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MARCO PESCETELLI Scritto sull’acqua Riflessioni teoriche sul restauro del film Se i colori nell’opera Nightwatch di Rembrandt o in Mona Lisa di Da Vinci sbiadissero altrettanto velocemente come quelli dei film, né i governi né il pubblico dubiterebbero del bisogno di restaurarli, senza preoccuparsi degli eventuali costi. Ghislaine Jeanson 1 Ancora oggi una persona è considerata ‘di cultura’ anche se, pur conoscendo Dante, Michelangelo e Mozart, non ha mai visto un film di Fellini, Eizenstein o Kurosawa. Così il linguaggio cinematografico e la cultura artistica ad esso collegata rimangono relegati lontano dai banchi di scuola e guardata con sussiego in contesti accademici. Non stupisce perciò che sia andato perduto circa l’85% della produzione mondiale di film muti e il 50% di quelli prodotti fino agli anni Cinquanta (i film realizzati fino al febbraio 1951 su supporto in nitrato di cellulosa sono stati messi al bando per la loro infiammabilità e quindi non più proiettabili). La stessa sorte, incredibilmente, toccherà prima o poi a tutto il patrimonio cinematografico. I film sono la forma d’arte forse più fragile mai esistita. L’emulsione sensibile su cui sono registrate le immagini è una semplice gelatina animale che va incontro ad una sicura e inevitabile decomposizione; questa può solo essere rallentata. La plastica che fa da supporto è destinata anch’essa a dissolversi. Alle soglie dell’epoca digitale, le immagini analogiche rischiano di perdere colore e scomparire per sempre. Questo breve saggio vuol essere un contributo alla riflessione sul cosiddetto restauro cinematografico, che affronta il problema della salvaguardia di un patrimonio artistico in rapido decadimento. Il cinema è una testimonianza unica della cultura del XX secolo, ma paradossalmente, rischia di diventare invisibile. 1 Ghislaine Jeanson, ‘Film Archives in Europe’, in Restauro, conservazione e distruzione dei film, ed. da Luisa Comencini e Matteo Pavesi (Milano: Editrice il Castoro, 2001), pp. 32-52 (p. 43). – 104 –
____ ____ ____ Per chiarire il concetto di restauro dei film dobbiamo determinare cosa significhino i termini ‘film’ e ‘restauro’. ‘Restauro’ è un termine che troppo spesso è stato usato in modo improprio, anche in campi diversi da quello artistico (es. giardini e paesaggi). Se consideriamo il termine da un punto di vista storico, dobbiamo dire che è piuttosto moderno: è stato infatti usato dalla seconda metà del XVIII sec., durante l’Illuminismo, quando nacque l’estetica. Principalmente ‘restauro’ indica l’azione di ridare all’opera d’arte la stessa ‘apparenza’ che l’autore/gli autori intendevano avesse originariamente, in modo da lasciarla come eredità culturale alle future generazioni. Perciò l’obiettivo del restauro è quello di restaurare un’opera che è andata incontro a delle modificazioni, cioè che è arrivata fino a noi in una versione ‘corrotta’, sia nella sua forma narrativa che figurativa. 2 Cesare Brandi, nella sua teoria del restauro, dichiara che “si restaura solo la materia dell’opera d’arte”. 