MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

fatti a cui non è stato personalmente presente informandosi con la maggior
esattezza possibile (testimonianza indiretta). I principi a cui si è attenuto lo
storico sono stati, perciò, l’α , υτοψι´α e l’α , κρι´βεια, ossia l’osservazione diretta
e, in mancanza, la scrupolosità rigorosa nel vagliare, attraverso i necessari
riscontri, l’attendibilità delle testimonianze indirette. 1 Ancor oggi questi
principi permangono pressoché immutati, come linee guida della ricerca
storica: pensiamo soprattutto alla rigorosa scrupolosità che ogni storico ha
il dovere di osservare nella raccolta delle fonti orali, tenuto naturalmente
conto dell’enorme progresso ottenuto con l’informatizzazione degli archivi e
con la creazione delle banche dati. Inoltre le trasmissioni televisive in diretta
e la diffusione delle informazioni in tempo reale rendono ognuno di noi
testimone pressoché diretto degli avvenimenti di cronaca, che il decorso del
tempo consegna alla storia (si pensi, ad esempio, alla diffusione planetaria,
praticamente in tempo reale, delle immagini dell’attentato dell’undici settembre
2001 alle torri del World Trade Center). Invece di limitarmi alla spiegazione
del brano di Tucidide, all’inizio del nostro corso di storia ho voluto
far vivere una esperienza di tipo “tucidideo” ai miei allievi, ponendomi
l’obiettivo di rilevare, per mezzo di essa, il valore della testimonianza orale.
Per far ciò, ho anzitutto richiamato all’attenzione degli studenti il concetto
di testimonianza orale e la distinzione tra testimonianza diretta e indiretta (si
tratta di concetti che soltanto a prima vista possono apparire naturalmente
ovvi). Un noto manuale di diritto processuale penale, quello del Cordero, al
riguardo fornisce una limpida definizione di testimonianza diretta: 2 «Le
testimonianze sono racconti in prima persona (...) I racconti diventano testimonianza
quando l’autore afferma che le cose narrate siano accadute,
avendole da lui percepite: immagini, suoni, odori, sapori, impressioni tattili;
o rievoca atti suoi; percezioni vissute o movimenti compiuti nella veglia
psicofisicamente normale; non testimonia, in senso tecnico, chi racconti
scene oniriche, deliri, allucinazioni». 3 È testimone diretto, quindi, chi narra
1 Sulla novità della metodologia tucididea (che però si mostrerebbe alquanto deludente
rispetto ai fatti narrati, secondo il Finley, intr. a Tucidide, La guerra del Peloponneso, trad. di
Franco Ferrari, vol. I, Rizzoli, Milano 1985, p. 8), che si distanzia dalla storiografia di Erodoto per
la critica delle testimonianze e l’eliminazione di ogni elemento leggendario, vd. Emilio Gabba,
La storiografia, in AA.VV., Da Omero agli Alessandrini, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1988,
pp. 178-180. L’adesione di Tucidide al metodo e al linguaggio ippocratico è analizzata da Luciano
Canfora, Tucidide, Edizioni Studio Tesi, Pordenone 1991, p. 30-34.
2 Vd. Franco Cordero, Procedura penale, Giuffré, Milano 1995 3 , pp. 602-603.
3 Per testimonianze in senso tecnico l’autore si riferisce alle testimonianze processualmente
acquisibili.
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