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conta è solo il grande potere, il potere che il partito saprà assicurarsi nello stato. Giunti al termine della guerra, nel ’45, l’Italia è un paese “a pezzi”, tanto che il governo Bonomi non è in grado di sostenere e risolvere la situazione. È proprio per questo che a partire dal 13 giugno del ’45 la nazione attraversa una crisi governativa che vede aprirsi una profonda frattura all’interno dello schieramento dei partiti: da una parte le sinistre favorevoli alla candidatura di Pietro Nenni, dall’altra le destre che appoggiano il democristiano Alcide De Gasperi. Contrariamente alle aspettative, Togliatti, pur essendo un fervente sostenitore del partito comunista, avversa decisamente la candidatura di Nenni essendo consapevole del fatto che un governo delle sinistre di certo non sarebbe sopravvissuto a lungo. Ritiene necessario un progetto di alleanza con la Chiesa Cattolica, in accordo con Alcide De Gasperi, del quale avrebbe sostenuto immediatamente l’ascesa al governo se non fosse stato costretto dal Comitato di Liberazione dell’Alta Italia ad accettare la proposta di un governo preseduto da Ferruccio Parri, l’azionista che guidò con Longo la resistenza. Ricorda infatti egli sull’Unità: “Bisogna che tutti o per lo meno la maggior parte dei grandi partiti venuti alla luce dopo il crollo del Fascismo si orientino in senso democratico a mantengano la loro unità”. Se per molti partigiani, per la borghesia che ha fatto la guerra di liberazione, il governo Parri segna l’inizio di una politica di rinnovamento, per il leader comunista è solamente un incidente. Nel governo Parri, Togliatti è Ministro di Grazia e Giustizia. Ma ha scarsa stima per i suoi alleati di sinistra “troppo frettolosi e poco tenaci come organizzatori e dirigenti di un grande partito politico” (G. Bocca). È convinto che il partito comunista debba prima o poi diventare un grande partito unico dei lavoratori, che debbano esserci dei cambiamenti. Questo “incidente” del governo Parri deve durare il meno possibile... da parte sua non c’è sabotaggio ma neanche appoggio. Non solo Togliatti ma tutto il vecchio stato burocratico prova di fronte al cosiddetto “vento del nord” (il governo Parri) un sentimento di pericolo: è infatti la prima volta nella storia unitaria del paese che si profila un rinnovamento radicale è ciò terrorizza i benpensanti dell’Italia centrale e meridionale, rimasti in gran parte estranei alla resistenza. È a seguito di una reazione moderata che la funzione dei CLN (Comitati di Liberazione Nazionali), che erano stati inseriti nelle istituzioni, inizia – 230 –

a deteriorarsi: non è il leader comunista l’unico a denunciare le debolezze che ci sono nell’azione del governo. Proprio per questo la sorte di Parri può definirsi ormai segnata: i vincitori saranno i cattolici appoggiati in seguito dagli stessi comunisti. Proprio questo è il sogno di Togliatti: “Ciò (il governo con i cattolici) significherebbe tra l’altro rompere per sempre quella specie di tradizione reazionaria la quale tende ad escludere dalla direzione del governo in Italia gli uomini di determinati partiti, come quello della Democrazia Cristiana o quello comunista o quello socialista”. Dunque il principale obiettivo che Togliatti si prefigge è quello di ottenere migliori rapporti con la Chiesa; nonostante egli sappia benissimo che essa, la Chiesa di Pio XII, è il baluardo dell’anticomunismo, la speranza di tutte le forze reazionarie, tuttavia è convinto da marxista che le contraddizioni interne del mondo cattolico siano grandi e sfruttabili, che la Chiesa in Italia sia certamente conservatrice, anticomunista. Ma che nulla escluda che possa mutare, che possa creare un nuovo rapporto con le forze popolari. È dunque con essa che bisogna fare i conti. Per conseguire questo suo progetto egli considera necessaria un’unione col partito della Democrazia Cristiana considerato veramente capace di “dare a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”. Perciò inizialmente ha una profonda fiducia in De Gasperi e nei suoi collaboratori, tanto che l’incontro di quest’uomo con i comunisti porterà la rivista Rinascita a parlare di “tre partiti di massa” di un fronte unico costituito da PSI, PCI e DC. Il 10 marzo ’46 gli italiani votano per la prima volta dopo vent’anni per darsi delle amministrazioni comunali e provinciali. La vittoria va come previsto ai democristiani. Il 2 giugno si vota invece per eleggere l’Assemblea Costituente e per decidere con referendum se mantenere la monarchia o creare la repubblica. Il voto popolare porta la repubblica alla vittoria con 12.718.641 voti contro i 10.718.502 a favore della monarchia. I rappresentanti dei tre grandi partiti di massa che hanno nell’Assemblea Costituente una schiacciante maggioranza, lavorano di comune accordo per dare una costituzione democratica e progressista alla neonata repubblica. Sono i mesi in cui il sogno togliattiano in parte si avvera: “Da parte nostra un solidarismo umano e sociale, dall’altra parte un solidarismo di ispirazione ideologica e di origine diversa il quale però arrivava a risultati analoghi a quella a cui arrivavamo noi. Questo è il caso dell’affermazione dei diritti del lavoro, dei cosiddetti diritti sociali, è il caso della nuova con- – 231 –

