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MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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Cerco <strong>di</strong> raggiungere il rifugio più vicino, non faccio in tempo perché gli aerei<br />

erano già sulla città, mi butto per terra in tempo per vedere le bombe cadere.<br />

Sono impaurita, stor<strong>di</strong>ta, ho la sensazione <strong>di</strong> morire. Riesco ad alzarmi quando<br />

sento gli apparecchi andarsene». Un bombardamento avvenuto fuori d’Italia,<br />

ma tra i più terribili del conflitto per la gravità delle devastazioni e l’altissimo<br />

numero delle vittime causate, è quello <strong>di</strong> Varsavia, ricordato dalla signora<br />

Helena P., nonna dell’alunnaCaterina (risposta n. 17), che vide gli aerei tedeschi<br />

sorvolare la sua casa <strong>di</strong> campagna: «Avevo un<strong>di</strong>ci anni. La mamma mi <strong>di</strong>sse <strong>di</strong><br />

andare a raccogliere un po’<strong>di</strong> patate perché a causa della guerra mancavano<br />

le provviste. Sentii il rumore <strong>di</strong> tanti aerei in avvicinamento. Per la paura mi<br />

nascosi in un cespuglio. Era una cosa molto impressionante. Erano <strong>di</strong>retti a<br />

Varsavia, <strong>di</strong>stante 100 km da casa mia». Va ricordato che la nazione polacca<br />

fu tra quelle che più ebbero a soffrire nella seconda guerra mon<strong>di</strong>ale: smembrata<br />

in due parti dal patto Ribbentrop-Molotov dell’agosto 1939, la Polonia<br />

conobbe la durissima occupazione tedesca (<strong>di</strong>venendo un Protettorato del<br />

Reich e sede dei tristemente famosi campi <strong>di</strong> sterminio come Auchwitz, Treblinka,<br />

Belzec, Majdanek, Sobibor, Chelmo) e poi nel 1945 la liberazione ad<br />

opera delle armate sovietiche, che sostituirono al dominio nazista la <strong>di</strong>ttatura<br />

comunista. Le poche parole raccolte nell’intervista alla nonna <strong>di</strong> Caterina (che<br />

però non chiarisce a quale bombardamento si riferisca), ci sembrano evocare<br />

<strong>di</strong>rettamente la terribile sorte del popolo polacco e della capitale Varsavia,<br />

<strong>di</strong>strutta dalle truppe tedesche nel 1944.<br />

Altre risposte risultano, invece, piuttosto generiche e approssimative, nonostante<br />

contengano spunti memorabili <strong>di</strong> grande interesse. Il signor Carmine<br />

A., nonno dell’alunna Barbara (risposta n. 1), riferisce <strong>di</strong> esser stato prigioniero<br />

in un non meglio precisato campo <strong>di</strong> concentramento, ma null’altro aggiunge:<br />

non il nome del campo (presumibilmente un lager tedesco) né un qualsiasi<br />

episo<strong>di</strong>o o particolare, sia pur minimo, caratterizzante la sua prigionia. Forse,<br />

come talvolta avviene nella psiche dei reduci, il ricordo delle sofferenze subite,<br />

talora insopportabile, è stato obliterato nel sollievo della rimozione. 33<br />

Altri drammatici momenti <strong>di</strong> sofferenza sono stati la fuga forzata dalla<br />

città, il rifugio sui monti e la lotta <strong>di</strong> liberazione durante la Resistenza, condotta<br />

dai partigiani assieme alle truppe angloamericane. La signora Silvana P.,<br />

33 Come avviene, per citare un famoso esempio letterario, al protagonista del racconto <strong>di</strong><br />

Giorgio Bassani, il Geo Josz <strong>di</strong> Una lapide in via Mazzini (1956, in Il romanzo <strong>di</strong> Ferrara, libro<br />

primo - Dentro le mura), il quale rimuove, chiudendosi in un doloroso solipsismo, la terribile<br />

esperienza del lager, da cui ritorna, unico superstite dei centottantatré ebrei <strong>di</strong> Ferrara deportati in<br />

Germania.<br />

–96–

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