G. Gilardi, Analisi Funzionale - Dipartimento di Matematica

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Capitolo 4 Ma ciò significa che (1 + ε 2 )uε| (0,+∞) è la derivata debole di ε 2 u ′ ε| (0,+∞) , cioè che la funzione uε risolve l’equazione differenziale (ε 2 u ′ ε) ′ = (1 + ε 2 )uε in (0, +∞) . Siccome questa è un’equazione lineare a coefficienti costanti e le soluzioni deboli di equazioni di questo tipo sono tutte e sole le soluzioni classiche, deduciamo che la restrizione di uε a (0, +∞) è una combinazione lineare delle due funzioni esponenziali x ↦→ exp(±λεx) ove λε = ε −1 (1 + ε 2 ) 1/2 . Dovendo essere uε ∈ V , deduciamo che deve valere una rappresentazione del tipo uε(x) = cε exp(−λεx) per x > 0 , ove cε ∈ R rimane da determinare. Analogamente si vede che uε(x) = c ′ ε exp(λεx) per x < 0 per una certa c ′ ε ∈ R e l’immersione V ⊂ C 0 b (R) implica c′ ε = cε . Pertanto uε(x) = cε exp(−λε|x|) per x ∈ R e ora determiniamo cε . Ciò può essere fatto semplicemente scegliendo nella (5.14) una funzione v ∈ V di tipo non ancora sfruttato, cioè verificante v(0) �= 0 , e una possibilità che minimizza i calcoli è prendere v = vε data dalla formula vε(x) = exp(−λε|x|) . Infatti uε = cεvε e (v ′ ε) 2 = λ 2 εv 2 ε , per cui si trova cε(1 + ε 2 λ 2 ε + ε 2 )Iε = 1 , dove Iε è l’integrale di v 2 ε , cioè 1/λε . Concludiamo che cε = (2ε(1 + ε 2 ) 1/2 ) −1 . Notiamo che la convergenza uε → f in V ∗ significa lim ε→0 sup |〈uε, v〉 − 〈f, v〉| = 0 cioè lim �v�=1 ε→0 il che non è banale da dimostrare direttamente. sup �v�1,2=1 �� � +∞ � � −∞ cε e −λε|x| v(x) dx − v(0) � � � � = 0 5.12. Osservazione. Il discorso astratto del punto 5.8 può proseguire nella direzione di convergenze in norme via via più forti, in ipotesi su f corrispondentemente più restrittive: prima f ∈ V e Rf ∈ H , poi f ∈ V e Rf ∈ V , eccetera. Ad esempio, nella prima delle due ipotesi abbiamo Ruε → Rf in H , come chiaramente emerge dall’ultima parte della dimostrazione fatta sopra. Nel caso concreto dell’osservazione precedente, grazie ai risultati di regolarità per le equazioni di tipo ellittico, procedere in questo modo significa supporre f appartenente allo spazio di Sobolev H k (R d ) con k via via più elevato e a ottenere la convergenza nello stesso spazio. 5.13. Esercizio. Siano f ∈ L 2 (R d ) e k un intero positivo. Usare direttamente la tecnica delle perturbazioni singolari (cioè non l’osservazione precedente) per costruire una famiglia {uε} di funzioni appartenenti ad H k (R d ) che converge a f in L 2 (R d ) per ε → 0 + . 96 Gianni Gilardi

Capitolo 5 Il Teorema di Hahn-Banach Partiamo da un esempio che mostra che esistono spazi vettoriali topologici, anche apparentemente “belli”, il cui duale è estremamente povero. Sia Ω un aperto limitato di Rd e sia M(Ω) lo spazio delle (classi di) funzioni misurabili v : Ω → K munito della metrica definita da � d(u, v) = tanh |u(x) − v(x)| dx, u, v ∈ M(Ω). Ω Effettivamente d è una metrica e M(Ω) diventa addirittura sia uno spazio metrico completo sia uno spazio vettoriale topologico. Ebbene, l’unico funzionale f : M(Ω) → K lineare e continuo è il funzionale nullo. Siccome niente di quanto abbiamo detto è banale da giustificare, preferiamo soprassedere: ci premeva solo andare un poco oltre una semplice affermazione. L’esistenza di funzionali lineari e continui non banali non è dunque un problema di poco conto: essa non può infatti dipendere dalla sola struttura di spazio vettoriale topologico. Negli spazi normati le cose vanno molto meglio, grazie al Teorema di Hahn-Banach, caposaldo dell’Analisi Funzionale e argomento centrale del capitolo. Benché le sue applicazioni possano essere estese a una categoria più vasta di quella degli spazi normati, noi ci limiteremo a quest’ultima. Per meglio mettere in evidenza il ruolo del Teorema di Hahn-Banach, presentiamo in questo stesso capitolo un numero consistente di applicazioni. Ciò ci porta a introdurre una quantità di concetti, per alcuni dei quali diamo anche qualche elemento dello sviluppo della relativa teoria. 1. Forma analitica del Teorema di Hahn-Banach Vari problemi dell’Analisi Funzionale dipendono più precisamente dalla possibilità di estendere a tutto lo spazio ambiente funzionali definiti solo in un sottospazio vettoriale. Nel caso hilbertiano tutto va bene: addirittura gli operatori possono essere estesi grazie al Teorema delle proiezioni. Vediamo in concreto come si possa porre il problema e risolverlo in tale caso. Siano H e H ′ due spazi di Hilbert, H0 un sottospazio di H e L : H0 → H ′ un operatore lineare e continuo. Innanzi tutto, sfruttando la completezza di H ′ , è possibile estendere (in modo unico) L a un operatore lineare e continuo definito sulla chiusura di H0 grazie alla Proposizione III.1.12. Per non complicare le notazioni supponiamo che già H0 sia chiuso. Allora detto P l’operatore di proiezione di H su H0 , L ◦ P è un operatore lineare e continuo da H in H ′ che prolunga L . Nel caso degli spazi normati, invece, non vi è un metodo generale di prolungamento degli operatori. Tuttavia almeno i funzionali, cioè gli operatori a valori nello spazio degli scalari, si possono prolungare se si accetta l’assioma della scelta. Enunciamo e dimostriamo il Teorema di Hahn-Banach in una forma sufficientemente generale ma relativa al caso degli spazi reali. Di seguito vediamo il caso complesso e le numerose applicazioni. 1.1. Teorema (di Hahn-Banach, caso reale). Siano V uno spazio vettoriale reale, V0 un suo sottospazio vettoriale e ϕ ∈ Hom(V0; R) . Sia inoltre p : V → R una funzione subadditiva e positivamente omogenea, cioè verificante p(x + y) ≤ p(x) + p(y) e p(λx) = λp(x) per ogni x, y ∈ V e λ > 0 . (1.1) Se ϕ(v) ≤ p(v) per ogni v ∈ V0 , allora esiste f ∈ Hom(V ; R) che prolunga ϕ e verifica la disuguaglianza f(x) ≤ p(x) per ogni x ∈ V .

