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(risposta n. 27), e del signor Armando P., nonno dell’alunna Martina (risposta n. 25). Riferisce la prima: «Erano le 11,00 del mattino di una giornata di luglio, mi trovavo su una vettura del tram. Improvvisamente suonò la sirena di allarme aereo. Mentre scendevo correndo verso un rifugio antiaereo iniziarono a cadere le bombe con esplosioni violentissime. Mi rifugiai in via Carlo Alberto ed attesi la fine dell’attacco che durò due ore». La signora riferisce anche, come appreso indirettamente, della visita di papa Pio XII alle zone sinistrate, accompagnato dall’allora sottosegretario di Stato mons. Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI. Il racconto del secondo testimone presenta anche risvolti decisamente macabri, ma frequenti in tempo di guerra: «Avevo diciotto anni e lavoravo nell’officina costruzioni meccaniche e aeronautiche presso via Tiburtina. Mentre ritornavo a casa, non c’erano mezzi disponibili per l’accaduto e quindi ho attraversato tutta la strada a piedi assistendo a varie scene. Incontrai papa Pio XII, che andava a confortare i sinistrati, i feriti e i moribondi che erano intrappolati nel caos. I bombardamenti colpirono anche il cimitero del Verano, e nell’attraversare il rione di San Lorenzo vidi cadaveri accasciati sul marciapiede, tombe scoperchiate ed ogni cosa distrutta.» Una articolata narrazione del bombardamento ci viene dal signor Giovanni G., amico della famiglia dell’alunna Giulia (risposta n. 22): 21 «Numerosi aerei, nella tarda mattina del 19 luglio, si avventarono sulla città di Roma. Il rumore dei motori degli aerei era cupo e assordante. Per la prima volta fui costretto ad entrare in un rifugio antiaereo che mio padre aveva predisposto nel giardino; il rifugio era occupato da molte donne e bambini che, con gli occhi sbarrati dalla paura, pregavano a voce alta. Successivamente il fracasso provocato dagli scoppi delle bombe, ci confuse e ci stordì, interrompendo le preghiere. Il bombardamento colpì il quartiere di San Lorenzo, il cimitero del Verano e l’attuale aeroporto dell’Urbe che all’epoca era adibito ad aeroporto militare per aerosiluranti e antiquati aerei da caccia. Un grande polverone affogò i luoghi colpiti dal bombardamento e, nella serata, il bagliore degli incendi dell’aeroporto e dello scalo-merci di San Lorenzo tinse il cielo di rosso. Avevo, nell’occasione, preso coscienza della inutilità e bestialità della guerra». La testimonianza del signor Giovanni G. ricorda uno dei luoghi emblematici della guerra nelle città, ossia il rifugio antiaereo, consistente in appositi locali sotterranei, scantinati e talvolta ricoveri di fortuna che in breve divennero una 21 Il signor Giovanni G. è stato intervistato al posto dei nonni, troppo giovani, a loro detta, per aver assistito a eventi storici. –84–
seconda, temporanea ma necessaria, abitazione: qui si affollava un’umanità che, nel silenzio infranto dai fragori delle bombe, sperimentava il quotidiano sconvolgimento dei giorni e delle notti, allorché il segnale di preallarme costringeva a interrompere ogni occupazione e correre al rifugio. 22 4. Testimonianze su via Rasella e sull’eccidio delle Fosse Ardeatine (risposte alla domanda n. 1). Com’è noto Roma fu teatro, il 24 marzo 1944, durante i tragici mesi dell’occupazione nazista, 23 del feroce eccidio delle Fosse Ardeatine, ossia la strage di 335 italiani voluta da Hitler quale rappresaglia per l’attentato di via Rasella compiuto il giorno prima, in cui avevano trovato la morte 33 soldati tedeschi. 