MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ... MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

liceo.orazio.it
from liceo.orazio.it More from this publisher
13.01.2013 Views

LICEO CLASSICO ORAZIO ROMA Pensare e agire al femminile a Roma nel secondo dopoguerra – Progetto: Roma per vivere, Roma per pensare – (anno scolastico 2005-2006) CLASSE III B Coordinatrice: Prof.ssa Licia Fierro GLI ALUNNI: Susanna Arena - Alessandro Balestrino - Annachiara Bonora - Giovanna Buccino Ilaria Campanari - Serena Cappuccio - Emanuela Carta - Federica Cialone Flavia Colonnese - Gaia Di Lernia - Marta Subitosi - Camilla Lenzi - Valeria Mazza Guglielmo Miniagio - Anna Palmiero - Irene Piccini - Martina Rubino - Francesca Russo Giacomo Santucci - Francesca Serra - Francesca Romana Usai. SOMMARIO: CAPITOLO I, Il clima storico-culturale a Roma nel secondo dopoguerra. CAPITOLO II, Roma per pensare: la figura di Maria Zambrano. II.1 - La figura ed il pensiero di Maria Zambrano. II.2 - Una dimensione diversa e parallela del pensiero al femminile: Hannah Arendt. II.3 - La crisi del soggetto: Herbert Marcuse. CAPITOLO III, Roma per vivere: le donne in azione. Il movimento femminista. INTRODUZIONE Secondo una tradizione storiografica consolidata la scuola cirenaica, una delle scuole socratiche “minori”, sarebbe stata fondata da Aristippo, continuata da sua figlia Arete e in seguito dal nipote Aristippo Metrodidatta (ovvero “il discepolo di sua madre”), per esaurirsi poi tra il IV e il III sec. a.C.. Se avesse rilevanza un discorso di tipo proto-femminista, si potrebbe ripetere che lo stesso Socrate si vede un po’ in difficoltà di fronte alle sottigliezze dialettiche sull’Amore che Platone pone, nel Simposio, sulla bocca dell’umile Diotima. – 250 –

Non crediamo sia stato mai proficuo porsi il problema del “pensiero al femminile”, indicandone le caratteristiche in opposizione o in alternativa a quello maschile di cui sicuramente rigurgitano i testi di filosofia di cui finora ci siamo nutriti: indubbiamente la tradizione filosofica è maschile e poca considerazione è stata accordata nel tempo all’elaborazione del pensiero delle donne. Nel novecento, con il termine “Gender studies” s’intende un orizzonte di elaborazione teorica nata dalle donne, le quali sono riuscite, in alcuni casi con risultati rivoluzionari, a fare dell’essere donna un criterio ermeneutico fondamentale. L’“esplosione” (così la definisce F. Brezzi) di questo pensiero nasce dalla reazione critica nei confronti di quel silenzio secolare che ha, per così dire, “relegato” le donne in una condizione di subalternità rispetto al pensiero maschile. Per un verso tale reazione si è espressa “nelle piazze” come manifestazione, rivendicazione, a partire dai movimenti delle suffragette, mentre per l’altro è stata tradotta in un’elaborazione teorica ricchissima e d’altro livello, talché si può oggi parlare di “filosofie femministe”, da S. Weil a H. Arendt, a M. Zambrano. Viene da chiedersi: hanno inventato un pensiero nuovo le donne? Nuovo, poi, rispetto a che cosa? Nella dimensione complicata delle varie culture che albergano nel novecento, le donne filosofe hanno reinterpretato concetti antichi della filosofia, e soprattutto si sono interrogate sul tema dell’identità, in una situazione fortemente impregnata delle suggestioni dei “maestri del sospetto”, le cui indagini rivelano sempre più netta la crisi del soggetto; le donne sono passate dalla pratica delle rimostranze e delle manifestazioni alla costruzione teorica di un pensiero femminista nello stesso momento in cui è stato loro possibile dare una risposta decisa al problema dell’identità, ricostruendo quest’ultima sulla base dell’affermazione della differenza sessuale. Da ciò risulta ben chiara la critica, e il conseguente superamento, del metodo idealistico e della sua “reductio ad unum”. In ambito etico-politico il pensiero femminile è andato in cerca di valori condivisibili, quali la cura, la premura, la responsabilità verso il prossimo, concetti con i quali si esprime al tempo stesso la differenza e la relazionalità, ovvero il concetto di esistenza come apertura che è al tempo stesso svelamento di significato, concretezza di compiti. Hannah Arendt, a tal proposito, era consapevole della novità assoluta e rivoluzionaria dell’essere presente “in prima persona”, al di là della protezione accademica, come una che si getta nel mondo reale e diventa testimone in carne ed ossa dell’ideale – 251 –

