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G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Capitolo 7<br />

Il fatto che (6.3) definisca effettivamente una norma e il motivo del nome che le abbiamo<br />

attribuito sono chiariti nel risultato successivo. Naturalmente, poi, si chiamano con lo stesso nome<br />

anche altre norme, equivalenti alla (6.3), che si usano comunemente. Ad esempio<br />

�x� = max{�x�V , �Lx�W } oppure �x�G = (�x� 2 V + �Lx� 2 W ) 1/2 . (6.4)<br />

La seconda <strong>di</strong> queste è prehilbertiana se tali sono le norme <strong>di</strong> V e <strong>di</strong> W . Infatti, la formula<br />

(x, y) = (x, y)V + (Lx, Ly)W , ove ( · , · )V e ( · , · )W sono i prodotti scalari che inducono le date<br />

norme <strong>di</strong> V e <strong>di</strong> W , definisce un prodotto scalare in D(L) che induce la norma considerata.<br />

Nel risultato successivo, quando si parla <strong>di</strong> isometria, resta inteso che la norma in V × W è<br />

definita dalla formula �(v, w)� = �v�V + �w�W . Se si prendono altre norme equivalenti in D(L) ,<br />

ad esempio una delle (6.4) o altre analoghe, tutto continua a valere se si sceglie coerentemente la<br />

norma nello spazio prodotto.<br />

Riteniamo inoltre più che opportuno osservare che lo stesso risultato consente, in particolare,<br />

<strong>di</strong> vedere ogni operatore L : D(L) ⊆ V → W contemporaneamente come<br />

i) operatore non limitato da V in W<br />

ii) operatore lineare e continuo da D(L) in W<br />

nel primo caso nel senso letterale della Definizione III.1.11, nel secondo rispetto alla norma del<br />

grafico in D(L) e alla norma data in W . Si noti però che, nelle due interpretazioni i) e ii) , la<br />

nozione <strong>di</strong> operatore aggiunto è <strong>di</strong>versa: i) l’aggiunto è un operatore lineare, <strong>di</strong> solito non limitato,<br />

definito in un sottospazio <strong>di</strong> W ∗ a valori in V ∗ ; ii) l’aggiunto è un operatore lineare e continuo<br />

definito su tutto W ∗ e a valori nel duale dello spazio ottenuto munendo D(L) della norma del<br />

grafico. Nei casi concreti, le due possibilità bilanciano vantaggi e svantaggi: nel primo caso può<br />

essere facile trattare con i duali, ma vi è il problema della determinazione del dominio dell’aggiunto;<br />

nel secondo tale problema non sussiste, ma la rappresentazione dell’aggiunto in termini concreti è<br />

resa complessa dalla natura del suo codominio.<br />

6.11. Teorema. Nelle ipotesi della Definizione 6.10, la (6.3) definisce una norma che rende<br />

continuo l’operatore L da (D(L), � · �G) in (W, � · �W ) . Inoltre l’applicazione LG : D(L) → G(L)<br />

definita dalla formula LG(x) = (x, Lx) per x ∈ D(L) è un isomorfismo isometrico <strong>di</strong> (D(L), � · �G)<br />

sul grafico G(L) <strong>di</strong> L con la norma indotta da V × W . Infine, se V e W sono spazi <strong>di</strong> Banach,<br />

allora (D(L), � · �G) è <strong>di</strong> Banach se e solo se L : D(L) ⊆ V → W è un operatore chiuso.<br />

Dimostrazione. La verifica che la (6.3) effettivamente definisca una norma è <strong>di</strong> tipo standard. Vale poi<br />

banalmente la <strong>di</strong>suguaglianza �Lx�W ≤ �x�G per ogni x ∈ D(L) , la quale mostra che L è continuo da<br />

(D(L), � · �G) in (W, � · �W ) . Per quanto riguarda il resto del teorema, il fatto che l’applicazione LG sia un<br />

isomorfismo isometrico è evidente, data la linearità <strong>di</strong> L . Segue allora anche l’ultima parte. Infatti D(L)<br />

è completo rispetto alla norma del grafico se e solo se G(L) , che è uno sottospazio dello spazio <strong>di</strong> Banach<br />

V × W , è completo rispetto alla norma indotta e ciò avviene se e solo se G(L) è un sottoinsieme chiuso<br />

<strong>di</strong> V × W (Teorema II.1.6).<br />

6.12. Proposizione. Siano (V, � · �V ) e (W, � · �W ) due spazi <strong>di</strong> Banach e L : D(L) ⊆ V → W<br />

un operatore lineare. Si supponga che esista una norma � · � D(L) in D(L) che verifichi le tre con<strong>di</strong>zioni<br />

seguenti: i) (D(L), � · � D(L)) è completo; ii) l’immersione <strong>di</strong> (D(L), � · � D(L)) in (V, � · �V )<br />

è continua; iii) L è continuo da (D(L), � · � D(L)) in (W, � · �W ) . Allora L è chiuso se e solo se<br />

esiste una costante M > 0 tale che<br />

�v� D(L) ≤ M(�v�V + �Lv�W ) per ogni v ∈ D(L) . (6.5)<br />

Dimostrazione. Abbiamo �v�V ≤ c�v� D(L) e �Lv�W ≤ c�v� D(L) per una certa costante c e per ogni<br />

v ∈ D(L) grazie alle ipotesi ii) e iii) rispettivamente. Deduciamo che<br />

170<br />

�v�G ≤ 2c�v� D(L) per ogni v ∈ D(L) (6.6)<br />

Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>

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