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MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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A tavola i figli la misero seduta in un angolo e <strong>di</strong> tanto in tanto l’accarezzavano,<br />

non chiamandola mamma, ma semplicemente Assuntina. Ciò mi<br />

sembrò strano al momento, ma poi me lo sono spiegato in questo modo.<br />

Assuntina era <strong>di</strong>ventata così piccola ed essi, costretti dalla vita, dai dolori<br />

e dalle nuove responsabilità, più che per gli anni, così maturi, che per loro<br />

non era più la mamma, ma una figlia, una piccola che aveva bisogno <strong>di</strong><br />

aiuto continuo. Ora, infatti, pensavano a tutto loro, mentre Assuntina cantava,<br />

come se lo facesse per sé sola o per non farsi sentire. Cantava a modo<br />

suo i motivi <strong>di</strong> vecchie canzoni napoletane: O sole mio. Torna a Sorrento...<br />

Torna, sta’ casa aspetta te... Torna... Torna...<br />

Dopo cena Aldo, Guido, Bruno ed io c’intrattenemmo a parlare intorno<br />

alla tavola, mentre Liliana la metteva a letto con il suo incompiuto bambolotto<br />

<strong>di</strong> stracci. Dalla camera per qualche tempo continuò a venire dolce e<br />

mesto il suo canto come <strong>di</strong> ninna nanna.<br />

Nel fresco della sera, facendo ritorno a casa andavo riflettendo, finché<br />

mi parve <strong>di</strong> avere capito. Assuntina, <strong>di</strong> fronte ai dolori della vita, aveva trovato<br />

un modo estremo <strong>di</strong> reagire e <strong>di</strong> sopportare. Era tornata ai primi anni<br />

dell’infanzia, alle origini della vita. A prima <strong>di</strong> quando aveva dovuto lavorare<br />

per mandare i figli a scuola. A prima della partenza del marito. A prima<br />

ancora. E s’era fermata, come in un’oasi <strong>di</strong> tranquillità, all’età in cui non<br />

poteva più né capire né soffrire. In questo modo aveva perduto col ricordo<br />

delle sofferenze anche quello delle gioie, ma aveva finalmente trovato la<br />

pace tante volte invocata.<br />

Ora, prima <strong>di</strong> addormentarsi, giocava a far la sposa e la madre, cullando<br />

al suono della ninna nanna, la sua piccola bambola <strong>di</strong> pezza, in attesa <strong>di</strong><br />

vivere un’esistenza <strong>di</strong>versa da quella da lei già irrime<strong>di</strong>abilmente vissuta.<br />

Uscendo dalla casa, dalla porta aperta sulle scale, proveniva sempre più<br />

fioco il suo canto: Torna, ’sta casa aspetta te... Torna... Torna...<br />

–62–

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