3 Perciò è fondamentale conoscere qual è l’oggetto del restauro e quali sono le sue caratteristiche. Brandi, fondatore dell’Istituto del Restauro a Roma nel 1939, stabilì che la materia di ogni opera d’arte consiste di due elementi: l’aspetto e la struttura. Il primo indica l’‘apparenza’, l’immagine che l’opera d’arte trasmette al pubblico, il secondo indica il mezzo che sostiene l’immagine. Se ad esempio consideriamo un dipinto, ci troviamo davanti ad una immagine, ovvero la figura che noi vediamo (l’aspetto), e il supporto, una tela, un pezzo di intonaco o una tavola di legno, su cui la figura è stata dipinta (la struttura). È chiaro che l’aspetto ha più importanza della struttura, ma quest’ultima non è da sottovalutare, perché ha una influenza sull’aspetto; basti pensare alla sua consistenza, colore, densità, trasparenza). Se noi consideriamo un film, da una parte l’aspetto può essere definito sia come immagine proiettata sullo schermo, sia come ‘testo’, intendendo con questo termine un organismo in cui tutte le parti (fotogrammi, inquadrature, scene, colonna sonora) sono strettamente collegate tra loro; mentre la struttura sarà sia il supporto di plastica che l’emulsione fotografica su cui sono registrate le immagini. 2 Nicola Mazzanti, ‘Note a pie’ pagina (per un glossario del restauro cinematografico)’, in Ibid., p. 17. 3 Cesare Brandi, Teoria del restauro, III ed. (Torino: Einaudi, 2000), (I ed. 1963), p. 7. – 105 –
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MARCO PESCETELLI<br />
Scritto sull’acqua<br />
Riflessioni teoriche sul restauro del film<br />
Se i colori nell’opera Nightwatch <strong>di</strong> Rembrandt o in Mona Lisa<br />
<strong>di</strong> Da Vinci sbia<strong>di</strong>ssero altrettanto velocemente come quelli<br />
dei film, né i governi né il pubblico dubiterebbero del bisogno<br />
<strong>di</strong> restaurarli, senza preoccuparsi degli eventuali costi.<br />
Ghislaine Jeanson 1<br />
Ancora oggi una persona è considerata ‘<strong>di</strong> cultura’ anche se, pur conoscendo<br />
Dante, Michelangelo e Mozart, non ha mai visto un film <strong>di</strong> Fellini,<br />
Eizenstein o Kurosawa. Così il linguaggio cinematografico e la cultura artistica<br />
ad esso collegata rimangono relegati lontano dai banchi <strong>di</strong> scuola e<br />
guardata con sussiego in contesti accademici.<br />
Non stupisce perciò che sia andato perduto circa l’85% della produzione<br />
mon<strong>di</strong>ale <strong>di</strong> film muti e il 50% <strong>di</strong> quelli prodotti fino agli anni Cinquanta (i<br />
film realizzati fino al febbraio 1951 su supporto in nitrato <strong>di</strong> cellulosa sono<br />
stati messi al bando per la loro infiammabilità e quin<strong>di</strong> non più proiettabili).<br />
La stessa sorte, incre<strong>di</strong>bilmente, toccherà prima o poi a tutto il patrimonio<br />
cinematografico. I film sono la forma d’arte forse più fragile mai esistita.<br />
L’emulsione sensibile su cui sono registrate le immagini è una semplice<br />
gelatina animale che va incontro ad una sicura e inevitabile decomposizione;<br />
questa può solo essere rallentata. La plastica che fa da supporto è destinata<br />
anch’essa a <strong>di</strong>ssolversi. Alle soglie dell’epoca <strong>di</strong>gitale, le immagini analogiche<br />
rischiano <strong>di</strong> perdere colore e scomparire per sempre.<br />
Questo breve saggio vuol essere un contributo alla riflessione sul cosiddetto<br />
restauro cinematografico, che affronta il problema della salvaguar<strong>di</strong>a<br />
<strong>di</strong> un patrimonio artistico in rapido deca<strong>di</strong>mento.<br />
Il cinema è una testimonianza unica della cultura del XX secolo, ma<br />
paradossalmente, rischia <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare invisibile.<br />
1 Ghislaine Jeanson, ‘Film Archives in Europe’, in Restauro, conservazione e <strong>di</strong>struzione dei<br />
film, ed. da Luisa Comencini e Matteo Pavesi (Milano: E<strong>di</strong>trice il Castoro, 2001), pp. 32-52 (p. 43).<br />
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