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sue propagandate doti di gagliardia fisica, iperattivismo lavorativo, austero tenore di vita e infallibile genialità, doveva essere il modello per le generazioni di giovani italiani allevati dal regime e al Duce questi avrebbero dovuto legarsi per la vita e per la morte con giuramenti come quello ricordato dall’intervistata. 36 Si farebbe una troppo facile ironia ripetendo le parole di molti storici, 37 ossia che la forza di questo e consimili giuramenti si vide in occasione della deposizione di Mussolini e del suo arresto a Villa Savoia, allorché la reazione dei fascisti al colpo di stato, anche di quelli fedeli al Duce, fu del tutto inesistente (mentre il fascismo si squagliava come neve al sole, i gerarchi si preoccupavano soltanto di mettersi in salvo, nei conventi o in Germania: è però anche vero che avevano ragione di temere per la loro incolumità fisica). 38 Osserviamo, piuttosto, che giuramenti come questi, aggiunti agli slogan del marciare e non marcire, del credere, obbedire e combattere, servirono a mandare al massacro le incolpevoli generazioni dei giovani italiani, indottrinati nelle scuole di regime. 36 Sul rapporto tra fascismo e giovani generazioni vd. Silvio Bertoldi, La chiamavamo Patria, Rizzoli, Milano 1989, pp. 19-20 e 57-58 (ma l’ossequio ai gerarchi non escludeva talvolta irridenti beffe, come quella che gli universitari dell’ateneo padovano giocarono a Starace, di cui Bertoldi alle pp. 69-70). La creazione, l’affermazione e il crollo del mito del Duce sono analizzati, con l’ausilio di una ricca documentazione, in Dino Biondi, La fabbrica del Duce, Vallecchi, Firenze 1967. 37 Naturalmente diciamo ciò senza alcun intento polemico (che sarebbe fuori luogo) verso la risposta dell’intervistata, testimone inconsapevole dell’indottrinamento a cui il regime fascista sottopose generazioni di italiani, preparandoli alla tragedia della guerra. Sull’Opera Nazionale Balilla, la più importante delle organizzazioni del regime preposte all’educazione degli italiani, vd, la voce Opera nazionale balilla (Onb) di Antonio Gibelli, in Dizionario del fascismo, cit., pp. 267-271. 38 A parte il suicidio del presidente dell’Agenzia di stampa fascista «Stefani», Manlio Morgagni, come ricorda Indro Montanelli, non vi furono gesti di reazione da parte fascista alla notizia della caduta del Duce. Che il fascismo «si fosse dissolto come neve al sole», fu il letterale rimprovero che Hitler rivolse a Mussolini nel colloquio del 14 settembre 1943, secondo la testimonianza di Filippo Anfuso, ambasciatore a Berlino della RSI, ragguagliato in proposito dal Duce stesso (vd. Filippo Anfuso, Da Palazzo Venezia al lago di Garda (1936-1945), Edizioni Settimo Sigillo, Roma 1996 4 [rist. III ed. Cappelli, Bologna 1957], p. 326; la citazione è ripresa in Frederick W. Deakin, La brutale amicizia, trad. di Renzo De Felice, Francesco Golzio e Ornella Francisci, vol. II, Einaudi, Torino 1990 [I ed. 1962], p. 743, in Montanelli-Cervi, L’Italia della guerra civile, cit., p. 55, in Richard Collier, Duce! Duce! Ascesa e caduta di Benito Mussolini, trad. di Maria Teresa Vasta, Mursia, Milano 1973 4 , p. 323, in Giorgio Bocca, La repubblica di Mussolini, Mondadori, Milano 1995 [I ed. 1994], p. 23, e in numerosi altri autori). Ha lasciato pagine dense di toni macchiettistici e di velenoso sarcasmo, a proposito della fuga dei fascisti all’indomani del 25 luglio, Eugen Dollmann, in Roma nazista, trad. di Italo Zingarelli, Rizzoli, Milano 2002 (I ed. 1948): emblematico quanto afferma Dollmann, che durante la guerra fu colonnello delle SS, interprete e consigliere d’ambasciata a Roma, e testimone ben introdotto negli ambienti mondani della capitale, a p. 139: «I voli in massa si susseguirono. Non –98–