Capitolo 4<br />

Ma ciò significa che (1 + ε 2 )uε| (0,+∞) è la derivata debole <strong>di</strong> ε 2 u ′ ε| (0,+∞) , cioè che la funzione uε<br />

risolve l’equazione <strong>di</strong>fferenziale (ε 2 u ′ ε) ′ = (1 + ε 2 )uε in (0, +∞) . Siccome questa è un’equazione<br />

lineare a coefficienti costanti e le soluzioni deboli <strong>di</strong> equazioni <strong>di</strong> questo tipo sono tutte e sole le<br />

soluzioni classiche, deduciamo che la restrizione <strong>di</strong> uε a (0, +∞) è una combinazione lineare delle<br />

due funzioni esponenziali x ↦→ exp(±λεx) ove λε = ε −1 (1 + ε 2 ) 1/2 . Dovendo essere uε ∈ V ,<br />

deduciamo che deve valere una rappresentazione del tipo uε(x) = cε exp(−λεx) per x > 0 , ove<br />

cε ∈ R rimane da determinare. Analogamente si vede che uε(x) = c ′ ε exp(λεx) per x < 0 per<br />

una certa c ′ ε ∈ R e l’immersione V ⊂ C 0 b (R) implica c′ ε = cε . Pertanto uε(x) = cε exp(−λε|x|)<br />

per x ∈ R e ora determiniamo cε . Ciò può essere fatto semplicemente scegliendo nella (5.14)<br />

una funzione v ∈ V <strong>di</strong> tipo non ancora sfruttato, cioè verificante v(0) �= 0 , e una possibilità che<br />

minimizza i calcoli è prendere v = vε data dalla formula vε(x) = exp(−λε|x|) . Infatti uε = cεvε<br />

e (v ′ ε) 2 = λ 2 εv 2 ε , per cui si trova cε(1 + ε 2 λ 2 ε + ε 2 )Iε = 1 , dove Iε è l’integrale <strong>di</strong> v 2 ε , cioè 1/λε .<br />

Conclu<strong>di</strong>amo che cε = (2ε(1 + ε 2 ) 1/2 ) −1 . Notiamo che la convergenza uε → f in V ∗ significa<br />

lim<br />

ε→0<br />

sup |〈uε, v〉 − 〈f, v〉| = 0 cioè lim<br />

�v�=1<br />

ε→0<br />

il che non è banale da <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong>rettamente.<br />

sup<br />

�v�1,2=1<br />

��<br />

� +∞<br />

�<br />

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cε e −λε|x| v(x) dx − v(0)<br />

�<br />

�<br />

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� = 0<br />

5.12. Osservazione. Il <strong>di</strong>scorso astratto del punto 5.8 può proseguire nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> convergenze<br />

in norme via via più forti, in ipotesi su f corrispondentemente più restrittive: prima f ∈ V<br />

e Rf ∈ H , poi f ∈ V e Rf ∈ V , eccetera. Ad esempio, nella prima delle due ipotesi abbiamo<br />

Ruε → Rf in H , come chiaramente emerge dall’ultima parte della <strong>di</strong>mostrazione fatta sopra.<br />

Nel caso concreto dell’osservazione precedente, grazie ai risultati <strong>di</strong> regolarità per le equazioni <strong>di</strong><br />

tipo ellittico, procedere in questo modo significa supporre f appartenente allo spazio <strong>di</strong> Sobolev<br />

H k (R d ) con k via via più elevato e a ottenere la convergenza nello stesso spazio.<br />

5.13. Esercizio. Siano f ∈ L 2 (R d ) e k un intero positivo. Usare <strong>di</strong>rettamente la tecnica delle<br />

perturbazioni singolari (cioè non l’osservazione precedente) per costruire una famiglia {uε} <strong>di</strong><br />

funzioni appartenenti ad H k (R d ) che converge a f in L 2 (R d ) per ε → 0 + .<br />

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Gianni <strong>Gilar<strong>di</strong></strong>

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