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Da questo momento in poi inizia un lungo pellegrinaggio in Cile, Messico e Portorico ed infine a Cuba dove visse per quasi quindici anni, invitata all’Avana come insegnante all’Università e all’Istituto di Alti Studi e Ricerca Scientifica. Nel 1953 ritorna in Europa insieme alla sorella, soggiornando a Roma, dove rimarrà fino al 1964, quando si trasferisce in Francia, a La Pièce. Nel 1988 riceve il premio Cervantes e nel 1989 le viene conferito il premio Principe de Asturias de Comunicaciòn y Humanidades e il comune di Velez-Malaga la nomina “Hija Predilecta” (“Figlia Prediletta”). Ritorna in Spagna, a Madrid, nel 1984, dove muore il 6 febbraio del 1991. Indubbiamente Maria Zambrano può essere considerata a pieno titolo, insieme ad Hannah Arendt, Simone Weil, Edith Stein, fra le donne che, a cavallo fra ’800 e ’900, hanno dato un loro fondamentale contributo sul piano culturale, filosofico e politico. IL SOGGIORNO ROMANO Durante il lungo periodo che trascorre a Roma Maria vive insieme alle sorelle Araceli in un piccolo appartamento su Piazza del Popolo. È questo il periodo probabilmente più fertile per quanto riguarda la sua produzione letteraria; negli undici anni che trascorre a Roma Maria Zambrano scrive alcune delle sue opere più rilevanti: El ombre y lo divino, Persona y democrazia, La tumba de Antìgona, Los suenos y el tiempo, che confluiranno in seguito nel Sueno creador, un lavoro incentrato sul tema del sogno. Tornata in Europa dopo il lungo periodo cubano, Maria si adopera per riallacciare i rapporti con altri intellettuali spagnoli in esilio, e ne crea di nuovi con artisti e filosofi esuli dall’America Latina, dalla Grecia, dalla Polonia, per i quali Roma diviene una sorta di rifugio e punto di ritrovo. Un’amicizia particolarmente intensa la lega a giovani poeti quali Augustìn Andrei, Alfredo Castellòn, Alfonso Costafreda, Carlos Barràl e Jaime Gil de Biedma. Principale luogo di incontro e di interminabili accese discussioni è la saletta del Canova del Caffè Rosati. In questa atmosfera di effervescenza culturale nasce l’intimo legame con Elena Croce, che conosce tramite la fondatrice di uno dei principali circoli letterari romani e di un’importante rivista internazionale (“Botteghe Oscure”), Margherita Castani, con la quale Elena collaborava. La rivista è la prima ad accettare la pubblicazione di alcuni scritti della Zambrano, elaborati durante la permanenza a Cuba. – 264 –
Con Elena Croce collabora alla redazione dei Quaderni di pensiero e di poesia, e cura personalmente varie sezioni dell’opera della Croce Poeti del Novecento. FILOSOFIA VIVENTE Analizzando il pensiero filosofico di Maria Zambrano non possiamo prescindere da quegli elementi che maggiormente hanno influenzato la sua formazione come persona e come filosofa. Essa stessa ammette in un saggio che l’esilio rese possibile ciò che prima accennava solo ad esserlo: la sua vocazione filosofica. Si descrive in procinto di partire per la “via della frontiera”, costretta a scegliere pochi oggetti che l’accompagnassero nel lungo esilio. Decide di lasciare, sebbene facili da trasportare, tutti i “preziosi” appunti dei corsi del suo maestro Ortega e quelli altrettanto inestimabili dei seminari di Storia della Filosofia di don Javier Zubiri; è proprio in questa decisione che Maria Zambrano riscontra l’inizio della sua maturità filosofica. Scrive:”non potendo consultare quelle preziose carte in tutti questi anni il loro contenuto è andato sorgendo dal fondo della mia mente secondo che il mio lavoro o i miei interessi lo richiamavano nella misura così grata a Ortega: la misura della necessità”. È proprio nel distacco, nell’esilio che Maria Zambrano sviluppa il suo pensiero filosofico seguendo quello che a suo parere è soltanto in apparenza un aspetto contraddittorio del “discepolato”: “se siamo stati davvero suoi discepoli vuol dire ch’egli ha ottenuto da noi una cosa in apparenza