7. Ricordi della seconda guerra mondiale (risposte alla domanda n. 6). La domanda n. 6 (Che ricordi ha della seconda guerra mondiale?), lungi dall’essere una mera ripetizione della n. 1, ha spinto gli intervistati a rievocare in brevissimi squarci della memoria, immagini di scene, figure e luoghi che si sono impresse indelebilmente nella mente. Cominciamo dai luoghi, testimoni di dolorosi distacchi e di gioiosi ricongiungimenti. I ricordi del signor Virgilio C. (risposta n. 7) sono legati alla stazione Ostiense: un mattino, assieme alla madre e alle tre sorelle, vi salutò il padre in partenza sul treno per il fronte occidentale (la Francia), un altro giorno, nell’estate del 1943, vi vide, fra le rovine causate dal bombardamento del 19 luglio, un vagone posto in posizione verticale per gli scoppi delle bombe. A via Conca d’Oro il signor Edoardo I. ricorda di aver visto un combattimento aereo tra un aereo tedesco e uno americano, con la drammatica conclusione («vidi l’aereo tedesco colpito cadere a terra»). 39 Un luogo ben vivo alla memoria dei romani è la prigione di via Tasso, allora sede del comando della polizia SS di Roma, diretto uno voleva raggiungere la divisione “M”, o prendere il largo per organizzare la resistenza, tutti volevano unicamente ed esclusivamente fuggire in Germania (...) Ma insomma, dove s’erano ficcati i baldi moschettieri con i berretti di pelliccia immancabili a fianco del duce in tutte le solenni cerimonie, guardiani che ognuno avrebbe creduto pronti a morire? All’ambasciata di Germania, ridotta ad agenzia di viaggi, la notte del 25 luglio non se ne vide uno.». Poco credibile, però, è il particolare della moglie dell’ambasciatore tedesco, signora von Mackensen, che avrebbe messo a disposizione dei gerarchi fuggiaschi, rifugiati a Villa Wolkonsky, il proprio guardaroba (così Silvio Bertoldi, Salò.Vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, Rizzoli, Milano 1976 3 , p. 15). Sulla mancata reazione dei fascisti all’arresto di Mussolini e, in generale, sul 25 luglio numerose sono state le discussioni e le illazioni degli storici, ma l’abbondante memorialistica da esso ispirata non ha chiarito tutti i retroscena: la tesi più accreditata resta quella esposta, fra gli altri, da Paolo Monelli, secondo il quale Mussolini giunse completamente impreparato all’appuntamento del Gran Consiglio (Paolo Monelli, Mussolini piccolo borghese, Garzanti, Milano 1968 6 , pp. 243-244), a meno che non sia da credere che egli stesso abbia orchestrato la sua uscita di scena (come si lascia supporre da Ruggero Zangrandi, Mussolini, Libero - Le Lettere, Moncalieri 2006, pp. 86-91) o abbia addirittura ceduto, assieme al re, a un segreto ricatto di Hitler che avrebbe imposto l’estromissione del Duce, per evitare un accordo di pace con Stalin fortemente auspicato dal capo del fascismo (è la versione, alquanto fantasiosa, per la verità, e non supportata da prove, di Fulvio e Gianfranco Bellini, Storia segreta del 25 luglio ’43, Mursia, Milano 1993, pp. 114-115 e 131-135). Ma rileva da ultimo Giuseppe Parlato (Fascisti senza Mussolini, cit., p. 16) che all’inerzia sostanziale degli apparati del regime contribuì anche il senso di legalismo, di lealtà e obbedienza verso la dinastia sabauda, a cui Mussolini aveva abituato i fascisti: l’ampia ricerca di quest’ultimo autore pone peraltro in rilievo come dal 25 luglio e ancor più dall’8 settembre sia sorto il fenomeno del neofascismo, concretatosi nell’esperienza della RSI e proseguito nel partito che, fondato nell’immediato dopoguerra, si ispirava a quegli ideali, ossia il MSI. 39 Forse sarebbe stato più opportuno ampliare la menzione del fatto e inserirla come risposta alla domanda n. 1, in quanto testimonianza diretta. –99–
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7. Ricor<strong>di</strong> della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale (risposte alla domanda n. 6).<br />
La domanda n. 6 (Che ricor<strong>di</strong> ha della seconda guerra mon<strong>di</strong>ale?), lungi dall’essere<br />
una mera ripetizione della n. 1, ha spinto gli intervistati a rievocare in<br />
brevissimi squarci della memoria, immagini <strong>di</strong> scene, figure e luoghi che si<br />
sono impresse indelebilmente nella mente. Cominciamo dai luoghi, testimoni<br />
<strong>di</strong> dolorosi <strong>di</strong>stacchi e <strong>di</strong> gioiosi ricongiungimenti. I ricor<strong>di</strong> del signor Virgilio<br />
