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dal colonnello Herbert Kappler, l’organizzatore della strage delle Fosse Ardeatine. La prigione di via Tasso, oggi sede del Museo Storico della Liberazione, fu teatro di torture e terribili efferatezze ai danni dei patrioti ivi detenuti. 40 La signora Grazia Maria M. (risposta n. 2) ricorda «i prigionieri di via Tasso che incatenati venivano trascinati dai tedeschi ai lavori pesanti». Vengono ricordati anche luoghi fuori Roma. La signora Elide M. (risposta n. 5) ricorda Nettuno, luogo di alterne vicende belliche (dopo lo 40 Nella palazzina di via Tasso al n. 145 aveva sede la Deutschen Sicherheitspolizei und des S.D., diretta dal colonnello Herbert Kappler, con cui gareggiava per ferocia e spietatezza nella repressione del movimento partigiano, la banda diretta da Pietro Koch, ubicata nella pensione Oltremare e poi nella pensione Jaccarino in via Romagna. Si legga cosa scrive sulla prigione di via Tasso uno storico come Attilio Tamaro, non certamente sospettabile di simpatie per la sinistra: «Nella sede in via Tasso passarono quanti furono arrestati dal corpo di polizia germanico S.S., che doveva assicurare quella parte della zona di operazioni, che ormai comprendeva Roma, dalle spie, dai partigiani, dai loro favoreggiatori e dai prigionieri evasi. Kappler, che vi dominava, disistimava Mussolini e i fascisti: non aveva quindi interesse per le congiure che li concernevano e interveniva solo dove si cospirava contro la Germania, o meglio, dove pensava che quelle attività clandestine avessero rapporti coi partigiani. Ripagava d’odio e di disprezzo l’avversione degli italiani ed era un militare rigido, che obbediva fedelmente e ciecamente. Generali, diplomatici, popolani erano, se nemici, tutti eguali nella sua disistima ed erano, si narrava, tutti trattati col bastone, con lo staffile, con la mazzafrusta, coi pugni, con le guanciate, coi tratti di corda, con la rottura delle costole o dei denti» (Attilio Tamaro, Due anni di storia 1943-1945, vol. II, Tosi editore, Roma 1949, pp. 531-532). Queste e altre torture e sevizie furono naturalmente comprovate dall’istruttoria processuale, svolta nel dopoguerra, a carico del Kappler e dei suoi subordinati: vd. in proposito Processo Kappler, a cura di Wladimiro Settimelli, prima e seconda parte, suppl. a «L’Unità», 27 e 30 aprile 1994. Il processo a Kappler si svolse a Roma, nel Tribunale Militare a via della Lungara, dal 3 maggio al 20 luglio 1948 e si concluse con la condanna all’ergastolo del colonnello tedesco (il quale però non terminò i suoi giorni in carcere: fuggito misteriosamente dall’ospedale militare del Celio ov’era ricoverato per una grave malattia, il 15 agosto 1977, morì in Germania alcuni mesi dopo). La relazione sulle atrocità di via Tasso, della Commissione Alleata di Controllo (Allied Control Commission), è sommariamente riportata in Marisa Musu - Ennio Polito, Roma ribelle, cit., pp. 322-326. Sulle vicende del carcere di via Tasso nel periodo 1943-1944, vd.: Arrigo Paladini, Via Tasso carcere nazista, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1994 2 (l’autore stesso, membro del Corpo Italiano di Liberazione e collegato al CLN, vi soffrì la detenzione e le torture); Massimiliano Griner, Via Tasso, 145, in Memoria e giustizia, cit., pp. 74- 78. Testimonianze sulle torture inflitte ai prigionieri di via Tasso si leggono in Alessandro Portelli, L’ordine è già stato eseguito, cit., pp. 178-180. Il periodo di detenzione nel carcere di via Tasso, le umiliazioni, le privazioni e le torture sofferte, sono state rievocate da Guglielmo Petroni nel suo Il mondo è una prigione (Sansoni, Firenze 1985, su lic. Rizzoli, I ed. 1945; su Pietroni vd. Antonio Debenedetti, Lo scrittore schivo che seppe resistere alle torture delle SS, in «Corriere della Sera», 27 dicembre 2003). Sulla Resistenza a Roma: Marisa Musu - Ennio Polito, Roma ribelle. La Resistenza nella capitale 1943-1944, cit.; Claudio Pavone, Liberazione, atto primo, in «Il Sole-24 Ore», 30 maggio 2004. Testimonianze letterarie e documenti storici sul periodo 1943-1945 possono leggersi nell’antologia modulare curata da Rosa Castellano e Alberta Martini, Italia 1943- 1945 pagine letterarie e documenti storici, Edizioni Il Capitello, Torino 1998, rist. – 100 –
