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Per il quinto comma, riguardante il controllo sul finanziamento della stampa periodica, vi furono numerosi emendamenti: Cavallari e Montagnana domandavano che il controllo si spingesse nel senso di assicurare che ogni corrente avesse modo di esercitare il diritto di stampa; Dossetti avrebbe voluto che il controllo, oltre che sui fondi finanziari, venisse esercitato sulle fonti delle notizie. Il sesto comma diede luogo a qualche dibattito, soprattutto tra i 75: si sentiva l’esigenza di un’azione più drastica contro le offese alla morale, al buon costume, alla decenza, contro la pornografia e l’oscenità. Vi furono delle obiezioni, non di principio, ma per la difficoltà di discernere tra pornografia ed arte: furono citati il Decamerone e Madame Bovary. Art. 3 Cost.: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Anche a proposito dell’art. 3, l’On. Ruini volle esprimere il proprio parere: era fondamentale l’affermazione del principio di eguaglianza di fronte alla legge ed era assolutamente indispensabile darne risalto nella nuova Carta. In particolare Ruini sottolineò l’importanza dell’uguaglianza “senza distinzione di sesso”: per la prima volta, infatti, dopo la svolta del suffragio universale nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946, i costituenti avevano sancito la parità e l’eguaglianza tra i sessi. L’art. 6 – La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche – della nostra Carta Fondamentale fu discusso ed approvato direttamente in Assemblea poiché non figurava nel progetto presentato dalla Commissione; furono gli onorevoli Codignola e Lussu che maggiormente si batterono per evitare che, nell’ambito dell’autonomia regionale, la maggioranza nazionale potesse limitare i diritti delle minoranze linguistiche. L’emendamento presentato da Codignola fu approvato nella seduta del 22 luglio 1947 nonostante il parere contrario di Ruini: “Vi è già nell’art. 2 [attuale art. 3] il principio di eguaglianza di tutti i cittadini”. La medesima opinione fu ribadita dal Costituente reggiano nelle bozze per la riforma della Carta. Art. 7 Cost.: Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Late- – 204 –

anensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale. Durante la fase costituente sembrò fin troppo ovvio, essendo l’Italia appena uscita dall’incubo della guerra, che l’unità del paese dovesse apparire come la meta più agognata, la conquista da difendere: obiettivo il cui conseguimento imponeva di evitare che fosse rimessa in discussione la pace religiosa, raggiunta grazie alla Conciliazione del 1929. Proprio in questa prospettiva, molti videro di buon grado l’inserimento dei Patti Lateranensi nella nuova Costituzione che si andava elaborando, ritenendo che ciò avrebbe consentito di compiere “un nuovo e definitivo passo... verso il consolidamento della pace religiosa nel nostro Paese”. L’On. La Pira fece notare la centralità del problema religioso in una “moderna società democratica” sostenendo che una Costituzione pluralista, come quella che si andava progettando e che voleva e doveva essere il vestito della concreta realtà sociale del Paese, non avrebbe potuto non tener conto di quella “struttura sociale e religiosa che è la Chiesa”. Tuttavia, la paternità fascista dei Patti col Laterano non avrebbe potuto non costituire un grave ostacolo a che essi venissero richiamati nella nuova Costituzione; inoltre, i vecchi principi liberali del separatismo tra Stato e Chiesa, tornarono a far sentire il loro fascino: il mito dello “Stato Laico” sembrò sedurre molti di coloro che erano stati chiamati a progettare la nuova società civile, mentre andava diffondendosi la preoccupazione che il richiamo ai Patti potesse comportare il ribadire il carattere confessionale dello Stato, già affermato nell’art. 1 del Trattato, in netta contrapposizione con i principi di libertà ed uguaglianza, anche in materia religiosa, sanciti in altre disposizioni della Carta costituzionale. Immediatamente emersero discussioni riguardo il primo comma dell’attuale art. 7 Cost. che riconosceva la sovranità dello Stato e della Chiesa: per alcuni questo reciproco riconoscimento di sovranità sarebbe potuto “andare bene in un trattato internazionale, non in una Costituzione” mentre altri (Calamandrei 16 ) lo definirono, addirittura, un “nonsense”, perché non idoneo a risolvere il problema di quale ordinamento avrebbe dovuto prevalere “quando si arriverà su un terreno pratico in cui nascerà il conflitto”. Si comprese che si sarebbe dovuto distinguere tra ordinamenti coesistenti su 16 Piero Calamandrei, giurista, scrittore, uomo politico antifascista (Firenze 1889-1956). Membro della Consulta nazionale e della Costituente per il Partito d’azione. Fondò (1945) e diresse la rivista Il ponte. – 205 –