Non cre<strong>di</strong>amo sia stato mai proficuo porsi il problema del “pensiero<br />

al femminile”, in<strong>di</strong>candone le caratteristiche in opposizione o in alternativa<br />

a quello maschile <strong>di</strong> cui sicuramente rigurgitano i testi <strong>di</strong> filosofia <strong>di</strong> cui<br />

finora ci siamo nutriti: indubbiamente la tra<strong>di</strong>zione filosofica è maschile e<br />

poca considerazione è stata accordata nel tempo all’elaborazione del pensiero<br />

delle donne.<br />

Nel novecento, con il termine “Gender stu<strong>di</strong>es” s’intende un orizzonte<br />

<strong>di</strong> elaborazione teorica nata dalle donne, le quali sono riuscite, in alcuni casi<br />

con risultati rivoluzionari, a fare dell’essere donna un criterio ermeneutico<br />

fondamentale.<br />

L’“esplosione” (così la definisce F. Brezzi) <strong>di</strong> questo pensiero nasce<br />

dalla reazione critica nei confronti <strong>di</strong> quel silenzio secolare che ha, per così<br />

<strong>di</strong>re, “relegato” le donne in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> subalternità rispetto al pensiero<br />

maschile. Per un verso tale reazione si è espressa “nelle piazze” come<br />

manifestazione, riven<strong>di</strong>cazione, a partire dai movimenti delle suffragette,<br />

mentre per l’altro è stata tradotta in un’elaborazione teorica ricchissima<br />

e d’altro livello, talché si può oggi parlare <strong>di</strong> “filosofie femministe”, da<br />

S. Weil a H. Arendt, a M. Zambrano.<br />

Viene da chiedersi: hanno inventato un pensiero nuovo le donne?<br />

Nuovo, poi, rispetto a che cosa? Nella <strong>di</strong>mensione complicata delle varie<br />

culture che albergano nel novecento, le donne filosofe hanno reinterpretato<br />

concetti antichi della filosofia, e soprattutto si sono interrogate sul tema<br />

dell’identità, in una situazione fortemente impregnata delle suggestioni dei<br />

“maestri del sospetto”, le cui indagini rivelano sempre più netta la crisi del<br />

soggetto; le donne sono passate dalla pratica delle rimostranze e delle manifestazioni<br />

alla costruzione teorica <strong>di</strong> un pensiero femminista nello stesso<br />

momento in cui è stato loro possibile dare una risposta decisa al problema<br />

dell’identità, ricostruendo quest’ultima sulla base dell’affermazione della<br />

<strong>di</strong>fferenza sessuale. Da ciò risulta ben chiara la critica, e il conseguente<br />

superamento, del metodo idealistico e della sua “reductio ad unum”.<br />

In ambito etico-politico il pensiero femminile è andato in cerca <strong>di</strong> valori<br />

con<strong>di</strong>visibili, quali la cura, la premura, la responsabilità verso il prossimo,<br />

concetti con i quali si esprime al tempo stesso la <strong>di</strong>fferenza e la relazionalità,<br />

ovvero il concetto <strong>di</strong> esistenza come apertura che è al tempo stesso svelamento<br />

<strong>di</strong> significato, concretezza <strong>di</strong> compiti. Hannah Arendt, a tal proposito,<br />

era consapevole della novità assoluta e rivoluzionaria dell’essere presente<br />

“in prima persona”, al <strong>di</strong> là della protezione accademica, come una<br />

che si getta nel mondo reale e <strong>di</strong>venta testimone in carne ed ossa dell’ideale<br />

– 251 –

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!