G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
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Capitolo 7<br />
4.4. Osservazione. Per definizione, dunque, vale la (4.3) anche nel caso complesso. Conviene<br />
però vedere come la definizione precedente sia collegata alla Definizione 4.1. Nel caso complesso,<br />
infatti, l’identificazione <strong>di</strong> uno spazio <strong>di</strong> Hilbert con il suo duale può essere poco opportuna. Per<br />
meglio chiarire la situazione denotiamo con L ′ il trasposto <strong>di</strong> L nel senso della Definizione 4.1.<br />
Denotiamo inoltre con RV e RW gli operatori <strong>di</strong> Riesz, che sono isomorfismi nel caso reale e<br />
anti-isomorfismi nel caso complesso. Partiamo dalla formula<br />
〈L ′ w ∗ , v〉 = 〈w ∗ , Lv〉 per ogni v ∈ D(L) e w ∗ ∈ D(L ′ )<br />
e osserviamo che D(L ∗ ) coincide con l’insieme dei w ∈ W tali che RW w ∈ D(L ′ ) . Riscriviamo<br />
ora la formula precedente con w ∗ = RW w , osservando che, per quanto appena detto, è equivalente<br />
far variare w ∗ in D(L ′ ) oppure w ∈ D(L ∗ ) . Abbiamo per ogni v ∈ D(L)<br />
〈L ′ RW w, v〉 = 〈RW w, Lv〉.<br />
Trasformiamo ora i due membri usando le definizioni degli operatori in gioco. Abbiamo<br />
〈L ′ RW w, v〉 = (v, R −1<br />
V L′ RW w) = (R −1<br />
V L′ RW w, v)<br />
〈RW w, Lv〉 = (Lv, w) = (w, Lv).<br />
Dunque (R −1<br />
V L′ RW w, v) = (w, Lv) e il confronto con la (4.3) fornisce<br />
L ∗ = R −1<br />
V L′ RW . (4.5)<br />
Se, nel caso reale, si identificano V e W ai rispettivi duali, si ritrova L ∗ = L ′ . In caso contrario<br />
quello è il legame fra i due operatori. Notiamo che nel caso complesso il secondo membro è la<br />
composizione <strong>di</strong> tre operatori dei quali uno lineare e due antilineari. Il prodotto, giustamente, resta<br />
lineare. Facciamo infine osservare che, quando i due operatori L ′ e L ∗ sono <strong>di</strong>stinti perché non<br />
si sono identificati V e W ai rispettivi duali, il nome aggiunto è <strong>di</strong> solito riservato al secondo,<br />
mentre il primo viene più comunemente detto trasposto o duale <strong>di</strong> L .<br />
Cogliamo l’occasione per introdurre l’importante nozione <strong>di</strong> operatore autoaggiunto, il che<br />
corrisponde a <strong>di</strong>re che L è l’aggiunto <strong>di</strong> se stesso, cioè che L ∗ = L . L’ambito naturale è quello <strong>di</strong><br />
un solo spazio <strong>di</strong> Hilbert.<br />
4.5. Definizione. Siano H uno spazio <strong>di</strong> Hilbert e L : D(L) ⊆ H → H un operatore non<br />
limitato. Si <strong>di</strong>ce che H è autoaggiunto quando L ∗ = L , cioè quando<br />
D(L ∗ ) = D(L) e (Lw, v) = (w, Lv) per ogni v, w ∈ D(L) . (4.6)<br />
Riba<strong>di</strong>amo che la seconda delle (4.6) da sola ha un significato <strong>di</strong>verso, e si esprime <strong>di</strong>cendo che<br />
L è un operatore simmetrico o un operatore hermitiano a seconda che K sia R o C : essa afferma<br />
solo che L ∗ prolunga L e non che L ∗ e L sono lo stesso operatore. Perché L sia autoaggiunto<br />
occorre che esso sia simmetrico o hermitiano nei due casi e che il suo dominio sia sufficientemente<br />
grande, precisamente grande al punto che la formula (4.2), adattata al caso hilbertiano che stiamo<br />
considerando, non produca elementi nuovi rispetto a quelli <strong>di</strong> D(L) .<br />
5. Ortogonalità<br />
Siano V e W due spazi <strong>di</strong> Banach e L : D(L) ⊆ V → W un operatore lineare non limitato.<br />
Fissato w ∈ W , proprio per definizione <strong>di</strong> R(L) , l’equazione Lu = w <strong>di</strong> incognita u ∈ D(L) ha<br />
soluzioni se e solo se w ∈ R(L) , ma ciò non <strong>di</strong>ce nulla <strong>di</strong> nuovo. Si impone pertanto il problema <strong>di</strong><br />
trovare una caratterizzazione dell’immagine R(L) comoda nelle applicazioni, e questo è l’oggetto<br />
del paragrafo. I risultati che daremo fanno intervenire l’aggiunto <strong>di</strong> L , per cui si richiede la densità<br />
del dominio, e una nozione <strong>di</strong> ortogonalità che ora introduciamo riprendendo anche una definizione<br />
che avevamo già anticipato nell’enunciato del Teorema III.3.10.<br />
166<br />
Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>