C. (risposta n. 7) sono legati alla stazione Ostiense: un mattino, assieme<br />
alla madre e alle tre sorelle, vi salutò il padre in partenza sul treno per il<br />
fronte occidentale (la Francia), un altro giorno, nell’estate del 1943, vi vide,<br />
fra le rovine causate dal bombardamento del 19 luglio, un vagone posto in<br />
posizione verticale per gli scoppi delle bombe. A via Conca d’Oro il signor<br />
Edoardo I. ricorda <strong>di</strong> aver visto un combattimento aereo tra un aereo tedesco<br />
e uno americano, con la drammatica conclusione («vi<strong>di</strong> l’aereo tedesco colpito<br />
cadere a terra»). 39 Un luogo ben vivo alla memoria dei romani è la prigione<br />
<strong>di</strong> via Tasso, allora sede del comando della polizia SS <strong>di</strong> Roma, <strong>di</strong>retto<br />
uno voleva raggiungere la <strong>di</strong>visione “M”, o prendere il largo per organizzare la resistenza, tutti<br />
volevano unicamente ed esclusivamente fuggire in Germania (...) Ma insomma, dove s’erano<br />
ficcati i bal<strong>di</strong> moschettieri con i berretti <strong>di</strong> pelliccia immancabili a fianco del duce in tutte le<br />
solenni cerimonie, guar<strong>di</strong>ani che ognuno avrebbe creduto pronti a morire? All’ambasciata <strong>di</strong><br />
Germania, ridotta ad agenzia <strong>di</strong> viaggi, la notte del 25 luglio non se ne vide uno.». Poco cre<strong>di</strong>bile,<br />
però, è il particolare della moglie dell’ambasciatore tedesco, signora von Mackensen, che<br />
avrebbe messo a <strong>di</strong>sposizione dei gerarchi fuggiaschi, rifugiati a Villa Wolkonsky, il proprio<br />
guardaroba (così Silvio Bertol<strong>di</strong>, Salò.Vita e morte della Repubblica Sociale Italiana, Rizzoli,<br />
Milano 1976 3 , p. 15). Sulla mancata reazione dei fascisti all’arresto <strong>di</strong> Mussolini e, in generale,<br />
sul 25 luglio numerose sono state le <strong>di</strong>scussioni e le illazioni degli storici, ma l’abbondante memorialistica<br />
da esso ispirata non ha chiarito tutti i retroscena: la tesi più accre<strong>di</strong>tata resta quella<br />
esposta, fra gli altri, da Paolo Monelli, secondo il quale Mussolini giunse completamente impreparato<br />
all’appuntamento del Gran Consiglio (Paolo Monelli, Mussolini piccolo borghese,<br />
Garzanti, Milano 1968 6 , pp. 243-244), a meno che non sia da credere che egli stesso abbia<br />
orchestrato la sua uscita <strong>di</strong> scena (come si lascia supporre da Ruggero Zangran<strong>di</strong>, Mussolini,<br />
Libero - Le Lettere, Moncalieri 2006, pp. 86-91) o abbia ad<strong>di</strong>rittura ceduto, assieme al re, a un<br />
segreto ricatto <strong>di</strong> Hitler che avrebbe imposto l’estromissione del Duce, per evitare un accordo <strong>di</strong><br />
pace con Stalin fortemente auspicato dal capo del fascismo (è la versione, alquanto fantasiosa,<br />
per la verità, e non supportata da prove, <strong>di</strong> Fulvio e Gianfranco Bellini, Storia segreta del 25<br />
luglio ’43, Mursia, Milano 1993, pp. 114-115 e 131-135). Ma rileva da ultimo Giuseppe Parlato<br />
(Fascisti senza Mussolini, cit., p. 16) che all’inerzia sostanziale degli apparati del regime contribuì<br />
anche il senso <strong>di</strong> legalismo, <strong>di</strong> lealtà e obbe<strong>di</strong>enza verso la <strong>di</strong>nastia sabauda, a cui Mussolini<br />
aveva abituato i fascisti: l’ampia ricerca <strong>di</strong> quest’ultimo autore pone peraltro in rilievo come<br />
dal 25 luglio e ancor più dall’8 settembre sia sorto il fenomeno del neofascismo, concretatosi<br />
nell’esperienza della RSI e proseguito nel partito che, fondato nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra, si<br />
ispirava a quegli ideali, ossia il MSI.<br />
39 Forse sarebbe stato più opportuno ampliare la menzione del fatto e inserirla come<br />
risposta alla domanda n. 1, in quanto testimonianza <strong>di</strong>retta.<br />
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