G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica
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Capitolo 7<br />
3.19. Teorema. Siano V e W due spazi normati e L ∈ L(V ; W ) . Siano inoltre V• = V/N(L)<br />
lo spazio quoziente e π : V → V• la proiezione canonica. Allora esiste una e una sola funzione<br />
L• : V• → W tale che L = L• ◦ π . Valgono inoltre le proprietà seguenti: i) L• è lineare e<br />
iniettiva; ii) R(L•) = R(L) ; iii) L• ∈ L(V•; W ) e �L•� = �L� ; iv) se V e W sono <strong>di</strong> Banach,<br />
fattorizzato L• come L• = j ◦ I ove I : V• → R(L) e j : R(L) → W è l’immersione, I è un<br />
isomorfismo se e solo se R(L) è un chiuso <strong>di</strong> W .<br />
Dimostrazione. Per maggior chiarezza anticipiamo il <strong>di</strong>agramma delle applicazioni, date o da costruire:<br />
W<br />
L<br />
↗ ↖<br />
j<br />
�<br />
⏐<br />
V ⏐ L• R(L)<br />
π ↘ ↗ I<br />
V•<br />
Innanzi tutto osserviamo che N(L) è un sottospazio chiuso <strong>di</strong> V , per cui V• è un ben definito spazio<br />
normato. Se L• : V• → W verifica L = L• ◦ π allora, per ogni x ∈ V• e v ∈ x , deve essere L•x =<br />
L•(πx) = Lv , da cui l’unicità. Per <strong>di</strong>mostrare l’esistenza <strong>di</strong> L• , controlliamo che, per ogni x ∈ V• , la<br />
formula L•x = Lv , ove v ∈ x , effettivamente ha senso, cioè non <strong>di</strong>pende dal rappresentante v ∈ x . Sia<br />
infatti v ′ ∈ x un altro rappresentante. Allora v − v ′ ∈ N(L) , da cui Lv = Lv ′ . Verifichiamo che L• è<br />
lineare. Siano x, y ∈ V• e α, β ∈ K . Siano inoltre u ∈ x e v ∈ y . Allora αu+βv ∈ αx+βy (per definizione<br />
<strong>di</strong> struttura vettoriale nel quoziente), per cui L•(αx + βy) = L(αu + βv) = αLu + βLv = αL•x + βL•u .<br />
L’iniettività <strong>di</strong> L• è imme<strong>di</strong>ata: se L•x = 0 allora Lv = 0 per ogni v ∈ x , cioè v ∈ N(L) , da cui x = N(L)<br />
(lo zero <strong>di</strong> V• ) dato che l’inclusione fra classi <strong>di</strong> equivalenza implica la loro uguaglianza. Ciò prova la i) e la<br />
ii) è del tutto ovvia. Passiamo alla iii) . Siano x ∈ V• e v ∈ x . Allora �L•x�W = �Lv�W ≤ �L� �v�V da<br />
cui, passando all’estremo inferiore, �L•x�W ≤ �L� �x�• . Ciò mostra che L• è continuo che �L•� ≤ �L� .<br />
Sia ora v ∈ V . Allora �Lv�W = �L•πv�W ≤ �L•� �πv�• ≤ �L•� �v�V , da cui �L� ≤ �L•� . Infine,<br />
venendo a iv) , supponiamo V e W completi e osserviamo che anche V• è completo per il Teorema II.1.6 e<br />
che I è un isomorfismo algebrico continuo. Se I è un isomorfismo, allora anche R(L) è completo, dunque<br />
chiuso in W . Viceversa, se R(L) è chiuso in W , allora esso è completo e I è un isomorfismo algebrico<br />
continuo dello spazio <strong>di</strong> Banach V• sullo spazio <strong>di</strong> Banach R(L) , dunque un isomorfismo per il Teorema<br />
dell’applicazione aperta (Corollario VII.3.5).<br />
Passiamo al prossimo teorema, anche questo dovuto a Banach, che possiamo facilmente derivare<br />
dal Teorema dell’applicazione aperta.<br />
3.20. Teorema (del grafico chiuso). Siano V e W due spazi <strong>di</strong> Banach e L : V → W un<br />
operatore lineare. Se il grafico G(L) <strong>di</strong> L è chiuso in V × W , allora L è continuo.<br />
Dimostrazione. Consideriamo l’operatore lineare L1 : V → G(L) definito da L1x = (x, Lx) e, osservato<br />
che esso è un isomorfismo algebrico, denotiamo con I : G(L) → V il suo inverso L −1<br />
1 . Ora notiamo<br />
anche che G(L) è uno spazio <strong>di</strong> Banach rispetto alla norma indotta da quella dello spazio prodotto V × W<br />
in quanto quest’ultimo è completo per il Teorema II.1.6 e G(L) è chiuso. Infine osserviamo che I è la<br />
restrizione a G(L) dell’operatore <strong>di</strong> proiezione P : V × W → V definito da (v, w) ↦→ v , v ∈ V . Siccome<br />
P è continuo, anche I è un operatore continuo. Dunque esso è un isomorfismo, grazie al Corollario 3.5. Ma<br />
ciò implica che L1 = I −1 è continuo, da cui imme<strong>di</strong>atamente la continuità <strong>di</strong> L .<br />
3.21. Osservazione. Talora le conseguenze del Teorema dell’applicazione aperta vengono attribuite<br />
al Teorema del grafico chiuso e il motivo è il seguente: se si <strong>di</strong>mostra quest’ultimo prima<br />
dell’altro (il che si può fare), quello può essere dedotto, cioè lo stesso Teorema dell’applicazione<br />
aperta è una conseguenza del Teorema del grafico chiuso. Nell’esercizio successivo viene data una<br />
traccia <strong>di</strong> una possibile deduzione.<br />
3.22. Esercizio. Siano V e W due spazi <strong>di</strong> Banach e L ∈ L(V ; W ) un’applicazione suriettiva.<br />
i) Si supponga dapprima che L sia un isomorfismo algebrico e, applicando il Teorema del grafico<br />
chiuso a L −1 , si <strong>di</strong>mostri che L è un isomorfismo. ii) Nel caso generale si introducano le notazioni<br />
del Teorema 3.19 (tranne la fattorizzazione L• = j ◦I , ora inutile dato che R(L) = W per ipotesi),<br />
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Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>