conta è solo il grande potere, il potere che il partito saprà assicurarsi nello<br />

stato.<br />

Giunti al termine della guerra, nel ’45, l’Italia è un paese “a pezzi”, tanto<br />

che il governo Bonomi non è in grado <strong>di</strong> sostenere e risolvere la situazione.<br />

È proprio per questo che a partire dal 13 giugno del ’45 la nazione<br />

attraversa una crisi governativa che vede aprirsi una profonda frattura all’interno<br />

dello schieramento dei partiti: da una parte le sinistre favorevoli alla<br />

can<strong>di</strong>datura <strong>di</strong> Pietro Nenni, dall’altra le destre che appoggiano il democristiano<br />

Alcide De Gasperi.<br />

Contrariamente alle aspettative, Togliatti, pur essendo un fervente sostenitore<br />

del partito comunista, avversa decisamente la can<strong>di</strong>datura <strong>di</strong> Nenni<br />

essendo consapevole del fatto che un governo delle sinistre <strong>di</strong> certo non sarebbe<br />

sopravvissuto a lungo.<br />

Ritiene necessario un progetto <strong>di</strong> alleanza con la Chiesa Cattolica, in<br />

accordo con Alcide De Gasperi, del quale avrebbe sostenuto imme<strong>di</strong>atamente<br />

l’ascesa al governo se non fosse stato costretto dal Comitato <strong>di</strong> Liberazione<br />

dell’Alta Italia ad accettare la proposta <strong>di</strong> un governo preseduto da<br />

Ferruccio Parri, l’azionista che guidò con Longo la resistenza.<br />

Ricorda infatti egli sull’Unità: “Bisogna che tutti o per lo meno la maggior<br />

parte dei gran<strong>di</strong> partiti venuti alla luce dopo il crollo del Fascismo si<br />

orientino in senso democratico a mantengano la loro unità”.<br />

Se per molti partigiani, per la borghesia che ha fatto la guerra <strong>di</strong> liberazione,<br />

il governo Parri segna l’inizio <strong>di</strong> una politica <strong>di</strong> rinnovamento, per<br />

il leader comunista è solamente un incidente. Nel governo Parri, Togliatti è<br />

Ministro <strong>di</strong> Grazia e Giustizia. Ma ha scarsa stima per i suoi alleati <strong>di</strong> sinistra<br />

“troppo frettolosi e poco tenaci come organizzatori e <strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong> un<br />

grande partito politico” (G. Bocca).<br />

È convinto che il partito comunista debba prima o poi <strong>di</strong>ventare un<br />

grande partito unico dei lavoratori, che debbano esserci dei cambiamenti.<br />

Questo “incidente” del governo Parri deve durare il meno possibile... da<br />

parte sua non c’è sabotaggio ma neanche appoggio.<br />

Non solo Togliatti ma tutto il vecchio stato burocratico prova <strong>di</strong> fronte<br />

al cosiddetto “vento del nord” (il governo Parri) un sentimento <strong>di</strong> pericolo:<br />

è infatti la prima volta nella storia unitaria del paese che si profila un rinnovamento<br />

ra<strong>di</strong>cale è ciò terrorizza i benpensanti dell’Italia centrale e meri<strong>di</strong>onale,<br />

rimasti in gran parte estranei alla resistenza.<br />

È a seguito <strong>di</strong> una reazione moderata che la funzione dei CLN (Comitati<br />

<strong>di</strong> Liberazione Nazionali), che erano stati inseriti nelle istituzioni, inizia<br />

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