anensi. Le mo<strong>di</strong>ficazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono<br />

proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> revisione costituzionale. Durante la fase costituente<br />

sembrò fin troppo ovvio, essendo l’Italia appena uscita dall’incubo della<br />

guerra, che l’unità del paese dovesse apparire come la meta più agognata, la<br />

conquista da <strong>di</strong>fendere: obiettivo il cui conseguimento imponeva <strong>di</strong> evitare<br />

che fosse rimessa in <strong>di</strong>scussione la pace religiosa, raggiunta grazie alla<br />

Conciliazione del 1929.<br />

Proprio in questa prospettiva, molti videro <strong>di</strong> buon grado l’inserimento<br />

dei Patti Lateranensi nella nuova Costituzione che si andava elaborando, ritenendo<br />

che ciò avrebbe consentito <strong>di</strong> compiere “un nuovo e definitivo<br />

passo... verso il consolidamento della pace religiosa nel nostro Paese”.<br />

L’On. La Pira fece notare la centralità del problema religioso in una “moderna<br />

società democratica” sostenendo che una Costituzione pluralista,<br />

come quella che si andava progettando e che voleva e doveva essere il vestito<br />

della concreta realtà sociale del Paese, non avrebbe potuto non tener<br />

conto <strong>di</strong> quella “struttura sociale e religiosa che è la Chiesa”.<br />

Tuttavia, la paternità fascista dei Patti col Laterano non avrebbe potuto<br />

non costituire un grave ostacolo a che essi venissero richiamati nella nuova<br />

Costituzione; inoltre, i vecchi principi liberali del separatismo tra Stato e<br />

Chiesa, tornarono a far sentire il loro fascino: il mito dello “Stato Laico”<br />

sembrò sedurre molti <strong>di</strong> coloro che erano stati chiamati a progettare la<br />

nuova società civile, mentre andava <strong>di</strong>ffondendosi la preoccupazione che il<br />

richiamo ai Patti potesse comportare il riba<strong>di</strong>re il carattere confessionale<br />

dello Stato, già affermato nell’art. 1 del Trattato, in netta contrapposizione<br />

con i principi <strong>di</strong> libertà ed uguaglianza, anche in materia religiosa, sanciti in<br />

altre <strong>di</strong>sposizioni della Carta costituzionale.<br />

Imme<strong>di</strong>atamente emersero <strong>di</strong>scussioni riguardo il primo comma dell’attuale<br />

art. 7 Cost. che riconosceva la sovranità dello Stato e della Chiesa: per<br />

alcuni questo reciproco riconoscimento <strong>di</strong> sovranità sarebbe potuto “andare<br />

bene in un trattato internazionale, non in una Costituzione” mentre altri<br />

(Calamandrei 16 ) lo definirono, ad<strong>di</strong>rittura, un “nonsense”, perché non<br />

idoneo a risolvere il problema <strong>di</strong> quale or<strong>di</strong>namento avrebbe dovuto prevalere<br />

“quando si arriverà su un terreno pratico in cui nascerà il conflitto”.<br />

Si comprese che si sarebbe dovuto <strong>di</strong>stinguere tra or<strong>di</strong>namenti coesistenti su<br />

16 Piero Calamandrei, giurista, scrittore, uomo politico antifascista (Firenze 1889-1956).<br />

Membro della Consulta nazionale e della Costituente per il Partito d’azione. Fondò (1945) e<br />

<strong>di</strong>resse la rivista Il ponte.<br />

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