24 Anche tra i nonni intervistati non 22 Un vivido quadro dell’ambiente che si creava nel rifugio antiaereo ci è dato da Gianfranco Venè, in un brano che di seguito riportiamo: «La necessità di doversi mostrare a degli sconosciuti dopo essere stati sorpresi dalla sirena in camera da letto afflisse con nuovi timori il senso di pudore piccoloborghese perché ci si accorse che a mantenere il decoro non bastava più l’abito quotidiano sotto il quale nascondere la biancheria rammendata. Il cappotto infilato sul pigiama rivelava la povertà di chi non aveva mai posseduto una vestaglia da camera; le vestaglie di panno che le mogli avevano portato in casa tutti i giorni fino dal matrimonio per risparmiare il guardaroba buono, indossate sotto il soprabito dal cui orlo spuntavano fino al malleolo, rivelavano l’usura. I ragazzini, rintronati, venivano spinti al rifugio avvolti nelle coperte, le ragazze negli scialli di lana: il ricovero pareva una corsia d’ospedale povero dove ciascuno era costretto a mostrare indumenti riservati all’intimità famigliare. I vecchi si addormentavano sulle panche, russavano a bocca aperta, farfugliavano; il sonno in pubblico li rendeva spudoratamente decrepiti; benché la luce fosse scarsissima, le signore preferivano zone oscure per non essere osservate nel viso stravolto dalla stanchezza e dall’incuria. Stagnavano nei rifugi notturni gli odori indiscreti di un’umanità raccogliticcia, sradicata dalle abitudini più elementari alle quali sembrava non dovesse tornare mai più. Ci ritornava invece, dopo una o due ore, nella provvisoria ebbrezza del cessato allarme: riconquistava i letti diventati freddi nel gelo delle stanze le cui finestre erano state lasciate spalancate per risparmiare i vetri dagli urti dell’aria scossa dalle esplosioni, respirava il bruciaticcio degli incendi nei quartieri colpiti, guardava l’orologio, calcolava quanto mancasse allo squillo della sveglia. I ragazzini si consolavano perché l’allarme prima della mezzanotte dava diritto a un’ora di scuola in meno, due ore in meno se la sirena aveva suonato oltre la mezzanotte» (Gianfranco Venè, Coprifuoco.Vita quotidiana degli italiani nella guerra civile, Mondadori, Milano 1989, pp. 41-42). 23 Si veda per una veritiera ed efficace cronaca dei tragici momenti dell’occupazione tedesca (con ampi riferimenti ai mesi precedenti, al 25 luglio, al governo di Badoglio e all’armistizio) Paolo Monelli, Roma 1943, cit.. 24 L’attentato alla colonna di soldati altoatesini transitante per via Rasella fu ideato da Giorgio Amendola (il Bentivegna attribuisce, però, la paternità dell’azione a Mario Fiorentini, vd. Rosario Bentivegna, Achtung Banditen!, Mursia, Milano 1983 3 , p. 152), rappresentante del PCI nella giunta militare del CLN, esecutori materiali furono i membri del GAP di Roma, al comando di Carlo Salinari: Rosario Bentivegna, Carla Capponi, Franco Calamandrei, Mario Fiorentini, Franco Ferri, Raul Falcioni, Francesco Curreli, Silvio Serra, Fernando Vitaliano, Pasquale Balsamo, Guglielmo Blasi (quest’ultimo, passato ai fascisti, contribuirà poi all’arresto dei suoi compagni). La bomba, –85–
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seconda, temporanea ma necessaria, abitazione: qui si affollava un’umanità<br />
che, nel silenzio infranto dai fragori delle bombe, sperimentava il quoti<strong>di</strong>ano<br />
sconvolgimento dei giorni e delle notti, allorché il segnale <strong>di</strong> preallarme costringeva<br />
a interrompere ogni occupazione e correre al rifugio. 22<br />
4. Testimonianze su via Rasella e sull’ecci<strong>di</strong>o delle Fosse Ardeatine<br />
(risposte alla domanda n. 1). Com’è noto Roma fu teatro, il 24 marzo 1944,<br />
durante i tragici mesi dell’occupazione nazista, 23 del feroce ecci<strong>di</strong>o delle<br />
Fosse Ardeatine, ossia la strage <strong>di</strong> 335 italiani voluta da Hitler quale rappresaglia<br />
per l’attentato <strong>di</strong> via Rasella compiuto il giorno prima, in cui avevano<br />
