />
Teorema 3.19 agli spazi V0 e W e all’operatore L e seguite le altre sue notazioni, deduciamo che R(L)<br />
è chiuso in W se e solo se l’applicazione I −1 : R(L) → V• è continua. D’altra parte ora mostriamo che<br />
la (7.2) equivale all’esistenza <strong>di</strong> M > 0 tale che<br />
inf{�v�G : v ∈ D(L) e Lv = Lu} ≤ M�Lu� per ogni u ∈ D(L) (7.3)<br />
ove � · �G è data dalla (6.3). Infatti, fissato u ∈ D(L) , se v ∈ D(L) e Lv = Lu , si ha �v�G = �v� + �Lu� .<br />
Allora, se denotiamo con λ e λG i primi membri delle <strong>di</strong>suguaglianze (7.2) e (7.3), abbiamo λG = λ+�Lu�<br />
e l’equivalenza delle due con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>venta ovvia. Basta pertanto verificare che l’esistenza <strong>di</strong> M verificante<br />
la (7.3) equivale alla continuità <strong>di</strong> I −1 . Esplicitiamo le quantità della (7.3), osservando che, per ogni<br />
u, v ∈ D(L) = V0 , l’uguaglianza Lu = Lv equivale a u − v ∈ N(L) , vale a <strong>di</strong>re all’uguaglianza πv = πu .<br />
Per ogni x ∈ V• e per ogni u ∈ x abbiamo dunque<br />
Pertanto la (7.3) <strong>di</strong>venta<br />
inf{�v�G : v ∈ D(L) e Lv = Lu} = �πu�• = �x�• e Lu = L•x = Ix.<br />
�x�• ≤ M�Ix� per ogni x ∈ V• cioè �I −1 w�• ≤ M�w� per ogni w ∈ R(L)<br />
e quin<strong>di</strong> l’esistenza <strong>di</strong> M che rende vera la (7.3) equivale alla continuità <strong>di</strong> I −1 .<br />
172<br />
Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>