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potere politico sia fatto derivare dal popolo e che esso lo eserciti direttamente o attraverso rappresentanti eletti, ma non si preoccupa di evitare la concentrazione del potere né di tutelare le minoranze. Allo stesso modo, nello Stato Liberale dell’800 un’ampia fetta della popolazione è esclusa dal potere politico e dal diritto di eleggere i suoi rappresentanti. Con la trasformazione degli Stati liberali in Stati democratici la distinzione è andata sfumando. Le democrazie moderne sono anche dette liberaldemocrazie perché combinano il principio della sovranità popolare con la tutela dei diritti liberali e con la divisione dei poteri prevista da Montesquieu (potere legislativo, esecutivo e giudiziario). A questo proposito bisogna specificare che il liberalismo è stato spesso considerato, insieme alla democrazia moderna, una filiazione dell’Illuminismo, di cui condivide gli ideali di tolleranza, libertà ed eguaglianza, la contestazione dei privilegi dell’aristocrazia e del clero e dell’origine divina del potere del sovrano. Immanuel Kant, per esempio, esprime il suo credo liberale parlando di libertà, uguaglianza e indipendenza come dei principi che devono reggere uno Stato civile. John Locke coniò, come abbiamo visto, l’espressione che riassume la concezione liberale classica dei diritti individuali: vita, libertà, proprietà. I diritti liberali per eccellenza sono quelli che oggi vengono chiamati diritti civili: tra essi ci sono la libertà di parola, di religione, l’habeas corpus, il diritto a un equo processo e a non subire punizioni crudeli o degradanti. La libertà di un individuo incontra un limite nella libertà di un altro individuo ma non può essere ristretta in nome di valori morali o religiosi in ciò che riguarda la sfera privata dell’individuo. A questi diritti si aggiungono le garanzie a tutela della proprietà privata, riassunte nel detto inglese no taxation without representation (solo le assemblee legislative hanno il diritto a tassare i sudditi). Quindi un altro punto irrinunciabile del liberalismo è lo Stato di diritto: la legge emanata dalle assemblee legislative è l’unica deputata a stabilire i limiti della libertà individuale. Per John Locke, David Hume, Adam Smith e Immanuel Kant le caratteristiche che le leggi dovevano avere per poter essere rispettose della libertà erano: l’essere norme generali applicabili a tutti, in un numero indefinito di circostanze future; l’essere norme atte a circoscrivere la sfera protetta dell’azione individuale, assumendo con ciò il carattere di divieti piuttosto che di prescrizioni; l’essere norme inseparabili dall’istituto della proprietà individuale. Si sviluppa dunque la consuetudine di fissare in un documento solenne questi diritti: le Carte dei diritti dei nuovi – 150 –
Stati americani indipendenti e i primi emendamenti alla Costituzione degli Stati Uniti d’America sono gli antenati degli elenchi di diritti previsti dalle Costituzioni ottocentesche e da quelle attuali. A partire dalla seconda metà del XIX secolo, proprio quando sembra aver trionfato, il liberalismo comincia ad essere oggetto di sferzanti critiche. Gli attacchi sono di segno diverso ma in genere partono da due assunti: il liberalismo avrebbe una concezione parziale della libertà e dell’eguaglianza e una visione astratta e non storica dell’individuo. Continua poi a mantenere una certa ostilità verso il liberalismo, anche se in maniera via via più sfumata, la Chiesa Cattolica. Anche quando accettano le regole del sistema liberale i primi partiti cattolici, che nascono all’inizio del XX secolo, si fanno portatori di una visione del mondo molto differente. Essi contrappongono all’individualismo liberale la visione di una società articolata in “corpi intermedi” e rapporti solidaristici. Non si può sottacere la funzione e il ruolo che nella cultura liberale ha svolto Benedetto Croce, il quale, oltre ad aver rielaborato l’idealismo nelle prospettive degli studi storici, ha assunto, con particolare chiarezza, posizioni molto nette sia durante, sia nell’immediato dopoguerra. Non è questo il luogo per “riassumere” il suo pensiero filosofico, ma è necessario richiamarne alcune caratteristiche essenziali. L’elaborazione di un primo sistema filosofico vero e proprio risale al decennio iniziale del ’900, di indirizzo idealistico e articolato in quattro parti: l’estetica, la logica, l’economia e l’etica. L’estetica è centrata sulla rivendicazione della totale autonomia dell’arte rispetto a qualsiasi altra attività umana. L’arte è immagine, sintesi a priori fra un contenuto di carattere sentimentale e una forma di carattere intuitivo e perciò “intuizione lirica”. Poiché è assolutamente disinteressata e autosufficiente, l’intuizione artistica