sbarco di Anzio Nettuno fu presa e perduta più volte dagli alleati): 41 «Durante questa guerra mi ricordo che gli Angloamericani sbarcarono a Nettuno e che molto silenziosamente la mattina dopo li abbiamo trovati nel nostro paese, quasi nelle nostre abitazioni. Fummo costretti, dopo un mese, a lasciare casa, quando i tedeschi occuparono Nettuno». La signora Silvana R. (risposta n. 6) ricorda della sua infanzia il tempo trascorso nei rifugi sotterranei («ciò che più mi è rimasto impresso è che in quel periodo noi ragazzini non andavamo a scuola e stavamo molte ore nei rifugi sotterranei, dove invece i nostri genitori ci raggiungevano solo quando suonava l’allarme che segnava l’arrivo dei cacciabombardieri»). Anche le violenze dei soldati hanno segnato la memoria dei nonni. Il signor Angelo F. (risposta n. 15) ricorda la prepotenza dell’occupante tedesco: «Mi trovavo sempre in via Nomentana, nei pressi della mia abitazione, quando vidi il mio vicino di casa minacciato con una pistola da un soldato tedesco che lo obbligò a trasportare sulle spalle il suo pesante carico fino alla stazione Termini dove avrebbe dovuto prendere il treno per ritornare in Germania». Il signor Edoardo I. (risposta n. 16) ricorda anch’egli la paura che incutevano i tedeschi («Ero solo un bambino, e la guerra l’ho vissuta meno, ho ricordi molto vaghi, ma ricordo soltanto che avevo molta paura quando vedevo i tedeschi»), così come la signora Grazia Maria M. (risposta n. 2: «...la figura dei militari tedeschi di cui avevo molta paura») e la signora Helena P. (risposta n. 17: «Quando i tedeschi venivano in campagna gli uomini, le donne e i bambini scappavano nella foresta»). Quest’ultima, nella medesima risposta, ricorda anche le violenze inferte alla popolazione polacca dai soldati russi («Si diceva che i russi fossero nostri amici, invece quando sono passati, sono rimaste violentate numerose donne e uccise tante persone. Una volta sono venuti a dormire a casa nostra. La mattina tutta la famiglia rischiò di essere fucilata per una stupida ragione: uno di loro non riusciva a trovare i guanti»). Sono risposte, queste, che ci ripresentano una delle conseguenze più gravi che portò la seconda guerra mondiale nel non sempre facile rapporto tra elemento militare e civile, ossia gli abusi e le violenze che le truppe di ogni colore perpetrarono ai danni delle inermi popolazioni. Soprattutto i tedeschi, allorché l’esito della guerra era ormai compro- 41 Sullo sbarco di Anzio vd. Vincenzo Mantovani, Lo sbarco di Anzio, in Enzo Biagi, La Seconda Guerra Mondiale. Una storia di uomini, vol. VI La controffensiva alleata, cit., pp. 1801- 1821; G.A. Sheperd, La campagna d’Italia 1943-1945, trad. di Carlo Emanuele Gallotti, Garzanti, Milano 1975, pp. 243-272 (rileva le carenze e gli errori dell’alto comando alleato, come l’insufficiente copertura aerea durante lo sbarco). – 101 –
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Ardeatine. La prigione <strong>di</strong> via Tasso, oggi sede del Museo Storico della<br />
Liberazione, fu teatro <strong>di</strong> torture e terribili efferatezze ai danni dei patrioti ivi<br />
detenuti. 40 La signora Grazia Maria M. (risposta n. 2) ricorda «i prigionieri<br />
<strong>di</strong> via Tasso che incatenati venivano trascinati dai tedeschi ai lavori<br />
pesanti». Vengono ricordati anche luoghi fuori Roma. La signora Elide M.<br />
(risposta n. 5) ricorda Nettuno, luogo <strong>di</strong> alterne vicende belliche (dopo lo<br />
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S.D., <strong>di</strong>retta dal colonnello Herbert Kappler, con cui gareggiava per ferocia e spietatezza nella<br />
repressione del movimento partigiano, la banda <strong>di</strong>retta da Pietro Koch, ubicata nella pensione<br />
Oltremare e poi nella pensione Jaccarino in via Romagna. Si legga cosa scrive sulla prigione <strong>di</strong><br />
