MISCELLANEA 2005 2006.pdf - Liceo Ginnasio Statale Orazio di ...

quella, presa in prestito dalla costituzione sovietica, di “stato socialista di
operai e contadini”, prevalse quella proposta dall’On. Basso di “l’Italia è
una Repubblica Democratica di lavoratori”, scartando quella ideata da La
Malfa di “Repubblica democratica fondata sulla libertà e sul lavoro”, poiché
l’esigenza di libertà venne ritenuta già implicita nell’espressione di “Repubblica
democratica”. Non venne mossa alcuna critica, invece, al fatto che al
lavoro spettasse un posto essenziale nello Stato moderno, considerandolo,
come anche in altre costituzioni, come la terza esigenza della socialità. Così
quando Ruini presentò all’Assemblea il progetto, lo illustrò facendo riferimento
soprattutto agli aspetti giuridici: l’affermazione del diritto di lavoro
aveva dato luogo a dubbi da un punto di vista strettamente giuridico, in
quanto non si trattava di un diritto già assicurato e provvisto di azione giudiziaria,
ma di un diritto potenziale. Per queste sue caratteristiche si decise che
la Costituzione poteva indicare il lavoro perché il legislatore ne promuova
l’azione, secondo l’impegno che la Repubblica, nella Costituzione stessa,
si assume. Al diritto, si accompagnava il dovere di lavorare. La formula
Fanfani di “Repubblica fondata sul lavoro” fu presentata, con l’appoggio
di Ruini, all’Assemblea, sottolineando il concetto di “...affermazione del
dovere di ogni uomo di fornire il massimo contributo alla prosperità comune...”
e fuggendo un’interpretazione del lavoro come “...pura esaltazione
della fatica muscolare o sforzo fisico...”.
La prima parte del comma 2 dell’art. 1, invece, afferma che “la sovranità
appartiene al popolo”. Questo argomento fu oggetto di diverse discussioni
all’interno della Commissione e successivamente nell’Assemblea.
Alla convinzione dell’On. Grassi che “...lo Stato, depositario del potere
di comando, lo esercita attraverso gli organi del suo ordinamento, ma
questi organi sono azionati e ricevono autorità e forma dal popolo che,
direttamente o indirettamente, dà ad essi tutta la capacità della sua
manovra...”, Ruini contrappose il modello francese che, piuttosto che al
popolo, faceva riferimento alla nazione come elemento di coesione delle
forze italiane e dei loro confini, in quel particolare momento storico. Ma
l’idea non venne accolta dal Comitato di Redazione.
Riguardo, invece, la seconda parte del secondo comma dell’art. 1 “(la
sovranità appartiene al popolo) che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”, l’intenzione di Ruini fu inizialmente quella di sottolineare,
con parole che potessero meglio specificare la sua idea, il principio dello
Stato di diritto che, pur soddisfacendo i diritti e le libertà individuali, assumesse
e percorresse “...le vie del diritto...”, ma all’interno dell’Assemblea
– 199 –