fa tutt’uno con la propria “espressione”: da qui l’identificazione dell’estetica con una sorta di “linguistica generale”. La logica indaga i concetti puri, o veramente universali, in opposizione ai concetti fittizi, propri delle scienze. Dunque le quattro forme stesse dello spirito (bello, vero, utile, buono) funzionano come i criteri di ogni giudizio storico, sicché la filosofia (o logica, appunto) viene a risolversi in “metodologia della storiografia”. Croce dà molto rilievo, inoltre, alla volizione individuale che è poi l’economia, avendo egli un forte senso della realtà e delle pulsioni che regolano la vita umana. L’utile, che è razionale, non sempre è identico a quello degli altri: nascono allora degli utili sociali che organizzano la vita degli individui. Il diritto, nascendo in questo modo, è in un certo qual senso amorale, poiché i suoi obiettivi non coinci- – 151 –
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potere politico sia fatto derivare dal popolo e che esso lo eserciti <strong>di</strong>rettamente<br />
o attraverso rappresentanti eletti, ma non si preoccupa <strong>di</strong> evitare la<br />
concentrazione del potere né <strong>di</strong> tutelare le minoranze. Allo stesso modo,<br />
nello Stato Liberale dell’800 un’ampia fetta della popolazione è esclusa dal<br />
potere politico e dal <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> eleggere i suoi rappresentanti. Con la trasformazione<br />
degli Stati liberali in Stati democratici la <strong>di</strong>stinzione è andata sfumando.<br />
Le democrazie moderne sono anche dette liberaldemocrazie perché<br />
combinano il principio della sovranità popolare con la tutela dei <strong>di</strong>ritti liberali<br />
e con la <strong>di</strong>visione dei poteri prevista da Montesquieu (potere legislativo,<br />
esecutivo e giu<strong>di</strong>ziario).<br />
A questo proposito bisogna specificare che il liberalismo è stato spesso<br />
considerato, insieme alla democrazia moderna, una filiazione dell’Illuminismo,<br />
<strong>di</strong> cui con<strong>di</strong>vide gli ideali <strong>di</strong> tolleranza, libertà ed eguaglianza, la<br />
contestazione dei privilegi dell’aristocrazia e del clero e dell’origine <strong>di</strong>vina<br />
del potere del sovrano. Immanuel Kant, per esempio, esprime il suo credo<br />
liberale parlando <strong>di</strong> libertà, uguaglianza e in<strong>di</strong>pendenza come dei principi<br />
che devono reggere uno Stato civile.<br />
John Locke coniò, come abbiamo visto, l’espressione che riassume la<br />
concezione liberale classica dei <strong>di</strong>ritti in<strong>di</strong>viduali: vita, libertà, proprietà.<br />
I <strong>di</strong>ritti liberali per eccellenza sono quelli che oggi vengono chiamati <strong>di</strong>ritti<br />
civili: tra essi ci sono la libertà <strong>di</strong> parola, <strong>di</strong> religione, l’habeas corpus, il<br />
<strong>di</strong>ritto a un equo processo e a non subire punizioni crudeli o degradanti. La<br />
libertà <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo incontra un limite nella libertà <strong>di</strong> un altro in<strong>di</strong>viduo<br />
ma non può essere ristretta in nome <strong>di</strong> valori morali o religiosi in ciò che<br />
riguarda la sfera privata dell’in<strong>di</strong>viduo. A questi <strong>di</strong>ritti si aggiungono le garanzie<br />
a tutela della proprietà privata, riassunte nel detto inglese no taxation<br />
without representation (solo le assemblee legislative hanno il <strong>di</strong>ritto a tassare<br />
i sud<strong>di</strong>ti).<br />
Quin<strong>di</strong> un altro punto irrinunciabile del liberalismo è lo Stato <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto:<br />
la legge emanata dalle assemblee legislative è l’unica deputata a stabilire<br />
i limiti della libertà in<strong>di</strong>viduale. Per John Locke, David Hume, Adam Smith<br />
e Immanuel Kant le caratteristiche che le leggi dovevano avere per poter<br />
essere rispettose della libertà erano: l’essere norme generali applicabili a<br />
tutti, in un numero indefinito <strong>di</strong> circostanze future; l’essere norme atte a<br />
circoscrivere la sfera protetta dell’azione in<strong>di</strong>viduale, assumendo con ciò il<br />
carattere <strong>di</strong> <strong>di</strong>vieti piuttosto che <strong>di</strong> prescrizioni; l’essere norme inseparabili<br />
dall’istituto della proprietà in<strong>di</strong>viduale. Si sviluppa dunque la consuetu<strong>di</strong>ne<br />
<strong>di</strong> fissare in un documento solenne questi <strong>di</strong>ritti: le Carte dei <strong>di</strong>ritti dei nuovi<br />
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