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MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

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FRANCESCA RUBINI - CLASSE III L<br />

L’ultimo sguardo cieco<br />

Il racconto nasce dalla rielaborazione personale della “Rime<br />

of the Ancient Mariner” <strong>di</strong> S.T. Coleridge e coglie il nesso<br />

profondo tra la violenza cieca che è al centro della ballata e la<br />

furia omicida che ha originato la strage della Columbine High<br />

School il 20 aprile 1999.<br />

Prof.ssa Simonetta Clementi<br />

Il motore è fermo. Ascolto le foglie secche sussurrare sotto le ruote<br />

della macchina. La luce del mattino sfiora la scuola come un muto velo<br />

bianco. L’orologio è tre minuti avanti.<br />

“Da quel momento, a un’ora precisa, quell’angoscia mi torna...”.<br />

Ricordo la sua voce. E le sue parole: “...e fino a che non ho detta la mia<br />

storia <strong>di</strong> morti, dentro mi brucia il cuore”. La scorsa notte un vecchio mi ha<br />

fermato davanti al bowling – il mio orologio va tre minuti avanti: c’è ancora<br />

molto tempo. Stava accasciato sulle gambe, mi fissava catturando invisibili<br />

mosche con le <strong>di</strong>ta unte.<br />

“Chi sei vecchio? Che stai facendo?”<br />

“Come la notte, passo <strong>di</strong> terra in terra, e ho una strana potenza <strong>di</strong><br />

parola”. Il suo corpo sembrava sul punto <strong>di</strong> sbriciolarsi come una statua <strong>di</strong><br />

cenere, ma i suoi occhi bruciavano agitati.<br />

Sono le un<strong>di</strong>ci. Finalmente attraverso il cortile. Entriamo in azione. La<br />

borsa è pesante, non importa. Perché dovrei essere spaventato? Non c’è<br />

nulla da temere se non la paura. Che poi è niente.<br />

La sua bocca appiccicosa mi dava i brivi<strong>di</strong>, così gli ho detto: “Mi fai<br />

paura, Vecchio Marinaio! Ho paura <strong>di</strong> te e dei lampi nei tuoi occhi e della<br />

tua mano ossuta, tanto bruna”. Si era nascosto <strong>di</strong>etro il cappotto macchiato:<br />

“O ragazzo! Quest’anima è stata tutta sola su <strong>di</strong> un mare grande grande,<br />

talmente sola che Dio stesso a momenti sembrava non esserci”. Cominciava<br />

a raccontarmi la sua storia.<br />

Lasciamo la borsa nera nella caffetteria. Il locale è affollato, sembrano<br />

tutti sconosciuti. C’è odore <strong>di</strong> mostarda e un brusio insopportabile, come se<br />

la stanza avesse il singhiozzo.<br />

“C’era una nave. Allegramente prendemmo il largo”.<br />

– 379 –

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