contraddittoria: che avendoci attratto a sé siamo giunti ad essere noi stessi”. È quindi chiaro che dovendo parlare del pensiero filosofico di Maria Zambrano non possiamo prescindere dagli insegnamenti del suo maestro Ortega che profondamente hanno segnato il suo pensiero. Maria Zambrano descrive quelle che sono le tappe dell’“azione del pensiero del maestro sul discepolo” 4 partendo sin dalla giovinezza, dalla sua giovinezza “il tempo più confuso, anzi delirante poiché è non quello della fede – cosa della maturità – ma quello della speranza in cerca del suo argomento” dove il pensiero del maestro penetra nella mante del discepolo per distruggere la confusione creata dalla isolamento dei pensieri che porta a intravedere ogni idea come un ostacolo. Il 4 M. Zambrano “Ortega y Gasset, filosofo spagnolo”, in “Spagna, poesia e una città”, Edizioni Città Aperta, 2004. – 265 –
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Da questo momento in poi inizia un lungo pellegrinaggio in Cile, Messico e<br />
Portorico ed infine a Cuba dove visse per quasi quin<strong>di</strong>ci anni, invitata all’Avana<br />
come insegnante all’Università e all’Istituto <strong>di</strong> Alti Stu<strong>di</strong> e Ricerca Scientifica.<br />
Nel 1953 ritorna in Europa insieme alla sorella, soggiornando a Roma,<br />
dove rimarrà fino al 1964, quando si trasferisce in Francia, a La Pièce. Nel<br />
1988 riceve il premio Cervantes e nel 1989 le viene conferito il premio<br />
Principe de Asturias de Comunicaciòn y Humanidades e il comune <strong>di</strong><br />
Velez-Malaga la nomina “Hija Pre<strong>di</strong>lecta” (“Figlia Pre<strong>di</strong>letta”). Ritorna in<br />
Spagna, a Madrid, nel 1984, dove muore il 6 febbraio del 1991.<br />
Indubbiamente Maria Zambrano può essere considerata a pieno titolo,<br />
insieme ad Hannah Arendt, Simone Weil, E<strong>di</strong>th Stein, fra le donne che, a<br />
cavallo fra ’800 e ’900, hanno dato un loro fondamentale contributo sul<br />
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IL SOGGIORNO ROMANO<br />
Durante il lungo periodo che trascorre a Roma Maria vive insieme alle<br />
sorelle Araceli in un piccolo appartamento su Piazza del Popolo. È questo<br />
il periodo probabilmente più fertile per quanto riguarda la sua produzione<br />
letteraria; negli un<strong>di</strong>ci anni che trascorre a Roma Maria Zambrano scrive<br />
alcune delle sue opere più rilevanti: El ombre y lo <strong>di</strong>vino, Persona y democrazia,<br />
La tumba de Antìgona, Los suenos y el tiempo, che confluiranno in<br />
seguito nel Sueno creador, un lavoro incentrato sul tema del sogno.<br />
Tornata in Europa dopo il lungo periodo cubano, Maria si adopera per<br />
riallacciare i rapporti con altri intellettuali spagnoli in esilio, e ne crea <strong>di</strong><br />
nuovi con artisti e filosofi esuli dall’America Latina, dalla Grecia, dalla<br />
Polonia, per i quali Roma <strong>di</strong>viene una sorta <strong>di</strong> rifugio e punto <strong>di</strong> ritrovo.<br />
Un’amicizia particolarmente intensa la lega a giovani poeti quali Augustìn<br />
Andrei, Alfredo Castellòn, Alfonso Costafreda, Carlos Barràl e Jaime Gil de<br />
Biedma. Principale luogo <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> interminabili accese <strong>di</strong>scussioni è<br />
la saletta del Canova del Caffè Rosati.<br />
In questa atmosfera <strong>di</strong> effervescenza culturale nasce l’intimo legame<br />
con Elena Croce, che conosce tramite la fondatrice <strong>di</strong> uno dei principali<br />
circoli letterari romani e <strong>di</strong> un’importante rivista internazionale (“Botteghe<br />
Oscure”), Margherita Castani, con la quale Elena collaborava. La rivista è<br />
la prima ad accettare la pubblicazione <strong>di</strong> alcuni scritti della Zambrano,<br />
elaborati durante la permanenza a Cuba.<br />
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