via Tasso uno storico come Attilio Tamaro, non certamente sospettabile <strong>di</strong> simpatie per la sinistra:<br />
«Nella sede in via Tasso passarono quanti furono arrestati dal corpo <strong>di</strong> polizia germanico S.S., che<br />
doveva assicurare quella parte della zona <strong>di</strong> operazioni, che ormai comprendeva Roma, dalle<br />
spie, dai partigiani, dai loro favoreggiatori e dai prigionieri evasi. Kappler, che vi dominava,<br />
<strong>di</strong>sistimava Mussolini e i fascisti: non aveva quin<strong>di</strong> interesse per le congiure che li concernevano<br />
e interveniva solo dove si cospirava contro la Germania, o meglio, dove pensava che quelle attività<br />
clandestine avessero rapporti coi partigiani. Ripagava d’o<strong>di</strong>o e <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo l’avversione degli<br />
italiani ed era un militare rigido, che obbe<strong>di</strong>va fedelmente e ciecamente. Generali, <strong>di</strong>plomatici,<br />
popolani erano, se nemici, tutti eguali nella sua <strong>di</strong>sistima ed erano, si narrava, tutti trattati col<br />
bastone, con lo staffile, con la mazzafrusta, coi pugni, con le guanciate, coi tratti <strong>di</strong> corda, con la<br />
rottura delle costole o dei denti» (Attilio Tamaro, Due anni <strong>di</strong> storia 1943-1945, vol. II, Tosi e<strong>di</strong>tore,<br />
Roma 1949, pp. 531-532). Queste e altre torture e sevizie furono naturalmente comprovate<br />
dall’istruttoria processuale, svolta nel dopoguerra, a carico del Kappler e dei suoi subor<strong>di</strong>nati: vd.<br />
in proposito Processo Kappler, a cura <strong>di</strong> Wla<strong>di</strong>miro Settimelli, prima e seconda parte, suppl. a<br />
«L’Unità», 27 e 30 aprile 1994. Il processo a Kappler si svolse a Roma, nel Tribunale Militare a<br />
via della Lungara, dal 3 maggio al 20 luglio 1948 e si concluse con la condanna all’ergastolo del<br />
colonnello tedesco (il quale però non terminò i suoi giorni in carcere: fuggito misteriosamente dall’ospedale<br />
militare del Celio ov’era ricoverato per una grave malattia, il 15 agosto 1977, morì in<br />
Germania alcuni mesi dopo). La relazione sulle atrocità <strong>di</strong> via Tasso, della Commissione Alleata<br />
<strong>di</strong> Controllo (Allied Control Commission), è sommariamente riportata in Marisa Musu - Ennio Polito,<br />
Roma ribelle, cit., pp. 322-326. Sulle vicende del carcere <strong>di</strong> via Tasso nel periodo 1943-1944,<br />
vd.: Arrigo Pala<strong>di</strong>ni, Via Tasso carcere nazista, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma<br />
1994 2 (l’autore stesso, membro del Corpo Italiano <strong>di</strong> Liberazione e collegato al CLN, vi soffrì la<br />
detenzione e le torture); Massimiliano Griner, Via Tasso, 145, in Memoria e giustizia, cit., pp. 74-<br />
78. Testimonianze sulle torture inflitte ai prigionieri <strong>di</strong> via Tasso si leggono in Alessandro Portelli,<br />
L’or<strong>di</strong>ne è già stato eseguito, cit., pp. 178-180. Il periodo <strong>di</strong> detenzione nel carcere <strong>di</strong> via Tasso,<br />
le umiliazioni, le privazioni e le torture sofferte, sono state rievocate da Guglielmo Petroni nel<br />
suo Il mondo è una prigione (Sansoni, Firenze 1985, su lic. Rizzoli, I ed. 1945; su Pietroni vd. Antonio<br />
Debenedetti, Lo scrittore schivo che seppe resistere alle torture delle SS, in «Corriere della<br />
Sera», 27 <strong>di</strong>cembre 2003). Sulla Resistenza a Roma: Marisa Musu - Ennio Polito, Roma ribelle.<br />
La Resistenza nella capitale 1943-1944, cit.; Clau<strong>di</strong>o Pavone, Liberazione, atto primo, in «Il Sole-24<br />
Ore», 30 maggio 2004. Testimonianze letterarie e documenti storici sul periodo 1943-1945<br />
possono leggersi nell’antologia modulare curata da Rosa Castellano e Alberta Martini, Italia 1943-<br />
1945 pagine letterarie e documenti storici, E<strong>di</strong>zioni Il Capitello, Torino 1998, rist.<br />
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