trovato la morte 33 soldati tedeschi. 24 Anche tra i nonni intervistati non<br />
22 Un vivido quadro dell’ambiente che si creava nel rifugio antiaereo ci è dato da Gianfranco<br />
Venè, in un brano che <strong>di</strong> seguito riportiamo: «La necessità <strong>di</strong> doversi mostrare a degli sconosciuti<br />
dopo essere stati sorpresi dalla sirena in camera da letto afflisse con nuovi timori il senso <strong>di</strong> pudore<br />
piccoloborghese perché ci si accorse che a mantenere il decoro non bastava più l’abito quoti<strong>di</strong>ano<br />
sotto il quale nascondere la biancheria rammendata. Il cappotto infilato sul pigiama rivelava la<br />
povertà <strong>di</strong> chi non aveva mai posseduto una vestaglia da camera; le vestaglie <strong>di</strong> panno che le mogli<br />
avevano portato in casa tutti i giorni fino dal matrimonio per risparmiare il guardaroba buono,<br />
indossate sotto il soprabito dal cui orlo spuntavano fino al malleolo, rivelavano l’usura. I ragazzini,<br />
rintronati, venivano spinti al rifugio avvolti nelle coperte, le ragazze negli scialli <strong>di</strong> lana: il<br />
ricovero pareva una corsia d’ospedale povero dove ciascuno era costretto a mostrare indumenti<br />
riservati all’intimità famigliare. I vecchi si addormentavano sulle panche, russavano a bocca<br />
aperta, farfugliavano; il sonno in pubblico li rendeva spudoratamente decrepiti; benché la luce fosse<br />
scarsissima, le signore preferivano zone oscure per non essere osservate nel viso stravolto dalla<br />
stanchezza e dall’incuria. Stagnavano nei rifugi notturni gli odori in<strong>di</strong>screti <strong>di</strong> un’umanità raccogliticcia,<br />
sra<strong>di</strong>cata dalle abitu<strong>di</strong>ni più elementari alle quali sembrava non dovesse tornare mai<br />
più. Ci ritornava invece, dopo una o due ore, nella provvisoria ebbrezza del cessato allarme:<br />
riconquistava i letti <strong>di</strong>ventati fred<strong>di</strong> nel gelo delle stanze le cui finestre erano state lasciate spalancate<br />
per risparmiare i vetri dagli urti dell’aria scossa dalle esplosioni, respirava il bruciaticcio<br />
degli incen<strong>di</strong> nei quartieri colpiti, guardava l’orologio, calcolava quanto mancasse allo squillo<br />
della sveglia. I ragazzini si consolavano perché l’allarme prima della mezzanotte dava <strong>di</strong>ritto a<br />
un’ora <strong>di</strong> scuola in meno, due ore in meno se la sirena aveva suonato oltre la mezzanotte» (Gianfranco<br />
Venè, Coprifuoco.Vita quoti<strong>di</strong>ana degli italiani nella guerra civile, Mondadori, Milano 1989,<br />
pp. 41-42).<br />
23 Si veda per una veritiera ed efficace cronaca dei tragici momenti dell’occupazione tedesca<br />
(con ampi riferimenti ai mesi precedenti, al 25 luglio, al governo <strong>di</strong> Badoglio e all’armistizio)<br />
Paolo Monelli, Roma 1943, cit..<br />
24 L’attentato alla colonna <strong>di</strong> soldati altoatesini transitante per via Rasella fu ideato da Giorgio<br />
Amendola (il Bentivegna attribuisce, però, la paternità dell’azione a Mario Fiorentini, vd. Rosario<br />
Bentivegna, Achtung Ban<strong>di</strong>ten!, Mursia, Milano 1983 3 , p. 152), rappresentante del PCI nella giunta<br />
militare del CLN, esecutori materiali furono i membri del GAP <strong>di</strong> Roma, al comando <strong>di</strong> Carlo<br />
Salinari: Rosario Bentivegna, Carla Capponi, Franco Calamandrei, Mario Fiorentini, Franco Ferri,<br />
Raul Falcioni, Francesco Curreli, Silvio Serra, Fernando Vitaliano, Pasquale Balsamo, Guglielmo<br />
Blasi (quest’ultimo, passato ai fascisti, contribuirà poi all’arresto dei suoi compagni). La bomba,<br />
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